Introduzione Z Nozione ed evoluzione del diritto del lavoro

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Edizioni Simone - Vol. 1/2 Compendio di diritto del lavoro
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Introduzione Nozione
ed evoluzione
del diritto del lavoro
Sommario Z 1. Il diritto del lavoro. - 2. L’evoluzione del diritto del lavoro: dalla prima
legislazione sociale alla fase della «costituzionalizzazione». - 3. I cambiamenti di fine secolo. - 4. Le «riforme» degli anni Duemila. - 5. La cd. riforma Fornero (L. 28-6-2012, n. 92).
1.Il diritto del lavoro
A) Nozione, oggetto e finalità
Il diritto del lavoro è il complesso di norme che disciplinano il rapporto di lavoro e
che tutelano oltre che l’interesse economico, anche la libertà, la dignità e la personalità
del lavoratore (DE LUCA TAMAJO).
L’oggetto scientifico della materia è la disciplina dei rapporti di lavoro e della relazione giuridica tra il datore di lavoro ed il lavoratore.
Questa relazione è caratterizzata da una peculiarità rispetto alla generalità dei rapporti
giuridici: se, infatti, dal punto di vista giuridico, le parti operano formalmente sullo stesso
piano di parità (entrambe, cioè, sono soggetti liberi ed eguali), dal punto di vista economico, il prestatore di lavoro viene a trovarsi in una posizione di inferiorità che fa di esso
il contraente più debole (SANTORO-PASSARELLI, MAZZONI, SCOGNAMIGLIO).
La posizione di debolezza del lavoratore discende sia dalla condizione di strutturale disoccupazione
che caratterizza il mercato del lavoro (dipendenza economica), sia dal fatto di essere subordinato
al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro (subordinazione tecnica).
Le norme del diritto del lavoro hanno, pertanto, la finalità di tutelare il lavoratore,
attenuando gli effetti più deleteri della subordinazione e assicurando, nei rapporti con
il datore di lavoro, il rispetto e la promozione delle condizioni economiche e della sua
libertà e personalità (Mazziotti).
La legislazione del lavoro, «contemperando gli interessi del capitale con quelli del lavoro», dà quindi
effettività, nell’ambito dei rapporti di lavoro, ai precetti costituzionali di eguaglianza sostanziale e
di tutela della libertà dei lavoratori (Vallebona).
La funzione di garanzia del diritto del lavoro
Il diritto del lavoro è caratterizzato da una funzione di garanzia nei confronti del lavoratore,
che si realizza con un apparato di norme imperative, cioè inderogabili dalle parti del rapporto
e dai soggetti investiti di funzioni di rappresentanza delle categorie professionali (vale a dire
le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori).
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Si parla, tuttavia, da tempo, di una perdita di identità del diritto del lavoro in quanto il mutato
scenario economico e sociale ha determinato, via via, un inevitabile affievolimento della funzione di tutela del lavoratore da esso svolta, sulla spinta verso la riduzione dei vincoli e delle
rigidità nella disciplina del lavoro subordinato.
Essi, per le imprese, si traducono in oneri (i cd. costi di protezione), e talvolta, possono giungere
anche a rappresentare un freno per lo sviluppo di nuova occupazione (si osserva, infatti, che le
norme inderogabili nella misura in cui proteggono esclusivamente i lavoratori occupati, allo
stesso tempo disincentivano l’assunzione degli inoccupati).
B) Le partizioni del diritto del lavoro
Tradizionalmente si suole ripartire il diritto del lavoro in:
1. diritto del lavoro in senso stretto (o diritto privato del lavoro), comprendente la
materia oggetto del contratto e del rapporto di lavoro;
2. diritto sindacale, concernente la disciplina dei rapporti sindacali, la contrattazione
collettiva, l’autotutela sindacale (sciopero, serrata etc.);
3. legislazione sociale (o diritto pubblico del lavoro), comprendente le norme che
regolano i rapporti tra lo Stato, i datori e prestatori di lavoro (cd. disciplina amministrativa del lavoro) e le norme in materia di previdenza e assistenza sociale.
2.L’evoluzione del diritto del lavoro: dalla prima legislazione sociale
alla fase della «costituzionalizzazione»
Nella disciplina del codice civile del 1865 non esisteva una regolamentazione specifica
del rapporto derivante dal contratto di lavoro, assimilata ad una locazione delle opere
e dei servizi: di conseguenza le parti, poste formalmente su un piano di parità, avevano la più ampia libertà nel determinare il contenuto del contratto, secondo la tipica
impostazione del periodo liberale.
