17/10/2013 Relazione A. Mattioli attivo su Contrattazione

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17/10/2013 Relazione A. Mattioli attivo su Contrattazione
RELAZIONE ATTIVO 17 OTTOBRE
“Contrattazione, quale futuro?”
A nome e per conto della Cgil ER ringrazio le compagne e i compagni che oggi sono
stati chiamati, accettando l'invito, a confrontarsi, dando il loro contributo, sull'analisi
e proposta che stiamo avanzando sulla contrattazione e sul modello contrattuale.
Questo appuntamento l'abbiamo cercato, voluto, per rimettere al centro del dibattito
interno alla nostra Confederazione, soprattutto in vista del congresso, lo strumento
della contrattazione e su quale modello contrattuale e di relazioni sindacali si
posiziona la Cgil.
Ora più che mai, dopo il seminario di Milano e l'assemblea di programma della Cgil,
con la presentazione del piano per il lavoro, e soprattutto dopo quello che è avvenuto
sui tavoli negoziali di categoria e confederali, la nostra organizzazione si deve
mettere nelle condizioni di sostenere una proposta condivisa al suo interno e nel
rapporto con i lavoratori.
Non possiamo più permetterci di derubricare la materia contrattuale a questione
che riguarda le singole categorie o i soggetti che di volta in volta sono chiamati a
gestire la negoziazione.
La contrattazione è il pilastro su quale si fonda la natura del nostro modo e
ragione di essere sindacato ed anche per questa ragione in questi anni è stato
oggetto di un attacco senza precedenti.
Abbiamo la presunzione, come Cgil ER, di poter dare un contributo di analisi e di
proposta grazie alla storicamente diffusa contrattazione aziendale, di filiera,
provinciale e sociale, che ha prodotto negli anni un sistema di relazioni industriali e
istituzionali utili anche a raggiungere gli accordi che hanno accompagnato questi 5
anni di crisi: il Patto per attraversare la crisi, il Patto per la crescita, e dal 2009 più di
20.000 accordi aziendali difensivi ….........................
Non possiamo sottacere però che anche nella nostra regione la crisi ha lasciato e sta
lasciando il segno, anche nel sistema di relazioni e nel nostro modo di fare e essere
organizzazione sindacale.
Lo abbiamo detto e scritto tante volte negli anni che abbiamo alle spalle, il
nostro paese ha impattato la crisi con una debolezza strutturale causata
dall'assenza di una vera azione di politica industriale, accompagnata da una
drastica riduzione degli investimenti pubblici e privati, subendo in questo modo
gli effetti devastanti in tutto il settore manifatturiero e dei servizi e preparando
la strada ad una ormai presente e destabilizzante deindustrializzazione.
La drastica riduzione dei livelli occupazionali (in Emilia Romagna la disoccupazione
è passata dal 3,8% del 2008 al 7,7% del 2013 ed il tasso di occupazione è passato dal
70,1% del 2008 al 66,7% del 2013: in 5 anni nella nostra regione sono state utilizzate
quasi 450 milioni di ore di cassa integrazione) è stata accompagnata da un attacco
senza precedenti ai diritti del lavoro ed alla centralità della contrattazione, o meglio
al ruolo del contratto nazionale di lavoro.
Le politiche dei governi che si sono succeduti, unitamente alla posizione assunta da
Confindustria e delle altre parti sociali con gli accordi separati (dal Gennaio 2009
sino a quello sulla produttività), hanno mirato nei fatti allo smantellamento della
contrattazione collettiva nazionale di lavoro e all'indebolimento delle tutele
individuali dei lavoratori che erano previste dalla nostra legislazione, in particolare
facciamo riferimento a:
• art.8
• accordi separati pubblico impiego e settori della conoscenza – blocco dei
rinnovi contrattuali
• decreto legislativo 150/2009 (Brunetta)
• accordo separato del commercio
• lettera della BCE
• Manovra sulle pensioni
• Legge 92
• Rinnovo del Ccnl dei chimici e dell'energia
• Accordo separato sulla produttività
• accordo separato dei metalmeccanici
• disdette della contrattazione articolata nella distribuzione e nel manifatturiero
• decreto sulla detassazione della produttività
Tutti i provvedimenti adottati rientrano nell'indirizzo di una politica neo-liberista a
livello europeo, sintetizzata nella lettera della BCE, che fonda i suoi principi sulla
centralità dell'impresa, del profitto, della finanza e non del lavoro, sulla svalutazione
dei salari e su una competizione che vede i diritti (collettivi ed individuali) come un
orpello che ostacola questo modello di sviluppo.
