batteri per fermentazione malolattica
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batteri per fermentazione malolattica
RICERCA•ENOLOGIA Da una ricerca affidata da CAVIT all’U.O. microbiologia (ISMAA) BATTERI PER FERMENTAZIONE MALOLATTICA: UNA UNA SELEZIONE DA VINI TRENTINI Si favorisce la malolattica nei vini rossi, nei novelli, nei bianchi affinati in barriques e in alcuni vini base spumante, perché provoca una notevole evoluzione del prodotto e rilevanti variazioni nel suo quadro sensoriale Agostino Cavazza Elisa Poznanski Alessandro Chiodini Istituto Agrario di S. Michele all’Adige Cinzia Zini Cavit TERRA TRENTINA Le ragioni di una selezione 24 L’attività microbica più importante cui si deve la trasformazione del mosto in vino è la fermentazione alcolica, che è condotta da lieviti Saccharomyces. In molti vini, però, dopo l’alcolica ha luogo una seconda fermentazione, batterica, in seguito alla quale l’acido malico è convertito in acido lattico ed anidride carbonica: è la fermentazione malolattica, che provoca una notevole evoluzione del prodotto e rilevanti variazioni nel suo quadro sensoriale. Oltre a diminuire l’acidità del vino (l’acido malico è dicarbossilico, mentre il lattico ha un solo gruppo carbossilico), la fermentazio- ne malolattica ne aumenta la complessità aromatica e la morbidezza. Generalmente si favorisce la malolattica nei vini rossi, nei novelli, nei bianchi affinati in barriques, o in alcuni vini base spumante. Per contro, con questa fermentazione si produce sempre una piccola quantità di acido acetico, e talvolta possono anche comparire odori sgradevoli, composti dal sapore amaro o anche sostanze dannose per la salute del consumatore, come ammine biogene o certi precursori del carbammato di etile. Responsabili della malolattica sono alcuni batteri lattici, non quelli comunemente presenti nel formaggio o nello yogurt, bensì quelle poche specie che riescono ad adattarsi alle condizioni ambientali del vino, che sono assai ostili alla loro sopravvivenza a causa della presenza di anidride solforosa, del contenuto alcolico elevato e del pH fortemente acido. Di regola riescono a crescere nel vino solo i batteri della specie Oenococcus oeni, che hanno cellule di forma sferica (cocchi) solitamente unite a due a due, e che durante la fermentazione malolattica tendono a formare lunghe catenelle, come si vede nella figura 1. Di tanto in tanto si possono trovare anche altri batteri, dei generi Lactobacillus, Leuconostoc o Pediococcus, che si distinguono dall’Oenococcus perché moltiplicandosi non formano catenelle, modificare il contenuto alcolico o l’acidità di un vino, ma può intervenire solo sulla quantità di SO2 aggiunta, ed è proprio su questo parametro che deve porre la massima attenzione se vuole pilotare con sicurezza la malolattica. A parte l’attento dosaggio dell’anidride solforosa, pochi altri strumenti sono attualmente disponibili per la gestione di questa importante fermentazione. Il numero di colture starter reperibili sul mercato, per limitarci all’ambito microbiologico, è limitato: i preparati commerciali di batteri per malolattica si contano forse sulle dita delle mani, mentre per la fermentazione alcolica sono disponibili almeno un centinaio di ceppi di lievito. Le cause che hanno finora limitato la diffusione di colture starter di batteri malolattici sono diverse: le difficoltà nella produzione industriale, l’elevato prezzo di vendita, ma soprattutto l’alta percentuale di insuccessi osservati nell’uso in cantina, in conseguenza della criticità dei fattori sopra citati. Mentre i lieviti della fermentazione alcolica sono microrganismi “robusti”, in grado di tollerare e rimediare ad errori di preparazione o ad un uso improprio, il successo di una coltura starter di batteri malolattici dipen- Figura 1. Catenella di Oenococcus oeni raccolta su membrana per filtrazione da 0,45 µm di porostià, fotografata al microsocpio elettronico a scansione (SEM) con falsi colori. Le cellule sono di forma tondeggiante riunite a due a due (diplococchi) e “schiacciate” tra loro, tanto da sembrare dei bastoncini. Foto di Jeff Broadbent, Utah State University. de dal rispetto di condizioni che hanno margini di tolleranza molto ristretti. La domanda di colture starter efficaci è comunque consistente