Il rapporto di lavoro ha ricevuto regolamentazione giuridica solo a partire dalla fine
del XIX secolo, in concomitanza con l’emancipazione delle classi lavoratrici.
La rivoluzione industriale, avvenuta in Italia più tardi rispetto al resto dell’Europa, porta con sé nuove problematiche (la cd. questione sociale) come quella di un
eccessivo sfruttamento dei lavoratori. Inizialmente il legislatore ha inteso porre
rimedio al rischio di esaurimento della forza produttiva del Paese e soprattutto
delle categorie più deboli e più sfruttate, donne e bambini, le cd. mezze forze (L.
489/1907, L. 3657/1986, L. 242/1902), dando luogo ad «un insieme di norme speciali ed eccezionali rispetto al diritto privato comune» (GHERA), aventi una chiara
finalità protettiva: è questa la fase che si suole qualificare come quella della prima
legislazione sociale.
Il primo intervento legislativo incentrato propriamente sul rapporto di lavoro è, invece, la legge
sull’impiego privato (R.D.L. 1825/1924) con la quale viene predisposta la disciplina del rapporto
di lavoro degli impiegati.
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Con l’entrata in vigore del codice civile del 1942 viene dedicata al lavoro una disciplina ben distinta da quella concernente i contratti in genere. Le disposizioni sul lavoro,
unitamente a quelle sull’impresa e sulle società, sono contenute nel Libro V (primi
quattro titoli, artt. da 2060 a 2246): è questa la fase cd. dell’incorporazione del diritto
del lavoro nel diritto privato.
Ma il momento più significativo di sviluppo è rappresentato dalla Costituzione repubblicana del 1947 che alla visione corporativistica dello stato fascista (cui è ispirato il
codice civile del 1942) sostituisce quella democratica e sociale, fondando la Repubblica
sul lavoro (art. 1 Cost.).
Inizia così, una nuova stagione del diritto del lavoro — la fase della costituzionalizzazione — contrassegnata dalla novità di «affiancare al tradizionale obiettivo della
tutela della posizione contrattualmente debole quello della tutela della libertà e della
dignità sociale del lavoratore».
La lettura costituzionale della materia del diritto del lavoro porta ad individuare i limiti entro cui il
conflitto tra gli opposti interessi della produzione e dell’eguaglianza, libertà e dignità dei lavoratori
deve trovare composizione. Tale impostazione caratterizza tutto il successivo sviluppo legislativo, di cui si ricorda la legge sui licenziamenti individuali (L. 604/1966 e L. 108/1990), sulla parità
uomo-donna (L. 903/1977 e L. 125/1991), lo Statuto dei lavoratori (L. 300/1970) e la riforma del
processo del lavoro (L. 533/1973).
Negli anni Sessanta-Settanta il forte peso del lavoro operaio e l’alto tasso di sindacalizzazione permettono la tutela del lavoratore all’interno delle fabbriche.
L’approvazione dello Statuto dei Lavoratori (L. 20-5-1970, n. 300) consolida il ruolo del
sindacato, riconoscendogli specifici diritti e prerogative e, allo stesso tempo, prevedendo
l’obbligo del datore di reintegrare nel posto di lavoro il dipendente illegittimamente licenziato, offre massima garanzia di osservanza dei principi costituzionali di tutela della libertà
e dignità del lavoratore, giungendo a porre forti limitazioni all’esercizio dei poteri datoriali.
3.I cambiamenti di fine secolo
La fine del secolo XX vede profondamente modificato il contesto in cui si svolge la
relazione giuridica lavoratore-datore che sin dagli inizi del ’900 aveva ispirato una
legislazione protettiva e garantista.
La diffusione macroscopica di impianti robotizzati e computerizzati ha ridimensionato
categorie professionali come quella degli operai e degli impiegati di bassa qualificazione,
introducendo nuove figure di lavoratori in possesso di particolare professionalità e di
maggiore autonomia nello svolgimento della prestazione (il lavoro è diventato sempre
meno esecutivo e più concettuale).
Inoltre, in alternativa al tradizionale lavoro subordinato, aumentano le modalità di
procacciarsi prestazioni lavorative, come con il lavoro autonomo occasionale, con
le collaborazioni coordinate e continuative o lavoro parasubordinato, con il lavoro
cooperativo, il lavoro associato, il decentramento produttivo, gli appalti di servizi etc.