In questo contesto di riferimento, con il 28 giugno sottoscritto, si sono
successivamente prodotti fatti laceranti sul rinnovo dei contratti nazionali a partire
dagli accordi separati del pubblico impiego e del commercio, oltre alle piattaforme
separate dei metalmeccanici sino all'apertura di una trattativa senza la Fiom ed il
successivo accordo separato.
In tutti i settori/categorie (in particolare metalmeccanico e commercio) stiamo
subendo la disdetta della contrattazione di secondo livello e la sottoscrizione di
accordi separati, non ultima quella di Federdistribuzione e di Confimi con Fim e
Uilm
Per queste ragioni il Piano per il Lavoro della Cgil, con le sue articolazioni regionali
e territoriali, deve assumere i connotati di una proposta per un nuovo modello di
sviluppo alternativo a quello attuale, che fonda le radici nel welfare, nella tutela ed
inclusione sociale a partire dalla contrattazione, in politiche di investimento nei
settori della conoscenza, in politiche industriali che favoriscono innovazione e
conversione energetica con partecipazione del sistema pubblico nelle sue
articolazioni istituzionali, in un nuova e rinnovata centralità del lavoro, che passa
anche anche attraverso il ripristino della centralità del Contratto Collettivo Nazionale
di Lavoro e della contrattazione di secondo livello che deve operare in rete con la
contrattazione sociale
La tutela del reddito e dell'occupazione, in una condizione di crisi, passa anche
attraverso una riforma degli ammortizzatori sociali in chiave universale che
garantisca un reddito sociale e includa tutte le forme di lavoro subordinato, le imprese
oggi escluse, e chi rimane senza lavoro, superando le nefandezze della legge 92 (aspi,
miniaspi,.....), individuando le gradualità necessarie per chi è scoperto dalla tutele
contrattuali.
Tale riforma va accompagnata con un'azione contrattuale coordinata e generale
sulla riduzione dell'orario dei lavoro, sulla contrattazione della prestazione, sul
mercato del lavoro.
Lo strumento della contrattazione (nazionale, articolata, sociale) per la Cgil è il
fondamento della sua storia, del suo presente e del suo futuro e deve essere parte
integrante del “Piano per il Lavoro”
Dall'accordo separato del Gennaio 2009, e dalle modifiche legislative che si sono
succedute, tutte le "indagini" sulla copertura della contrattazione nazionale ci dicono
che siamo in presenza di una riduzione del perimetro dei contratti collettivi,
accompagnata da “un'esplosione” del numero dei contratti stessi: aumentano i
contratti e diminuisce la platea di riferimento, aumenta la precarietà senza nessuna
risposta della capacità inclusiva dei contratti stessi.
In sostanza la parcellizzazione della rappresentanza, la nascita e/o costituzione di
sindacati corporativi, autonomi, di comodo, la stessa frantumazione della
rappresentanza delle associazioni d'impresa a partire da Confindustria, Api,
Cooperazione, ha prodotto un dumping contrattuale insostenibile (es. Confapi,
Confimi – Centrali coop , Unci, Ue coop – Ccnl agricoli, Contratto del verdeConfcommercio, Federdistribuzione ......)
Possiamo affermare che il modello Fiat, anticipato nei fatti dai contratti collettivi
sottoscritti da sindacati autonomi ed associazioni d'impresa di "scopo" (es: Unci –
Confsal....), è lo strumento, oltre a quello legislativo, con il quale si produce un
modello economico, sociale, di rappresentanza, dove il lavoro, il suo costo, i diritti e
le tutele, sono lo strumento sul quale misurare la competizione dell'impresa.
Con questo assunto appare chiaro che il rapporto individuale tra impresa e lavoratore
diventa l'unico terreno sul quale questo modello intende operare ed il contratto
collettivo nazionale diventa un ostacolo da smantellare, cosi' come le norme
legislative che lo supportano: la stessa legislazione sul diritto del lavoro e' stata
modificata per supportare questo modello.
E' evidente che questo “disegno/progetto”, ha bisogno di un ruolo del sindacato
finalizzato al semplice servizio al lavoratore, che si traduce in una struttura politica
centralizzata ed una struttura di servizio capillare.
