il portafortuna - Il Bazar di Mari

Transcript

il portafortuna - Il Bazar di Mari
IL PORTAFORTUNA
Storia di un ragazzo superstizioso
Il ragazzo aveva un solo difetto: era superstizioso.
Tutte le mattine al momento di levarsi dal letto stava ben attento a posare sul pavimento prima il piede
sinistro,poi il destro.
Mentre si radeva ascoltava alla radio l’oroscopo della giornata e le congiunzioni degli astri,pronto a
diventare di umore tetro se la congiunzione Saturno/Venere annunciava influssi poco benigni.
Ma non era l’astrologia il suo chiodo.
Erano i “segni”, i simboli della superstizione.
E un giorno 13 che cadesse di venerdì significava per lui il concentrato di tutte le possibili sfortune,un
giorno in cui tutto sarebbe stato certamente nefasto.
Si era preparato bene per i campionati regionali di atletica e il coscienzioso footing compiuto per tante
mattine sui campi intorno alla città gli aveva permesso di segnare sugli ottocento metri un tempo
magnifico.
Quando i giudici sul terreno dello stadio stabilirono che per abbreviare il programma la prima batteria
degli “800” avrebbe dovuto corrersi nel pomeriggio,il ragazzo disse che non avrebbe preso il via.
Era venerdì:non solo,era il giorno 13.
Il giorno 13 maggio,venerdì.
L’allenatore lo supplicò,lo rimproverò,lo maledì.
Nulla.
Lo espulse dalla squadra.
Il ragazzo non se la prese.
Lasciando il prato dello stadio fra i commenti dei compagni inviperiti,trovò fra i fili d’erba un
quadrifoglio e si consolò di tutto.
E per una settimana aspettò cose meravigliose.
Invece non avvenne proprio niente di meraviglioso.
Ma forse la colpa era di quel gatto nero che gli aveva traversato la strada tornando a casa,o della sorella
che aveva versato il sale sulla tovaglia.
Mah!
I compagni dell’Unione Atletica gli avevano voltato le spalle.
Una mattina di giugno andò a passeggiare nei pressi dell’Ippodromo.
Il sole mandava la leggera foschia a brillare in gocce sull’erba e dalle casette di legno appuntite,dove
vivono insieme cavalli e fantini venivano nitriti allegri e richiami suadenti.
I prati verdi gli erano sempre piaciuti per via dei quadrifogli e pensò di presentarsi al capo della scuderia
Arancione.
Il signor Tagliapini lo ascoltò e gli domandò il peso:cinquantadue chili.
Bene,un peso gallo per la boxe,un peso ottimo per un fantino.
Corpo agile ,occhio sveglio,gambe arcuate.
Nulla di male a provare.
Tornasse la mattina dopo.
Intanto gli avrebbero dato gli stivali,un maglione,i pantaloni col sedere rinforzato,il berretto,il frustino.
Avrebbe cominciato col “far lavorare” i cavalli fuori forma conducendoli pacificamente intorno,per la
pista.
Il ragazzo baciò il suo cornetto portafortuna e la mattina dopo si presentò sul prato dell’Ippodromo vestito
da allievo fantino,col cuore che gli batteva.
-Ecco il tuo cavallo,ragazzo.
Monta piano e fallo girare lentamente.-
Tolsero la gualdrappa al cavallo;era un quattro anni dal mantello nero,buio come un corvo.
Il ragazzo rimase immobile.
-Non posso montare un cavallo nero,porta sfortuna.- azzardò –Non ce n’è uno bianco?Il Tagliapini sorrise:
-Su,monta,buffone!Il ragazzo continuò a rimanere immobile e si guardò le punte degli stivali.
-No.- disse - Por-ta sfor-tu-na!
Monterei solo un cavallo bianco.Il manager rise,ma stavolta con gli occhi di uno che è stato appena borseggiato in autobus.
-Dì,non sarai mica scemo per caso?
Cavalli bianchi non ne abbiamo,signorino.
O monti questo,o aria!Il ragazzo rinunciò ai cavalli.
Si svestì dentro il box del morello che odorava di fieno e di stalla calda.
Uno stridio lo fece sobbalzare mentre si sfilava la brache: una civetta aveva fatto il nido proprio sopra il
box del morello.
Fece tutti gli scongiuri che sapeva.
Una civetta e un cavallo nero insieme, brrr!
Venne l’autunno e la giovinezza gli urgeva dentro.
Si iscrisse alla palestra pugilistica di viale Alberato.
Fece la ginnastica,il salto alla corda,il sacco e l’uomo,poi i guanti.
Andava forte,era un peso gallo svelto e preciso.
Prima degli incontri intrecciava le dita,il medio con l’indice,e glieli scioglieva l’allenatore al momento di
fargli il bendaggio.
Ai campionati nazionali dei giovani,il ragazzo entrò in finale proprio contro un biondino che abitava nel
viale Alberato e che era l’idolo del quartiere:pareva un angiolino e aveva la boxe scientifica.
La palestra era piena,piena,piena di gente.
In un silenzio religioso (si poteva sentire quello delle bibite che riponeva i vuoti nelle ceste) ,i due
saltellarono al centro del ring,iniziarono uno scambio.
Un destro toccò appena la mascella del biondino,appena appena e il biondino crollò a terra fulminato.
La folla lanciò un urlo,tutti furono in piedi col fiato mozzo,poi calò di nuovo il silenzio.
L’arbitro contò fino a dieci e il silenzio era tale che si sentiva il cronometrista dal suo tavolo scandire a
bassa voce i secondi per l’arbitro,come un suggeritore.
Il biondino dormiva steso sul quadrato come un angiolino morto.
L’arbitro aprì le braccia,gridò “Out” e la gente ipnotizzata scoppiò in un fragoroso applauso.
Il biondino fu trascinato sullo sgabello e non rinveniva.
Quando rinvenne pianse con le lacrime tastandosi la mascella che si gonfiava come un pallone.
I suoi secondi confabulavano tristi.
Per due pesi gallo quel repentino e violento “knock out” era perlomeno strano.
Perlomeno.
Chiamarono l’arbitro;l’arbitro chiamò il secondo del ragazzo superstizioso e ordinò di slacciargli i
guantoni.
Dal guantone destro uscì il pugno bendato:stringeva un enorme ferro di cavallo,di quei cavalli
brandeburghesi che tirano i carri delle ditte di trasporti.
-E’ solo il mio portafortuna…- mormorò con occhi vaganti il ragazzo superstizioso, mentre l’arbitro
senza una parola levava in alto le mani a mostrare il ferro al popolo.
-Credo che ora dovrai fare tutti gli scongiuri che conosci, nessuno escluso!- disse il secondo balzando
agile dalla scaletta con la secchia e la spugna.
Dalla gente si levò un ruggito, come dal mare in burrasca .
Qualcuno cominciò a scavalcare le corde.
- FINE -
P.S. Questa storia non è opera mia,io mi sono limitata a copiarla:l’ha scritta mio papà Olao Conforti e
l’ho trovata adesso in un ritaglio di giornale della Gazzetta dello Sport del 14 novembre 1957.
Il Bazar di Mari
www.ilbazardimari.net
Online da: Ottobre 2012