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L’ampliamento delle dimensioni del mercato di sbocco dei prodotti (la cd. globalizzazione, vista dall’ottica della produzione) e la variabilità della domanda, unitamente
all’alto costo del lavoro, pone una esigenza di flessibilità, da parte delle imprese, nella
gestione della risorsa «lavoro».
La «flessibilità» del lavoro
La flessibilità è ampiamente intesa:
— sia come attenuazione dei vincoli relativi all’instaurazione e alla risoluzione del rapporto
di lavoro (cd. flessibilità numerica o quantitativa);
— sia come minore rigidità, con possibilità di deroghe, delle regole relative allo svolgimento
del rapporto di lavoro (cd. flessibilità organizzativa).
Appaiono sempre più diffusi alcuni particolari contratti di lavoro, quali il contratto a termine,
il contratto di lavoro part-time, il contratto di formazione e lavoro, l’apprendistato, il lavoro
interinale (ora somministrato), che si distaccano dal tradizionale modello del lavoro subordinato
a tempo pieno e indeterminato: ad essi la normativa di tale ultimo rapporto si applica solo in
quanto compatibile con la specificità e la peculiarità del rapporto di lavoro.
I soggetti sindacali, attesa la persistente crisi occupazionale, non si sono opposti alla diffusione
di tali tipologie che, sebbene talvolta prive dell’apparato di garanzie proprio del lavoro a tempo
indeterminato e certamente fautrici di una precarizzazione del lavoro, hanno favorito comunque l’assorbimento anche se temporaneo nel mercato del lavoro di inoccupati e disoccupati.
Per quanto concerne, poi, la cd. flessibilità in uscita, dopo innumerevoli dibattiti e tentativi di
attenuazione dei vincoli legislativi, un significativo intervento è stato attuato con la cd. riforma
Fornero (L. 92/2012) che ha modificato la disciplina in materia di licenziamento individuale
e collettivo e la tutela prevista dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Nell’ultimo decennio del secolo XX il diritto del lavoro è diviso tra le sue due anime
(VALLEBONA), quella che si prefigge la tutela unilaterale economica e morale del
lavoratore e quella che tende a mediare gli opposti interessi della produzione e del
lavoro in nome dell’occupazione.
Inoltre, anche rispetto alla funzione tradizionale di tutela dei lavoratori, il diritto del
lavoro manifesta apertamente la sua inadeguatezza.
Esso tutela infatti i lavoratori per il solo fatto di essere giuridicamente qualificati
come «subordinati», comprendendo anche quelli che non si trovano né in posizione di
debolezza economica né in condizione di eterodirezione sostanziale.
Per contro, esso non tutela adeguatamente coloro che prestano la loro attività al di
fuori di un rapporto di lavoro subordinato, ma che sono in posizione di «inferiorità
contrattuale» nonché socio-economica (milioni di soggetti che lavorano «a fattura» o
a progetto).
Pertanto, come è stato osservato in dottrina, il diritto del lavoro moderno presenta una
totale incongruenza di tutela (GALANTINO).
La «flessicurezza» o flexicurity
La più recente politica comunitaria persegue l’obiettivo, in ambito sociale e occupazionale, di coniugare l’esigenza di flessibilità delle imprese con quella della sicurezza dei lavoratori nell’ottica
della cd. flessicurezza o flexicurity (Principi comuni di flessicurezza: Posti di lavoro più numerosi
e migliori grazie alla flessibilità e alla sicurezza, Commissione UE, comunicazione 27-6-2007).
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Il sistema legislativo che costituisce il Diritto del Lavoro necessita di essere riformato affinché
divenga più rispondente a governare le relazioni di lavoro in un quadro caratterizzato, per le
imprese, dalla forte concorrenza e, per i lavoratori, dal bisogno di protezione sociale. Da ciò
dovrebbe derivare un allentamento dei vincoli alla regolazione dei rapporti di lavoro standard,
comprese le garanzie in uscita, unitamente ad un rafforzamento delle protezioni sul mercato del
lavoro, in modo da favorire la mobilità e l’occupabilità dei lavoratori e, in definitiva, l’aumento
dell’occupazione. I lavori no standard devono risultare sostenibili sia attraverso un’adeguata
regolazione legislativa e contrattuale che con lo sviluppo di adeguate protezioni sul mercato
del lavoro e di incentivi finalizzati alla loro trasformazione in rapporti a tempo indeterminato.
