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ITIS “G. Galilei” AREZZO TECNOLOGIE MECCANICHE DI PROCESSO E DI PRODOTTO LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA – TRAFILATURA CLASSE 3° MECCANICI Pagina 1 di 2 TRAFILATURA Trafilatura = lavorazione per deformazione plastica progressiva a freddo con riduzione della sezione e allungamento. La deformazione si ha facendo passare la barra semilavorata del materiale dentro ad un foro tronco conico grazie all’azione di una forza esterna che tira il materiale, il quale si deforma per duttilità. Siccome si ha deformazione a freddo incrudimento del materiale profonda modifica delle qualità del materiale occorre eseguire un adeguato trattamento termico dopo la trafilatura per ripristinare le proprietà del materiale. Funzionamento (schema fig. 5.48 pag. 169) C’è una matrice detta filiera che porta il foro tronco-conico; il materiale viene fatto entrare nel foro e tirato dalla parte opposta per mezzo di una forza di trazione T. Si hanno i seguenti parametri: • S0 = sezione iniziale della barra in ingresso; S1 = sezione finale della barra-filo in uscita; D0 = diametro della sezione di ingresso (per sezione circolare); D1 = diametro della sezione in uscita (per sezione circolare); L0 = lunghezza della barra in ingresso; L1 = lunghezza della barra in uscita; a = semiangolo di apertura del foro tronco-conico 2 2 R = S1 / S0 = rapporto di trafilatura (è la percentuale di riduzione della sezione) con S0 = pD0 /4 e S1 = pD1 /4; • la lavorazione avviene a massa m = costante (la quantità di materia non può cambiare) m = mv • V, e siccome per i solidi mv = costante volume V = costante V0 = S0 • L0; V1 = S1 • L1 V0 = V1 S0 • L0 = S1 • L1 L1 = L0 • S0/S1 siccome S1 < S0 , cioè S ↓ L↑ L1 > L0 il pezzo passando attraverso la filiera riduce la sezione (schiacciamento) e aumenta la lunghezza (stiramento); Forze che agiscono durante la laminazione (schema fig. 5.50 pag. 169) La forza di trazione T applicata dall’esterno genera stiramento del materiale che è costretto a passare attraverso il foro della filiera il materiale fa attrito sui fianchi della filiera e la conseguente forza di attrito provoca il riscaldamento del materiale, oltre che una variazione di velocità gli strati esterni del materiale sono più lenti di quelli interni modifica della struttura del materiale da granulare a fibrosa e conseguente incrudimento Rm ↑; elasticità ↑. La forza di trazione T minima si può esprimere come T = k • Rm • S1, dove: • Rm = carico unitario massimo a trazione del materiale incrudito, • S1 = sezione finale della barra che deve resistere all’applicazione di T, • k = coefficiente sperimentale che vale k = 0,15 + (1,3 • R) e che considera i seguenti aspetti: riduzione di sezione R = S1 / S0 attrito esterno fra materiale e filiera, che a sua volta dipende dai materiali in lavorazione e della filiera, dall’angolo a di apertura del foro tronco-conico e dalla lubrificazione, attrito interno al materiale. Allora si può definire sollecitazione unitaria di trafilatura: s = T/ S1 = k • Rm deve risultare s < RE (oppure Rp0,2), cioè la sollecitazione di trafilatura deve essere minore del carico unitario di snervamento del materiale trafilato incrudito, altrimenti il materiale subisce una seconda deformazione permanente fuori dalla filiera. Per poter avere trafilatura la forza di trazione T deve essere maggiore della risultante della componente orizzontale FO della forza di compressione F esercitata dalla filiera sul pezzo in lavorazione e della componente orizzontale AO della forza di attrito A che si genera fra le pareti della filiera e il materiale: T > FO + AO. Queste due componenti si possono esprimere in funzione della resistenza del materiale, della riduzione di sezione e dell’attrito fra filiera e materiale; in sostanza considerando gli stessi parametri presi in considerazione dal coefficiente k. Lavoro e potenza di trafilatura Il lavoro di trafilatura vale: L = T • L1 , dove con L1 si intende la lunghezza totale del filo prodotto. La potenza di trafilatura vale: N = L / t = T • v1 , dove v1 è la velocità di uscita del filo prodotto dalla filiera. Sostituendo a T la sua formulazione si ha : 3 L = (k • Rm • S1) • L1 = k • Rm • V1 , dove V1 è il volume del filo prodotto in mm ; 3 N = (k • Rm • S1) • v1 = k • Rm • Q1 , dove Q1 è la portata volumetrica del filo prodotto in mm / s. Siccome k • Rm = s L = s • V1 e N = s • Q1; da cui: L / V1 = N / Q1 = s, cioè il lavoro specifico per unità di volume (L / V1) e la potenza specifica per unità di portata volumetrica (N / Q1) sono uguali al carico unitario di snervamento del materiale trafilato incrudito. Filiera (fig. 5.51 e 5.52 pag. 171) Filiera = utensile utilizzato nella