e crescente, ed è particolarmente forte nella nostra provincia, dove le vinificazioni in rosso si protraggono fino a periodi in cui le temperature in cantina possono essere basse, e perché qui si producono quantitativi apprezzabili di vini novelli, nei quali la fermentazione malolattica non può sempre essere lasciata all’attività della microflora indigena. Nel 1999, Cavit e Istituto Agrario di S. Michele hanno pertanto deciso intraprendere un progetto biennale di ricerca, che ha previsto la selezione di colture batteriche per la fermentazione malolattica dei vini Trentini: il progetto ha avuto inizio nel 2000 e la sua prima fase si è conclusa con la passata vendemmia. Isolamento di batteri malolattici da vini trentini Nel corso della vendemmia 1999, sono stati individuati 22 campioni di vini in fermentazione malolattica, nei quali ovviamente non era stato fatto uso di colture starter, vinificati in sette cantine sociali: Aldeno, Avio, Mori - Colli Zugna, Cavit, Rotaliana, Roveré TERRA TRENTINA oppure hanno cellule più allungate, a forma di bastoncino. Generalmente si cerca di impedire lo sviluppo di queste altre specie, perché sono forti produttrici di acido acetico e hanno caratteristiche enologiche complessive piuttosto scadenti. Nel vino, comunque, anche i batteri più resistenti della specie Oenococcus oeni si trovano in condizioni davvero “estreme” e molto prossime ai limiti di sopravvivenza, tanto che per la trasformazione di 4-5 g/l di acido malico impiegano anche 15-20 giorni. Un decorso così lungo può essere critico per quei prodotti (per esempio i vini novelli) che devono essere lavorati e messi in commercio in tempi brevi, e rappresenta comunque un rischio nella stagione in cui ha luogo la fermentazione malolattica, quando si possono verificare improvvisi abbassamenti di temperatura che ne determinano un arresto fino alla successiva primavera. È evidente dunque che vi sono parecchie insidie nella gestione della fermentazione malolattica, e che una combinazione impropria dei tre parametri pH, contenuto alcolico, quantità di anidride solforosa aggiunta, può inibire l’attività anche degli enococchi più tenaci. L’enologo non può 25 RICERCA•ENOLOGIA della Luna e SAV. I vini erano Cabernet, Chardonnay, Lagrein, Marzemino, Merlot, Pinot grigio, Schiava, Teroldego novello, Teroldego; la loro composizione era differente, ma i principali parametri erano compresi entro i seguenti intervalli: pH: 3.36-3.78; Acidità titolabile: 8.76-3.97 g/l; SO2 libera: 12-40 mg/l; SO2 totale: 19-120 mg/l. Da questi campioni, in cui la malolattica era stata regolare, completa e veloce, abbiamo isolato una serie di colonie, che sono state sottoposte, negli anni 1999-2000, alle usuali procedure di purificazione e controllo, e da esse abbiamo isolato 315 ceppi, quasi tutti della specie Oenococcus oeni, mentre solo l’8 % circa degli isolati erano lattobacilli. Selezione dei ceppi Come criterio di selezione dei ceppi abbiamo scelto la capacità di sviluppare vigorosamente in vini con pH<3,5, acidità titolabile compresa tra 4,6 e 8,7 g/l, contenenti SO2 libera compresa tra 12 e 25 mg/l, e SO2 totale tra 19 e 88 mg/l. Tra i 315 ceppi isolati abbiamo così potuto individuare i 15 che meglio soddisfacevano questi requisiti, e che sono stati sottoposti a prove di laboratorio al fine di compararne le prestazioni enologiche. Ognuno dei 15 ceppi è stato inoculato in un vino di alta acidità, basso pH e alta gradazione alcolica, nel quale abbiamo seguito il consumo dell’acido malico e la produzione di acido lattico. La stessa operazione è stata fatta su un terreno colturale specifico per Oenococcus oeni. Una volta avviata la fermentazione malolattica abbiamo messo a confronto il comportamento di ogni ceppo in entrambi i substrati ed abbiamo selezionato i quattro che avevano trasformato più acido malico in acido lattico dopo 14 giorni. Gli istogrammi di figura 2 indicano, per ogni ceppo, quanto il rapporto percentuale acido lattico/acido malico al 14° giorno differisce dal valore medio: i valori dei più veloci sono positivi e stanno al di sopra della linea di base, quelli dei più lenti, al contrario, sono negativi e si collocano al di sotto della linea. Per ogni ceppo, la colonna di sinistra indica i risultati ottenuti in vino, quella destra quelli