Un ruolo determinante deve essere svolto dalle politiche attive del lavoro per incentivare
l’accesso a nuove opportunità occupazionali e per sostenere il passaggio tra professionalità
diverse e il reinserimento nel mercato del lavoro, con l’obiettivo di prevenire e reprimere la
dipendenza cronica dai sussidi e la formazione di sacche di lavoro sommerso.
4.Le «riforme» degli anni Duemila
A) La riforma del mercato del lavoro ex D.Lgs. 276/2003
Una rilevante riforma è stata attuata con il D.Lgs. 10-9-2003, n. 276, che ha inciso significativamente sulla disciplina del mercato del lavoro e delle tipologie contrattuali cd. speciali.
Tale provvedimento, i cui criteri erano stati definiti dalla L. 30/2003, è ispirato al disegno riformatore
contenuto nel «Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia», ad opera del prof. Biagi, brutalmente
assassinato per mano terrorista.
Tale legislazione, espressione della compagine all’epoca al Governo, manifesta una
netta inversione da quelle che sono state a lungo le caratteristiche e le finalità del diritto
del lavoro, basato sulla tutela unilaterale e privilegiata del lavoratore, frutto di una
evoluzione legislativa, dottrinale e giurisprudenziale durata circa un secolo.
Si privilegia infatti l’autonomia negoziale delle parti, con conseguente accresciuta
rilevanza del contratto individuale nella regolamentazione del rapporto di lavoro.
Le parti possono con le loro manifestazioni di volontà incidere significativamente nella
determinazione del contenuto negoziale tant’è che si è parlato, soprattutto in occasione
della riforma del lavoro operata dal D.Lgs. 276/2003, di ritorno al contratto individuale.
Dalla flessibilità «assistita» alla flessibilità individuale
Fino all’inizio del nuovo secolo si era conosciuta solo una forma di flessibilità assistita, cioè
con la presenza del sindacato che garantiva pur sempre un freno ad uno smantellamento dei
diritti oltre misura (nella flessibilità assistita — si dice — al lavoratore debole e isolato si
sostituisce il sindacato).
Negli ultimi anni, invece, anche per effetto di un più marcato uso della cd. tecnica del soft law
(emanazione di norme leggere che rimettono la regolamentazione di un istituto alle parti), la
flessibilità viene perseguita mediante il riconoscimento di più livelli di contrattazione (non solo
quello nazionale) e dei soggetti collettivi (non più tutti i sindacati rappresentativi, non solo i
sindacati maggiormente o comparativamente rappresentativi), nonché con la massima valorizzazione dell’autonomia individuale, il che inevitabilmente porta il rischio di una progressiva
individualizzazione dei rapporti di lavoro ed emarginazione dei sindacati (Roccella).
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B) La riforma della L. 247/2007 di attuazione del cd. Protocollo welfare
A distanza di circa quattro anni, gli istituti più controversi del D.Lgs. 276/2003, come
il lavoro interinale a tempo indeterminato o alcune tipologie contrattuali connotate da
rilevanti elementi di instabilità, hanno trovato scarsa applicazione.
Anche in considerazione di ciò, il Governo intende intervenire sulla legge n. 30 e
sui decreti legislativi n. 276 e 368, «che moltiplicano le tipologie precarizzanti», e
riaffermare che «la forma normale di occupazione è il lavoro a tempo indeterminato» perché «tutte le persone devono potersi costruire una prospettiva di vita e di
lavoro serena».
Viene, così, concluso, tra Governo, sindacati ed associazioni imprenditoriali, il
Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili, poi trasposto nella L. 24-12-2007, n. 247, recante «Norme di attuazione
del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire
l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale».
C) Il riordino della normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro (D.Lgs. 81/2008)
La volontà del Governo di intervenire a contrastare il fenomeno del lavoro nero e
degli infortuni sul lavoro si è concretizzata, attraverso un opportuno potenziamento
del sistema della vigilanza e delle ispezioni, e soprattutto realizzando un riordino
legislativo delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro contenute
in diversi provvedimenti, alcuni dei quali risalenti agli anni ’50.
La relazione di causalità tra lavoro nero e infortuni sul lavoro è spiegata considerando che i lavoratori in nero lavorano spesso in contesti in cui vi è una maggiore probabilità del verificarsi di un
evento lesivo a causa della omissione delle benché minime misure di protezione e prevenzione.
