Maroni: stop Equitalia, sì alla moneta «lombard
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Maroni: stop Equitalia, sì alla moneta «lombard
via Modena, 5 - 00184 ROMA Tel. 06.4746351 - Fax 06.4746136 e-mail: [email protected] Sito: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA 5 APRILE 2013 - venerdì Un aforisma al giorno: «Chi mangia fa le briciole!» ((AAnnttoonniioo GGiiaaggiioo )) pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 1 FFIIBBAA//CCIISSLL:: Bpm corre in Borsa dopo l’apertura della Cgil ................................................................. 2 La Spa è un’idea soltanto speculativa................................................................................ 3 BBAANNCCHHEE//LLAAVVOORROO:: Maroni: stop Equitalia, sì alla moneta «lombard» .............................................................. 4 Generali, plusvalenza da 143 milioni ................................................................................ 5 Maroni cancella Equitalia dalla Lombardia ....................................................................... 6 Maroni sfratta Equitalia dalla Lombardia .......................................................................... 7 Lo strappo di Maroni: niente Equitalia............................................................................... 8 EECCOONNOOM MIIAA:: PPRRIIM MOO PPIIAANNOO:: Banca del Giappone, mossa da 1.400 miliardi per spingere la crescita ........................... 9 Draghi apre a un taglio dei tassi........................................................................................ 11 Borse Ue in calo, timori sulla recessione .......................................................................... 12 Ue: urgente pagare i debiti ma senza sforare il deficit ................................................... 14 «Sbloccare i debiti Pa, sì a sgravi Irap» ............................................................................ 16 Draghi avverte: ripresa a rischio Restituire gli arretrati? Spinta al Pil ......................... 18 Pagamenti alle imprese, più fondi nel 2013 ...................................................................... 19 Quel dossier sull’Italia «Euro ancora in bilico» ................................................................. 20 Paradisi fiscali, la lista dello scandalo .............................................................................. 21 Commercialisti, gioiellieri, l’«hacker» di Telecom I primi nomi degli italiani ................ 22 Draghi: “Ripresa ancora a rischio Bce pronta ad agire sui tassi” ................................. 23 Migliaia di conti segreti nei paradisi fiscali ecco il club degli evasori ........................... 24 Ue e Fmi tifano Popolari Bpm corre in Borsa dopo l’apertura della Cgil Sempre più serrata la partita sul futuro di Bpm. Il titolo corre del 6,2% in una giornata complessivamente fiacca (-0,3%). A fare la differenza l'intervista rilasciata al quotidiano Mf da Agostino Megale, segretario generale di Fisac- Cgil. Pur con qualche cautela c'è una sostanziale apertura sul progetto di trasformazione in Spa. Megale chiede però che, dopo la riforma, il presidente Bonomi (maggior azionista con l'8,6%) si impegni a non vendere per tre anni. «Solo questa garanzia allontanerà lo spettro di scenari speculativi». In dibattito, come si vede, è molto serrato. Anche dentro la Fisac. Gli oppositori interni certo non gradiscono che un sindacato di sinistra come la Cgil ritenga la govemance di una Spa preferibile ad una cooperativa. Tanto più che altre organizzazioni sono contrarie. Giancarlo Gallo di Fiba-Cisl ha giudicato l'operazione «inattuale». Per Massimo Masi della Uilca «Il progetto non aiuta Milano». Un balletto di dichiarazioni rende la durezza del confronto. Tanto più adesso che il sistema delle banche popolari italiane ottiene importanti riconoscimenti a livello internazionale. Arlene McCarthy - relatore del progetto di riforma del settore bancario Ue - ha presentato un documento che esorta la Commissione e gli Stati a promuovere una maggiore diversificazione del settore bancario favorendo «modelli di attività quali le società cooperative e di credito edilizio nonché i prestiti peer-to-peer e le casse di risparmio». Anche il Fondo monetario giudica importante «la presenza massiccia di istituzioni che non rientrano negli schemi del sistema finanziario internazionali». È il caso «delle Fondazioni bancarie e delle Banche popolari italiane». Due autorevoli "esternazioni" pro-popolari che hanno soddisfatto Emilio Zanetti, presidente di Assopo - polari: «Riconoscono l'urgenza di una più autentica concorrenza e democrazia economica al fine di garantire il buon funzionamento di un sistema bancario al servizio dell'economia reale ». Piace, in particolare, il giudizio del Fmi sul sistema bancario italiano «che vede la presenza rilevante di istituzioni, quali le Banche Popolari, che hanno dato prova negli ultimi cinque anni di solidità e di prossimità nei confronti dei territori e delle comunità servite». pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 2 N.S. M MA AR RIIO OC CO OM MA AN NA A ((**)) La Spa è un’idea soltanto speculativa L’idea della trasformazione in Spa di Ubi ha un'unica giustificazione: quella speculativa. Segue l'analoga iniziativa, molto più concreta, annunciata dalla Popolare di Milano, capitanata da quel Bonomi che non si può certo definire un cooperatore. È a capo di un fondo di investimento il cui scopo è quello della creazione di valore, ossia, detto più brutalmente, della ricerca della plusvalenza di breve periodo. Per lui Bpm e Aston Martin (l'altro investimento importante del suo gruppo) sono la stessa cosa. Per noi no, nonostante il grande fascino un po' appannato delle sportive inglesi. Ubi ha una tradizione profondamente e autenticamente popolare. È il suo Dna, quello della Popolare di Bergamo sorta nel 1869 dall'embrione del Mutuo Soccorso. Ha retto l'urto degli anni e delle crisi, e anche í momenti dell'euforia in cui si paventavano Opa di Deutsche Bank a prezzi mirabolanti. Il modello è stato accettato dai soci di Banca Lombarda nella fusione del 2007, forse obtorto collo, ma comunque approvato a larghissima maggioranza. Ma è ancora attuale questo modello? Il presidente Zanetti l'ha ribadito con forza e con solide argomentazioni al convegno dell'Associazione delle Banche Popolari proprio a Bergamo venerdì 22 febbraio. L'incontro della Fiba Cisl del 28 marzo ha aggiunto l'autorevole testimonianza di Giulio Sapelli, che ha potuto ricordare due elementi decisivi. Primo: quello cooperativo è il solo modello di impresa sociale presente nella finanza, dove le cooperazione è intesa come interazione positiva fra le persone e non necessariamente come mutualismo. Secondo: le banche cooperative, in tutto il mondo, dal Canada all'Australia, sono il modello dominante in termini numerici e sono quelle che non hanno prodotto gli sconquassi della finanza aggressiva di cui ancora scontiamo le conseguenze. Quello cooperativo è uno dei possibili modelli organizzativi delle banche, non necessariamente il migliore né il peggiore. In realtà la correlazione fra assetti proprietari e performance bancarie è molto debole. Ci sono ottime banche Spa e popolari che lasciano a desiderare e viceversa. Il Monte dei Paschi di Siena è stata una banca pubblica eccellente. Oggi, che è diventata una Spa, è in crisi per motivi che nulla hanno a che vedere con la sua natura privatistica, anzi semmai è vero il contrario, ossia che i suoi problemi discendono dall'ingerenza della politica. E su questo dobbiamo riflettere anche a Bergamo. Tutti e tre i capi delle liste candidate alle prossime elezioni del Consiglio di Sorveglianza di Ubi si sono dichiarati a favore del mantenimento della formula popolare. Ma sono solo affermazioni di maniera? Io inviterei i soci elettori ad andare più a fondo e ad analizzare cosa c'è dietro le liste, o meglio: dentro le liste, per vedere quanto fondato sia il conclamato amore per la cooperativa. Si scoprirà così che da un lato vi è la continuità con la tradizione pur nel rinnovo delle persone, mentre guardando la composizione delle altre liste è davvero difficile rintracciare un qualunque barlume di attaccamento alla formula cooperativa. In un caso c'è una storia ben diversa, fatta di acquisizioni societarie e operazioni di stampo pienamente capitalistico (non per questo illegittime), nell'altro, la cosiddetta terza lista. ci sono troppo poca storia e spessore perfino per capire quale orientamento potrebbe prendere in futuro. La garanzia del mantenimento della formula popolare non è offerta in egual misura da tutte e tre le liste. I soci sono sovrani e potranno scegliere se sostenere la continuità di un disegno antico e ancora attuale, che consolida la vicinanza della banca alla città, oppure un'operazione di trasformazione speculativa molto vantaggiosa per pochi e che darebbe solo un piatto di lenticchie ai piccoli azionisti. al Consiglio di Sorveglianza nella Lista Moltrasio e docente di Economia degli intermediari finanziari alla Luiss di Roma pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 3 (*)candidato M MA AR RIIA AN NO OM MA AU UG GE ER RII Lombardia. Nel programma d'insediamento al Pirellone annunciato ieri c’è anche un'agenzia regionale per poter riscuotere le tasse Maroni: stop Equitalia, sì alla moneta «lombard» MILANO La rivoluzione della concretezza di Roberto Maroni, neogovernatore della Lombardia, si sostanzia in una parola citata una dozzina di volte nel corso della lettura del suo programma di insediamento al Pirellone: innovazione. Prima il Nord, ripete Maroni, che per marcare la coerenza con le promesse della vittoriosa campagna elettorale richiama punto per punto i temi con i quali si è presentato di fronte al corpo elettorale. Macroregione da realizzare entro i cinque anni del mandato e, al contempo, la richiesta di trasferire più poteri (e relativi denari) dal centro alla periferia. L'obiettivo è sempre quello sbandierato in campagna elettorale: il 75% delle tasse pagate in Lombardia restino sul suolo regionale. Un assunto che davanti al Consiglio regionale riunito in seduta plenaria per la seconda volta dal suo insediamento (la prima, il 27 marzo, era stato eletto presidente del Consiglio il pidiellino Raffaele Cattaneo) ha accompagnato con almeno un paio di iniziative programmatiche irrituali. La prima: costituire entro l'anno un'agenzia regionale che riscuota i tributi al posto di Equitalia («per essere più vicini ai cittadini», ha