Giornalino n.26 – Ottobre 2009
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Giornalino n.26 – Ottobre 2009
“ I buoni usano del mondo per godere di Dio, i cattivi cercano di servirsi di Dio per godere del mondo. “…. Sant’Agostino ( De Civitate Dei – 15,7.1). San Bruno - 6 Ottobre Monaco dell'XI secolo Quando si pronuncia il nome di « Certosa », ognuno rivede, con gli occhi della fantasia, uno dei tanti e famosi monasteri di questo nome, come la Certosa bellissima di Pavia, o quella sui colli fiorentini del Galluzzo; quella di Roma o quella di Bologna, che il Carducci cantò « erma e solenne »; quella insulare di Venezia o quella di San Martino a Napoli, quella di Calci, presso Pisa, o quella di Capri, sul mare delle sirene. Il fondatore della Chartreuse, presso Grenoble, si chiamava, con nome germanico, Bruno (e non Brunone, secondo la forma latina). Nato ed educato in Germania, operò a lungo in Francia e morì nel Mezzogiorno dell'Italia. Dopo la gioventù studiosa, trascorsa a Colonia, in Germania, e a Reims, in Francia, San Bruno fu maestro esemplare dei suoi allievi, che avrebbero ricordato per tutta la vita « Eloquente - veniva detto - esperto in tutte le arti, dialettica, grammatica, retorica. Fontana di dottrina, dottore dei dottori ». E tra gli allievi che tessevano questi affettuosi elogi c'erano Sant'Ugo di Grenoble e il futuro Urbano II, il Papa riformatore. Ma più che dalla dottrina, San Bruno si sentiva chiamato dalla solitudine e dalla preghiera. Questa sua antica vocazione si confermò in lui quando un Vescovo indegno e simoniaco, salito sulla cattedra di Reims, allontanò il maestro dal suo insegnamento. Con sei compagni fedeli egli si ritirò da prima a Cîteaux, dove Roberto -1– di Molesme gettava le basi dell'Ordine detto cistercense. Quel periodo di intensa preparazione non durò a lungo. Nel 1082, l'Abate della ChaiseDieu, presso Grenoble, donò a San Bruno e ai suoi seguaci un luogo più solitario e appartato, nella valle della Chartreuse o, latinamente, Cartusia. Il cenobio, che doveva restare a modello di tutte le altre Certose, consisteva in un oratorio attorno al quale, vicino ad un fonte, si aggruppavano le capannucce dei monaci, sotto la protezione della Madonna. Nelle capanne, divenute poi cellette a due vani, i Certosini passavano nello studio e nella preghiera le ore libere dall'ufficio in comune, in coro, o dalla ricreazione. Le celle divennero così oltre che alveari di santità, piccoli e preziosi laboratori, nei quali i monaci lavoravano manualmente o intellettualmente, con quella sapiente perseveranza passata in proverbio con l'espressione di « pazienza da certosino ». San Bruno non poté restare a lungo in quel suo primo « deserto », come anche vengono chiamati questi lembi di solitudine e di pace. Nel 1091, il suo antico allievo, Urbano II, lo volle con sé. Ma la vita presso la corte pontificia non era per lui. Lasciò il grande allievo, e la sua antica vocazione alla solitudine lo spinse verso i monti della Calabria. A Torre, presso Catanzaro, fondò la sua seconda Certosa. E a Torre, all'alba del nuovo secolo, nel 1101, il vecchio Abate « fu liberato dal peso della carne ». « Rallegratevi, fratelli miei carissimi - egli aveva scritto poco prima ai suoi monaci - dell'abbondanza di grazie che Dio vi dona. Rallegratevi di aver trovato un porto sicuro e tranquillo ». Infatti, le operose e silenti Certose erano, e sono ancora, un mistico bacino di pace per i naviganti del travagliato mare della vita. Piero Bargellini Iniziamo la pubblicazione del “ Liber ad milites templi. De laude novae militiae”. E’ una lettera indirizzata a San Benedetto di Chiaravalle al primo gran maestro dell’ordine templare, Ugo di Payns, intorno all’anno 1130. Uno scritto che commenta e spiega la regola di questo ordine cavalleresco fondato nel 1118 e approvato nel 1128 ( 14 gennaio ) dal -2- Concilio di Troyes. Quella di Bernardo è una meditazione sulla spiritualità cavalleresca, una riflessione sulla via militare a Cristo, fatta di lotta a favore degli umiliati e degli oppressi e di rigido ascetismo personale. Un modello virile