Questa situazione viene poi aggravata dalla mancanza totale di informazione e formazione dei
lavoratori sui pericoli derivanti dallo svolgimento dell’attività e dalla violazione delle regole sui
tempi di lavoro, che determinano un incremento esponenziale del rischio di incidenti sul lavoro
(peraltro spesso non denunziati).
L’approvazione, in attuazione della legge delega n. 123/2007, del D.Lgs. 9-4-2008,
n. 81, poi modificato dal D.Lgs. 106/2009, ha un grande valore storico, essendo state
coordinate, in un unico testo legislativo, gran parte delle disposizioni che regolavano
la materia ed essendosi operata una riforma delle stesse improntata, nel rispetto della
competenza delle Regioni nella materia della «tutela e sicurezza del lavoro» (art. 117
Cost.), alla finalità di accrescere il livello di tutela dei lavoratori.
D)La semplificazione operata dalla L. 112/2008 conv. in L. 133/2008
La manovra economica varata con il D.L. 25-6-2008, n. 112, conv. in L. 6-8-2008, n.
133, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria»
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ha l’obiettivo di «incoraggiare la maggiore propensione delle imprese ad assumere»,
realizzando una semplificazione dei rapporti di lavoro tale da determinare effetti positivi
in termini di crescita economica e sociale (art. 1, lett. b, D.L. 112/2008).
Nel provvedimento si fondono novità e modifiche che non riguardano soltanto la disciplina del
lavoro privato ma anche quella del lavoro pubblico.
E) La riforma della contrattazione collettiva
Con l’accordo del 22-1-2009 tra Governo e parti sociali, con l’esclusione della CGIL,
sono state innovate le regole e le procedure della contrattazione collettiva. L’accordo
introduce un nuovo modello contrattuale, comune al settore privato e pubblico, che si
sostituisce al regime previsto dall’accordo del 1993.
Il 28-6-2011 è stato poi concluso un nuovo accordo interconfederale di riforma della
contrattazione collettiva. Tale accordo interconfederale ribadisce sostanzialmente
quanto convenuto nel precedente accordo in merito ai rapporti tra livelli negoziali, ma
riconosce, tuttavia, una maggiore potestà derogatoria al contratto collettivo aziendale,
che può definire, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei
contratti collettivi nazionali di lavoro.
F) Gli interventi straordinari anticrisi
L’aggravarsi della fase di crisi economica ha indotto il Governo a varare, a partire dalla
fine del 2008, un pacchetto di importanti misure per contrastare le pesanti conseguenze
in campo produttivo, sociale e occupazionale.
L’intervento è stato attuato, dapprima con il D.L. 185/2008 conv. in L. 2/2009, poi con il D.L. 5/2009
conv. in L. 33/2009 e con il D.L. 78/2009 conv. in L. 102/2009, fino alla L. 191/2009 e alla legge
di stabilità 2011 (L. 13-12-2010, n. 220).
Una proroga di tali misure a tutto il 2012 è stata prevista, da ultimo, dalla L. 12-112011, n. 183, cd. legge di stabilità 2012.
Tali provvedimenti, da un lato, hanno determinato il potenziamento e l’estensione
degli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione, nell’ottica di fornire una forma di sostegno del reddito anche a categorie
di lavoratori escluse dalle tradizionali coperture previdenziali e, dall’altro, hanno
introdotto degli incentivi per favorire la ricollocazione al lavoro dei soggetti sospesi
o licenziati.
G)La riforma del cd. collegato lavoro (L. 183/2010)
La L. 4-11-2010, n. 183, cd. collegato lavoro predispone un’importante riforma della
disciplina del lavoro, che tocca una pluralità di istituti, quali, tra l’altro:
— i congedi, le aspettative e i permessi di cui possono usufruire i lavoratori in determinate circostanze;
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— i servizi per l’impiego e il funzionamento del mercato del lavoro;
— l’apprendistato;
— l’età per l’accesso al lavoro e l’occupazione femminile;
— il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni;
— la vigilanza e le misure contro il lavoro sommerso.
Inoltre la L. 183/2010 interviene in materia di licenziamento e di controversie di lavoro,
introducendo importanti modifiche alla disciplina prevista dal codice di procedura civile
(art. 409 ss.) per lo svolgimento del processo del lavoro e portando a compimento un
articolato sistema di procedure conciliative e di arbitrato finalizzate a ridurre l’entità
del contenzioso mediante una più rapida definizione extragiudiziale della controversia.