Il finanziamento di questa struttura passa dalla legittimazione reciproca e dalla
negoziazione di una bilateralità che copre il vuoto della contrattazione collettiva: una
quota di risorse per sostenere questo modello verrebbe dalle imprese (bilateralità,
quote di servizio) ed una parte dalle manovre economiche del governo (questo
modello, in una fase di crisi della rappresentanza, rischia di essere lo strumento reale
di autoconservazione)
E' altrettanto evidente che con l'accordo separato del 2009 e quello sulla produttività
hanno chiuso il cerchio, producendo nei fatti una radicale trasformazione del
sindacato, creando un preciso perimetro contrattuale, che determina una rincorsa al
massimo ribasso nelle tutele individuali e collettive (viste come vincoli) ed una
frammentazione sociale insostenibile: il regolatore sociale diventa l'impresa.
Sul lavoro dipendente è conseguente il fatto che questo modello produce lo stesso
effetto della forma primaria delle gabbie salariali, con le quali si produsse una
balcanizzazione della contrattazione e dumping nei trattamenti economici e
normativi, oltre che l'aziendalizzazione dei rapporti sociali ed economici.
Siamo di fronte ad un processo culturale ed ideologico.
In sintesi: chi è entrato nel mondo del lavoro in questi ultimi 15 anni ha
conosciuto, con rapida successione, rapporti di lavoro precari e occasionali,
caratterizzati da minori diritti e minori salari, spesso a prescindere dal
personale percorso di studio e/o professionalità acquisita.
Occorre operare per una composizione unitaria del lavoro che non può partire solo
dagli stessi luoghi di lavoro: in questo senso gioca un ruolo fondamentale la
contrattazione, ma occorre contemporaneamente ridare alla legislazione del lavoro un
ruolo di supporto alla contrattazione stessa, assegnandole una funzione non solo
acquisitiva ma soprattutto migliorativa
In caso contrario rischia di essere sancito negativamente il rapporto lavoratore
impresa.
E' indubbio che di fronte all'implosione della rappresentanza del sistema delle
imprese ed alla proliferazione della contrattazione nazionale (sempre più contratti con
la riduzione della platea di riferimento, come dicevo in precedenza) gli accordi
confederali del 31 Maggio con Confindustria e del 18 Settembre con le Centrali
Cooperative segnano un punto di svolta nel sistema delle relazioni sindacali nel
nostro paese sul terreno della democrazia e della rappresentanza, così come
l'applicazione della sentenza della corte costituzionale da parte della Fiat, mettono
teoricamente la parola fine all'impianto scaturito dall'accordo separato del Gennaio
2009, così come è necessario ed inderogabile estendere l'intesa a tutti gli altri settori,
in particolare commercio e artigianato.
Oltre alla necessità di riconoscere l'effettiva rappresentanza e rappresentatività dei
negoziatori, nel documento abbiamo richiamato la volontà di perseguire questo
risultato per raggiungere due obiettivi: 1) rilanciare lo strumento della contrattazione
(nazionale ed articolata), avviando contestualmente un processo di semplificazione
2) riavvicinare il sindacato al controllo del processo produttivo ed alla negoziazione
della prestazione con la partecipazione democratica dei lavoratori.
Questo modello di relazioni, definito dagli accordi confederali, è propedeutico ad
un'iniziativa legislativa ormai inderogabile in grado di definire regole certe,
condivise ed esigibili.
E' chiaro che questo salto di qualità conferma che la nostra organizzazione si ripensi
in termini di titolarità contrattuali e di forme diverse di aggregazioni (accorpamento
di categorie), non solo in riferimento alla “semplificazione” contrattuale, ma anche
assumendo come riferimento l'orizzonte europeo.
In tal senso va contrastata la proliferazione della rappresentanza associativa delle
imprese, tutta piegata a recuperare associati e rappresentanza attraverso la produzione
di un dumping contrattuale ormai insostenibile: emblematiche sono le vicende già
richiamate legate a Federdistribuzione e Confapi/Confimi.
La crisi segna in profondità la rappresentanza sociale, diminuisce la contribuzione e
diminuiscono gli associati, aumenta il fai da te (consulenti e studi professionali), ed
alla carenza di risorse si fa fronte con l'esplosione di un'articolazione bilaterale nella
quale si garantisce la legittimità delle organizzazioni che di volta in volta la
costituiscono, traslando nella bilateralità le materie contrattuali e le prestazioni per i
lavoratori, a costo “zero” per le imprese: gli incrementi salariali si trasformano in
garanzia delle “prestazioni integrative” per i lavoratori occupati e in risorse
destinate alla rappresentanza.
