INTERVISTA A GIACOMO B. CONTRI SU "ECONOMIA, LAVORO

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INTERVISTA A GIACOMO B. CONTRI SU "ECONOMIA, LAVORO
1993
INTERVISTA A GIACOMO B. CONTRI
SU "ECONOMIA, LAVORO, MERCATO"
Abbiamo chiesto a Giacomo B. Contri, psicanalista, già intervenuto con un contributo al congresso del
cinquantesimo di Caritas, di esprimere il suo parere su alcuni temi che ci stanno molto a cuore in questi
anni. In particolare gli abbiamo domandato di esprimersi su temi quali economia, lavoro, mercato,
disoccupazione, temi che ci toccano molto da vicino, sia in maniera operativa diretta -attraverso la
promozione di Programmi occupazionali per disoccupati- sia partecipando al dibattito attorno a questi temi
che impegna tutto il mondo in questa fine secolo.
DOMANDA
Di solito, per parlare di questi temi, si interpella un economista o uno specialista in questioni
sindacali. La domanda che sorge spontaneamente è quindi: Cosa c'entra uno psicoanalista con temi quali
"Economia Lavoro Mercato"?
Non sarà il solito tuttologo?
GIACOMO B. CONTRI
La domanda designa, anzi descrive lo stato di miseria che la nostra cultura sociale ed economica
impone. Perché, prima dello specialista, dell'economista, di lavoro economia e mercato si interessa per primo
ogni singolo essere umano che lavora. Ogni singolo uomo e donna. Allora ecco perché una delle mie parole
chiave è la parola "competenza": il primo ad avere mano, volere o volare come si dice, su economia lavoro,
mercato e altre cose è il singolo.
Idem per i rapporti uomo-donna: i primi competenti sono uomini e donne, non i sessuologi, o gli
psicologi.
Uno psicoanalista non è affatto uno che dice: adesso arrivo anch'io, oltre all'economista, al
sessuologo, allo psicologo, mi aggiungo alla lista degli specialisti.
Lo psicoanalista si nega come tale. Io sono uno psicanalista quando sono nel mio studio e basta.
Quando parlo altrove sono solo uno tra i miliardi di esseri umani che s'è accorto che tocca prima a lui che
agli specialisti in economia, lavoro, mercato, rapporti uomini-donne, giudizio politico ecc. il primo
interessato e il primo potenzialmente se non già attualmente competente sono io, sei tu, è lei, l'altro.
Ecco l'unico significato che possa avere la parola "psicoanalisi" al di fuori delle quattro mura della
mia professione.
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Giacomo B. Contri - Articoli e interviste
CARITAS TICINO
La psicoanalisi si annulla come specialità che ha la sua da dire su economia, lavoro, mercato e tanto
meno su uomini e donne e tanto meno su Dio. Il grande errore è ritenere che, oplà, arriva lo psicoanalista che
dice la sua. Lo psicoanalista è quello che ha capito che il dire la sua è ciò che tocca a ognuno, e io, cristiano,
lo dico anche in nome del fatto di essere creatura ricomprata da Cristo. Come si dice "fra moglie e marito
non mettere il dito", io dico: fra creatura e Dio non mettere nessuno, ne l'economista ne lo psicoanalista.
Semmai ammetto e addirittura professo che, fra la creatura e Dio, riconosco papa e vescovi (che non sono dei
professionisti) e i sacramenti.
DOMANDA
Il concetto di penuria – penuria delle risorse – è, secondo lei, la premessa empirica e logica di ogni
agire economico così come concepiti agli albori della dottrina economica moderna. Potrebbe spiegarci come
questa parola ha informato di sé tutto il pensiero economico e quali sono le conseguenze di tale concetto.
GIACOMO B. CONTRI
La parola penuria è una delle parole "classiche" della storia e dell'economia politica. Mettendo
insieme Malthus e Adam Smith la parola penuria indica il dogma di partenza dell'economia: l'essere umano e
la società umana sono poveri. Le risorse sono sempre insufficienti.