H)Le manovre economiche 2011-2012
L’aggravamento dello stato di crisi dell’economia italiana ha reso necessario il varo di
una serie di misure straordinarie nell’obiettivo del risanamento del crescente debito
pubblico e della crescita economica.
Sono state così introdotte, con le manovre economiche 2011, diverse modifiche in
materia di lavoro, concernenti, tra l’altro, il contratto di inserimento, la contrattazione
collettiva decentrata, il collocamento obbligatorio, soprattutto in un’ottica di contenimento dei costi e di flessibilizzazione della disciplina di legge e negoziale.
Le modifiche sono state attuate, dapprima, con il cd. decreto sviluppo (D.L. 70/2011 conv. in L.
106/2011) e, successivamente, con le manovre economiche 2011 (D.L. 98/2011 conv. in L. 111/2011
e D.L. 138/2011 conv. in L. 148/2011).
Un ulteriore intervento è stato attuato con la legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) e il
cd. decreto Monti o Salva Italia (D.L. 201/2011 conv. in L. 214/2011).
5.La cd. riforma Fornero (L. 28-6-2012, n. 92)
Con la L. 28-6-2012, n. 92, cd. riforma Fornero, è stato attuato un ulteriore significativo intervento in materia di lavoro, con le seguenti finalità (art. 1, co. 1):
— favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili;
— valorizzare l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel
mondo del lavoro;
— ridistribuire in modo più equo le tutele dell’impiego, da un lato, contrastando
gli elementi di flessibilità che si sono maggiormente prestati ad un uso improprio
e strumentale, dall’altro, intervenendo sul regime del licenziamento, per adeguarlo
alle esigenze del mutato contesto di riferimento;
— rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e
delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento
dell’occupabilità delle persone;
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— contrastare usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali
esistenti;
— promuovere una maggiore inclusione delle donne nella vita economica.
Modificando significativamente la disciplina del mercato del lavoro, la legge di riforma
tenta di definirne un nuovo assetto, in cui riesca a coniugarsi l’esigenza di flessibilità
delle imprese con quella di garantire la sicurezza dei lavoratori. La riforma interviene,
in particolare, sui seguenti ambiti:
— sulla flessibilità in entrata, con l’obiettivo di rendere più dinamico il mercato del
lavoro, soprattutto verso le fasce svantaggiate (a partire dai giovani), contrastando
al contempo il fenomeno della precarizzazione della forza lavoro;
— sul sistema degli ammortizzatori sociali, che viene riformato in modo da garantire un ampliamento della copertura e da rafforzare i legami tra strumenti di
sostegno del reddito e politiche di attivazione, riqualificazione e ricollocazione
dei lavoratori;
— sulla flessibilità in uscita, per rendere più adeguata al mutato contesto economico
la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, e in particolare di quelli per
motivi economici. La riforma interviene, quindi, sul sistema di tutela in caso di
licenziamento ingiustificato, imperniato sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
A soli pochi mesi di distanza dalla sua approvazione, con il D.L. 22-6-2012, n. 83,
cd. decreto crescita, conv. in L. 7-8-2012, n. 134, vengono apportate modifiche alla
riforma Fornero. In particolare, si interviene ulteriormente sulla disciplina di alcune
tipologie contrattuali ed in materia di ammortizzatori sociali.
Nei successivi Capitoli del volume saranno illustrate dettagliatamente le novità della
cd. riforma Fornero (L. 92/2012), nonché del cd. decreto crescita (D.L. 83/2012 conv.
in L. 134/2012).