spiegato il governatore lombardo); la seconda: la prosecuzione dello studio di fattibilità, già avviato nella legislatura precedente, che prevede l'istituzione di una nuova moneta lombarda che affianchi l'euro «perché in periodi congiunturali caratterizzati dal credit crunch lo sviluppo di nuovi strumenti di pagamento può agevolare lo scambio di beni e servizi». Disegnata la cornice strategica e politica, Maroni passa a elencare i provvedimenti riservati alle imprese. In primis, un «pacchetto choc» di Finlombarda, la cassaforte della Regione, pronta a iniettare un miliardo sul mercato. Cinquecento milioni per i crediti che le imprese vantano nei confronti degli enti locali, 30o milioni per la cartolarizzazione dei debiti della Regione, altri 30o di fondi Bei per le aziende che investono e so milioni per le Pmi che puntano sull'innovazione. In più ci sono una serie di bonus fiscali per le aziende artigiane che assumono giovani sotto i 3o anni e le Pmi che arruolano lavoratori sotto i 35. Il chiodo fisso del governatore è rimettere in moto l'economia. Ma senza dimenticare una serie di misure come l'housing sociale («ridisegneremo una nuova governance delle Aler») e l'Expo («nutro una forte preoccupazione per i tempi di realizzazione»). Innovare significa tagliare anche i costi della politica. Pure qui è pronto un pacchetto che prevede risparmi di io milioni. Già, la politica. All'opposizione di centro-sinistra guidata dall'avvocato milanese Umberto Ambrosoli e dal capogruppo del Pd Alessandro Alfieri non sono piaciute le due paginette dedicate alla sanità. Maroni, sul tema, se l'è cavata con un'espressione («è necessario un salto di qualità») che, dicono i componenti dell'opposizione, forse ,è un po' poco per un settore lastricato di scandali che da solo vale 17 miliardi l'anno. Ma l'insediamento di un neogovernatore è un po' come il primogiorno di scuola. Ambrosoli ha scelto il fair play, un comportamento «non preconcetto » apprezzato pubblicamente da Maroni. Non è che un debutto, in fondo. La tempra dell'opposizione e la coerenza della maggioranza si misureranno nei prossimi mesi. C'è solo tempo per un giudizio su Matteo Renzi e il dialogo tra Pd e Pd1 preconizzato dal sindaco di Firenze. Dice Maroni: «Mi auguro che la proposta di Renzi venga accolta dal Pd, anche se temo non lo farà ». Ma è una battuta distratta, quasi di rito, che mai come all'inizio di questa legislatura segna una distanza abissale tra Roma e Milano. pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 4 PACCHETTO PER LE IMPRESE Cinquecento milioni per i debiti degli enti locali, 300 per la cartolarizzazione di quelli della Regione. Bonus alle aziende che assumono Polizze. Chiuso il collocamento del 12% di Banca Generali a 13,55 euro per azione Generali, plusvalenza da 143 milioni Le Generali ha concluso il collocamento del 12% della sua controllata Banca Generali per un corrispettivo di 185 milioni. Com'era nelle previsioni sono bastate poche ore a Usb e Mediobanca, chiamati a svolgere il ruolo di joint global coordinator e joint bookrunner, per trovare una platea di investitori istitituzionali interessati a rilevare le azioni dell'istituto di credito - specializzato nel collocamento di polizze vita e prodotti del risparmio gestito - messe in vendita dal Leone triestino. Quest'ultimo ha realizzato una plusvalenza di"143 milioni e, al netto della cessione, continuerà a mantenere la quota di maggioranza assoluta (51,5%). La plusvalenza, nei conti consolidati, verrà registrata nel patrimonio netto senza impatto sostanziale sul conto economico. Nei bilanci civilistici delle compagnie interessate si tradurrà invece in un miglioramento dell'utile netto. Il collocamento delle azioni di Banca Generali è avvenuto ad un prezzo di 13,55 euro per azione, con uno sconto del 7% rispetto alla quotazione fatta registrare al termine della seduta di Borsa di mercoledì, prima dell'avvio dell'operazione. Ieri il titolo ne ha ovviamente risentito con una flessione del 5,07 (a 13,85 euro). Anche l'azione della capogruppo ha chiuso le contrattazioni in territorio negativo ( a 12,1 euro, 0,41%), un risultato che tuttavia riflette l'andamento generale del mercato. Ieri intanto con le comunicazioni inviate alla Consob sulle partecipazioni rilevanti si è appreso che Ubs ha acquisito un quota nel Leone del 2,011% poi scesa sempre ieri (con una successiva segnalazione) all'1,989%, per 1'1,26% detenuta «indirettamente in gestione non discrezionale del risparmio». Un segnale, quest'ultimo, dell'interesse manifestato dai fondi della banca svizzera nei confronti dell'assicuratore italiano. Nelle ultime ore, infine, sono state pubblicate nel sito web delle Generali le due liste di candidati, una di Mediobancaraltra diAssogestioni, per il rinnovo del Cda. Tutte le anticipazioni della vigilia sono state confermate compresa la riduzione ad 11 membri nel numero del prossimo board. Una composizione che sembra preludere alla decisione di non nominare alcun comitato esecutivo. È un organismo, quest'ultimo, che per statuto dovrebbe essere composto da almeno 5 membri, determinando pertanto una spaccatura verticale all'interno del nuovo organo amministrativo. E, in assenza dell'esecutivo, anche la scelta di confermare due vicepresidenze potrebbe apparire perfino ridondante. R.Sa. pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 5 AZIONISTI A TRIESTE Gli svizzeri di Ubs salgono oltre il 2% ma poi riscendono a ll'1,99%, di cui l’1,26% detenuto indirettamente ín gestione del risparmio SSA AB BR RIIN NA AC CO OT TT TO ON NE E L’obiettivo del governo di centrodestra è il sostegno alle piccole e medie imprese Maroni cancella Equitalia dalla Lombardia pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 6 Milano – Rottamare Equitalia. È stato uno dei ritornelli del centrodestranella campagna elettorale p er le p olitiche. A insistere sul tema e sulla necessità di salvare i cittadini dalla rapacità del fisco aggravata daitempi di crisi è stato soprattutto Silvio Berlusconi. Adesso a passare all'azione è Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, luogo in cui il centro destra è maggioranza di governo. Nell'aula del Pirellone, sede del consiglio regionale lombardo, Maroni ha annunciato di voler cancellare Equitalia dal panorama. Obiettivo è sostituirla con un'agenzia regionale. Non solo. Come annunciato in campagna elettorale, Maroni hainmente dibattere moneta lombarda. Una boutade? Non sembrerebbe. Partiamo da Equitalia.«La riscossione dei tributi deve essere più vicina al territorio e tener conto del contesto sociale », spiega il presidente, allarmate dalle conseguenze della crisi che mettono in difficoltà soprattutto le fasce più deboli della popolazione. «Equitalia non sta operando con questi criteri, dunque intendiamo sostituirla con un ente di riscossione regionale entro la fine dell'anno», la conclusione perentoria di Maroni. Ilfederalismo è sempre stato un cavallo di battaglia della Lega e dell'intero centrodestra. I temi economici e fiscali sono stati al centro delle proposte ai cittadini, a partire dal desiderio che il 75 per cento delle tasse riscosse in Lombardia restino nella regione. Maroni alza lavoce e quella percentuale diventa un tetto minimo: «Chiederemo allo Stato che vengano riconosciutemaggiori competenze, alle quali dovranno corrispondere maggiori risorse provenienti da tributi ed entrate regionali e dalla partecipazione diretta della Regione al gettito di tributi erariali riferibili al proprio territorio, in misura non inferiore al 75 per cento delle entrate tributarie complessive». Eccoci alla moneta lombarda, soprannominata dagli avversari «Marone», spesso presentata sono una luce caricaturale. Il presidente della Regione in aula spiega nel dettaglio in che cosa consistail progetto: «Poiché in periodi congiunturali caratterizzati dal credit crunch come quello attuale, lo sviluppo di nuovi strumenti di pagamento può agevolare lo scambio dibeni e servizi, procederemo conio studio difattibilità di un sistema di moneta complementare anche tramite il coinvolgimento dei principali stakeholder, come banche, associazioni, istituzioni e Camere di commercio». Insomma, nonunamoneta di latta per collezionisti, ma uno strumento finanziario che possa tentare di far fronte alle difficoltà di pagamento delle imprese. Maroni ha anche sottolineato un altro obiettivo del governo di centro destra, ovvero il sostegno alle piccole e medie imprese, che costituiscono l'ossatura dell'economia lombarda (e non solo). «D'intesa con Finlombarda (la finanziaria regionale, ndr), ho deciso di definire un pacchetto di misure choc a favore delle nostre imprese, delvalore complessivo di oltre 1,1 miliardi di euro» annuncia Maroni. Cita Gaber e si lancia: «Farò la rivoluzione della concretezza». SSA AN ND DR RO O IIA AC CO OM ME ET TT TII ttw wiitttteerr@ @ssaan nddrrooiiaaccoom meettttii La sfida del nuovo governatore Maroni sfratta Equitalia dalla Lombardia «La riscossione dei tributi deve tener conto del tessuto sociale: entro l'anno costituiremo un ente regionale» pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 7 Tra gli obiettivi principali ci sono due classici come la macro - regione del Nord e il tentativo di trattenere almeno il 75% delle tasse sul proprio territorio. Ma nel primo discorso da presidente di Roberto Maroni i due punti che balzano agli occhi sono l'addio a Equitalia e la moneta lombarda. Non si tratta di slogan. Il neo governatore cita Gaber e promette una «rivoluzione della concretezza ». Per quanto riguarda il fisco i tempi saranno stretti. «La riscossione dei tributi deve essere più vicina al territorio e tener conto del contesto sociale», spiega il leader della Lega davanti al Consiglio regionale, «ed Equitalia non sta operando con questi criteri. Ecco perché intendiamo sostituirla con un ente regionale entro la fine dell'anno, per dare un adeguato supporto agli Enti Locali e allo stesso tempo ridurre disagi e costi per i cittadini in difficoltà». Il tema è all'ordine del giorno anche in Comune. Nei mesi scorsi lo stesso sindaco Giuliano Pisapia e le forze di maggioranza avevano auspicato un cambio di direzione sul modello di Torino. Il primo cittadino milanese, in un convegno in Bocconi a cui partecipava anche il direttore della Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, aveva definito «del tutto evidente» che bisogna passare «in tempi ragionevoli » alla «gestione da parte del Comune non solo delle imposte dovute ma anche della riscossione». Più lenta la gestazione dell'altro