Inizialmente ci si riferiva alla penuria delle risorse materiali. Il discorso moderno della penuria,
frontalmente e ufficialmente anti-cattolico, ha ormai colonizzato altri campi, non solo l'economia, ma la
psicologia. L'essere umano è psichicamente e teologicamente povero di risorse. Il Dio è lontano, è assente, è
silenzioso; i duemila anni dalla venuta di Cristo ci rendono più poveri di memoria che non secoli fa. Il
presupposto moderno della penuria delle risorse si estende a tutto, al rapporto con Dio, alle risorse
dell'individuo, alla società, alla terra.
Aggiungo una quarta dimensione: per tutta la sociologia novecentesca, ma prima di Merton e
Parsons c'era Durkheim, l'uomo sarebbe povero, gli uomini associati sarebbero poveri, di quella vera e
propria ricchezza che sono i mezzi legali per arrivare a dei fini. Perché una legge vuole dire il mezzo per
arrivare da qui a là. È il concetto di "anomia" dunque il grande presupposto iniziale della modernità che si è
esteso a tutto ciò che è umano.
Trovo vera e corretta la critica di Max Weber all'etica protestante come quella che costituisce il
vero e proprio spirito motore del capitalismo ed è vero che l'etica protestante è l'etica della penuria umana.
Ma la parola penuria è ancora soft, cerca di non dire esattamente ciò che vuole dire, ha ancora un minimo di
eleganza lessicale: la parola miseria è molto più chiara.
Dio stesso alla fin fine è misero perché, anche se si è rivelato, lui stesso si rassegna al fatto che col
passare del tempo anche lui diventa silenzioso: perciò è anche un attacco diretto a Dio, inetto a risalire la
china del tempo. Dire che l'essere umano è a corto di risorse anche psichiche, oltre che materiali, significa
dire che l'essere umano è a corto di risorse anche quanto a conoscere Dio. Non è perché l'uomo sbaglia ma
perché la risorsa non c'è.
DOMANDA
Questo dogma della penuria ha in qualche modo esautorato tutti i miliardi di uomini a parlare di
questa cose per istituire gli esperti?
GIACOMO B. CONTRI
Apprezzo la parola esautorato che uso spesso. Affinché un tipo di mondo come il nostro, che si
regge tutto sul professionismo, si possa reggere, bisogna esautorare tutti.
In questo esautorare tutti si esautorano anche i vescovi, salvo che accettino di diventare anch'essi dei
professionisti, ossia di iscriversi all'albo delle professioni mondane sia pure con addosso un crocifisso. Come
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dire: una più una meno fa niente, ognuno sulla sua carta intestata mette lo stemma che vuole. La parola
psicoanalista vuole soltanto dire uno che si accorge dello stato di esautorazione in cui la modernità, non
l'antichità, ha posto l'umanità intera e dice, «non ci sto».
DOMANDA
Oggi c'è chiaramente penuria di lavoro, la disoccupazione è un problema mondiale. Prima di
procedere con questo tema la invito a definire la parola lavoro.
GIACOMO B. CONTRI
L'umanità è stata "deprivata", ma in un senso completamente diverso da come lo intendono gli
psicologi: è stata deprivata di autorità, di facoltà. Il disoccupato, ossia la penuria di lavoro, neppure riesce ad
accorgersi che ciò che lamenta non è una sola cosa ma sono due. L'uomo disoccupato ha perso l'idea che la
parola lavoro riguarda sì il lavoro come lo si intende comunemente, ma che il lavoro non è affatto tutto lì.
Ognuno di noi fin da bambino, e poi da adulto, fa ordinariamente altri due lavori: esistono di fatto,
osservabilmente, altri due lavori.
Il primo è il lavoro che facciamo per sostenere i nostri rapporti. Con i più vicini e con i meno vicini.
Facciamo un ingentissimo lavoro che chiamo lavoro di rapporto. Siamo sempre attivi in questa direzione.