Cronologia
• Età antica → manca qualsiasi disciplina del lavoro (i lavoratori o sono componenti la familia
o persone in stato di schiavitù)
• Alto Medioevo → regolamentazione dell’attività svolta dai lavoranti nelle botteghe degli
artigiani e nelle corporazioni dei mercanti
• Età moderna → lo sviluppo della borghesia determina la necessità di una regolamentazione
dell’attività economica (diritto del commercio) e del rapporto tra datore di lavoro e prestatore
di lavoro (assimilate al diritto degli affari e prive di qualsiasi autonomia)
• XVII secolo → prime forme di capitalismo: i mercanti-manifatturieri anticipano le materie
prime e i salari e talvolta danno anche in uso i macchinari ad artigiani semi-dipendenti, che
finiscono, così, per assumere la figura di lavoranti a domicilio
• XVIII secolo → rivoluzione industriale e conseguente sviluppo del lavoro nelle fabbriche e
urbanizzazione (in Italia si è verificata più tardi, verso la metà dell’Ottocento)
• XIX secolo → le ideologie socialiste promuovono i valori dell’uguaglianza e del benessere
degli uomini, che costituiscono le basi per la rivendicazione di normative a tutela dei lavoratori
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Introduzione
• Seconda metà dell’Ottocento → la filosofia marxista definisce il lavoro come merce che viene
venduta per un salario, ma ne indica anche la peculiarità, che consiste nella produzione di
altre merci, che contengono il valore della merce-lavoro. Ora, se è vero che il capitalista paga
un prezzo per la merce-lavoro che acquista, è anche vero che una parte del valore del lavoro,
contenuto nel prodotto, non viene compensata. Questo valore non compensato (plusvalore)
consente al capitalista di arricchirsi in maniera ingiusta (sfruttamento) perché lo sottrae al
proletariato → la consapevolezza dello sfruttamento economico (concetto del plusvalore) è
da stimolo per lo sviluppo del movimento operaio e contadino
• Codice Civile del 1865 → non contiene una disciplina del rapporto di lavoro, ma solo, agli
artt. 1570 e ss., quella della locazione delle opere e dei servizi
• 1883 → la L. 15-6-1883, n. 295 istituisce i Collegi dei Probiviri, una forma di magistratura del
lavoro che contribuisce alla definizione di regole concernenti i rapporti di lavoro tra operai e
datori (svolgevano una funzione di decisione e di conciliazione delle controversie)
• Inizi 1900 → nasce la legislazione sociale per porre rimedio alle problematiche create dal
lavoro all’epoca della prima industrializzazione (disciplina istituti quali la durata limitata della
giornata lavorativa, i riposi, il collocamento della manodopera, l’igiene del lavoro, la tutela
contro i rischi connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa mediante le cd. assicurazioni
sociali, la tutela delle donne e dei minori che lavorano)
• 1924 → è promulgato il R.D.L. 1825 che costituiva la legge sull’impiego privato (disciplina del
rapporto di lavoro degli impiegati)
• Periodo corporativo fascista → si afferma il contratto collettivo corporativo, dotato di efficacia generale ed inderogabile al pari della legge → la L. 563/1926 determina la fine del
pluralismo sindacale (esistono due sole associazioni contrapposte, quella dei datori e quella
dei lavoratori, tra le quali vi dovevano essere relazioni improntate alla collaborazione e alla
cooperazione per l’interesse superiore dell’economia nazionale)
• 1942 - Entrata in vigore dell’attuale codice civile → si ha una sistemazione organica della
materia del lavoro (Libro V del codice civile - primi quattro titoli: artt. 2060-2246) → questa
fase viene anche indicata come quella della incorporazione del diritto del lavoro nel diritto
privato, perché la materia lavoristica è inserita nella→codificazione unificata del diritto privato
(d. civile, d. commerciale e d. del lavoro) (GHERA)
• Caduta del regime fascista → vengono abrogate per via legislativa le corporazioni (R.D.L.