in terreno colturale. I ceppi 4, 6, 8 e 14 hanno dato risultati costantemente migliori della media, su vino e, tranne qualche eccezione, su terreno sintetico, mentre altri ceppi hanno dato sempre risultati peggiori (i ceppi n. 7, 9, 10, 11). I ceppi 1 e 2 si sono comportati egregiamente in vino, ma non così in terreno colturale per malolattica, mentre altri ancora hanno dato sempre risultati medi. I risultati di questa prova ci hanno permesso di scegliere i ceppi migliori, quelli indicati con i numeri 4, 6, 8 e 14, che sono stati successivamente impiegati in prove di microvinificazione e nelle vinificazioni in scala pilota effettuate nelle cantine che hanno partecipato al progetto. TERRA TRENTINA Prove di vinificazione con i ceppi selezionati 26 Nel periodo della vendemmia 2000 è stata preparata una coltura starter con i 4 ceppi in pari quantità, e questo cocktail di ceppi è stato usato per avviare la fermentazione malolattica in una serie di vinificazioni pilota in 3 cantine: Cavit, SAV e Cantina Sociale di Toblino. Presso la cantina della Cavit abbiamo valutato il comportamento della coltura in tre vinificazioni scalari di Teroldego Novello, rispettivamente di 0,2, 4,5 e 140 hl, mentre nella Cantina SAV abbiamo vinificato 10 hl di Chardonnay, e in quella di Toblino 300 hl di Merlot-Casteller. Nelle tre vinificazioni scalari di Teroldego novello la coltura si è sempre insediata con successo. Nella figura 3 abbiamo riportato come è diminuita nel tempo Successo della malolattica Vino Carica batterica all’inoculo (milioni di cellule/ml) Durata malolattica (giorni) SO2 totale Innalzamento acidità volatile (g/l di acido acetico) Presenza di zuccheri residui nel vino pH Tabella 1. Prove di inoculo di vini della vendemmia 2001 con la miscela di ceppi selezionati in Trentino: esito delle malolattiche e composizione dei vini ottenuti. Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Novello Novello Chardonnay Pinot nero Cabernet Novello Novello Chardonnay 50 50 5 5 5 5 5 0,05 8 8 8 10 10 11 15 30 36 68 30 40 61 ? 111 40 0,04 0,13 0 0,04 0,2 0 0,13 0 No No Sì Sì No No Sì no 3,42 3,57 3,45 3,27 3,69 3,43 3,54 3,58 Ceppo 15 Ceppo 14 Ceppo 13 Ceppo 12 Ceppo 11 Ceppo 10 Ceppo 9 Ceppo 7 Ceppo 6 Ceppo 5 Ceppo 3 Ceppo 2 Ceppo 1 Ceppo 4 Ceppo 8 Figura 2. Confronto fra attività malolattica di diversi ceppi. Le barre al di sopra della linea di base indicano ceppi che hanno attività maggiore della media, quelle al di sotto indicano un’attività inferiore. I ceppi migliori sono risultati i n° 4, 6, 8, 14. Attività malolattica in rapporto alla media Figura 3. Andamento della fermentazione malolattica, determinato mediante la diminuzione di acidità, durante la propagazione della coltura e poi nei 140 hl di vino novello inoculato (linea rossa piena). Ogni volta che la coltura si era moltiplicata a sufficienza, essa è stata inoculata in un volume circa 10 volte maggiore di vino (frecce rosse), e per questo l’acidità è risultata a valori più alti. Le linee azzurre tratteggiate indicano l’evoluzione della malolattica in quella parte del medesimo vino che è stato tenuto come testimone non inoculato. TERRA TRENTINA l’acidità di questo vino (e quindi come è progredita la fermentazione malolattica) durante la propagazione della coltura e poi nei 140 hl di vino inoculato (linea rossa piena). Durante la moltiplicazione della coltura, una parte di vino non è stata inoculata (testimone). L’andamento della malolattica nei testimoni è riportato nella figura 3 con linea azzurra tratteggiata. Le cellule inoculate si sono moltiplicate sempre molto velocemente, e l’acidità del vino ha cominciato a diminuire in modo visibilmente più rapido in confronto al testimone non inoculato, in cui la fermentazione malolattica è stata lasciata procedere grazie alla microflora indigena. Andamento analogo è stato osservato nelle prove svolte presso le altre cantine. Nella vendemmia 2001 lo stesso cocktail di ceppi di Oenococcus oeni è stato impiegato in altre otto vinificazioni, nelle cantine Sociali Aldeno, Lavis, Rotaliana, Mori e Roverè della Luna. Il suo comportamento è stato sempre messo a confronto con un testimone non inoculato e, quando possibile, con altre colture commerciali liofilizzate. Il risultato dell’inoculo è stato generalmente positivo, tranne