Vero che a volte facciamo un pessimo lavoro di rapporto – per esempio per fare andare male i rapporti – ma
lo facciamo comunque. Secondo, abbiamo un intenso lavoro di pensiero. Se guardiamo le patologie è fin
troppo ovvio che in ogni patologia c'è addirittura dell'iper-pensiero. Si rimugina, si pensa troppo. Il normale
è quello che pensa sempre ma non pensa troppo.
Allorché una realtà come la Chiesa valorizza, promuove e approva attività come quelle che si
chiamano caritative, in realtà che cosa fa? Sottolinea la facoltà di lavoro nel secondo e nel terzo senso. E si
tratta di vero lavoro: la concezione del lavoro che ha inaugurato la modernità ha depennato la seconda e la
terza. È alla seconda e terza accezione di lavoro che anzitutto si collega l'antico concetto cristiano di
vocazione. Il protestantesimo ha annullato la vocazione nel secondo e terzo significato di "lavoro" e ha
trasferito il secondo e terzo significato tutto nel primo.
DOMANDA
La invito a commentare uno slogan che di recente è stato promosso nel nostro paese a proposito del
problema della disoccupazione e della ripresa economica. Esso recita: «La ripresa economica è nella nostra
testa».
GIACOMO B. CONTRI
«La ripresa è nella nostra testa» è un buon slogan se si aggiunge un «anche» (lavoro di pensiero,
lavoro di rapporti): sarebbe uno slogan inteso alla distinzione fra il lavorare nel senso della vocazione e il
lavorare nel senso della professione. Una persona centrata sulla vocazione finisce per ricuperare il proprio
mestiere, la professione, all'interno della vocazione e diventa un altro mondo. Altro è se tutto il lavoro della
mia vita di medico o di impiegato, è nell'essere medico e impiegato, oppure se la mia vita lavorativa mi vede
come lavorante in un senso vocazionale e subordinante a questo senso vocazionale anche la mia professione
di medico e di impiegato. Cambia tutto.
Il grande gesto di Lutero è stato la chiusura dei conventi. Oltretutto con l'enorme valore simbolico
che esso conteneva in una regione, in una città, che brulicava di vocati, di chiamati, dove la dimensione della
vocazione personale era presentificata percettivamente per le strade. L'annullamento di questo è stato
l'immenso spot pubblicitario di Lutero. Non esiste più vocazione, Dio vuole solo dei professionisti. E stato
l'enorme mutamento, antropologico, culturale, sociale, economico, politico del `500.
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DOMANDA
Definiamo meglio la parola vocazione. Una delle parole oggi più compromesse meno capite e spesso
ridicolizzate. Vediamo come si oppone alla professione.
GIACOMO B. CONTRI
Il concetto di vocazione è anch'esso il concetto di un impiego, di impiego della mia persona, impiego
reale, fisico e intellettuale della mia persona nel corso delle 24 ore: proprio come nella professione, ma a
partire dal lavoro nella seconda e terza accezione, ossia dal fatto che ognuno di noi fa lavoro di rapporti e ha
un pensiero che elabora, perché pensare vuol dire elaborare. La vocazione nel secondo e terzo senso
introduce nella realtà sociale dei nuovi attori, Dio compreso. Allora i giochi nella vita sociale e personale
diventano nuovi.
Il professionismo come unico concetto di lavoro ha fatto fuori Dio. E un giorno si è scoperto che le
professioni umane potevano andare avanti benissimo anche senza Dio. Dio attraverso il primato della
professione è stato fatto fuori molto di più che attraverso le persecuzioni dei comunisti. Il vero ateismo è nel
professionismo assoluto.
Il concetto di vocazione è intelligibile razionalmente – dalla ragione naturale, come una volta si
diceva – e non esiste solo nel cristianesimo. Ma constatiamo che è stato anzitutto se non unicamente il
cristianesimo cattolico a cavalcarlo. A creare il mercato del lavoro della vocazione. Lutero chiudendo i
conventi ha chiuso il mercato del lavoro della vocazione, proprio come si dice chiudere la fabbrica, il
padrone che fa la serrata.