progetto. Illustrando il suo programma Maroni anticipa una serie di iniziative a sostegno delle attività produttive e commerciali, come l'istituzione di «una Agenzia regionale dell'Economia» che svolga un'opera di controllo e di coordinamento strategico a più livelli per il credito alle imprese o misure per la promozione del made in Lombardia». Infine, aggiunge, «poiché in periodi congiunturali caratterizzati dal credit crunch, come l'attuale, lo sviluppo di nuovi strumenti di pagamento può agevolare lo scambio di beni e servizi, procederemo con lo studio di fattibilità di un sistema di moneta complementare, anche tramite il coinvolgimento dei principali stakeholder come banche, associazioni, istituzioni e camere di commercio». Della materia si era in passato occupato anche l'ex assessore le - ghista alle attività produttive ed attuale segretario generale di Palazzo Lombardia, Andrea Gibelli, ipotizzando l'introduzione di una moneta complementare sul modello di quanto realizzato ad esempio in Francia e in Germania o con il Sardex in Sardegna. Tra le altre priorità amministrative per combattere la crisi economica Maroni promette con «un pacchetto di misure choc» da 1,1 miliardi di euro, di cui «500 milioni per lo smobilizzo dei crediti che le pmi vantano con gli enti locali». Il governatore intende poi ridurre i costi della politica, puntando a meno 10 milioni di costi di funzionamento della giunta entro la fme della legislatura. Ulteriore urgenza è quella di Expo 2015, per il quale Maroni te - me ritardi. Pur non rinunciando alla cravatta verde, nel discorso programmatico il leader della Lega ribadisce di voler lavorare in «leale collaborazione» con tutto il consiglio, quindi anche con le opposizioni, che invita subito a un incontro fra la giunta e gli amministratori locali. Dal centrosinistra, questi segnali vengono raccolti, specie sui temi del lavoro e della trasparenza. Ma è sulla continuità con Formigoni che le analisi divergono. «Non abbiamo preconcetti», assicura Umberto Ambrosoli, «ma ci vorrebbe più coraggio nella discontinuità col passato». Il Pd non nasconde poi le perplessità sulla nuova Equitalia e, inutile dirlo, sull'euro padano. «Diciamo no a iniziative velleitarie come quella della moneta complementare», dice il capo - gruppo, Alessandro Alfieri. Sul versante della sanità Maroni apre più di uno spiraglio, difendendo la qualità del sistema sanitario ma invocando «un nuovo salto di qualità». D DA AV VIID DE ER RE E Lo strappo di Maroni: niente Equitalia pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 8 DA MILANO Equitalia? Ma anche no. Il governatore della Lombardia (e segretario della Lega Nord) Roberto Maroni stoppa la società pubblica di riscossione, preferendo l'istituzione di un concessionario alle strette dipendenze della Regione. Non solo, Maroni presentando ieri il suo programma di governo al Consiglio regionale della Lombardia, fortemente incentrato sullo sviluppo e i temi del lavoro, ha anche ipotizzato l'introduzione sul territorio lombardo di una moneta complementare - il lumbard - uno strumento già in uso per gli scambi commerciali in diverse aree dell'Europa. In Svizzera per esempio esiste il Wir, così come a Nantes a partire proprio da questa estate verrà messo in circolazione il Nanto. L’idea era già stata proposta nella scorsa legislatura dal leghista Andrea Gibelli. «Poiché in periodi congiunturali caratterizzati dal credit crunch come quello attuale - ha spiegato Maroni - lo sviluppo di nuovi strumenti di pagamento può agevolare lo scambio di beni e servizi, procederemo con lo studio di fattibilità di un sistema di moneta complementare anche tramite il coinvolgimento dei principali stakeholder, come banche, associazioni, istituzioni e Camere di commercio». Ma Maroni insiste su Equitalia. Perché lo sganciamento della Lombardia (oggi) e della Macroregione con Veneto e Piemonte (un domani) passerà, secondo il pensiero leghista, da due capisaldi. Il punto è trattenere almeno il 75% della fiscalità sul territorio (ed è per questo che si vuole poi un ente di riscossione locale) e dalla valorizzazione del territorio e delle imprese, offrendo strumenti di ausilio come appunto è la moneta complementare. «La riscossione dei tributi - ha insistito Maroni - deve essere più vicina al territorio e tener conto del contesto sociale. Equitalia non sta operando con questi criteri, dunque intendiamo sostituirla con un ente di riscossione regionale entro la fine dell'anno». Tra i diversi punti toccati ieri da Maroni, durante la presentazione del suo programma di governo per la Lombardia al Consiglio regionale c'è stato anche il capitolo riservato al lavoro e all'aiuto alle imprese. La giunta ha in mente una cura da cavallo da 1,1 miliardi di euro. Maroni è anche favorevole a un anticipo delle risorse per la cassa integrazione in deroga da parte della Regione, per «intervenire su chi si trova in una situazione di disagio senza aspettare che si muova la struttura del Governo. La Regione deve anche supplire alle mancanze del governo. Non sono d'accordo con il governatore della PugliaVendola che vuole restituire la delega sulla cassa integrazione. La Regione Lombardia vuole essere un attore protagonista su tutto ciò che interessa i cittadini lombardi anche se è di competenza di qualcun'altro - ha concluso - incalzando l'azione del Governo ma anche, in alcuni casi, anticipandola». ddaall n noossttrroo iin nvviiaattoo SST TE EFFA AN NO OC CA AR RT TE ER R NUOVO CORSO A TOKYO Linea ultra-espansiva In due anni saranno raddoppiati base monetaria e acquisti di titoli pubblici Decisione unanime Le misure, più radicali del previsto, resteranno finché l'inflazione non salirà al 2% Banca del Giappone, mossa da 1.400 miliardi per spingere la crescita A sorpresa il nuovo governatore Kuroda riscrive le regole della politica monetaria pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 9 TOKYO. La Banca centrale che fu pioniera del QE (quantitative easing) torna a scrivere la storia lanciando il QQE (quantitative and qualitative easing). Nel severo edificio della Nippon Ginko a Nihombashi è andata in scena una rivoluzione: il primo board presieduto dal nuovo governatore Haruhiko Kuroda ha accantonato ogni preoccupazione sul debito e la credibilità a lungo termine per lanciare uno stimolo monetario all'economia equivalente a 1.400 miliardi di dollari, in meno di due anni, nel Paese industriale a più alto indebitamento (rispetto al Pil) del mondo. Criticata per un decennio per fare le cose "too little, too late", la Bank of Japan (BoJ) ha deciso di agire in modo "fast and furious" (definizione di un autorevole analista) che ha sorpreso e anzi scioccato i mercati. Al "lascia o raddoppia" della lotta alla deflazione, Kuroda ha deciso di raddoppiare su tutta la linea: entro la fine del 2014 sarà di dimensioni doppie sia la base monetaria, sia il balance sheet dell'istituto centrale, principalmente attraverso il raddoppio degli acquisti di titoli pubblici (e della loro durata residua media) e anche di strumenti finanziari privati rischiosi come gli Etf. Tutti i tabù sono caduti. L'istituto, che non andava oltre lo shopping di bond triennali, ora si comprerà persino i Jgb a quarant'anni. Il sacro benchmark della vecchia politica monetaria, ossia rovernight cali rate, viene dichiarato inutile: il target di riferimento della BoJ sarà, al suo posto, l'intera base monetaria. Quella stessa rigida istituzione che nel 2001 aveva introdotto la "regola delle banconote" al fine esplicito di tutelare la credibilità propria e quella dello yen dichiara che sfonderà alla grande questa limitazione che si era autoimposta, siapure temporaneamente: l'ammontare dei titoli di Stato nel portafoglio della banca centrale non sarà più contenuto entro il volume delle banconote di circolazione (considerate liabilities a lungo termine), ma lo supererà di oltre tre volte a fine 2014 arrivando a nomila miliardi di yen (contro 9omila miliardi di yen in biglietti dibanca circolanti). Al briefmg per la stampa estera, il funzionario della BoJ non mostrava neanche imbarazzo nel cercare di spiegare il perché di una decisione unanime presa da un board la cui maggioranza (6 su 9 membri) aveva pure avallato - sotto la precedente gestione dell'ex governatore Masaaki Shirakawa - un approccio opposto improntato alla prudenza. Se Shirakawa, con evidente malavoglia, aveva accettato su pressioni del governo il target di inflazione del 2% come qualcosa a cui tendere, ieri il comunicato è stato categorico: «La banca raggiungerà » (nonpiù: «tenderà aconseguire ») l'obiettivo «nell'arco di circa 2 anni» (altra novità assoluta: l'impegno temporale) e per di più manterrà la politica ultraespansiva finché il rialzo annuo dei prezzi al consumo sarà del 2% in modo sostenibile (ovvero sostanzialmente permanente). Il bello è che queste misure straordinarie sono state varate non nel segno dell'emergenza, ma quando il Paese pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 10 è già uscito dalla recessione, tanto che la stessa BoJ sottolinea che «l'economia giapponese ha smesso di indebolirsi e ha mostrato alcuni segnali di ripresa». È il sistema-Paese che ha deciso di agire di concerto per il successo dell'Abeconomia (l'insieme delle politiche promosse dal nuovo premier Shinzo Abe), di cui la leva monetaria è il primo pilastro (yginto da stimoli fiscali e promesse dì riforme incisive). La reazione dei mercati è stata di benedizione al nuovo corso: la Borsa di Tokyo, che perdeva il 2%, ha chiuso in rialzo del 2,2%, mentre lo yen è tornato a indebolirsi abuon auspicio della competitività internazionale delle imprese nipponiche. Il messaggio che filtra sulle finalità della BoJ nel promettere uno shopping compulsivo (non solo di titoli di Stato ma anche di Etf e fondi immobiliari) è nel segno dell'ambizione: si ha fiducia che sarà incoraggiato un declino dei tassi a lungo e un abbassamento del premio di rischio sui prezzi degli asset, per far sì che le istituzioni finanziarie private riposizionino i loro portafogli con meno titoli pubblici e più prestiti alle imprese e più attività di rischio legate all'economia reale; il tutto nel quadro di un cambiamento drastico nelle aspettative degli operatori di mercato e di tutte le entità economiche, consumatori compresi. Rischio di bolle finanziarie o di perdite di credibilità delle istituzioni? La risposta di Kuroda è stata quella di pensare più ai potenziali benefici del nuovo corso che ai possibili pericoli: anziché rincorrere mugugnando e a piccoli passi