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Transcript

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In copertina: disegni degli alunni
Redazione
Tutti gli alunni
guidati dalla prof.ssa Mirella Cacciamani
Progetto grafico
tutti gli alunni
guidati dalla prof.ssa Mara Baldi
Realizzazione al computer
tutti gli alunni
guidati dalle prof.sse
Mirella Cacciamani
Maria Cannistrà
Prima edizione
Dicembre 2002
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Ai nostri
genitori
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Presentazione
Quando siamo tornati a scuola dopo tre fantastici mesi di vacanza,
si leggeva chiaramente sui nostri volti la voglia del “dolce far
niente” e la nostalgia di quei giorni trascorsi da ognuno di noi in un
posto diverso.
Come se non bastasse i professori non facevano altro che chiederci
di raccontare le nostre esperienze, facendo aumentare in modo
terribile la malinconia.
Un pomeriggio in classe abbiamo deciso, una volta per tutte, di
mettere per iscritto il momento più significativo delle vacanze appena
trascorse.
Quando abbiamo riletto i nostri racconti, il pensiero è andato a
N’DA AKOUPO, il bambino da noi adottato a distanza, che
sicuramente non ha la nostra stessa fortuna, fortuna che stiamo
cercando di donargli con il nostro impegno.
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Indice
Si parte!!!
La prima volta…
Un amico a quattro
zampe
Cugini alla riscossa
Tutti in acqua
Al Luna Park
Un momento speciale
Brutti scherzi
G. Dato
F. Hidalgo
L. Davenia
F. Cantisani
W. Tatangelo
G. Cruciani
M. Defaz
F. Mitrotta
F. Gambini
M. Cordero Salas
M. Mandolini
S. Giovanrosa
E. Belli
S. Leonetti
F. Mezzanotte
M. Timo
F. Ruggeri
M. Trionfetti
M. Attalla
S. Candiano
J. Paulis
N. Sbaraglia
Luca Imbrogno
Il viaggio in traghetto per la Corsica
Viaggio in aereo
La mia prima esperienza subacquea
Una nuova esperienza
La mia prima volta sulla seggiovia
La mia prima operazione!
Il campeggio
Una fantastica giornata a cavallo
Un nuovo ospite
I miei cugini
Una nuova cuginetta
In canoa
Avventura al fiume
La pesca subacquea
Un tuffo dalle Rocce Rosse
Acquafelix
The Magic Mountain
Il Tunnel della Paura
Una serata molto particolare
La “salsicciata”
La più bella sigla del mondo
“I marocchini”
Secchiate d’acqua
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Si parte !!
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Il viaggio in traghetto per la Corsica
Il giorno diciotto agosto ero a Piombino per imbarcarmi per la Corsica. Dopo un’oretta
di attesa, siamo saliti con la macchina su una pedana e siamo entrati nella nave. Dentro
c’erano alcuni uomini che ci assegnavano i posti per parcheggiare. Erano vestiti con
una tuta blu con la scritta “MOBY LINES” (la linea con cui abbiamo traghettato).
Parcheggiata la macchina, siamo usciti ciascuno con uno zaino sulle spalle e siamo
entrati in una porta bianca e stretta, dove abbiamo trovato tre rampe di scale che ci
hanno consentito di arrivare al posto ponte.
Si stava benissimo, anche se tutti i posti all’ombra erano occupati; allora siamo restati
in piedi in attesa di un posto fresco. Alla partenza ho visto nel mare la schiuma
provocata dal traghetto.
Il porto di Piombino non mi è piaciuto perché il mare era molto inquinato per la
presenza di una zona industriale con bruttissime fabbriche, sporche e nere che
producono il piombo. Nell’aria c’era cattivo odore ed il cielo era grigio perché c’era tanto
fumo provocato sia dal traghetto che dalle fabbriche.
Trovato, finalmente, un posto all’ombra, ci siamo messi a mangiare i panini che aveva
preparato la mamma prima della partenza.
Poco dopo mia sorella, che ha otto anni e non sopporta i viaggi, ha iniziato a chiedere
a me, a mamma e a papà se la portavamo a fare un giro per la nave. L’abbiamo
accompagnata, mamma ed io, a visitare l’interno. C’erano tantissime sale, negozi che
vendevano i souvenir, conchiglie, pietre, magliette ecc…, bar con i videogiochi di tutti i
tipi, compresi i flipper, e grandi saloni con poltrone e tavolini Poi abbiamo visitato anche
i bagni, molto puliti.
