GPC-Omelia-Vescovo
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SEGUIRE CRISTO SERVO Omelia di commiato per il diacono Gian Paolo Cigarini Il nostro Gian Paolo è passato da questo mondo al Padre nella settimana inaugurata dalla festa di Maria Assunta. L’assunzione è l’ultima tappa di un cammino che ha visto Maria partecipe della vita di Gesù dalla nascita a Betlemme alla fuga in Egitto, negli anni di studio e di lavoro a Nazaret, nella missione pubblica fin sotto la Croce, e con gli apostoli nel Cenacolo alla nascita della prima comunità cristiana. Anche il cammino di Gian Paolo ha conosciuto diverse tappe all’insegna di un cammino vocazionale intenso e fecondo, vissuto come via per l’incontro con il Signore Gesù, che lo ha chiamato a dare testimonianza del suo Amore nella famiglia, nella professione, nel servizio diaconale e nel silenzioso colloquio con Lui nella malattia. È una cosa grande questo silenzio oserei dire contemplativo, un dono raro e prezioso. E non vorrei profanarlo. Se dirò qualcosa, spero che arrivi a voi come eco di una Parola che insieme abbiamo ascoltato. “Abiterò la casa di Dio” Nella pagina della prima lettura (Is 25,6-9), tratta da quella che viene chiamata l’Apocalisse di Isaia, il profeta annuncia al popolo in terra d’esilio l’invito al banchetto della vita, nel giorno del Signore: “In quel giorno, il Signore degli eserciti preparerà per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto… eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto… Questi è il Signore in cui abbiamo sperato”. Papa Benedetto XVI, iniziando la sua seconda lettera enciclica Spe salvi, “salvati nella speranza”, si pone questa domanda: “Vogliamo noi davvero vivere eternamente? Forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perché la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile. Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra, per questo scopo, piuttosto un ostacolo… La morte, certamente, si vorrebbe rimandare il più possibile. Ma vivere sempre, senza un termine, questo, tutto sommato, può essere solo noioso e alla fine insopportabile. Allora che cosa vogliamo veramente? Che cosa è la vita eterna?”. “Credo la vita eterna”, confessiamo ogni volta che andiamo alla Messa nel “Giorno del Signore”. Vuol dire che, dopo la morte, non c’è il nulla, il vuoto, il silenzio freddo delle tombe. “Credo che c’è un futuro, e un futuro buono anche per chi ormai non ha più prospettive di futuro”. Non è il pallido futuro di chi vive nella memoria delle persone care. Anche questo ricordo pieno di affetto è destinato ad essere cancellato nel tempo. È il futuro di Dio che non conosce declino. C’è Qualcuno di più forte della morte. Solo Dio può assicurare un esito positivo alla storia. È la speranza che ha fatto pregare l’Autore del Salmo 22 (23): “Il Signore è il mio Pastore, in verdi pascoli mi fa posare… così abiterò la casa di Dio per tutti i giorni della mia vita”. Questa 2 speranza si ritrova anche nel Salmo 27 (cfr. v. 4), il salmo caro a Paolo VI, tanto da volerlo come preghiera nel giorno del suo 80.esimo compleanno. “È risorto il terzo giorno” Anche l’apostolo Paolo, nella seconda lettura (1Cor 15,1-11), fa dell’annuncio del Risorto il “cordone ombelicale” che lega il presente con il futuro: “A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, che fu sepolto, che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. E ultimo fra tutti apparve anche a me”. Vuol dire che, al di là dei limiti, delle paure, al di là della morte stessa, c’è questo evento che illumina tutto: il Cristo Risorto. Un uomo come noi ha vinto la morte. Un corpo come il nostro gode dopo la morte della bellezza e della libertà che appartengono a Dio. Anche per questo nostro corpo, dunque, c’è una salvezza. La salvezza cristiana non riguarda solo l’anima, come pensavano i filosofi antichi, ma coinvolge anche il corpo. La nostra religione è la religione del Dio fatto uomo, del Verbo fatto carne in Gesù Cristo. Con Gesù, il Figlio di Dio nato da Maria Vergine, morto e