affannati la politica espansiva della Federal Reserve, lui ha preferito scavalcarla mettendo subito tutte le carte a sue disposizione sul tavolo dei mercati. ddaall n noossttrroo ccoorrrriissppoon nddeen nttee A ALLE ESSSSA AN ND DR RO OM ME ER RLLII Draghi apre a un taglio dei tassi Possibile una decisione già il mese prossimo - Ripresa a rischio nel secondo semestre pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 11 FRANCOFORTE. Per la Bce la ripresa dell'Eurozona è a rischio nel 2013 e la banca centrale «è pronta ad agire»; il presidente Draghi apre a un taglio dei tassi (per ora fermi a 0,75%) e lancia un nuovo monito ai governi sulle riforme. Frenano le Borse (Milano -0,30%). Intanto la Banca del Giappone vara un massiccio piano di rilancio con forte iniezione di liquidità.La Banca centrale europea si dichiara «pronta ad agire» se le condizioni economiche dell'Eurozona dovessero peggiorare ulteriormente nelle prossime settimane. La Bce ha lasciato ieri invariati i tassi d'interesse, ma, dopo le dichiarazioni di Mario Draghi, diversi osservatori di mercato ritengono che un ribasso potrebbe arrivare già alla riunione di consiglio di maggio. Intanto, l'Eurotower non è giunta ad alcuna conclusione sulle misure concrete da adottare per risolvere l'altro problema individuato da Draghi già diversi mesi fa, la mancanza di credito per le piccole e medie imprese nei Paesi della periferia dell'Eurozona, tra cui l'Italia. La conferenza stampa ha offerto l'impressione di una banca centrale che ha dubbi sull'efficacia in questa fase degli strumenti a sua disposizione, sia convenzionali, con i tassi d'interesse, sia non convenzionali, come le misure per riattivare il credito, sulle quali Draghi si è limitato a osservare che «stiamo guardando a 36o gradi». Ha però rivendicato l'impatto positivo sui mercati finanziari del piano Omt di acquisto titoli dei Paesi in difficoltà, che seppure finora non utilizzato, ha messo l'Eurozona «nella posizione di affrontare gravi crisi senza che diventino esistenziali o sistemiche». L'analisi economica della Bce descrive un quadro di attività debole che si è esteso dalla fine del zon all'inizio del 2o13 e ha raggiunto anche i Paesi finora ritenuti più forti e che non hanno problemi di accesso al credito, come la Germania e soprattutto la Francia. Il rallentamento è stato dovuto soprattutto alla caduta della domanda interna, ma anche dell'export. Draghi ha indicato ancora una volta l'aspettativa di una ripresa nella seconda metà dell'anno, «soggetta a rischi al ribasso» a causa di un possibile nuovo deterioramento della domanda interna e alla mancata attuazione delle riforme strutturali annunciate in diversi Paesi. Inoltre, l'inflazione è scesa all'1,7%, per effetto del calo dei prezzi dell'energia, e si prevede che scenda ancora, ben al di sotto dell'obiettivo dell'Eurotower di mantenerla vicino al 2%. Draghi ha messo l'accento sul fatto che lapolitica monetaria re-, sterà espansiva «per tutto il tempo necessario» e che la Bce continuerà a fornire liquidità a tasso fisso per soddisfare l'intera richiesta, come aveva detto il mese scorso, ma ha anche aggiunto che la Bce «monitorerà molto da vicino» tutte le informazioni nelle prossime settimane ed è pronta ad agire. Quest'ultima espressione veniva spesso usata dal predecessore di Draghi, Jean- Claude Trichet, per anticipare un ritocco dei tassi. È la più chiara indicazione finora che un ribasso è possibile. Ancora una volta se n'è discusso in consiglio, ma l'ipotesi è stata anche in questa occasione accantonata. L'inazione della Bce è venuta in maggior risalto ieri nel contrasto con l'attivismo della Banca del Giappone, che fra l'altro può produrre un nuovo indebolimento dello yen sull'euro. Draghi si è limitato a ribadire che il cambio non è un obiettivo della Bce, ma è importante per crescita e inflazione. Più che sui tassi, s'era creata alla vigilia qualche attesa sulle misure per riattivare il credito alle piccole e medie imprese, ma Draghi non ha offerto indicazioni di progressi su questo fronte, ricordando anche che le esperienze di altri (riferimento alla Gran Bretagna) non sono positive e sollecitando l'intervento di altri attori, dai Governi, alla Bei, alle banche centrali nazionali. Il banchiere centrale italiano è tornato anche sulla vicenda di Cipro, affetmando che la prima soluzione (di tassare tutti i depositanti, anche quelli garantiti, sotto i ioomila euro) «non è stata intelligente », anche se è stata subito ritrattata. Draghi non ha spiegato perché la Bce, che aveva proposto una soluzione diversa, non abbia fatto valere nel negoziato la suaposizione. La soluzione adottata alla fine per l'isola, di far pagare comunque parte del salvataggio ai depositanti, non sarà un modello per altri Paesi, ha detto, a differenza di quanto affermato dal presidente dell'Eurogruppo, il ministro olandese jeroen Dijsselbloem. Il caso Cipro, secondo Draghi, sottolinea invece l'urgenza di approvare meccanismi europei per la vigilanza e per la liquidazione delle banche insolventi, sul quale ultimo dovrebbe arrivare una proposta della Commissione entro giugno. Il presidente della Bce chiede che venga poi messo in atto già nel 2015, e non nel 2018 o 2019, come suggerito finora. V VIIT TT TO OR RIIO OC CA AR RLLIIN NII LA REAZIONE DEI MERCATI Le strategie giapponesi In mattinata i listini salivano sull'euforia per la politica ultra-espansiva della BoJ L’asta spagnola In calo il rendimento dei Bonos a 5 e 8 anni Ma il differenziale di Madrid chiude in rialzo Borse Ue in calo, timori sulla recessione Sui listini pesano i dubbi della Bce per la ripresa in Eurolandia - Spread BTpBund stabile pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 12 Le banche centrali «fanno» i mercati. Sono loro che, in questo momento, dettano la linea. La prova? L'andamento dei listini di ieri che, in Europa, hanno chiuso in ribasso: da Milano (-0,3%) a Francoforte (-0,73%) fino a Parigi (-0,77%). Ebbene, il saldo negativo è conseguenza di un balletto degli indici (un po' su e un po' giù) dove il «la» è stato dettato, per l'appunto, dagli istituti centrali. Le note iniziali sono arrivate dal lontano Oriente. In Giappone la BoJ, nella prima riunione sotto la presidenza di Haruhiko Kuroda, ha varato l'attesa manovra ultra- espansiva: raddoppio della base monetaria e shopping di titoli di Stato e Etfalritmo di75miliardi di dollari al mese. Insomma, per i mercati è liquidità a «go go». Tanto che, nonostante l'escalation della crisi politico-militare legata alla Corea del Nord, la piazza di Tokyo ha chiuso in rialzo del 2,2%. E, in Occidente, i listini Ue hanno aperto positivi. «In altri tempi - è il leit motiv - la eco di possibili tamburi diguerra avrebbe prodotto ben altri conseguenze ». Ma, per l'appunto, ieri i market mover erano le banche centrali che, durante la giornata, si sono passati il testimone. Così, dopo il passaggio «scontato » della Bank of England, l'altro appuntamento era con la Bce. Il governatore Mario Draghi, lasciato invariato il costo del denaro, ha tuttavia prodotto un effetto contrario rispetto alla BoJ. Fino a poco prima delle sue parole, infatti, le Borse europee viaggiavano ancora al rialzo. Avviata, però, la conferenza stampa hanno virato verso il basso. Il motivo? È presto detto. Draghi, da un lato, ha sottolineato che l'inflazione di Eurolandia è scesa ancora; e, dall'altro, ha affermato che la prevista ripresa della seconda metà dell'anno «è soggetta a rischi al ribasso». Insomma, il contagio da recessione sui Paesi non al centro della crisi dell'euro è sempre più probabile. A fronte di un simile messaggio, inevitabilmente, gli investitori hanno iniziato a vendere. Un flusso di «sell» che, in scia al cattivo dato sull'occupazione statunitense pubblicato nel primo pomeriggio, avrebbe potuto subito spingere ancora più giù le piazze europee. Così, però, non è stato. Wall Street, infatti, ha aperto comunque al rialzo. Cioè, sull'altra sponda dell'oceano Atlantico, da una parte, si è data maggiore rilevanza alla nuova strategia giapponese; e, dall'altra, è stata presa per «buona» solamente la parte dell'intervento di Draghi in cui veniva confermata la politica monetaria accomodante. Il sostegno di Wall Street, che in serata proseguiva comunque al rialzo, è tuttavia durato poco. Tanto che, per l'appunto, i listini Ue hanno chiuso in calo. Fin qui la liquidità e le banche centrali: quali, però, gli altri fattori (seppure non così rilevanti) della seduta? In primis, deve ricordarsi l'asta di Titoli di Stato inSpagna. Madrid ha collocato 4,3 miliardi di titoli a medio-lungo, con tassi in ribasso sulle scadenze a 5 e 8 anni. Insomma, la vendita è andata bene. Un evento positivo che, a differenza del passato, non ha tuttavia avuto un forte impatto sul mercato del reddito fisso. Lo spread Bonos-Bund, infatti, è addirittura salito oltre 366 punti base, contro i 362 di due giorni fa. Migliore la dinamica del differenziale italiano che di fatto è rimasto invariato a quota 332 (erano 33o mercoledì scorso). A ben vedere, la dinamica dello spread del Belpaese è stata influenza più dal movimento del Bund che da quello del BTp. Quest'ultimo, coerentemente conilminore stress sui governativi periferici, ha visto il suo saggio scendere al 4,55%. Nello stesso tempo, però, anche il rendimento del bond tedesco si è ulteriormente schiacciato all'1,23%. Il segnale, evidentemente, della paura sul futuro della congiuntura europea alimentata da Draghi. Ma non solo. La contemporanea salita delle quotazioni di BTp e Bund è anche conseguenza degli acquisti in arrivo da fuori di Eurolandia. In particolare dal Giappone. Di nuovo, è l'effetto delle mosse dei banchieri centrali. pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 13 LA GIORNATA Dopo una seduta volatile Piazze europee in calo: Milano contiene le perdite (0,3%); Parigi cede lo 0,77% e Francoforte lo 0,73% LA PAROLA CHIAVE Market mover II market mover sono i fattori che fanno muovere il mercato. I market mover possono, in linea di massima, raggrupparsi in tre categorie principali; gli indicatori economici (dal Prodotto interno lordo di un Paese al mercato del lavoro fino la settore immobiliare); poi gli indicatori finanziari (l'attività delle banche centrali, l'andamento dei tassi di interesse o i conti aziendali); infine i fattori politici (crisi politiche, elezioni o comunque qualsiasi evento politico che rompa la routine e influenzi, se non addirittura determini, l'andamento dei mercati). In tal senso, purtroppo, l'attuale stallo politico