trafilatura; ha due caratteristiche principali: il profilo del foro e il materiale. Profilo del foro: il foro tronco-conico ha quattro zone ben distinte: 1. ingresso foro conico convergente a grande angolo di apertura (50 ÷ 70°) per imbocco e lubrificazione; 2. lavoro foro conico convergente con piccolo angolo (6 ÷ 15°) per eseguire la deformazione plastica; 3. calibratura foro cilindrico breve per stabilizzare le dimensioni del materiale trafilato nel foro conico precedente; 4. uscita foro conico divergente con grande angolo di apertura per evitare il contatto del materiale in uscita con la filiera dovuto al ritorno elastico del materiale deformato che esce dal contatto con la filiera Materiale della filiera: il materiale con cui è costruita la filiera dipende dal materiale da trafilare e dal diametro del filo da ottenere; deve avere le seguenti caratteristiche: elevata durezza, elevata resistenza ad usura e abrasione, buona ITIS “G. Galilei” AREZZO TECNOLOGIE MECCANICHE DI PROCESSO E DI PRODOTTO LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA – TRAFILATURA resistenza a caldo (fili capillari). CLASSE 3° MECCANICI Pagina 2 di 2 materiali utilizzati: acciaio da utensili temprato, metallo sinterizzato, materiale ceramico, diamante Operazioni di trafilatura del filo Si inizia da vergella ricottura per eliminare incrudimento pulitura meccanica ed in acqua preparazione della punta per imbocco passaggi successivi in filiera con riduzioni progressive del diametro numero di filiere che dipende dal rapporto di trafilatura totale R, che a sua volta dipende da: T, Rm, S1, V1, lubrificazione. Macchine trafilatrici (fig. 5.53, 5.54 e 5.55 pag. 172) Banchi di trafilatura: si trafilano sezioni grosse che richiedono forze elevate • azionamento idraulico (oleodinamico) • un solo passaggio di trafilatura • bassa velocità di lavoro caratteristiche: Trafilatrici multiple: ci sono una serie di filiere a sezione decrescente in fila attraverso cui passa il filo più operazioni di trafilatura contemporaneamente caratteristiche: • elevata produzione, • necessità di una serie di tamburi avvolgitori (aspi) su si avvolge il filo trafilato, • tamburi motorizzati che forniscono il tiro T per ogni passaggio di trafilatura, • necessità di un punto di lubrificazione fra una filiera e la successiva, • problema dell’accumulo del filo in uscita dovuto all’allungamento del filo durante la trafilatura si elimina l’accumulo aumentando progressivamente la velocità di rotazione delle bobine e quindi di trafilatura le velocità delle bobine sono crescenti, strettamente collegate fra di loro e definibili dalla riduzione di sezione per ogni passaggio, • in realtà le velocità periferiche dei tamburi sono maggiori di quelle di produzione del filo si ha slittamento assiale del filo e questo evita la rottura del filo stesso. Prodotti di trafilatura (fig. da 5.56 a 5.61 pag. 172-173) Filo è il principale prodotto che si ottiene per trafilatura impiegando filiere con foro a sezione circolare; ha molteplici impieghi in funzione del materiale e delle dimensioni del filo stesso. Barre sagomando il foro della filiera in modo adeguato si possono ottenere barre piene di varia sezione (esagonale, quadrata, rettangolare, ecc.); queste barre hanno dimensioni della sezione contenute, precisione dimensionale e finitura superficiale migliori delle barre laminate. Tubi partendo da tubi senza saldatura laminati si esegue una riduzione a freddo della sezione e/o dello spessore incrudimento del materiale, migliore finitura superficiale e maggiore precisione dimensionale. Metodo: 1) trafilatura in filiera con foro circolare (lavorazione sul diametro esterno) senza mandrino riduzione del diametro esterno del tubo e del suo diametro interno, ma nessun controllo preciso sullo spessore, che in teoria rimane costante. 2) trafilatura in filiera con foro circolare (lavorazione sul diametro esterno) con inserito un mandrino (lavorazione sul diametro interno) tipi di mandrino: 2.a) mandrino lungo = barra piena che ha il diametro esterno uguale a quello interno del tubo che si sta trafilando, tubo e mandrino scorrono insieme dentro alla filiera il mandrino deve avere una lunghezza maggiore di quella del tubo di partenza e viene estratto dopo la lavorazione riduzione del diametro esterno del tubo e del suo spessore con controllo preciso sul diametro interno. 2.b) mandrino corto o tappo = il mandrino vero e proprio è un cilindro pieno corto fissato all’estremità di una barra più piccola e lunga detta stringa il mandrino viene posizionato nella zona di lavoro della filiera e rimane fermo durante la lavorazione riduzione del diametro esterno del tubo e del suo spessore con controllo preciso sul diametro interno.