risorto, il corpo è entrato per sempre a far parte del Mistero di Dio, appartenendo perciò all’ordine dell’essere più che dell’avere. Maria Assunta in cielo è così la prima creatura che anticipa la sorte di coloro che anche nel corpo sono chiamati ad essere per sempre con il Signore Gesù. “Seguimi” È significativo che sacramento di questa sicura speranza di essere in cammino verso l’incontro, un giorno, con il Signore, per vivere sempre con Lui, sia l’Eucaristia che celebriamo. Paolo ne parla come di due capisaldi della tradizione evangelica di fede: Eucaristia e Risurrezione. E Giovanni, il discepolo amato, ne parla come del sacramento della vocazione apostolica nel passo evangelico proclamato (Gv 21,1-19), quando il Risorto, dalla sponda dell’eternità, invita i discepoli a passare da una pesca sterile ad una più copiosa, grazie alla sua Presenza. “Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”. E questo per tre volte, con evidente allusione al triplice rinnegamento, dopo che Pietro nel cenacolo aveva espresso il proposito di non abbandonare mai il Maestro: l’apostolo è così invitato a concentrare l’attenzione sulla presenza operante di Gesù, più che sulle sue pretese capacità umane. Anche la vita di Pietro, la roccia su cui fondare la Chiesa, nell’esercizio del suo ministero, non sarà risparmiata con il passare del tempo dalla comune legge del declino. “In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: SEGUIMI!”. Alla fine, questo brano ci fa 3 vedere come dobbiamo essere disponibili a quello che vuole il Signore, forse a cose diverse da quelle che ci aspettiamo. È questa libertà del Signore che ci tocca ad ogni età, circostanza e condizione di vita nel ministero: da giovani e da anziani, nella buona e nella cattiva salute, in posti di prestigio o meno. Importante è quel “SEGUIMI!”, che dall’inizio ha segnato il cammino della vocazione, di ogni vocazione nella Chiesa, in particolare quella del diacono. Gian Paolo fu ordinato diacono dal vescovo Gilberto Baroni il Giovedì Santo 1978, con il primo gruppo di diaconi reggiani. Era il gruppo formato direttamente da Don Alberto Altana, inizio vissuto con la fede e la convinzione che la primavera della Chiesa annunciata dal Concilio trovava qui due passaggi obbligati del cammino: la riscoperta della sacramentalità dell’episcopato e del diaconato permanente, insieme a quella, già consolidata, del presbiterato: tre gradi dell’unico indivisibile ministero del Cristo “Signore e Servo”. Il diacono Gian Paolo si applicò in modo continuo e competente alla riflessione teologica e pastorale sul diaconato, nei suoi aspetti fondamentali, quali: nel discernimento vocazionale, da collocare nel giusto e indispensabile ruolo della comunità come propedeutico alla decisione; nella formazione del candidato al diaconato, attenta alle sue dimensioni umana, spirituale, dottrinale e pastorale. Troviamo qui tanti motivi per essere grati a Gian Paolo, ma anche alle persone che nel contesto familiare, professionale, parrocchiale e diocesano hanno condiviso fatiche e gioie, frutti e attese. Io ho potuto conoscere quel frutto maturo che è lo Statuto diocesano del diaconato permanente, promulgato nel 2002, e a cui Gian Paolo ha dato, tra gli altri, un notevole contributo. Permettete che concluda rivolgendomi a voi, cari diaconi che con me celebrate questa Eucaristia di memoria di Gian Paolo e di ringraziamento al Signore per i doni di energie nuove che non fa mai mancare alla sua Chiesa: a voi, che siete “ordinati non per il sacerdozio ma per il servizio” (cfr. Lumen Gentium, 29), guardano i preti, i parroci moderatori di unità e zone pastorali, come animatori dei centri di ascolto della Parola di Dio, come formatori alla Carità di tutti, come referenti per le piccole comunità... A voi guarda il Vescovo come responsabili di uffici pastorali, guide nel mondo della scuola, della professione e della cultura, missionari “fidei donum” nello scambio tra Chiese sorelle. + Adriano VESCOVO Reggio Emilia - Chiesa del Preziosissimo Sangue, 20 agosto 2011