in Italia è indubbiamente un market mover ddaall n noossttrroo ccoorrrriissppoon nddeen nttee B BE ED DA AR RO OM MA AN NO O Ue: urgente pagare i debiti ma senza sforare il deficit BRUXELLES. Il pagamento alle imprese delle fatture arretrate della pubblica amministrazione è diventato un esercizio di acrobazia per le autorità italiane. Nel mettere a punto il provvedimento legislativo che darà il via all'operazione, il governo dovrà trovare tra le altre cose un delicato equilibrio tra le esigenze dell'economia e gli impegni sul fronte della finanza pubblica, evitando anche una nuova deriva del debito tale da impedire al paese di uscire dalla procedura di deficit eccessivo. Il commissario agli affari monetari Olli Rehn ha sottolineato ieri a Bruxelles che il pagamento delle fatture arretrate della pubblica amministrazione sono «una questione della massima urgenza» perché servirebbe ad «alleviare la difficile situazione» finanziaria di molte società italiane. Secondo le stime prevalenti, i pagamenti arretrati ammontano a oltre 90 miliardi di euro. Rehn ha definito «insopportabile» il debito commerciale dello Stato. Nella sua dichiarazione, il commissario agli affari monetari ha aggiunto che il rimborso dei debiti può avvenire «assicurando la fme della procedura di deficit eccessivo» dell'Italia. La questione è delicata. Il paese dovrebbe aver registrato un deficit sotto al 3% del Pil nel 2012, e punta ad avere un disavanzo sotto a questo limite anche nel 2013. Le ultime stime del Tesoro parlano del 2,9%, tenendo conto del versamento dei debiti della pubblica amministrazione, poiché il rimborso peserà sui conti italiani. Il problema è che per uscire dalla procedura di deficit eccessivo non basta registrare un disavanzo sotto al 3% del Pil. È necessario anche avere un andamento rassicurante del debito. «Nel valutare la sostenibilità delle finanze pubbliche, dovremo analizzare anche l'evoluzione del debito », ha detto ieri il portavoce della Commissione Olivier Bailly. Nei fatti, Bruxelles esorta quindi il governo a trovare un giusto equilibrio tra le esigenze dell'economia e gli impegni di bilancio. Le norme europee prevedono che un paese con un debito eccessivo debba ridurlo di un ventesimo all'anno su una media di tre anni, e consentono di mettere uno stato in procedura di deficit eccessivo a causa di un debito troppo elevato (prendendo in conto «tutti i fattori rilevanti»). Il Patto di Stabilità fa quindi un legame tra l'uscita dalla procedura di deficit eccessivo e l'andamento del debito per i paesi che hanno un indebitamento superiore al 60% del Pil (l'Italia nel 2012 era al 126,5% del Pil). La fine della procedura di deficit eccessivo è cruciale per l'Italia perché avrebbe un impatto benefico sull'immagine del paese agli occhi degli investitori internazionali, con un probabile calo deì tassi d'interesse. Inoltre, solo uscendo da questa procedura il governo italiano potrà scorporare gli investimenti pubblici dal calcolo del disavanzo, e quindi godere di un maggiore margine di manovra su questo versante. Il commissario all'Industria Antonio Tajani sta dando battaglia a Roma e a Bruxelles per trovare una soluzione. Secondo Tajani (si veda altro articolo a pagina 8), i debiti della pubblica amministrazione «si possono pagare tutti nel giro di due anni». Parlando ieri in Italia, Tajani ha poi aggiunto: per «quattro milioni di imprese che vivono un momento di grande difficoltà», il pagamento dei debiti sarebbe «la più importante manovra economica degli ultimi tempi». Il governo è stretto tra le pressioni delle aziende italiane, che chiedono il rapido rimborso dei debiti commerciali, e le richieste delle autorità comunitarie, preoccupate di vedere l'Italia tornare a essere un problema di finanza pubblica. E più importante aiutare l'economia o preservare la possibilità di uscire dalla procedura di deficit eccessivo, con i vantaggi che ciò avrebbe per l'immagine del paese? Pur di risolvere il dilemma, Rehn sembra premere perché il rimborso dei debiti avvenga su più anni. pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 14 OLLI REHN «Onorare le fatture arretrate allevierebbe la difficile situazione di molte società Insopportabile l'ammontare dei debiti dello Stato» GLI IMPEGNI CON L'UE pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 15 Deficit Il deficit italiano non deve superare quota 3% del Pil. Stando alla relazione sui saldi di finanza pubblica che il Parlamento italiano ha approvato martedì nel 2013 l'indebitamento è stata rivisto al rialzo, per effetto della liquidazione dei pagamenti alle imprese al2,9 percento. Una soglia di fatto invalicabile secondo Bruxelles per poter chiudere a maggio la procedura di infrazione per deficit eccessivo avviata nel 2009 Debito La Commissione europea dà molta importanza al debito e alla sua sostenibilità nel tempo. Secondo gli impegni presi con il «six pack» il debito deve essere ridotto secondo la regola del «ventesimo» ogni anno G GIIO OR RG GIIO OP PO OG GLLIIO OT TT TII «Sbloccare i debiti Pa, sì a sgravi Irap» Camusso: i rimborsi devono tradursi in occupazione - «Restituire il fiscal drag ai lavoratori» pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 16 ROMA Le scelte del governo Monti «hanno messo a rischio il sistema produttivo», per Susanna Camusso il tema «trasversale per imprese e sindacati», è quello della «riduzione della tassazione che grava su chi prodùce», per «salvaguardare le aziende e rimettere in moto i consumi». La leader della Cgil rompe un vecchio tabù del sindacato di Corso d'Italia e apre alla riduzione dell'Irap. Il ragionamento è che per «ridare fiducia al Paese» bisogna alleggerire le tasse ai lavoratori impoveriti dal fiscal drag e alle imprese che producono, spostando la tassazione verso le rendite e i grandi patrimoni»; sarebbe «un segnale in direzione del cambiamento ». La Camusso concorda su un'altra richiesta del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, la restituzione dei debiti della Pa alle imprese, e propone un criterio per i rimborsi. Segretario, è stata rinviata l'approvazione del decreto sullo sblocco dei crediti delle imprese che ha ricadute anche per i lavoratori. Cosa chiedete al Governo? «Bisogna fare in fretta, il fattore tempo non è una variabile indipendente. È una misura necessaria non solo per immettere liquidità alle imprese, ma anche per evitare di bloccare i cantieri e le produzioni di beni e servizi che danno lavoro. Considerando la limitatezza di risorse rispetto all'entità dei debiti, proponiamo che come criterio venga data priorità alla difesa del lavoro, che il credito ritraduca il mantenimento di posti di lavoro. Il pagamento dei crediti non può tradursi in un aumento della tassazione per i lavoratori che invece va abbassata, essendo già molto alta. E rischia di aumentare per la sovrapposizione delle prossime scadenze fiscali». La concomitanza tra Imu, Tares, aumento dell'Iva è motivo di preoccupazione anche per il sindacatoSulla Tares come giudica la scelta del governo di confermare il rincaro dello 0,30% spostando la maggiorazione da maggio a dicembre? «Lo spostamento a fine anno è un segnale non sufficiente, il tema è non solo la concomitanza tra diversi adempimenti fiscali, ma anche la quantità dal momento che siamo in presenza di un alto livello di tassazione per i redditi da lavoro. La Tares, il previsto aumento dell'Iva penalizzano chi è più in difficoltà, impedendo il rilancio dei consumi». Cosa proponete in vista della scadenza di giugno per il pagamento dell'Imu? «Proponiamo una riduzione seria per i soli proprietari di una casa».. Come pensa di assicurare la copertura, considerando che l'Imu sulla prima casa vale oltre 4 miliardi e rappresenta un'importante fonte di gettito per i comuni? «Proponiamo l'abbattimento solo per chi ha una sola abitazione, facendo pagare chi ha più case. Per evitare di scaricare tutto sui comuniproponiamo di rendere significativamente progressiva l'Imu, prevedendo l'esenzione per determinate categorie in gravi difficoltà, come i disoccupati o i pensionati al minimo. Reputo un'emergenza immediata che il governo in carica e il Parlamento approvino misure per consentire a imprese, lavoratori e pensionati di resistere alla crisi. Va poi affrontato il principio della tassazione ingiusta che grava sui lavoratori impoveriti dal fiscal drag e sulle attività produttive che devono fare i conti con un-carico fiscale che rappresenta un impedimento alla sopravvivenza». Si riferisce all'Irap? «Sì, guardiamo all'Irap, alla diminuzione del costo del lavoro dalla base imponibile, a condizione vi sia reciprocità, con un intervento a beneficio dei lavoratori. Proponiamo di restituire il fiscal drag al lavoratori con un intervento una tantum, finanziato dagli introiti provenienti dalla lotta all'evasione fiscale. Va introdotto un principio di giustizia che essendo venuto meno, ha (mito per alimentare il rancore sociale e la rabbia». Ritiene che quello del fisco possa essere un terreno d'azione comune con le imprese? «Chi lavora e chi li rappresenta hanno a cuore la salvaguardia del tessuto produttivo del Paese. Con Cisl e Uil stiamo ragionando sulla possibilità che le parti sociali si vedano per alcune valutazioni, partendo dalla centralità del lavoro che rappresenta un'idea condivisa, per indicare proposte comuni al governo. Oltre all'emergenza c'è anche il tema del cambiamento delle politiche, perchè se la logica è quella di scaricare sempre i costi sul lavoro, il Paese non può ripartire. L'altra leva è la contrattazione e le regole sulla rappresentanza su cui stiamo confrontandoci in modo costruttivo con le imprese». Un altro motivo di preoccupazione è rappresentato dagli ammortizzatori in deroga. Regioni e sindacati hanno stimato che per l'intero 2013 mancano tra 800 milioni e 1 miliardo. Come reperirli? «Con l'incremento di richieste di ammortizzatoti in deroga, l'esercito dei senza reddito rischia di aumentare in assenza di nuove risorse. hiskme a Bonnani e Angeletti abbiaffio indetto una manifestazione il 16 aprile davanti al Parlamento per chiedere fondi adeguati. Non si inventino furberie, li vadano a prendere dai grandi patrimoni, dalle rendite finanziarie e dai proventi dalla lotta all'evasione». pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 17 IMU «Proponiamo una riduzione seria per i proprietari di una sola casa» LE LEVE PER LA RIPRESA «Su contrattazione e regole per la rappresentanza confronto costruttivo in corso con le imprese» AMMORTIZZATORI «Mancano le risorse con Bonanni e