di fede, utile soprattutto per noi, uomini moderni dal cuore sbiadito. PROLOGO A Ugo, cavaliere di Cristo Maestro della Milizia di Cristo, Bernardo, abate di Chiaravalle solo di nome: combattere il giusto combattimento (II Tm, 4, 7). Per una, due e tre volte, se non erro, o dilettissimo Ugo, mi hai chiesto di scrivere un discorso di esortazione per te e per i tuoi compagni d'arme e di brandire lo stilo, dal momento che non mi è concesso brandire la lancia, contro un nemico tirannico. Affermi che sarà per voi di non poco conforto se io vi incoraggerò per mezzo dei miei scritti, dal momento che non posso farlo per mezzo delle armi. Ho tardato alquanto, in verità, non perché la richiesta mi sembrasse da disprezzare, ma perché il mio consenso non fosse tacciato di leggerezza e frettolosità: uno migliore di me potrebbe adempiere più:degnamente a questo compito. Se, nella mia inesperienza, peccassi di presunzione rischierei di rovinare per colpa mia un'opera quanto mai necessaria. Mi rendo conto di aver atteso abbastanza a lungo e inutilmente, e, per non sembrare riluttante più che incapace, ho fatto infine quello che ho potuto: il lettore giudichi se sono stato all'altezza del compito. E se pure qualcuno rimarrà poco o niente soddisfatto, non importa poiché, nella misura delle mie capacità, io non ho deluso la tua aspettativa. I – ESORTAZIONE AI CAVALIERI DEL TEMPIO 1. Da qualche tempo si diffonde la notizia che un nuovo genere di Cavalleria è apparso nel mondo, e proprio in quella contrada che un giorno Colui che si leva dall'alto visitò essendosi reso manifesto nella carne; in quegli stessi luoghi dai quali Egli con la potenza della sua mano (Is, 10,13) scacciò i principi delle tenebre, possa oggi annientare con la schiera dei suoi forti i seguaci di quelli, i figli dell 'incredulità, -3– riscattando di nuovo il suo popolo e suscitando per noi un Salvatore nella casa di David, suo servo. (Ef, 2,2; Le, 1, 69). Un nuovo genere di cavalieri, dico, che i tempi passati non hanno mai conosciuto: essi combattono senza tregua una duplice battaglia, sia contro la carne ed il sangue, sia contro gli spiriti maligni del mondo invisibile. (Ef, 6, 12). In verità quando valorosamente si combatte con le sole forze fisiche contro un nemico terreno, io non ritengo ciò stupefacente né eccezionale. E quando col valore dell'anima si dichiari guerra ai vizi o ai demoni, neppure allora dirò che questo è segno di ammirazione, sebbene questa battaglia sia degna di lode, dal momento che il mondo è pieno di monaci. Ma quando il combattente ed il monaco con coraggio si cingono ciascuno con forza la propria spada e nobilmente si fregiano del proprio cingolo chi non potrebbe ritenere un fatto del genere davvero degno d'ogni ammirazione, per quanto finora insolito? È davvero impavido e protetto da ogni lato quel cavaliere che come si riveste il corpo di ferro, così riveste la sua anima con l'armatura della fede (I Ts, 5, 8). Nessuna meraviglia se, possedendo entrambe le armi, non teme né il demonio né gli uomini. E nemmeno teme la morte egli che desidera morire. Difatti cosa avrebbe da temere, in vita o in morte, colui per il quale il Cristo è la vita e la morte un guadagno? (Fil, 1,21). Egli sta saldo, invero, con fiducia e di buon grado per il Cristo; ma ancor più desidera che la sua vita sia dissolta per essere con Cristo (Fil, 1,23): questa è infatti la cosa migliore. Avanzate dunque sicuri, cavalieri, e con intrepido animo respingete i nemici della croce del Cristo! (Fil, 3, 18). Siate sicuri che né la morte né la vita potranno separarvi dal! 