Come dicevo l'accordo del 31 Maggio con Confindustria ed il successivo con la
Cooperazione hanno segnato un'inversione di rotta e per queste ragioni il confronto
aperto in questi mesi, ha bisogno di essere reso esplicito dentro l'organizzazione e nel
rapporto con i lavoratori, deve produrre risultati sulla certificazione della
rappresentanza, sulla rappresentatività, sulle modalità per garantire il voto dei
lavoratori, sull'estensione della R.S.U., sulla validità erga-omnes dei contratti
nazionali, per essere un buon viatico alla legge che il parlamento italiano deve
promulgare, lavorando anche e non solo sull'estensione della legge del pubblico
impiego
A nostro avviso, ne siamo convinti, e' comunque indispensabile ripartire da lì, dal 31
Maggio e dal 18 Settembre e dalla sua estensione (oggi il perimetro di riferimento è
solo quello di Confindustria e della Coperazione), dalla certificazione della
rappresentanza, dalla possibilità di garantire la partecipazione al voto dei lavoratori,
dalla legge sulla democrazia e rappresentanza, dall'accordo sul pubblico impiego del
3 Maggio 2012, per rilanciare la CGIL ed il ruolo del sindacato, dei lavoratori e delle
lavoratrici.
Per questa ragione è indispensabile, inderogabile, dare piena applicazione a
quegli accordi, soprattutto dopo la lettera dei Segretari Generali.
E' necessario dare immediatamente il via libera alla elezione e rinnovo delle
RSU con il metodo puramente proporzionale.
Sul piano contrattuale non possiamo permetterci solo di attendere la promulgazione,
se mai ci fosse in questa fase politica, della legge: e' indispensabile che ci
presentiamo al paese e a chi lo governa, con una piattaforma, sulla quale costruire le
alleanze, che passi attraverso il piano per il lavoro e che faccia leva sulla
cancellazione dell'art. 8, sulla radicale modifica della legge 92 a partire dal ripristino
della tutela dei diritti individuali, modifica radicale sino al cancellamento del decreto
Brunetta ed una nuova riforma del mercato del lavoro, una legge sulla democrazia e
rappresentanza e sulla validità erga-omnes dei contratti.
E' chiaro che il tutto rischia di giocarsi con i soli rapporti di forza e per questa
ragione è assolutamente necessario che la nostra proposta sia chiara e che si
agisca coerentemente con le azioni conseguenti: una capillare campagna di
assemblee e' indifferibile e più che mai urgente, per crescere un movimento ed
un consenso ad un modello alternativo a quello che si sta affermando.
Il percorso assembleare deve partire dalla illustrazione degli accordi sulla
rappresentanza e democrazia, dal coinvolgimento dei lavoratori per condividere le
proposte della Cgil (che ripeto sinteticamente: new deal legislativo sul lavoro:
cancellazione art.8 – modifica radicale della 92 – modifica radicale del decreto
Brunetta – art.39 della Costituzione, legge su democrazia e rappresentanza, validità
erga-omnes dei contratti , voto dei lavoratori, art. 41 - 46 della Costituzione come
fondamento per la democrazia industriale ed economica, piano per il lavoro, modello
contrattuale)
Come Cgil Emilia Romagna riteniamo che vada superato il contratto collettivo
nazionale di categoria ed individuati macro-comparti, anche per avere come
riferimento un contesto sovrannazionale (europeo), che possiamo individuare in
poche aree, come ad esempio:
− CCNL del manifatturiero
− CCNL del comparto agro-alimentare e gestione del territorio
− terziario e distribuzione
− servizi alla produzione e logistica
− turismo e gestione del patrimonio artistico
− pubblico impiego
− settore della conoscenza(scuola, università, ricerca, AFAM)
Contestualmente le filiere di riferimento dovranno essere definite nella fase di
armonizzazione
Esempio della fase transitoria:
− filiera meccanica
− filiera della conoscenza
− pubblico impiego
− filiera del commercio e distribuzione
− filiera del trasporto pubblico
− filiera dei servizi alla produzione
− filiera della logistica e del trasporto privato
− filiera agroalimentare
− filiera della gestione dell'ambiente e del territorio
− filiera chimica e derivati
−
−
−
−
−
filiera dell'abbigliamento
filiera del turismo e del patrimonio artistico e culturale
filiera delle telecomunicazioni (pubbliche e private)
filiera dell'abitare
filiera delle multiutilitys
Il riferimento europeo è d'obbligo, non solo perchè è in atto un forte accorpamento
delle categorie, ma anche perchè il modello sindacale, di rappresentanza, contrattuale,
le norme legislative, sono profondamente diverse da quelle italiane: per questa
ragione abbiamo avviato approfondimenti utili a definire una posizione condivisa
all'interno dell'organizzazione (ammortizzatori, reddito di cittadinanza, reddito
minimo, salario minimo garantito)
E' necessario definire tempi e modalità per passare dalle centinaia di contratti
nazionali depositati al ministero del lavoro ai pochi contratti nazionali che
“coprono” le macroaree”: i tempi ed i contenuti per l'armonizzazione
contrattuale dovranno essere oggetto di un accordo quadro confederale,
convenuto in accordo con le categorie.