Angeletti saremo in piazza il 16 aprile» IL COSTO DEL LAVORO 10,7 miliardi L'Irap sul costo del lavoro Il valore dell'imposta versata nel 2010 nel settore privato, in base ai dati del ministero dell'Economia. Le retribuzioni lorde hanno superato i 351 miliardi 31,6 miliardi Contributi dei dipendenti L'onere complessivo a carico dei lavoratori nel 2010. I contributi sociali a carico del datore di lavoro sono stati pari 122,5 miliardi. L'Irpef sulle retribuzioni ha toccato quota 63 miliardi 2.279 milioni Un punto % di cuneo fiscale Tanto vale, secondo il Mef l'aumento di un punto percentuale del cuneo fiscale, considerando l'Irap. Senza imposta regionale il valore scende a 2.172 milioni M MA AR RIIK KA AD DE E FFE EO O Draghi avverte: ripresa a rischio Restituire gli arretrati? Spinta al Pil La Bce apre al taglio dei tassi. «Consumi deboli e riforme lente» pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 18 FRANCOFORTE - Il rimborso dei debiti alle imprese? «È una delle misure più importanti di stimolo» all'economia, che i governi possano attuare. Così il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi è intervenuto ieri nel confronto in corso in Italia sui pagamenti arretrati della Pubblica amministrazione alle imprese. Avvisando che il provvedimento «vale in alcuni casi vari punti di Prodotto interno lordo», il maggiore guardiano dei conti europei ha fatto trasparire una particolare urgenza nel messaggio lanciato all'Italia (pur senza nominarla), ma anche agli altri Paesi europei. Per tutti è «cruciale» anche proseguire nelle riforme, perché la Bce non può «compensare l'inazione dei governi», in un momento molto delicato per l'eurozona, la cui crescita arranca e resta «debole», anche nel primo trimestre. Ci sono, avverte il numero uno della Bce, «rischi al ribasso» notevoli che potrebbero rinviare o annullare la ripresa prevista per la seconda metà dell'anno. Non c'è dunque tempo da perdere. Il quadro è complesso e carico di rischi, ha insomma ribadito Draghi, che dell'aggravamento complessivo ha certo avuto modo di discutere anche nel colloquio telefonico dei giorni scorsi con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Sono stato chiamato al telefono e ho risposto », ha osservato in proposito il presidente dell'Eurotower, anticipando eventuali obiezioni sull'intervento in territorio politico e accompa - gnando il tutto con un «no comment» sui temi toccati. Al quale si è aggiunto un altro «no comment», questa volta sulla situazione di instabilità dell'Italia nel dopo elezioni. L'invito di Draghi arriva però a tutti i governi europei: devono «intensificare l'attuazione delle riforme strutturali» e recuperare competitività, facendo la loro parte nella crisi, manifestatasi di nuovo nel salvataggio di Cipro (in proposito: «Dopo una lunga negoziazione con le autorità cipriote, il risultato fu un prelievo anche sui conti assicurati. Non era un'idea intelligente e fu corretta il giorno immediatamente successivo»). Draghi ha quindi assicurato che la Bce continuerà a fare la sua parte. Lasciando i rubinetti della liquidità aperti «fino a che sarà necessario». Anche se il direttivo ha optato per un costo del denaro invariato, a quota 0,75%, Draghi ha lasciato aperta la porta a una riduzione dei tassi di interesse: «monito - rando molto da vicino» i dati dell'economia «debole». E rimanendo «pronto ad agire», qualora si verificassero «i rischi al ribasso» sulla crescita. Un linguaggio da «colomba», ma ribassista, mentre l'inflazione è calata all'1,7%, ed è prevista rimanere sotto il 2%. Sulle Borse ha però pesato il giudizio negativo sulla crescita: Milano ha perso lo 0,3%, Francoforte lo 0,73%, Parigi lo 0,77%, Londra 1'1,19%, mentre l'euro ha chiuso a 1,2876 dollari e lo spread fra Btp e Bund ha chiuso a 332 punti base. Non meno importante, è stato il segnale lanciato da Draghi sull'allargamento a «particolari provvedimenti non standard » allo studio dell'Eurotower, per sostenere l'economia reale e le aziende medie e piccole che non hanno accesso al credito. Per questo la Bce è pronta a cogliere «a 36o gradi », pur rimanendo nel quadro del suo mandato, iniziative attuate da altri Paesi. Mentre il Giappone e gli Stati Uniti adottano misure più espansive, la Banca d'Inghilterra acquista dalle banche titoli delle aziende. Ed è vista da alcuni operatori come un modello anche per la Bce, che ha già un programma analogo, che va molto bene in alcuni Paesi ma non in altri. E per questo ne studia uno nuovo. Tornando sulla crisi cipriota, Draghi ha ribadito che «non è un punto di svolta e non è un modello per le politiche dell'eurozona. E abbiamo più volte sottolineato la nostra determinazione a difendere l'euro». Inoltre, ha proseguito, «dobbiamo essere in grado di chiudere delle banche insolventi senza usare i soldi dei contribuenti e senza problemi per il sistema dei pagamenti». Per questo, ha concluso, «è necessario un meccanismo di risoluzione » delle crisi bancarie. A AN NT TO ON NE ELLLLA AB BA AC CC CA AR RO O Il governo Atteso per domani il varo del decreto legge che stabilirà tempi, criteri e priorità per saldare gli arretrati di Stato e enti locali Pagamenti alle imprese, più fondi nel 2013 Le somme versate in ordine cronologico, via il blocco ai Comuni che rimborsano i debiti pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 19 ROMA - Non più solo 20 miliardi da rimborsare nel 2013, lasciandone altrettanti da pagare nel 2014, ma anche 30 e forse addirittura 40, quest'anno. La bozza del decreto sui pagamenti delle Pubbliche amministrazioni, che probabilmente vedrà la luce soltanto domani in Consiglio dei ministri, comincia a prendere forma. Ci sarebbe anche l'obbligo imposto alle amministrazioni di certificare una volta per tutte l'intero scaduto. Mentre verrebbero meno due dei punti più controversi: l'anticipazione dell'aumento delle addizionali regionali, per la verità già ampiamente smentito sia pure senza l'indicazione di una misura sostitutiva, e il blocco per cinque anni degli investimenti in conto capitale degli enti che pagano i debiti. Ieri le riunioni tecniche si sono succedute fitte, intervallate da brevi consultazioni. L'imperativo è fare presto. Così ieri mattina un primo vertice di due ore è servito ai ministri dell'Economia, Vittorio Grilli, e a quello dello Sviluppo economico, Corrado Passera, per fare il punto della situazione. Poi Grilli ha incontrato i sindaci dell'Anci e i rappresentanti delle Province (Upi). Una bozza del provvedimento potrebbe essere anticipata oggi a tutte le istituzioni e le categorie imprenditoriali interpellate in questi giorni, per arrivare domani a un testo quanto più condiviso. Il primo punto che il decreto vuole chiarire una volta per tutte è l'ammontare reale dei debiti della Pubblica amministrazione. Ieri il presidente dell'Abi, l'associazione delle banche, Antonio Patuelli, ha detto che è «già oltre i cento miliardi» la stima dei debiti, ricavata con una «progressione aritmetica», dalla cifra valutata da Bankitalia di 70 miliardi ferma alla fine del 2010 e di «una novantina di miliardi al 31 dicembre 2011». Sull'ammontare effettivo dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione c'è molta cautela da parte della Ragioneria dello Stato. Anche a via XX Settembre si ritiene che l'importo indicato da Banca d'Italia sia sottostimato rispetto a numeri reali. Per questo il decreto potrebbe imporre un censimento, obbligando tutte le amministrazioni a certificare tutto lo stock del debito arretrato fino all'ultimo centesimo. Ma in che modo? La vecchia bozza del decreto prevedeva che la Pubblica amministrazione centrale effettuasse le certificazioni mentre gli enti locali avrebbero lasciato quest'onere, anche economico, alle imprese. La nuova bozza prevederebbe per tutti i debiti l'obbligo che a certificare siano le amministrazioni centrali e locali. Secondo alcune indiscrezioni, sarebbe saltato anche un meccanismo assai invisd a Regioni e enti locali, cioè il blocco degli investimenti in conto capitale per cinque anni per quelli che avessero utilizzato i fondi per pagare lo scaduto. «Distinguiamo nettamente i debiti pregressi dalle nuove spese che i Comuni devono fare» assicura De Vincenti. Così come sarebbe definitivamente accantonata la norma sull'anticipazione al 2013 dell'aumento delle addizionali regionali previste per il 2014. Quanto ai fondi di rotazione, anche in questo caso si tende a semplificare: non più tre fondi autonomi, ma uno solo tripartito al suo interno (soluzione spagnola) oppure tre fondi ma con un'unica gestione. Ultimo aspetto che verrebbe incontro agli interessi delle imprese creditrici, il tentativo di inserire una compensazione tra crediti e alcune tipologie di debiti iscritti a ruolo. Sul metodo che si seguirà nei pagamenti il sottosegretario De Vincenti ha spiegato che l'ordine logico sarà «l'anzianità del credito, ma lo stanziamento è molto significativo e dà soluzione a gran parte dei debiti delle Pubbliche amministrazioni ». Fatto il decreto, toccherà al Parlamento. Ma a quali commissioni verrà poi consegnato il testo? A quelle permanenti o a quelle speciali? La questione non è ancora risolta. E il timore diffuso è che il Parlamento possa stravolgere il provvedimento. Lo ha detto il sottosegretario all'Economia, Vieri Ceriani, intervenendo nella Commissione speciale della Camera: «Non sarebbe intenzione del governo adottare un testo che venga poi stravolto nel corso del successivo esame parlamentare». ddaall n noossttrroo iin nvviiaattoo FFE ED DE ER RIIC CO O FFU UB BIIN NII @ @FFE ED DE ER RIIC CO OFFU UB BIIN NII Nota ai clienti di Bridgewater, il più grande hedge fund al mondo Quel dossier sull’Italia «Euro ancora in bilico» «La probabilità di uscita è del 5-10%» Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina «Come nel Dopoguerra» «La situazione economica in Italia non è mai stata così depressa dalla fine della Seconda guerra mondiale» 20 HONG KONG - Le radiazioni della lunga crisi di governo in Italia arrivano sempre più lontano: oltre l'Europa, fra i grandi investitori di Wall Street che si chiedono se lo stallo a Roma non stia diventando un rischio «nucleare» per l'euro e l'intera economia internazionale. Ieri alla conferenza di Hong Kong dell'Institute for new economie thinking, il centro studi creato dopo il crac di Lehman da George Soros, Roman Frydman e Rob Johnson, circolava un documento sull'Italia di una sola pagina. Non era prodotto da Inet né oggetto delle discussioni pubbliche, tutte concentrate sulle idee per evitare la prossima