quando c’era stato un dosaggio eccessivo di anidride solforosa o quando l’inoculo era stato troppo basso (moltiplicazione troppo veloce delle cellule). In tabella 1 si riportano i valori misurati nelle diverse prove. Un solo fallimento, dovuto alla carica di inoculo 100 volte troppo bassa, e una malolattica durata 15 giorni (cioè comparabile alla durata di una malolattica senza inoculo) anziché 10-11 giorni rappresentano un risultato più che soddisfacente, soprattutto in confronto alle prove di inoculo con colture commerciali liofilizzate, nelle quali la percentuale di successo non era stata superiore al 70% (figura 4). L’efficacia del- Procedura adottata per la fermentazione malolattica di 140 hl di vino novello mediante inoculo con coltura di ceppi isolati in Trentino. 27 RICERCA•ENOLOGIA Figura 4. Esito della fermentazione malolattica in vini della vendemmia 2001 inoculati con la coltura selezionata in Trentino, in confronto con quelli inoculati con ceppi commerciali e con gli stessi non inoculati. Testimoni non inoculati Inoculo con ceppi commerciali Inoculo con ceppi IASMA-Cavit numero di prove effettuate Figura 5. Esito della fermentazione malolattica in vini della vendemmia 2002 inoculati con la coltura selezionata in Trentino, in confronto con quelli inoculati con ceppi commerciali. Inoculo con ceppi commerciali Conclusioni Legenda per figure 4 e 5. Inoculo con ceppi IASMA-Cavit TERRA TRENTINA numero di prove effettuate 28 culi con il mix di ceppi isolati da noi è stato di 10 successi su 13 partite di vino inoculate, mentre per le colture commerciali il numero di malolattiche terminate con successo è stato di 7 su 13 (vedi figura 3). Abbiamo compreso nel conteggio delle fermentazioni completate anche quelle che hanno richiesto più di 20 giorni, che in figura 5 sono indicate come “fermentazioni lunghe”. Anche nella vendemmia 2002, dunque, il comportamento della coltura preparata con i ceppi isolati in Trentino si è distinto, nel confronto con altri preparati commerciali, per le performances ottenute nelle cantine sociali che hanno aderito alla prova. l’uso di colture batteriche è dimostrata dal fatto che, nelle 7 prove, ben 4 dei testimoni non inoculati non hanno fatto la malolattica, e un altro l’ha fatta, ma con un incremento di acidità volatile nel vino superiore (0,33 contro 0,18 g/l di acido acetico). In totale, nel 2001 i volumi di vino inoculati con la coltura “trentina” sono stati circa 400 ettolitri, e i risultati complessivi di queste prove, confrontati con il comportamento di colture commerciali e con fermentazioni malolattiche “spontanee”, sono riportati nella figura 3. Balza agli occhi l’efficacia dell’inoculo dei vini, soprattutto con la coltura isolata da noi. Nel 2002 la sperimentazione ha interessato otto cantine: Aldeno, Avio, Cavit, Istituto di S. Michele, Mori, Rotaliana, Roveré della Luna e Toblino; tra tutte queste cantine le prove con la coltura isolata in Trentino hanno riguardato 2.800 hl di vino. La durata delle malolattiche che hanno avuto esito positivo è stata compresa fra 4 e 17 giorni, mentre ancora una volta abbiamo registrato qualche insuccesso, dovuto sempre all’eccessiva quantità di anidride solforosa: in un caso la quantità di SO2 indissociata, la cosiddetta “molecolare”, era di 0,88 mg/l e in un altro di 0,95 mg/l. Un altro insuccesso dell’inoculo è stato causato dal basso numero di cellule, perché la coltura è stata moltiplicata troppo velocemente, senza dare ai batteri il tempo necessario a riprodursi. Il risultato degli ino- La coltura di ceppi di batteri lattici selezionati in Trentino da Istituto Agrario di S. Michele e Cavit ha dato prova di attivare e concludere efficacemente e con rapidità la fermentazione malolattica in vini rossi, novelli e base spumante. Ha dimostrato ottime doti di vitalità, di resistenza e capacità di adattamento in vini diversi. Alcune cantine hanno impiegato la nostra coltura nella grande maggioranza delle vinificazioni di prodotti di particolare pregio. Certo, i batteri lattici sono microrganismi molto più sensibili dei lieviti agli stress ambientali, e l’enologo deve sempre porre particolare cura a non eccedere nell’uso di anidride solforosa, che può essere tossica anche in basse dosi, soprattutto se il pH del vino è particolarmente acido.