Poiché nella parte interna il pavimento oscillava parecchio, abbiamo visitato la parte
esterna, tutta dipinta con il bianco e il blu. Facendo questo giro mi sono accorta che la
nave era molto grande, alta cinque piani, ma non credo di averla girata tutta. Ho notato
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che molta gente aveva portato gli animali, che, secondo me, soffrivano molto. Dopo un
paio di ore mi sono messa a leggere un libro, mentre mia madre dormiva. Ad un certo
punto ha iniziato a fare freddo, tirava anche un forte vento.
Dopo tre ore e mezza di viaggio il traghetto è entrato in acque francesi e, poiché
l’acqua era limpida e pulita, abbiamo visto qualche pesce.
Piano piano mi sono accorta che in lontananza si vedeva Bastia, la città dove
dovevamo approdare. Tutta la gente ha iniziato ad alzarsi per scattare le foto e anche
per girare filmati con la telecamera.
Quando la nave ha attraccato, le sartìe si sono automaticamente slegate. Tutti i
passeggeri hanno incominciato a prepararsi per lo sbarco. Per scendere dalla scala
abbiamo fatto tanta fila, ed ho ritrovato mio zio, zio Pippo. Ci siamo salutati
affettuosamente e siamo andati al parcheggio insieme. Saliti in macchina, abbiamo
dovuto aspettare molto prima di uscire perché le macchine davanti a noi ancora non
erano partite e quindi noi eravamo incastrati. Quando hanno incominciato a muoversi le
macchine che erano davanti alla nostra, mio padre ed io abbiamo visto che molti
motociclisti non riuscivano a tenere le moto in piedi per la stanchezza del viaggio. Nel
parcheggio c’era molto caldo a causa delle ventole in funzione ed un’aria irrespirabile.
Usciti, eravamo tutti e quattro contenti e ci siamo messi in cammino verso il sud della
Corsica in cerca di un campeggio per montare la tenda.
Giorgia Dato
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Viaggio in aereo
Sono andato in vacanza in Calabria in un posto chiamato Locri, ospite di alcuni amici,
con i quali ho fatto molte cose divertenti. Andavamo al mare e a cena nei ristoranti. Ci
siamo divertiti tantissimo anche con le biciclette. In Calabria, purtroppo, sono rimasto
solo per quindici giorni.
Poi, l’ultimo giorno, siamo andati all’aeroporto. I miei amici mi avevano detto che avrei
viaggiato insieme ad una assistente, ma io non ci credevo. L’assistente di volo, infatti,
mi accompagnato solo fino all’aereo.
In aereo avevo un posto in prima fila, faceva un po’ fresco, le poltrone erano tutte
verdi e grigie, ed io ero seduto vicino al finestrino, da dove si vedeva tutto.
Durante la partenza l’aereo ha incominciato a correre velocemente, e poi si è alzato in
aria. Dal finestrino si vedeva uno spettacolo molto bello; quando eravamo più in alto si
vedevano le montagne, più avanti si vedevano campi di vari colori: alcuni verdi, altri
marroni e gialli.
Poi l’aereo ha incominciato ad avvicinarsi a Roma e dal finestrino si vedevano le
prime costruzioni della città. Durante il volo potevo guardare i cartoni animati in
televisione, e le hostess mi chiedevano se volevo una bibita e qualcosa da mangiare.
Infine siamo arrivati all’aeroporto di Fiumicino, dove sono venuti a prendermi i miei
genitori e con loro sono tornato a casa. In macchina hanno incominciato a farmi tante
domande: cosa avevo fatto, come stavo, ecc. E cosi sono finite le vacanze.
Fabrizio Hidalgo
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La prima volta
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La mia prima esperienza subacquea
Ho trascorso le vacanze sul Mar Rosso, dove mi sono divertito molto, perchè ho fatto
la mia prima immersione da sub.
L’istruttrice Patrizia, prima di farmi immergere, mi spiegava come si montava la
bombola con l’erogatore e con il gadget e mi faceva dei test per vedere se avevo
capito.
Dopo che mi aveva spiegato come si montava tutta l’attrezzatura, toccava a me
provare da solo. Ho preso la bombola, l’ho sollevata, ci ho messo l’erogatore, ho
montato il giubbotto, l’ho fissato alla bombola e, infine, mi sono dovuto mettere la muta.
Dopo aver terminato questa complicata operazione, siamo saliti sul ponte dove c’era
uno strapiombo, con l’acqua alta otto metri. Una volta arrivati sul ponte mi ha spiegato
come tuffarmi.
Quando mi sono tuffato, Patrizia ha legato una corda ad un sasso con una specie di
boa per poterla vedere, quando si doveva risalire.