crisi. Ma vari delegati hanno ricevuto quel rapporto, se non altro perché il mittente è il più grande hedge fund al mondo: Bridgewater. Con 13o miliardi di dollari in gestione, moltiplicati molte volte investendo con denaro preso in prestito, Bridgewater è forse il fondo che meglio ha letto la tempesta finanziaria in questi ultimi anni. I suoi fondi in gestione sono quasi triplicati dal 2007 e fra i suoi clienti si contano vari governi e banche centrali. Ray Dalio, l'italo- americano che ne è leader e fondatore, impone ai suoi studi dettagliati e completi rapporti sui problemi del momento. Quello attuale, per Bridgewater, ha un titolo chiaro: «Può l'Italia far saltare l'euro?». Attacca il rapporto: «Osservare l'involversi della situazione politica in Italia ci spinge a chiederci se il Paese possa far esplodere l'euro». Il motivo per cui è difficile escluderlo, continua Bridgewater, è la sua interdipendenza con Francia, Germania e Spagna: «Se qualcosa dovesse andare storto, l'impatto sull'intero sistema finanziario globale sarebbe enorme» perché rappresenterebbe «un ordigno nucleare per l'euro». Bridgewater ritiene «poco plausibile» che un Paese dell'importanza dell'Italia voglia «gettarsi in questo burrone». Ma la nota ai clienti osserva: «La situazione politica in Italia inizia a suggerirci che il poco plausibile sia una possibilità (probabile al 5-1o%) che in Italia emerga un governo che non intende cooperare o restare nell'euro». Di qui il consiglio ai clienti e agli investitori: «Una possibilità del 5-1o% che l'euro salti richiede attenta considerazione ». Gli analisti di Bridgewater riconoscono di non essere specialisti di politica italiana, eppure mostrano di conoscere fin troppo bene il Paese: «La situazione economica in Italia non è mai stata così depressa dalla fine della Seconda guerra mondiale, il Prodotto interno lordo è ancora in caduta, le banche sono in condizioni terribili, i prestiti al settore privato sono in grande tensione e la Banca centrale europea non fornisce il giusto grado di sostegno monetario». E questo quadro che rende gli investitori guidati da Dalio, guardinghi perché la crisi di governo può diventare ancora pìù intrattabile: «Com'è tipico di un Paese che vive una sofferenza economica a questi livelli - si legge - la situazione politica inizia ad apparire piuttosto caotica». Il rischio è rappresentato dal Movimento di Beppe Grillo perché, secondo Bridgewater, «non è chiaro cosa farebbe se andasse al potere, ha promesso un referendum sull'euro» e pensa che le politiche europee «siano state un cattivo affare per l'Italia». Per questo motivo, «la situazione potrebbe destabilizzarsi rapidamente e il rischio di un esito radicale aumenta». Come se non bastasse, secondo Bridgewater l'accesso delle banche al finanziamento inizia a essere un po' sotto pressione. E anche se non è accaduto altrettanto per i titoli del debito pubblico, si legge nel rapporto, «le cose si fanno più tese» anche su questo fronte. Bridgewater cita il recente rinvio dell'asta di titoli a 3o anni, i risultati tecnici «peggiori» degli ultimi collocamenti e una domanda di bond dall'estero «più debole». Il bilancio complessivo dunque è brutale: il Tesoro fa affidamento sulle banche italiane per collocare i suoi titoli di Stato, scrive lo hedge fund, ma le condizioni, economiche e la crisi politica mettono anche queste ultime sotto pressione. Per questo «non c'è molto margine di errore». Si può concordare o meno. Ma è ciò che pensa lo hedge fund che, probabilmente, ha maggiore potere di mercato al mondo. ddaall n noossttrroo ccoorrrriissppoon nddeen nttee FFA AB BIIO OC CA AV VA ALLE ER RA A@ @ffccaavvaalleerraa Grandi evasori La mappa Paradisi fiscali, la lista dello scandalo Professionisti e milionari, politici e criminali. Un capitale pari al Pil di Usa e Giappone pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 21 LONDRA - Su il sipario. Ecco la multinazionale dell'imbroglio fiscale. La sua fisionomia, il suo capitale sottratto alle dichiarazioni patrimoniali ufficiali, che secondo lo studio di James S. Henry - l'ex capo economista di McKinsey - ammonterebbe a una cifra compresa fra i 21 mila e i 32 mila miliardi di dollari («pari alla ricchezza prodotta da Stati Uniti e Giappone»), il suo modus operandi, con la mappa dell'evasione mondiale negli ultimi trent'anni, sono in una scatola nera, l'«hard disk» di un computer che Gerard Ryle, direttore del Consorzio Internazionale dei Giornalisti d'Inchiesta (n- 0 di Washington), ha ricevuto per posta qualche tempo fa. Vale più di mille miniere d'oro messe insieme: 26o gigabyte, 2,5 milioni di documenti archiviati con i nomi e le attività di 120 mila società offshore, con l'identità dei 130 mila titolari di conti cifrati (per ora 200 italiani, in compagnia ad esempio di Jacques Augier, il tesoriere della campagna elettorale di Frangois Hollande, o di Maria Imelda Marcos, la figlia dell'ex presidente filippino, o della baronessa spagnola Carmen Thyssen-Bornemisza che ha utilizzato i suoi «risparmi occulti» per comperarsi un Van Gogh all'asta, «Il mulino ad acqua a Gennep»), conti cifrati nascosti alle Isole Vergini britanniche, alle isole Cook, alle Cayman, nel Liechtenstein, poi con la ragnatela dei movimenti e delle ricchezze depositate, infine con le banche (citate la Ubs, la Deutsche Bank con 309 società di comodo, la Clariden controllata dal Credit Suisse) che «hanno lavorato aggressivamente per fornire ai propri clienti le compagnie dei paradisi fiscali coperte dal segreto». Centosettanta nazioni coinvolte: le nazioni unite della frode fiscale. Gerard Ryle, che investigava sullo scandalo australiano della «Firepower International», si è ritrovato questo tesoro sulla scrivania, ha chiamato a raccolta 86 giornalisti del suo consorzio (46 Paesi, Leo Sisti per l'Italia) e ha messo in piedi un pool di 38 testate sparse per i continenti (dal Washington Post al Guardian e a Le Monde, partner italiano l'Espresso) per leggere quei file e per ricomporre in 15 mesi il mosaico dell'evasione fiscale. Così, il risultato è che diventa di dominio pubblico la lista infinita dei furbi, furbetti e furbastri, o presunti tali, che, grazie a migliaia di «maghi consulenti» e di professionisti dei giochi di prestigio illegali in Europa o in America, in Asia o in Oceania, hanno occultato i loro veri patrimoni e ne hanno anonimamente disposto per lo shopping personale (case, barche, quadri). Di mezzo, avverte il rapporto del Consorzio dei giornalisti investigativi, c'è un'umanità varia: «Medici e dentisti americani, la roiddle class della Grecia, i furfanti di Wall Street, despoti, oligarchi, manager, trafficanti d'armi». Oltre a commercianti di diamanti indiani, dirigenti del colosso Gazprom, ultramilionari inglesi, tedeschi e francesi, dei (inverni del Canada, dell'Azerbaigian, del Pakistan, delle Filippine, del Ve - nezuela. E naturalmente figure di discreta caratura della politica internazionale, potenze nei loro Paesi. Adesso, come se si conficcasse uno spillo alla volta per rendere la vicenda più dolorosa, escono a spizzichi e bocconi i nomi. Siamo all'inizio. Fra i 200 italiani, rivela l'Espresso che compaiono Gaetano Terrin («all'epoca commercialista dello studio Tremonti»), Fabio Ghioni, hacker dello scandalo Telecom, i commercialisti Oreste e Carlo Severgnini. Si affiancano a gente come il presidente azero Aliyev, il primo ministro della Georgia Bidzina Ivanishvili, l'ex ministro delle Finanze della Mongolia Sangajav, Olga Shuvalova moglie di Igor Shuvalov (l'ex vice primo ministro russo), l'ex cantante americana Denise Rich, ex moglie di Marc Rich accusato di frode e perdonato da Clinton nell'ultimo giorno di presidenza. La company globale dell'evasione. «Che ci diano i documenti» reclama il ministro delle Finanze di Berlino. Si prepara a bastonare i suoi connazionali dell'offshore? M MA AR RIIO OG GE ER RE EV VIIN NII m mggeerreevviin nii@ @ccoorrrriieerree..iitt L’elenco Tra i beneficiari ci sarebbero anche tre enti caritatevoli Commercialisti, gioiellieri, l’«hacker» di Telecom I primi nomi degli italiani Duecento i concittadini pescati nel database pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 22 «Il Sorpasso» di Dino Risi è uno dei capolavori della cinematografia italiana. Ma i diritti di sfruttamento chi li incassa? Una misteriosa società, la Lyon Film, domiciliata all'Isola di Man, dipendenza della Corona britannica, gestita da un fiduciario svizzero. E un piccolo esempio di un concetto semplice: i soldi vanno dove il Fisco non morde. Ci sono autostrade della finanza e della consulenza che portano ai paradisi fiscali. Si chiamano così, paradisi, ma vivono sulle disgrazie altrui: evasione (che è quella illegale) ed elusione. Più il fisco tartassa, più i capitali emigrano, bucando le maglie larghe di controlli fiacchi. L'Italia? I duecento concittadini «pescati» nel database di «Offshoreleaks» sono una significativa rappresentanza di chi ha scelto, legalmente o meno si vedrà, di portare patrimoni all'estero. In questo caso si tratta di dùe centri offshore: le arcinote British Virgin Islands (Bvi) e le meno gettonate Cook Islands. I nomi che filtrano dalle prime anticipazioni del settimanale L'Espresso sono principalmente quelli di professionisti e imprenditori. In mezzo a loro c'è Fabio Ghioni, il capo del Tiger Team (pirateria informatica) che contribuì al dossieraggio illegale della Security di Telecom e Pirelli nell'era di Giuliano Tavaroli. Ghioni, che ha patteggiato 3 anni e 4 mesi, sarebbe il beneficiario di una società domiciliata alle Bvi, Constant Surge Investment, aperta sei mesi prima del suo arresto e attiva fino a quattro anni fa. Ma lui nega. Gaetano Terrin, 52 anni, ex professionista (fino al '98) dello Studio Tremonti, spunta nelle carte collegato al «Claudius Trust» delle Cook Islands, fondato nel '97 (e chiuso nel 2006) dal finanziere americano Adrian Alexander. Il tributarista veneto aveva la funzione di «protector», un ruolo da custode-fiduciario. Terrin oggi è nel collegio sindacale di Generali e ha incarichi analoghi in altre importanti aziende come Bauli e la friulana Danieli (acciaierie), mentre in passato sedeva negli organismi di controllo delle holding di Leonardo Del Vecchio, il patron di Luxottica. L'uomo chiave del Claudius Trust sembra essere il fondatore Alexander. Di lui si occuparono le cronache finanziarie del 2000 nell'ambito di un'ipotesi di insider trading: Alexander avrebbe saputo dalla fidanzata (poi moglie), Susi Belli, ex responsabile delle relazioni