'amore di Dio che è in Cristo Gesù. (Rm, 8, 38). E ripetete nel momento del pericolo, ben a ragione: sia che viviamo sia che moriamo apparteniamo al Signore. (Rm, 14,8). Con quanta gloria tornano i vincitori dalla battaglia! Quanto beati muoiono martiri in combattimento! Rallegrati o forte campione se vivi e vinci nel Signore: ma ancor più esulta e sii fiero nella tua gloria se morirai e ti riunirai al Signore4. Per quanto la vita sia fruttuosa e la vittoria gloriosa a giusto diritto ad entrambe è da anteporre la morte sacra. Se, infatti, sono beati quelli che muoiono nel Signore (Ap, 14,13), quanto più lo saranno quelli che muoiono per il Signore? -4– Sacramento dell’Eucaristia Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua Morte e Risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, "nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura. La liturgia dell'Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un'unità originaria: - la convocazione, la liturgia della Parola, con le letture, l'omelia e la preghiera universale; - la liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l'azione consacratoria di grazie e la Comunione. Liturgia della Parola e liturgia eucaristica costituiscono insieme " un solo atto di culto "; la mensa preparata per noi nella Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore. Fin dal secondo secolo, abbiamo la testimonianza di san Giustino martire riguardo alle linee fondamentali dello svolgimento della celebrazione eucaristica. Esse sono rimaste invariate fino ai nostri giorni in tutte le grandi famiglie liturgiche. Ecco ciò che egli scrive, verso il 155, per spiegare all'imperatore pagano Antonino Pio (138-161) ciò che fanno i cristiani: " Nel giorno chiamato del sole ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne.Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti, finché il tempo consente. Poi quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. -5- Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere " (a) " sia per noi stessi [...] sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinchè, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna. Finite le preghiere, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio.Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato. Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie (in greco: eucharistian), per essere stati fatti degni da lui di questi doni. Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: Amen. Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati" e ne portano agli assenti ". Se i cristiani celebrano l'Eucaristia fin dalle origini e in una forma che, sostanzialmente, non è cambiata attraverso la grande diversità dei tempi e delle liturgie, è perché ci sappiamo vincolati dal comando del Signore, dato la vigilia della sua passione: " Fate questo in memoria di me" Al centro della celebrazione dell'Eucaristia si trovano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e per l'invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa continua a fare, in memoria di lui, fino al suo glorioso ritorno, ciò che egli ha fatto la vigilia della sua passione: " Prese il pane...", "Prese il calice del vino...". Diventando misteriosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del pane e del vino continuano a significare anche la bontà della creazione. Così, all'offertorio, rendiamo grazie al Creatore per il pane e per il vino, " frutto del lavoro dell'uomo ", ma prima ancora " frutto della terra " e " della vite ", doni del Creatore. Il primo annunzio dell'Eucaristia ha provocato una divisione tra i discepoli, così come l'annunzio della passione li ha scandalizzati: " Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? " (Gv 6,60) . L'Eucaristia e la croce sono pietre d'inciampo. Si tratta dello stesso mistero, ed esso non cessa di essere occasione di divisione: " Forse anche voi volete andarvene? " (Gv 6,67) : questa domanda del Signore continua a -6– risuonare attraverso i secoli, come invito del suo amore a scoprire che è lui solo ad avere " parole di vita eterna " (Gv 6,68) e che accogliere nella fede il dono della sua Eucaristia è accogliere lui stesso. fondamento nel banchetto eucaristico: " Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me " (Gv 6,57). Il Signore, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenavano, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell'amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua pasqua, istituì l'Eucaristia come memoriale della sua morte e della sua risurrezione, e comandò ai suoi Apostoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli " in quel momento sacerdoti della Nuova Alleanza". La Comunione alla Carne del Cristo risorto, " vivificata dallo Spirito Santo e vivificante ", conserva, accresce e rinnova la vita di grazia, ricevuta nel Battesimo. La crescita della vita cristiana richiede di essere alimentata dalla Comunione eucaristica, pane del nostro pellegrinaggio, fino al momento della morte, quando ci sarà dato come viatico. Dobbiamo dunque considerare l'Eucaristia - come azione di grazie e lode al Padre, - come memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo, - come presenza di Cristo in virtù della potenza della sua parola e del suo Spirito. Per ricevere la santa Comunione si deve essere pienamente incorporati alla Chiesa cattolica ed essere in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione. Importanti sono anche lo spirito di raccoglimento e di preghiera, l'osservanza del digiuno prescritto dalla Chiesa e l'atteggiamento del corpo (gesti, abiti), in segno di rispetto a Cristo. (Il Codice di Diritto canonico obbliga poi tutti i fedeli che vogliono ricevere l'Eucaristia ad astenersi "per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine). I frutti della Comunione: La Comunione accresce la nostra unione a Cristo. Ricevere l'Eucaristia nella Comunione reca come frutto principale l'unione intima con Cristo Gesù. Il Signore infatti dice: " Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui " (Gv 6,56). La vita in Cristo ha il suo -7- Il Corpo di Cristo che riceviamo nella Comunione è " dato per noi ", e il Sangue che beviamo è " sparso per molti in remissione dei peccati ". Perciò l'Eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri. Nella rubrica storica – che già si è occupata del nostro organo monumentale ( n° 24 dell’agosto 2009) - vogliamo pubblicare l’esito della perizia fatta sullo strumento dal Dott. Massimo Nigi, ispettore per la tutela degli organi storici. Nella speranza che – dopo il restauro della parte lignea e decorativa dello strumento, - si possa riudirne presto il suono. E’ del tutto evidente che allo scopo non mancano né le autorizzazioni ministeriali, né l’entusiasmo…. Ma “soltanto” alcune decine di migliaia di euro! Si riporta integralmente la lettera dell’Ispettore Dott. Massimo Nigi : ORGANO DELLA PIEVE DI SAN DONATO IN POGGIO SCHEDA DESCRITTIVA COLLOCAZIONE E AUTORE L'organo della chiesa di San Donato in Poggio nel Comune di Tavarnelle Val di Pesa è opera firmata di Filippo Tronci di Pistoia e datata 1894, come attesta un cartiglio a stampa incollato sul fondo della segreta: -8- Ditta Nicomede Agati e Filippo Tronci Direttore Proprietario Filippo Tronci Premiata con Diploma d'Onore Corso Vittorio Emanitele N. 1066 Pistoia Anno 1894 Organo 1157 Un altro cartiglio sulla serranda anteriore della tastiera riporta la sola data 1920, anno a cui si può far risalire la sistemazione attuale. E' collocato su una cantoria addossata all'estremità occidentale della parete destra della navata centrale a cui si accede tramite la scala che conduce nella torre campanaria. E' contenuto in cassa di legno autonoma a sua volta alloggiata in un intradosso della muraglia. DESCRIZIONE E STATO PRESENTE Nella descrizione che segue ogni parte s'intende originale e completa quando non sia diversamente specificato. Cassa e prospetto La cassa è di legno dipinto a mordente color noce. Il prospetto è costituito dalla facciata: 19 canne di stagno del Principale disposte in 5 campi (1-5-7-5-1) separati da paraste intagliate e dorate. La campata centrale è sovrastata da un organetto morto, pure di 7 canne di stagno. Le canne hanno bocche allineate e labbro superiore a mitria. Il prospetto è chiuso da una tenda verde di recente fattura. Tastiera 1 manuale di 50 tasti (Do1-Fa5, prima ottava corta) disposta a finestra, con diatonici bianchi di materiale sintetico, frontalini lisci dello stesso materiale, e cromatici di legno tinto di nero. Pedaliera 1 pedaliera a leggìo, di noce, composta di 13 pedali: 8 per le note Do1-Si1 in ottava corta, + 4 cromatici per le note Do diesis1, Mi bemolle1, Fa diesis1 e Sol diesis1 + un diatonico per il Tamburo. E' sempre unita alla tastiera ed è dotata di un registro di Bassi di 8' aperti sempre inserito. -9- Somieri e riduzioni 1 somiere maestro di noce, a vento, con 50 canali e 13 registri, chiuso da 2 ante di pioppo con chiusura a farfalla. Ha una riduzione di 50 catenacci di ferro legati da strangoli d'ottone su tavola di legno. 