In acqua Patrizia mi ha fatto il gesto di spingere il bottone per sgonfiare il giubbotto,
per andare velocemente in profondità fino a dodici metri.
Ho visto il pesce leone, che è marrone e bianco, il pesce angelo celeste, bianco e
giallo, il pesce istrice, il pesce bandiera e molte cernie colorate. ma i pesci più belli
erano le murene, i delfini, le tartarughe e lo squalo Leopardo. Dopo cinquantaquattro
minuti siamo risaliti sul ponte ed ho tolto l’attrezzatura.
Mi sono immerso altre volte, prima di tornare a Roma. Ho superato l’esame finale ed
ho ricevuto il brevetto del primo livello. Mi è piaciuto molto fare questa esperienza e
vorrei prendere il brevetto del secondo livello.
Lorenzo Davenia
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Una nuova esperienza
Il quindici luglio mi sono diretto con il mio reparto e con la mia squadriglia, i Puma, a
Lucori, una cittadina abruzzese a ridosso dei monti e ricca di boschi nei quali ci siamo
accampati.
L’assoluta novità di questo campo sono stati la gioia e il piacere di poter montare con
la mia squadriglia una “sopra elevata”, cioè una costruzione quadrata legata sui rami
degli alberi che crea un’area su cui si può montare la tenda senza essere ‘’mangiati’’
dall’umidità.
La realizzazione della piattaforma ha richiesto cinque ore di lavoro assiduo per
trasportare corde e palanche e per legare con i cordini i vari legni fino ad ottenere un
buon risultato, anche se, alla fine, per colpa della pioggia, abbiamo avuto problemi nella
sistemazione della tenda.
Ho potuto, inoltre, partecipare alla famosa cerimonia del ‘’TOTEM’’, durante la quale
noi, i piedi teneri, non potevamo esprimere giudizi, opinioni o accennare una piccola
risata, perché in tal caso sarebbe scattata una punizione o meglio una tortura, che
consiste nel bere un intruglio rivoltante che, dopo averlo mandato giù, fa girare la testa.
Nell’insieme posso dire che questo campo scout è stato per me ‘’UNA NUOVA
ESPERIENZA’’ a tutti gli effetti.
Filippo Cantisani
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La mia prima volta sulla seggiovia
Quando scesi dalla macchina, mi accorsi di essere circondato da un paesaggio
incredibile: sotto di me vi era una gola o una vallata, piena di boschi e fiori. Con i miei
genitori mi avviai verso la biglietteria della seggiovia. Ero felicissimo perché era la prima
volta che salivo su una seggiovia.
Ero incantato dalle notevoli dimensioni dell’impianto di risalita, la seggiovia era così
alta e lunga da rimanere a bocca aperta. Non avevo paura, anzi, ero felicissimo, al
contrario di mia madre che era un po’ preoccupata.
Arrivò il momento di incamminarsi verso la seggiovia, perciò mi incamminai e dopo un
breve tratto la raggiunsi. L’addetto mi fece vedere come si doveva salire, perché,
essendo alla prima esperienza, non sapevo cosa dovevo fare. La seggiovia era una
semplice poltrona a tre posti. Salii accanto a mia madre.
Mentre mi alzavo, sotto di me scorreva un paesaggio strabiliante. C’erano boschi,
fiori, addirittura un sentiero per escursionisti che partiva dal basso e andava fino in
cima. La seggiovia andava pian piano e dopo 15 minuti arrivammo in cima.
Era una bella giornata e faceva molto, ma
molto caldo. La seggiovia terminò la salita e a
quel punto dovemmo affrontare un ripidissimo
sentiero fino alla cima della montagna, cioè, al
Belvedere che si trova a 2.216 m.
Arrivammo in cima e non ho parole per
descrivere quello che vidi: vi erano laghi, fiumi,
monti e tante altre cose bellissime.
Tornando giù, la seggiovia andava un
pochino più veloce, perché naturalmente
andava in discesa. Sotto di me scorreva
sempre un paesaggio incantato. Ad un certo
punto vidi un gruppo di cervi che mangiavano
l’erba.
Tornato alla stazione di partenza, mi resi
conto che il viaggio, purtroppo, era finito; ero
stanco ma felice di quello che avevo fatto e che
avevo visto. Spero di poter compiere di nuova
questa esperienza durante le prossime
vacanze estive.
Walter Tatangelo
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La mia prima operazione!
Il sette luglio sono partita per Venezia per andarmi ad operare alle tonsille e alle
adenoidi. Dopo un viaggio di cinque ore sono arrivata insieme ai miei genitori
all’ospedale.