pubbliche di Luxottica, che il gruppo di Agordo stava per lanciare la scalata alla Us Shoe, e avrebbe passato le informazioni ai suoi soci in affari. Poi la questione si chiuse con una multa. «Ho accettato quell'incarico per amicizia, lo Studio Tremonti non c'entra», ha dichiarato Terrin al settimanale. I fratelli Oreste e Carlo Severgnini rappresentano una delle storiche famiglie di commercialisti milanesi. Dallo studio di via Camperio sono passati nobili e borghesi, calciatori-allenatori (Fabio Capello) e immobiliaristi rampanti (Stefano Ricucci) oltre, ovviamente a decine di imprenditori. Siedono nei collegi sindacali o nei consigli di decine di società. I files di Offshoreleaks li indicano come «directory» del trust Tahallas delle Cook, che però ha avuto vita breve, un paio d'anni, e grama, scarsi flussi di denaro. Dunque una scatola vuota. E poco di più emergerebbe da altre due holding in cui i Severgnini o professionisti del loro studio svolgono il ruolo tecnico di «director » o «protector». Sempre alle Cook è stato creato, a partire dal 2002, un network di trust che incrocia gli interessi di tre famiglie: i Pederzani, «Gioielli importanti a Milano dal 1947» si legge nel sito, negozio in via Montenapoleone; un ramo della famiglia Agusta, la dinastia degli elicotteri; il nucleo dei Camurati-Merloni. Vari rami e ceppi familiari che sarebbero i beneficiari, su disposizione nel 2002 della capostipite Silvana Inzadi, dei trust «Sicc» e «CTC101». Ma tra i beneficiari ci sarebbero (a loro insaputa) anche tre enti caritatevoli: Unione italiana ciechi, Lega italiana per la lotta contro l'Aids (Lila) e Centro per il bambino maltrattato. Di soldi, tuttavia, anche in quei trust non c'è traccia. E vari componenti delle famiglie sembrano cadere dalle nuvole. Dunque i documenti finora noti non rivelerebbero, almeno per quanto riguarda gli italiani, l'esistenza di patrimoni o conti bancari di una certa consistenza, né emergerebbero flussi finanziari che hanno svuotato le casse. Per adesso sono fotografie un po' burocratiche di «chi c'è». Magari solo come professionista incaricato dell'amministrazione. Ma sul «cosa c'è dentro» si sa ancora ben poco. È evidente, però, che non si creano strutture societarie di questa complessità e costo per mettere al riparo gli spiccioli. ddaall n noossttrroo ccoorrrriissppoon nddeen nttee A AN ND DR RE EA AT TA AR RQ QU UIIN NII Draghi: “Ripresa ancora a rischio Bce pronta ad agire sui tassi” Sui mercati torna il pessimismo “Il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione aiutala crescita” pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 23 BERLINO - «La ripresa nell'eurozona è tornata a rischio, la Bce studia nuovi strumenti d'intervento ed è pronta ad agire sul fronte del tassi ma non può rimediare alla mancanza di capitali del sistema bancario né soprattutto sostituirsi all'inerzia dei governi». Ecco il durissimo monito lanciato ieri pomeriggio dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, a conclusione della seduta del board alla Eurotower, che ha deciso «ad ampia maggioranza» di lasciare i tassi invariati deludendo aspettative diuntaglio, ma dichiarando una prontezza a diminuire il costo del denaro nel prossimo futuro. Ed esortando (chiara allusione al caso Italia) gli Stati a chiudere i loro debiti pregressi con le aziende, «perché così si guadagnerebbero alcuni punti di prodotto interno lordo». Immediate le reazioni dei mercati: leB orse hanno chiuso tutte in negativo, con Milano a -0,30%, Francoforte a 0,73%, Parigi a -0,77%, Madrid a -0,71% e Londra maglia nera con un - 1,19%. L' euro si è apprezzato sul dollaro, salendo a quota 1,2858. Laripresa, ha spiegato Draghi, è ancora prevedibile nel secondo trimestre di quest'anno, ma «l'indebolimento dell'economia si è esteso dall'anno scorso a questo inizio di 2013, quindi le prospettive di ripresa sono soggette aris chi di ribasso». Unamisura auspicabile con urgenza, ha sottolineato con un'affermazione particolarmente importante p er il caso italiano, «sarebbe la liquidazione dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni con le aziende: farebbe guadagnare qualche punto di prodotto interno lordo». Secondo il presidente della Bce, la soluzione adottata per salvare Cipro (pesante coinvolgimento dei risparmiatori e duro ridimensionamento del sistema bancario, perno dell'economia locale) «non è un esempio». I rischi più seri, ha avvertito Draghi, sono almeno due. Primo, «la domanda interna nell'eurozona si rivela ancora più debole di quanto non ci aspettassimo ». Secondo, «pesa l'insufficienza delle riforme strutturali in tutti i Paesi dell'area della moneta unica». In tutti, dunque anche in Germania. Parole chiare: domanda deb ole e riforme insufficienti, quindi ripresa a rischio, anche a Berlino, sullo sfondo di una crisi di debito sovrano e banche che ormai contagiaPaesiforti e "falchi" comel'O - landa. La Bce, ha spiegato Draghi, «andrà avanti con la sua politica monetaria accomodante». Come dire che un taglio dei tassi, se non c'è stato ieri, potrebbe essere vicino. E l'istituto «è pronto ad agire e sta esaminando diversi strumenti con i quali potremmo sostenere le economie sempre vacillanti dell' eurozona». Le op erazioni B ce suimercati dei titoli sovrani sono state decisive per Italia e Spagna, ha aggiunto, ma «dobbiamo riflettere per trovare soluzioni utili e compatibili col nostro mandato, tenendo conto dell'esperienza di altri Paesi». Dunque anche delle politiche di sostegno all'economia adottate dalla Federal Reserve o dalla B anca centrale giapponese che ieri ha annunciato la scelta di continuare in massicci acquisti di titoli a sostegno dell'economia. M anuove misure «non convenzionali » secondo il presidente Bce richiedono la partecipazione «di altri attori», e appunto «la Banca non può sostituirsi all'inazione dei governi». ddaall n noossttrroo ccoorrrriissppoon nddeen nttee G GIIA AM MP PIIE ER RO OM MA AR RT TIIN NO OT TT TII Migliaia di conti segreti nei paradisi fiscali ecco il club degli evasori I nomi sul web: scovati 32 mila miliardi di dollari PARIGI - Due milioni e mezzo di file per tentare di carpire i segreti di 120 mila società offshore, basate alle isole Vergini, Cayman, Cook, Samoa e Singapore: l'operazione lanciata da una ong statunitense con l'aiuto di un gruppo di giornali internazionali (per l'Italia L'Espresso), mette a nudo la realtà di un sistema organizzato per non pagare tasse, riciclare denaro sporco, proteggere i patrimoni dal fisco. Una ragnatela in cui è facile perdersi, ma in cui si incontrano anche molte sorprese, fra cui una sgradita per Francois Hollande: il tesoriere della sua campagna elettorale, il finanziere Jean-Jacques Augier, è azionista di due società basate alle Cayman. Attività legali e dichiarate, dice l'interessato, ma la rivelazione della loro esistenza arriva nel peggior momento per il capo dello Stato, impelagato nell'affare Cahuzac, il ministro del Bilancio dimissionario che aveva un conto clandestino a Singapore. I dati sono stati messi a disposizione di 45 testate dall'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), basato a Washington. Vista la mole, non sono ancora stati tutti spulciati e richiedono un lavoro da certosini: investire in certe isole caraibiche non è di per se un reato, fare la differenza tra elusione, evasione, riciclaggio e attività criminali è molto difficile, visti i sofisticatimeccanismidellafinanzaodierna. Ma dallamassadeidatiemergono giàalcuni nomi di primo piano: dalle figlie del presidente dell'Azerb ali an Ilham Aliyev al premier georgiano Bidzina Ivanishvili, fino aMariaImeldaMarcos,figliadell'exdittatore filippino. Per quest'ultima, Manila si chiede se i soldi provengano dai cinque miliardi di dollari che il padre ha accumulato grazie alla corruzione. Tra gli altri personaggi emergono la moglie del primo vicepremier russo, Igor Shuvalov, due dirigenti diGazprom, due trader di Wall Street. E anche una mecenate dell'arte che vive in Spagna, la baronessa Carmen Thyssen- B omemisza, che utilizza una società delle isole Cook per comprare opere d'arte. I dati provengono da due società dí servizi finanziari offshore, la Portcullis Trust- Net e la Commonwealth Trust Limited. Due fra le centinaia di società che aiutano i ricchi del pianeta a nascondere i loro averi dagli occhi indiscreti e forniscono i prestanome necessari a proteggere l'identità dei veri proprietari delle holding offshore: un'indagine dell'Icij ha scoperto che 28 uomini di paglia facevano da prestanome a b en 21 mila società. Uno di loro è accusato di sostenere il programma nucleare iraniano. Le Monde ha citato uno studio preparato da un ex economista della McKinsey, James S. Henry: secondo i suoi calcoli, i ricchi del pianeta avrebbero nei paradisi fiscali una somma compresa fra 21 e 32 mila miliardi dollari, una cifra che corrisponde alla somma del pil di Stati Uniti e Giappone. Le sole attività finanziarie criminali, secondo la Banca mondiale, rappresenterebbero una circolazione di 1.250 miliardi di euro. In questo contesto, è ovvio che colpisca il nome del tesoriere di Hollande, compagno degli anni dell'Eva. Ha fatto fortuna gestendo la più grande compagnia parigina di taxi, proprietà dell'ex direttore di gabinetto di Francois Mitterrand, e ha lavorato molto in Cina negli anni Duemila. I suoi investimenti alle Cayman sono certo dichiarati, ma Le Monde sottolinea che i conti delle società non sono pubblici e sono quindi inverificabili. Ma non è tanto la legalità a essere in gioco: a stonare è la presenza nell'équipe di campagna di Hollande di un uomo dagli investimenti quanto meno disinvolti. E oggi molti ricordano il discorso più importante dell'allora candidato socialista: «Vi dico chi è il mio vero avversario. Non ha nome, né volto, né partito, non presenterà mai la sua candidatura, non sarà eletto, eppure governa. Questo avversario è il mondo della finanza. Sotto i nostri occhi, in vent'anni, la finanza ha preso il controllo dell'economia, della società e anche delle nostre vite. Ormai è possibile in una frazione di secondo spostare somme vertiginose, minacciare degli Stati». pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 24 IL CONSORZIO "The international consortium of investigative journalists" (Icij) ha indagato su 122mila società offshore La Fiba-Cisl Vi augura di trascorrere una serena fine settimana felice pagina Rassegna Stampa del giorno 5 Aprile 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 25 Arrivederci a lunedì 8 Aprile per una nuova rassegna stampa!