1 somiere per i Bassi e il Tamburo posto dietro il passo d'uomo. Mantici 1 mantice a lanterna alimentato da 2 pompe azionate a stanga. Registri Sono azionati da 14 manette di noce a scorrimento orizzontale con tacca di bloccaggio disposte in doppia colonna a destra della tastiera. Si sono conservate, in buono stato, le 14 etichette dei registri in cartoncino a stampa con inchiostro nero. Nell'elenco che segue i numeri posti a sinistra dei nomi indicano la posizione sul somiere a partire dalla facciata. Divisione tra Bassi e Soprani a Fa3/Fa#3 13 - VOCE ANGELICA 5 - CORNETTO NEI SOPRANI 7 - OTTAVINO NEI SOPRANI 12 - FLAUTO IN 8.va 3 - TROMBE BASSE 4 - TROMBE SOPRANE, CAMPANELLI o CARIGLIONE 2 - PRINCIPALE NEI BASSI (8’) 1 - PRINCIPALE NEI SOPRANI 11 - OTTAVA NEI BASSI 9 - OTTAVA NEI SOPRANI 8 - DECIMAQUINTA 6 - PIENO DI 3 CANNE PER TASTO 10 - VOCE UMANA - 10 - Principale ha le prime 4 canne di legno aperte, segue di stagno in facciata da Sol1 a Re3 e finisce con canne di piombo poste all'interno. Gli altri registri hanno tutte le canne di metallo ad eccezione dei Bassi e del Tamburo. Il Flauto in 8.va (cioè in ottava) ha le prime 8 canne in comune con l'Ottava nei Bassi. I registri Voce Angelica, Cornetto nei Soprani, Ottavino nei Soprani, Voce Umana iniziano a Fa#3. II Pieno è costituito da XIX, XXII e XXVI. I Bassi della pedaliera sono d'abete e il Tamburo è di 2 canne aperte di castagno. I Campanelli sono di bronzo, tutti presenti compresa la meccanica. Orari delle Sante Messe Giorni Feriali e prefestivi: ore 8:00 S. Messa al Santuario ore 17:30 S. Rosario ore 18:00 S. Messa in Pieve. STATO DI CONSERVAZIONE L'organo è insuonabile perché una portella che chiude il somiere è stata tolta e non è possibile rimetterla al suo posto, la tastiera è inefficiente e comunque le canne interne sono in disordine. Manca tutto il registro di Trombe e una canna di stagno della facciata, sostituita con una canna di piombo appartenente ad un registro interno. Segnalo il fatto che l'organo è stato esposto ad infiltrazioni di acqua piovana, con le nefaste conseguenze che ciò comporta, anche se la quantificazione di tali danni sarà possibile solo in fase di restauro. Ad eccezione di quanto sopra segnalato, le canne sono tutte presenti anche se con ammaccature. Ogni elemento sembra originale e lo strumento appare, ad un sommario esame, in buone condizioni di conservazione (con riserva dei danni da acqua piovana) non fosse altro per il fatto di non essere stato oggetto di modifiche o alterazioni. Elemento di distinzione e di pregio è il fatto che le canne di facciata sono databili al XVII secolo e ciò lascia aperta la possibilità che anche altri registri possano essere più antichi della data di costruzione. Ipotesi questa da verificare in sede di restauro e che, se non fosse confermata, nulla toglie al valore storico e artistico dello strumento. La qualità del manufatto ne consiglia il restauro. Lo stato di conservazione permette il totale recupero del pensiero di Filippo Tronci. Dott. Massimo Nigi Ispettore Onorario per la Tutela degli Organi Storici Firenze, 9 settembre 2009 - 11 – Giorni Festivi: ore 8:00 S. Messa in Pieve ore 9:30 S. Messa in S. Maria della Neve ore 11:00 S. Messa al Santuario ore 18:00 S. Messa Tridentina in Pieve. (in latino). Filigare: S. Messa, ogni 3a Domenica del mese,alle ore 12,20. ********************** Biblioteca : per informazioni e consultazioni contattare Don Luca. Avvisi : . Si ringrazia la Pro-Loco di San Donato in Poggio che ha voluto contribuire al restauro dell’Organo della Pieve con una donazione di 3.800 Euro. . Domenica 18 Ottobre, gita-pellegrinaggio al Santuario di Bocca di Rio e a Bologna, le SS. Messe saranno celebrate alle 6:30 in Pieve e alle 11:00 a Pietracupa. - 12 -