L'accordo quadro di natura confederale impone la definizione di un nuovo modello
organizzativo sia per il sindacato che per le associazioni d'impresa: l'attuale struttura
di rappresentanza, derivanti da condizioni pattizie e non da una legislazione di
riferimento, si sta autolegittimando anche nella frammentazione.
Ad una “esplosione” delle associazioni, corrispondono diversi nuovi contratti di
riferimento: spesso tali scelte sono dettate da interessi corporativi e da una
diminuzione della sfera dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori, oltre che
da una riduzione della tutela salariale.
E' necessario, anche in una situazione di crisi, stabilire il punto zero dal quale
ripartire: abbiamo già detto dell'iter legislativo ma dobbiamo stabilire una
norma universale sui salari che definisca l'attuale minimo non derogabile.
In tal senso il ruolo di coordinamento e direzione politica della confederazione è
fondamentale.
E' chiaro che questa scelta impone un modello organizzativo diverso da quello che
conosciamo: una nuova centralità della confederazione non vuol dire accentramento,
accorpamento delle categorie significa anche la riaffermazione della loro titolarità
contrattuale, va previsto un forte decentramento di categoria e della confederazione a
sostegno della contrattazione articolata (aziendale, sito, filiera, territoriale, regionale)
ed al potenziamento dei servizi finalizzati alla tutela individuale
Il ruolo della confederazione e' di coordinamento delle politiche contrattuali, della
stipula di accordi quadro, di definizione delle materie confederali indisponibili alla
contrattazione di categoria, di determinazione della compatibilità degli accordi
sottoscritti con le regole definite nell'accordo interconfederale, di programmare
coordinare e gestire la negoziazione territoriale e regionale (che deve interagire, con
modalità da definire, con la contrattazione integrativa).
Premettendo l'assoluta indisponibilità dei diritti costituzionali, al livello
confederale nazionale va assegnata la contrattazione dei diritti universali, di
cittadinanza, sicurezza del lavoro e di tutela sociale, superamento della
precarietà con interventi sulla pletora di tipologie di rapporti di lavoro
subordinato e parasubordinato (es. : malattia, maternità, infortunio, previdenza,
ammortizzatori, rappresentanza e democrazia sindacale, ecc....)
La contrattazione territoriale-sociale (regione-territorio) dovrà prevedere sedi e
momenti contestuali ed in relazione con la contrattazione integrativa
Al livello confederale, in accordo con le categorie, spetta la definizione dello
strumento con il quale determinare gli incrementi economici, individuando
nell'ambito delle macroaree il livello minimo nazionale
Il Ccnl deve garantire il potere d'acquisto e tutelare il reddito (confermandone anche
il ruolo redistributivo e solidale), determinare il minimo contrattuale da valere ergaomnes non derogabile, determinare l'orario massimo giornaliero e settimanale,
definire la griglia di riferimento dell'inquadramento professionale nella quale agisce
la contrattazione articolata, definire le norme che ricompongono il ciclo integrato del
prodotto ed intervenire sugli appalti, prevedere che le prestazioni sanitarie, nel caso
della costituzione dei fondi, siano effettivamente integrative (sanitarie.....) delle
prestazioni pubbliche, stabilendone anche l'articolazione regionale e determinando i
costi a carico del sistema delle imprese (con l'obiettivo, attraverso il secondo livello
di contrattazione, di destinare le risorse per il pilastro pubblico integrativo, ad es:
sanità integrativa con il confronto avviato con al regione Emilia Romagna): in sintesi,
disciplinando i fondi per le prestazioni sanitarie integrative (extra LEA)
prevedendone l'articolazione regionale.
