fermentazione malolattica e complessita` aromatica
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fermentazione malolattica e complessita` aromatica
FERMENTAZIONE MALOLATTICA E COMPLESSITA’ AROMATICA di Donatella Petegolli Anno 1999 n. 6 I vini rossi devono la loro complessità non soltanto alla ricchezza polifenolica. Il cont ta to prolungato con le bucce, che caratterizza la fase di macerazione, fa ì che ils vino possa arricchirsi di numerosi componenti che lentamente migrano dalle parti solide alla frazione liquida in f rmentazione e . A ciò si aggiunge il fatto che tradizionalmente i vini rossi subiscono, nel corso della loro conservazione in cantina un, processo fermentativo molto particolare, in grado di modifi ac re sostanzialmente le caratteristiche organolettiche del prodotto. Si tratta della fermen at zione malolattica, attualmente oggetto di numerosi studi e applicazioni. Essa non rapp er senta una pe uliarità c dei vini rossi, interessando anche numerosi vini bianchi, s ecialmente p quelli affinati. Di norma avveniv – a e avviene ancora in un gran numero di aziend – sp e ontaneamente, subito dopo la fermentazione alcoolica e/o in primavera, quando le tempe ar tur e erano più miti . Volendo descrivere brevemente le caratteristiche di questa fermentazione, occorre partire dagli agenti che ne sono responsabili. Diversamente dalla fermentazione alcoolica, dove i protagonisti sono i lieviti, la malolattica è compiuta a batteri d lattici. Ne esistono di div rsi e generi, ma i più impiegati in enologia sono senz’altro gl Oenococcus i oeni, in quanto si os no di mostrati più adatti alle condizioni del vino . La reazione chimica che sta alla base della malolattica è la trasformaz one dell’acido i ma ico l in acido lattico, cioè di un acido forte, con due funzioni acide, in uno più morbido e con im nore forza acida (una sola funzione acida). Se l’effetto finale fosse solo una disacidificaz oi ne ci sarebbero a disposizione strumenti enolo ici più g efficaci e meglio gestibili per arrivare al medesimo risultato. La grande importanza della fermentazione malolattica isiede r nell’effetto che ha sui caratteri organolettici del vino. I batteri, infatti, vivendo in esso e svolgendovi le loro f nzio u ni metaboliche, sono in grado di creare composti e -novo x e di trasformare molecole pree istenti, s avendo un’influenza marcata sul profumo e sul gusto del prodotto. D’altro canto, se i batteri sono costretti a vivere in condizioni troppo lontane dall’ottimal ,etendono a p odurre r composti indesiderati quali l’acido acetico e il diacetile (responsabile, quest’ultimo, dell’aroma di burro), con un conseguente peggioramento q au litativo del vino finito . I batteri lattici sono sensibili all’alcool, all’acidità, all’ nidridea solforosa, alle basse tempe rature e quindi nel vino il rischio che non si trovino a loro agio è spesso plausibile . Esistono rimedi enologici per venire incontro alle difficoltà di adattamento dei batteri che permettono di far sì che la fermentazio e malolattica n possa svolgersi con una bassa p r- e centuale di rischio. Un grande e positivo contributo lo ha dato la messa a punto di colture selezionate, oggi disponibili sul mercato in diverse formulazioni commerciali, che cons ne tono di pilotare il p ocess r o svincolandolo dalla casualità naturale . In questo contesto ciò che più interessa è senza dubbio l’effetto organolettico di questa fermentazione cosiddetta “secondaria”. Per prima cosa, il vino rosso diventa più morbido, meno aggressivo e la sua tannicit appare à meno ruvida; nel complesso, il vino è più o- r tondo e più maturo, senza essere necessariamente più vecchio. Nei vini bianchi questo processo è gradito solo sui vini strutturati in quanto, andando ad intaccare la forza acida, tende a privare i vini se plici m della loro freschezza e, di conseguenza, li rende piatti e m lo li. La malolattica conferisce al vino note aromatiche del tutto nuove: burro, frutta s cca, e animale, cuoio bagnato, aramello, c fermento. Sono note che ben si associano a vini dotati di u n discreto estratto e in cui si ricerca la complessità e la originalità; i vini affinati in el gno se ne avvantaggiano parti olarmente, c mentre nei vini dell’annata è più ricercato l’effetto disacidificante e l’ammorbidimento ad esso legato. Un caso particola e è quello r dell’aroma di burro. A pro ocarlo, v come già detto, è un composto che prende il nome di diacetile e che deriva dal me abolismo t dei batteri, in particolare dalla degradazione dell’acido citrico. Anche i lieviti producono, in misura ridotta, diace ile. La quantità t di q eu sta sostanza presente nel vino è in grado di influire fortemente sul suo gusto in qu nto a a concentrazioni diverse conferisce note aromatiche diverse: di burro ad alte conc ntrazioni, e di frutta secca e di caramello a dosi più contenu e. Il diacetile t a sua volta viene trasfor a- m to in altri componenti (2, -butandiolo, 3 acetoino), riducendo la sua forza aromatica. La ac pacità dei batteri lattici di formare diacetile è fortemente influenzata dalle caratteristiche genetiche dei batteri stessi e quindi dal ceppo che prende il sopravvento. Un altro fattore di estremo interesse per poter giudicare se la fermentazione malolattica sia un bene o un male per il vino è la varietà dell’uva di partenza; in effetti, il risultato organolettico finale dipende fortemente da come gli aromi primari si combinano con gli aromi della malolattica e, nel caso dei vini affinati, con quelli terziari. Questo fattore è molto importante specialmente nei vini bianchi in quanto la trasformazione è più evidente e più percepibile. Un’attenzione particolare merita l’effetto della malolattica nei confronti del sapore fruttato, tanto gradito in numerosi vini rossi. E’ dimostrato come l’attività batterica rispetti gli aromi fruttati, lasciandoli inalterati o addirittura amplificandoli nel vino finito. Ciò favorisce la complessità del prodotto, associando note olfattive e gustative complesse ad un’aromaticità primaria persistente. Nei vini caratterizzati da sensazioni erbacee - siano essi bianchi o rossi – tendono a prevalere gli aromi da malolattica, con attenuazione della persistenza vegetale e un deciso incremento della complessità. Da quanto esposto risulta facilmente deducibile la grande importanza enologica della fermentazione malolattica. Negli ultimi anni gli operatori hanno cercato di rendere questo processo sempre meno casuale e sempre più un passaggio enologicamente gestito e orientato in ogni suo particolare. L’impiego di colture selezionate, il riscaldamento delle masse, la correzione del pH, l’eventuale preparazione di un pied de cuve sono tutti interventi volti a massimizzare gli aspetti positivi e a ridurre i rischi, comunque presenti trattandosi di un processo microbiologico. Donatella Petegolli