Ho trascorso circa tre ore, passando da una stanza all’altra, per fare tutti gli
accertamenti per vedere se mi potevano operare. Dovevano controllare se ero allergica
al liquido dell’anestesia, analizzare il sangue, ecc.
Poi verso l’una e mezza siamo andati in un ristorante, che si chiama “Il Solendo”,
dove abbiamo mangiato benissimo. Dopo pranzo siamo tornati nel nostro albergo,
molto carino, per riposare un po’.
Nel pomeriggio siamo tornati in ospedale per incontrare il dottore che mi doveva
operare. Il dottore, che mi ha operato, è di Roma, però lavora a Venezia insieme a sua
moglie.
Egli mi ha detto di mangiare poco, e non oltre la mezzanotte. Nel pomeriggio ho
mangiato un gelato alla frutta, e la sera una pizza e poi sono andata a letto.
La mattina dopo, arrivata all’ospedale, mi sono spogliata e mi sono messa il pigiama.
Subito dopo è entrata nella mia stanza una dottoressa, che mi ha preso per mano e mi
ha portata in sala operatoria. Mi ha fatto togliere le ciabatte e mi ha messo una cuffia in
testa e delle scarpette ai piedi.
L’anestesista mi ha messo l’ago nella vena ed un cerotto sulla mano e poi, dopo
avermi fatto la puntura dell’anestesia, mi ha detto: “Ora comincia a contare le
pecorelle”! Io ho iniziato: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, e poi
mi sono addormentata. L’operazione è durata un’ora e mezza. Sono stata tre giorni in
ospedale, sempre sul lettino, senza potermi alzare.
Il quarto giorno sono tornata a casa.
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Giulia Cruciani
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Il campeggio
Durante I’estate sono andata per la prima volta in un campeggio, dove ho vissuto una
esperienza molto bella perché ho incontrato nuovi amici. Il campeggio era nella pineta
vicino ad Ostia; ogni giorno dovevamo alzarci alle 7:00 per la colazione, poi iniziavano
le cose belle da fare tutti i giorni: andare in piscina, giocare a calcio, pallacanestro ecc.
Un giorno tutti noi siamo andati a Roma per visitare il Vaticano. Per me e per altri
amici, di altre città, è stata la prima volta. Alcuni sono andati sulla cupola, ma io no,
perché avevo dimenticato i soldi ad Ostia.
I miei amici mi hanno detto che è molto bello salire in cima alla cupola. Dopo siamo
andati a visitare la Fontana di Trevi, Piazza Spagna, il Colosseo.
Mentre tornavamo ad Ostia, tutti commentavamo che Roma è molto bella.
Quello che mi piaceva di più del campeggio era il panino con la Nutella che ci davano
per la merenda delle 16:30. In piscina tutti giocavamo alla guerra: uno andava sopra un
altro e facevamo la lotta con quelli di sopra. Peccato che potevamo stare in piscina solo
per un’ora.
L’ultimo giorno del campeggio tutti piangevamo perché non volevamo tornare a casa,
anche se, quando eravamo lì, non ci piaceva pulire i bagni.
A me ed alle mie amiche della stessa tenda capitava speso pulire i bagni. “Che schifo
!” In ogni tenda c’erano tre persone ed in tutto erano quindici tende, comprese le due
dei professori.
Spero di tornarci l’anno prossimo. Alla fine ci siamo detti “addio”, ma non
definitivamente, perchè ancora continuiamo a sentirci per telefono.
Marjorie Defaz
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Un amico a
quattro zampe
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Una fantastica giornata a cavallo
Eravamo in tre, io, mamma e, ahimè, mia sorella, quando, in macchina,
attraversammo un incrocio per noi molto familiare.
Quella volta, però, qualcosa ci colpì: un’insegna con su scritto “Centro Ippico Santa
Teresa di Gallura” e, sotto, un numero di telefono. Dietro la recinzione vi erano sei
cavalli che brucavano tranquillamente; sullo sfondo, invece, vi erano due persone, un
ragazzo e una ragazza, poco più che ventenni seduti attorno ad un tavolino.
Incuriositi, cambiammo quindi il programma della giornata, per dirigerci al piccolo
maneggio, anziché al mare, come previsto.
All’entrata vi era un altro cartello, con la scritta “Aperto”, e solo lì notai che le lettere
non erano formate da comuni lampade al neon, ma semplicemente da canne di bambù.
Scendemmo dalla macchina e ci avvicinammo ai due ragazzi, che dovevano essere
tedeschi, a giudicare dall’accento e dalle targhe delle loro auto.