In tal senso rimando l'esplicazione di quanto abbiamo maturato a livello
regionale al documento approvato dal Direttivo della Cgil ER il 18 Luglio 2013
sulla costituzione di un pilastro di sanità integrativa a convenzionamento
pubblico con la Regione.
Il contratto collettivo nazionale deve indicare i rimandi al secondo livello di
contrattazione sia nel pubblico che nel privato e le linee guida per rispondere alle
specificità di settore.
Per quanto riguarda il Pubblico Impiego a causa dell'incidenza della legge il CCNL
dovrà essere più prescrittivo.
La contrattazione di secondo livello: (sintesi)
− il livello viene determinato dai Ccnl (aziendale, sito, filiera, territoriale,
regionale)
− nel secondo livello le parti negoziano: modularita' degli orari, crescita
professionale e conseguente adattamento della scala parametrale,
organizzazione del lavoro, salario aggiuntivo al Ccnl: che misura parametri
condivisi di produttività, ridistribuisce la "ricchezza" dell'azienda, misura la
prestazione e la crescita professionale, introduce le prestazioni integrative,
definisce criteri di qualità di processo e di prodotto
− ricomposizione dei cicli
− costituzione del tavolo unico di sito e/o di filiera
− raccordo con la contrattazione sociale territoriale per definire gli interventi sui
servizi alla persona ed i particolare fondato su tre pilastri: qualità del modello
di sviluppo – emergenza occupazionale – welfare integrativo
− norme inclusive (stabilizzazione, migranti, pari – opportunità)
Lo strumento degli enti bilaterali deve essere piegato al servizio del lavoro e del
lavoratore, costituendo anche un'opportunità per la singola impresa per la
redistribuzione dei costi e dei servizi, prevedendo interventi ad integrazione del
reddito (modello artigiani): dovranno essere di natura contrattuale nazionale (che
dovrà definire le articolazioni sul territorio) ed in tal senso e per queste ragioni
devono essere accreditati verso l'Inps ed il ministero del lavoro.
Gli enti bilaterali potranno essere costituiti solo da soggetti che hanno la
certificazione della rappresentanza e le risorse destinate derivano da costi contrattuali.
Non possono intervenire su istituti contrattuali soggetti alla negoziazione e costituire
in tal senso sussidiaretà: siamo indisponibili alla certificazione della rappresentanza e
dei rapporti di lavoro, così come si sta delineando sul tavolo del rinnovo del CCNL
edili.
La negoziazione sulla bilateralità avviene a livello confederale nazionale: a tale
livello si prevedono i rimandi alla contrattazione di categoria che stabilirà
l'articolazione degli stessi, i quali possono intervenire su:
− formazione
− integrazione del reddito (modello artigiani e casse edili)
− prestazioni aggiuntive e/o integrative, non coperte dal sistema pubblico
− ricerca, innovazione
Meritano una riflessione particolare la cooperazione e l'artigianato, che non
possono più avere una contrattazione specifica ma devono rientrare nelle macro aree.
Nella fase transitoria parliamo di contratto unico della cooperazione e contratto unico
dell'artigianato, con le necessarie armonizzazioni derivanti dalle filiere di riferimento
e dalla storia contrattuale.
L'attuale ruolo della cooperazione non ha nulla a che fare con il modello originale
per il quale era giustificata una legislazione fiscale e normativa agevolata (sul ruolo
dell'impresa), in questo senso per tutto il sistema delle imprese va rivista la politica
fiscale: agevolata per chi investe, agevolata per chi fa occupazione, agevolata per chi
converte in green-economy.
La riflessione sul sistema cooperativo deve tenere punti di riferimento indiscutibili:
•
struttura societaria (base sociale e struttura del prestito dei soci)
•
partecipazione
•
democrazia economica
•
redistribuzione del reddito
•
legislazione di riferimento
•
142 (revisione delle legge sul socio-lavoratore)
Non da meno sono da considerare gli strumenti di gestione e controllo del sistema
cooperativo nei territori e del ruolo del socio-lavoratore e del lavoratore dipendente:
− ruolo e consolidamento degli Osservatori
− applicazione contrattuale
− ruolo delle DTL
Per questa ragione si conferma la piena applicazione dei contratti sottoscritti dalle
categorie di CGIL CISL UIL e dalle centrali cooperative, rinviando al confronto sul
modello contrattuale modifiche in tal senso (contratto unico con la cooperazione,
contratti di filiera che coinvolgono la committenza in caso di appalti e
destrutturazione del ciclo produttivo, contrattazione di sito....): oggi la prima azione
di contrasto è di non derogare dall'applicazione contrattuale e dai contratti di
riferimento.