n. 721/1943) e i sindacati corporativi (R.D.L. n. 3/44)
• 1947 - Costituzione repubblicana → l’affermazione dello Stato sociale (art. 3, co. 2 Cost.) impone
di rimediare alla situazione di disparità insita nel rapporto di lavoro apprestando una speciale tutela
al contraente debole (il lavoratore) → inizia una nuova fase del diritto del lavoro in quanto, da tale
momento, le norme si prefiggono non solo la garanzia degli interessi patrimoniali del lavoratore,
ma anche della sua libertà e personalità → fase della costituzionalizzazione (GHERA)
• Anni Sessanta e Settanta → la legislazione del lavoro tende a radicare la tutela individuale
e collettiva del lavoratore all’interno delle fabbriche e dei luoghi di lavoro → sono così approvate leggi che comportano una limitazione, prima impensabile, delle prerogative e dei poteri
datoriali → legge sui licenziamenti individuali (L. 604/66 che introduce il limite del giustificato
motivo al licenziamento) e Statuto dei lavoratori (L. 20-5-1970, n. 300)
• Fine anni Settanta → l’obiettivo della tutela unilaterale e inderogabile dei lavoratori cede
dinanzi alla necessità di tenere conto dei relativi costi a livello micro e macro in un periodo
di crisi e di alta inflazione → le normative di questo periodo vengono identificate come
diritto del lavoro della emergenza → comincia la concertazione dei sindacati nella politica
economica
Nozione ed evoluzione del diritto del lavoro
Z 15
• Anni Ottanta → sviluppo dell’economia e cambiamenti nel mondo del lavoro → progressiva
espansione del lavoro terziario e impiego marcato dell’automazione nel processo produttivo
ridimensionando categorie storiche come quella degli operai
• Anni Novanta → si diffondono nuove forme di lavoro (cd. parasubordinazione) cui si tende ad
estendere istituti di tutela propri del lavoro subordinato (cd. tendenza espansiva del diritto del lavoro)
• 1993 → il D.Lgs. 29/1993 corona il processo di privatizzazione del pubblico impiego, ovvero
l’assoggettamento del rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni alle
norme che disciplinano l’impiego privato e alla contrattazione collettiva
• Fine XX secolo → il mondo del lavoro è dominato dal modello organizzativo e produttivo
post-industriale o post-fordista che sembra alterare i caratteri tipici della subordinazione (il
lavoratore subordinato, anche quello meno qualificato, è più autonomo e meno eterodiretto)
→ la maggiore competitività tra i produttori provocata dalla globalizzazione richiede una
attenuazione dei limiti derivanti dal diritto del lavoro per ottenere la necessaria flessibilità
dimensionale e operativa delle imprese
• XXI secolo → la legislazione dei primi anni del nuovo secolo è espressione della volontà di
transizione da un sistema giuridico del lavoro basato sulla inderogabilità e sulla imperatività
delle regole dettate dal legislatore o dalla contrattazione collettiva ad un sistema di soft lows
(norme leggere), mutuato dall’ambito europeo, che invece dà spazio alla libera pattuizione
individuale e alla derogabilità
• 2001 → con la L. cost. 3/2001 viene modificato il Titolo V della Costituzione → la potestà
legislativa è ripartita tra Stato e Regioni (art. 117) → alle Regioni compete disciplinare, in
posizione concorrente con lo Stato, nell’ambito della tutela e sicurezza del lavoro, allo Stato
pertiene l’ampio ambito dell’ordinamento civile, nonché la determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
• 2003-2008 → si susseguono le riforme — dalla L. 30/2003, e relativi decreti legislativi di attuazione, alla L. 247/2007 — che apportano una radicale trasformazione di numerosi istituti della
disciplina sul rapporto di lavoro (orario di lavoro, assunzioni, contratti speciali, TFR e previdenza
complementare etc.) → viene approvato, dopo circa trenta anni di attesa, il D.Lgs. 81/2008 che
coordina e razionalizza in un unico testo normativo le disposizioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro → viene predisposto un nuovo insieme di misure con il D.L. 112/2008 conv. in L.
133/2008 nell’intento di apportare significativi correttivi alle norme in materia di diritto del lavoro
• 2008-2010 → la crisi economica mondiale richiede l’adozione di importanti provvedimenti per
potenziare ed estendere i tradizionali strumenti a sostegno del reddito (cd. miniriforma degli
ammortizzatori sociali). Nel 2009, mediante accordo Governo e parti sociali, ad esclusione
della CGIL, è innovata la procedura della contrattazione collettiva. Nel 2010 è approvata, dopo
un lungo iter legislativo, la L. 183/2010, cd. collegato lavoro, che opera un’ulteriore riforma
della materia concernente diversi istituti di cui rilevano per importanza quelli del licenziamento
e del processo del lavoro
• 2010-2012 → la crisi economica italiana ha imposto l’emanazione di varie misure straordinarie;
la manovra economica 2011 e la manovra economica bis 2011 al fine di risanare il debito
pubblico e promuovere la crescita economica → la mancata ripresa dei mercati finanziari e la
continua instabilità degli stessi hanno reso necessaria l’emanazione di ulteriori provvedimenti
quali la legge di stabilità 2012 e il decreto Monti
• 2012 → la L. 92/2012, cd. riforma Fornero, attua un significativo intervento in materia di lavoro, toccando più ambiti (flessibilità in entrata, flessibilità in uscita e ammortizzatori sociali).
La nuova disciplina viene, peraltro, ulteriormente modificata con il cd. decreto crescita (D.L.
83/2012 conv. in L. 134/2012)