pasta,i consumi arretrano non solo “a casa nostra”
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pasta,i consumi arretrano non solo “a casa nostra”
editoriale Pasta, i consumi arretrano non solo “a casa nostra” Di: Ivano Vacondio « È NECESSARIO SUPERARE ALCUNI NODI DI FILIERA, ORMAI STRUTTURALI, CHE NON CONSENTONO LA NECESSARIA VALORIZZAZIONE DI PRODOTTO» Gli ultimi dati Istat relativi all’andamento delle esportazioni di pasta alimentare nel primo trimestre del 2016 sembrano, purtroppo, confermare una preoccupante inversione di tendenza per quanto riguarda la crescita sui mercati esteri di questo prodotto simbolo, per eccellenza, del Made in Italy. La dieta prolungata del mercato domestico - con i consumi di pasta, cosi come quelli del pane, in calo di diversi anni per via di una carbofobia alimentata da presunti guru dell’alimentazione - è ormai accompagnata anche da uno scivolone delle esportazioni iniziato nel 2015 e che sembra proseguire in questa prima parte del 2016. I dati sono sicuramente riconducibili ad una crescente competizione internazionale, proveniente in particolare dalla Turchia, ma anche ad alcuni nodi, ormai strutturali, di filiera che non consentono la necessaria valorizzazione del prodotto. Non intendo ovviamente soffermarmi sulle criticità della filiera, ormai note a tutti, o sulle possibili soluzioni che hanno formato oggetto di ampia riflessione nel corso della Conferenza di Italmopa organizzata a margine della nostra Assemblea generale annuale e che meriterebbero di essere oggetto di approfondimento, con tutti gli attori della filiera, ivi compresa la Grande Distribuzione Organizzata, nell’ambito della Cabina di Regia Pasta. Nell’immediato, la riduzione della domanda interna e, ci auguriamo passeggera, esterna, congiuntamente ad una offerta 4 nazionale di frumento duro che si preannuncia in forte crescita rischia tuttavia di minacciare ulteriormente la competitività della filiera e di accentuare tensioni tra gli attori già manifestatesi nel corso dei primi mesi dell’anno. Ci auguriamo ovviamente che le possibili tensioni non trovino sfoghi di natura mediatica, deleteri per tutti, ma che esse siano risolte, nell’interesse comune, dal buon senso. Certamente l’avanzamento delle discussioni sul Decreto per il riconoscimento e il controllo delle organizzazioni interprofessionali di cui all’articolo 157 del Regolamento Ue 1308 del 2013 sarebbe stato quanto meno opportuno. Ma questo strumento di confronti che si potrebbe porre alcuni obiettivi strategici (cito, a titolo esemplificativo, il miglioramento della conoscenza e della trasparenza della produzione e del mercato, il coordinamento delle modalità di immissione dei prodotti sul mercato, la valorizzazione in modo ottimale del potenziale dei prodotti, anche a livello di sbocchi di mercato, l’innovazione...) non sembra, stranamente, essere gradito a tutti.