Contestualmente è necessario riaprire immediatamente un tavolo regionale/nazionale
per definire un accordo quadro in grado di stabilire e garantire l'applicazione della
sfera contrattuale (vedi commistione/competizione tra il CCNL multiservizi
sottoscritto dal commercio ed il CCNL del trasporto merci e logistica sottoscritto dai
trasporti, la garanzia dell'applicazione della clausola sociale, la condivisione e la
definizione di una legge di supporto in grado di garantire la piena applicazione dei
CCNL ed il confinamento, l'alienazione, dei CCNL sottoscritti da associazioni e
sindacati di comodo e/o comunque non rappresentativi: un buon viatico potrebbe
essere l'accordo sottoscritto con le Centrali Cooperative il 18 Settembre 2013, al
quale va data immediata applicazione.
Il ruolo della cooperazione può essere rilanciato rivedendo la 142, la struttura del
capitale d'impresa e la sua funzione sociale.
Per l'artigianato, o si determina un perimetro ben definito con le norme adeguate o
altrimenti si rischia, come succede adesso, che sia solo uno strumento per abbattere i
costi.
In sintesi:
nel merito sul prossimo futuro, oltre alla tutela salariale (che deve essere garantita da
una rinnovata centralità del Contratto Nazionale di lavoro, da una contrattazione
articolata esigibile e non derogatoria, da un politica fiscale di carattere redistributivo),
l'azione contrattuale deve ridare centralità al lavoro ed ai diritti, ed in particolare agire
su orari, prestazione, ricomposizione del ciclo produttivo (in azienda, nel sito, nella
filiera):
Reddito minimo di cittadinanza:
− un forma minima di reddito universale definita con una gradualità che deve
tenere conto dell'anzianità contributiva e della copertura della stessa in un
sistema previdenziale contributivo, della fase di inserimento al lavoro, delle
politiche attive. Le risorse derivano dalla fiscalità generale e da quelle messe a
bilancio per l'Aspi, la mini Aspi, la deroga e la mobilità: in questo caso gli
unici strumenti aggiuntivi in caso di crisi sono la Cassa integrazione ordinaria
per le crisi temporanee e la straordinaria per ristrutturazione. Non è più
rinviabile a livello nazionale un approfondimento sul salario/reddito minimo,
sul reddito di cittadinanza, ecc..., sulla traccia delle migliori esperienze
europee, e sul salario minimo garantito
Riduzione dell'orario di lavoro:
− deve essere sancita dalla legge e dai contratti, oltre che dalla negoziazione
delle situazioni di crisi, e deve essere supportata da un sistema di incentivi e
disincentivi, garantendone la copertura contributiva: l'estensione del modello
del contratto di solidarietà va resa obbligatoria per legge, da attivare prima di
ridurre i livelli occupazionali e di accedere al reddito minimo.
In sostanza una riduzione strutturale e solidale dell'orario in grado di redistribuire il
lavoro che c'è e in grado di creare possibilità di nuova occupazione, salvaguardando
il reddito. In una fase espansiva la riduzione degli orari, accompagnata da politiche
attive (formazione per l'inserimento) crea nuova occupazione.(lo strumento del cds
difensivo e/o espansivo dovrebbe diventare la leva per una nuova politica della
riduzione degli orari legati ai livelli occupazione e alle politiche attive)
Appalti:
− Le criticità sulla cooperazione esplodono nei regimi di appalto, pubblicoprivato, logistica – facchinaggio, servizi alla produzione – servizi sociali.
Queste criticità sono aggravate dalla pletora di contratti collettivi che
potrebbero essere applicati: dalla logistica/trasporti al multiservizi, dall'Unci ai
regolamenti interni.
In questo caso è ancora più evidente la necessità di ottenere un sistema legislativo, a
partire dal livello regionale, in grado di evitare la nascita ed il proliferare di
cooperative spurie e definire un sistema di regole che riconoscono l'effettiva
rappresentanza e rappresentatività, perimetrando l'applicazione contrattuale.