DOMANDA
Dopo quella che è stata definita la morte delle ideologie, sembra oggi che restino unicamente le leggi
del mercato, le leggi economiche. Che sembrano l'unica cosa capace di reggere i rapporti mondiali. E
soprattutto sembra una legge della natura.
GIACOMO B. CONTRI
Non ho mai apprezzato la frase «le ideologie sono morte». La frase le ideologie sono morte ha potuto
essere detta quando è finito quel tipo di mondo in cui le ideologie erano due contrapposte, capitalismo e
comunismo. No non sono morte, ne è rimasta una sola, il che è completamente diverso. È l'ideologia di cui
stiamo parlando e che stiamo criticando: penuria universale più professionismo universale.
Per quanto riguarda l'ultima parte della domanda: quest'idea che la legge economica sarebbe una
specie di legge naturale, la vadano a raccontare ai catatonici del vicino ospedale psichiatrico. Ci sono voluti
secoli per confezionarla, e oggi regge solo puntellandola.
DOMANDA
Dopo aver diffusamente parlato della penuria, consideriamo ora il suo opposto: la ricchezza.
GIACOMO B. CONTRI
La parola ricchezza... si tratta precisamente di due prospettive umane a confronto. Oggi come oggi
solo il cristianesimo cattolico potrebbe ripartire dal pensiero che l'uomo è ricco. L'essere peccatore non è
obiezione alla ricchezza. La "grazia" cattolica non è ciò che va a turare il buco della miseria, ma ciò che va a
risollevare una facoltà di già esistente e che un certo delitto aveva reso incapace di esistere, incapace di
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operare, incapace di lavorare. Va nel senso del favorire il lavoro nel secondo e nel terzo senso. Favorisce un
altro mercato del lavoro ossia il mercato della vocazione. La sola obiezione al chiamarlo mercato è che gli
oggetti che circolano sul mercato della vocazione, le nostre cose, i nostri possessi, il nostro corpo, le nostre
doti ecc., in esso non funzionano più come merci.
DOMANDA
Lei parla spesso dell'esistenza di due Città (in senso agostiniano) e che queste due Città hanno delle
leggi economiche diverse.
GIACOMO B. CONTRI
Abbrevio, perché non si può dire tutto. "Città di Dio" significa la Città dei rapporti, la realtà sociale e
storica, operante, di coloro che ripartono dalla vita come vocazione, subordinando a questa per quanto
possibile la professione. Una città in cui non si deve aspettare che il mondo cambi, aspettare la riforma o la
rivoluzione. Già praticabile da coloro che riconoscono di farne parte. La prospettiva agostiniana permette di
non avere anzitutto come guida la dialettica del "contro". Il rapporto fra i due mondi non ha in alcun modo
bisogno di configurarsi come conflitto, anziché conflitto di classe comunista il conflitto di classe divino. In
questa Città di Dio non c'è disoccupazione; può persino creare posti di lavoro.
DOMANDA
Questo tipo di pensiero che contributo può dare per esempio a risolvere il problema del lavoro o ad
impegnarsi nel campo della disoccupazione come la Caritas sta facendo.
GIACOMO B. CONTRI
Se dieci cento mille persone sono mobilitate nel senso che stiamo dicendo, siano esse degli occupati
nel mercato del lavoro o dei disoccupati, mille persone così mobilitate sono come l'esercito di Gedeone. Io
porto sempre la storia di Gedeone, bastano trecento. I trecento diversamente e praticamente e
lavorativamente mobilitati in ogni inventabile iniziativa, in iniziative dell'altro mondo, come si dice, e senza
aspettare la risurrezione dei corpi, con effetti immediati sulla loro vita e sulla vita di moltissimi altri e sul
mondo.
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