Il sistema di regole deve coinvolgere anche la committenza (pubblica – privata)
impedendo che si destrutturi il ciclo produttivo con l'obiettivo di scaricare su ciò che
non è core-business competizione sui costi, creando in questo modo condizioni di
lavoro insopportabili, sia dal punto di vista del reddito che della sicurezza, oltre che
dall'organizzazione del lavoro.C'è un'emergenza che ci obbliga ad azioni di contrasto
che devono essere condivise dall'intera organizzazione: non derogare i CCNL, anzi
sostenere la piena applicazione dei ccnl di riferimento, in caso di appalto sostenere
l'applicazione contrattuale attinente alla tipologia di appalto ed alla natura
dell'azienda committente, definizioni di tariffe che garantiscano genuinità e congruità
dell'appalto, rilancio del ruolo degli osservatori, sostenere nelle gare d'appalto
pubblico l'offerta economicamente vantaggiosa, inserendo elementi tecnicoqualitativi ai quali attribuire punteggi prevalenti, costituire un albo (forma di whitelist) al quale iscrivere le coop che sottoscrivono e applicano il codice etico-sociale,
nelle situazioni di crisi sostenere l'applicazione dei contratti di solidarietà ed
individuare soluzioni che non derogano i CCNL di riferimento, sostenere e non
derogare la responsabilità in solido del committente
Cessioni di ramo d'azienda:
− La crisi ha mutato sensibilmente il sistema produttivo nella nostra regione e la
cessione di ramo d'azienda è diventato lo strumento per destrutturare i cicli
produttivi e, in diversi casi, occasione per modificare gli assetti contrattuali,
normativi ed organizzativi.
La normativa di riferimento, pur modificata nel corso degli anni (meno vincolante per
le imprese), ed i CCNL determinano ancora una condizione minima a tutela del
lavoratore. Stiamo assistendo ad un tentativo, sempre meno strisciante, di derogare il
2112 ed in alcuni casi di destrutturare il ciclo produttivo con la costituzione di newco
ad hoc.
Anche in questo caso l'azione urgente è di contrasto ed in tal senso si rende
necessario agire uniformemente per: evitare accordi di deroga al 2112, sostenere la
responsabilità dell'impresa nel definire l'autonomia funzionale del ramo d'azienda,
confermare l'applicazione contrattuale.
E' evidente quanto siano collegate le tematiche prese in considerazione dal nostro
documento e quanto il confronto su quale futuro per la contrattazione sia
fondamentale, anche per condividere l'azione comune di contrasto e di costruzione di
un modello alternativo
L'esperienza maturata negli ultimi anni nella nostra regione ci impone un'immediata
condivisione delle politiche di contrasto e la costruzione di una proposta in grado
anche di modificare l'attuale ruolo delle cooperazione, di garantire i diritti e le
retribuzioni contrattuali negli appalti, di condizionare la destrutturazione del sistema
produttivo.
La costruzione di una piattaforma confederale condivisa con le categorie ed i
lavoratori è fondamentale per sostenere, con un “comportamento organizzativo”
omogeneo, il superamento delle cooperative spurie e una disarticolazione contrattuale
che spinge al massimo ribasso salari e condizioni di lavoro .
E' altresì inderogabile ottenere una legislazione regionale sugli appalti in grado di
sostenere la corretta applicazione contrattuale, le tutele per i lavoratori dipendenti,
l'alienazione della cooperazione spuria, la legalità
La riflessione conseguente all'analisi degli anni che abbiamo alle spalle, tradotta nel
documento “Contrattazione quale futuro?” che oggi non consegniamo perchè già
disponibile per le compagne e compagni sul sito della Cgil Emilia Romagna, ci
consegna un altro spunto per il dibattito interno, che dobbiamo affrontare subito dopo
gli accordi confederali: la riduzione o la mancata negoziazione, controllo, del ciclo
produttivo e della prestazione, coincide storicamente con la modifica del modello di
rappresentanza aziendale.
Il passaggio dal CdF alla RSU ha prodotto una drastica riduzione di delegati,
provocando nei fatti una riduzione della presenza nei luoghi di lavoro.
La R.S.U è un costo contrattuale scambiato il occasione dell'accordo del '93: la nostra
azione deve mirare ad implementare in quantità ed agibilità la rappresentanza nei
luoghi di lavoro.
Per tutte queste ragioni riteniamo che sia indifferibile un confronto interno, che
il Congresso potrebbe rendere esaustivo, per posizionare l'intera organizzazione
in un azione condivisa utile a riappropriarci dello strumento vitale per il
sindacato e per i lavoratori come quello del contratto collettivo di lavoro.
La nostra convinzione è che soprattutto in questa fase, partendo dagli effetti
della crisi, un nuovo modello sia necessario, indispensabile, affinchè il lavoro ed i
lavoratori siano davvero protagonisti nel futuro di questo paese.