A venirci incontro fu la ragazza, e potei scoprire che la mia supposizione era esatta,
erano italo-tedeschi. Dopo aver parlato per un bel po’ con i ragazzi, alla fine ci
accordammo per quella che per me, abile cavaliere da otto anni, sarebbe stata
un’esperienza sensazionale: avrei trascorso un’intera giornata a cavallo, da solo con
Marco, il ragazzo proprietario del maneggio, che mi fece scegliere il cavallo e la sella.
Due giorni dopo, alle sei di mattina, zaino in spalla, panini, stivali, ghette, speroni e
tutto il resto, partimmo diretti al maneggio.
Ero affascinato dalla sella che avevo scelto, un’autentica sella peruviana, con tanto di
ghirigori in rame e copristaffili in pelle, a macchie bianche e nere, ma la mia cavalla,
Zaneth, non era da meno: aveva la criniera di uno stranissimo biondo scuro alternato
ad un marroncino baio, chiazzato di nero.
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Durante il cammino, la guida ed io ci raccontammo le nostre storie e, arrivati all’Isola
di Munica, il picco nord della Sardegna, mangiammo il frugale pranzo osservando la
Corsica, che quel giorno sembrava vicinissima.
Girammo per i sentieri creati dai cinghiali e arrivammo al faro di Capo Testa,
passando per “I due mari”. Verso le nove di sera, tornammo al galoppo di gran carriera,
sempre accompagnati dal falchetto di Marco, il quale mi promise che ogni volta che
volevo potevo prendermi Zaneth e farmi un giro con quella sella magnifica.
Quando scesi da cavallo ero straultraipercontento: grazie a questa esperienza ho
scoperto quanto mi piace andare a cavallo!
Francesco Mitrotta
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Un nuovo ospite
Ero in montagna; altri due giorni e sarei tornata a casa. Ero nella camera dell’albergo,
sul balcone, ad intagliare un bastoncino, quando il cellulare di mamma suonò.
Lei rispose; era papà. Dalla discussione si capiva che papà aveva trovato un gattino.
Ma l’aveva preso? Di che colore era? Era molto piccolo? Ecco quello che io mi stavo
chiedendo, così, appena mamma terminò la telefonata, la travolsi con una valanga di
domande. Sì, papà l’aveva tenuto e aveva detto a mamma che aveva meno di una
settimana. Non stavo più in me dalla gioia. Mamma cercò di dirmi che, visto che era
molto piccolo, sarebbe potuto morire ma io non la ascoltavo, perché ero troppo felice
per pensare a cose tristi. Due giorni dopo eravamo lì, in macchina, pronti a partire.
Eravamo in cinque come ogni anno: Lorenza (mia sorella), mamma, nonno e nonna
ed io. Partimmo alle otto e mezza e arrivammo alle tre. Salutammo papà ed entrammo.
Si sentiva un miagolio provenire da un angolo, in quell’angolo c’era una cassetta della
frutta, rossa, vecchia e piena di stracci tra cui un vecchio paio di pantaloni di papà.
La casa era fresca e un po’ buia.
Mi affacciai e, adagiato su quegli stracci, c’era il gattino. Era lungo quanto la mia
mano o forse anche di meno, aveva le orecchie abbassate e gli occhi ancora chiusi, il
pelo era striato e i colori erano grigio chiaro e grigio scuro. Papà mi fece vedere come
gli dava il latte e così andò avanti per tre giorni. Il quarto giorno il gatto si sentì male, lo
capimmo perché fece la diarrea
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. Era pomeriggio e pioveva, noi uscimmo per portarlo dal veterinario, il quale ci disse
che il corpicino del gatto era freddo e che non sarebbe sopravvissuto se non avesse
mangiato.
Ci spiegò anche che si era sentito male perché nel latte per i neonati c’è il lattosio a
cui i cuccioli sono allergici. Allora siamo andati in farmacia per comprare il latte per gli
animali, ma evidentemente era troppo tardi perché il pomeriggio del giorno dopo il micio
morì e io, papà e Lorenza lo seppellimmo in giardino vicino al criceto.
Piangemmo tutti.
Flaminia Gambini
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Cugini
alla riscossa
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I miei cugini
Durante le vacanze estive appena trascorse mi sono divertita moltissimo, non solo
perché ho visitato Madrid, ma anche perché ho giocato molto con i miei cugini e con le
mie cugine, che vivono in Spagna. Sono stata molto contenta di giocare con loro e di
rivederli, perché non li vedevo da sei anni.
Ho tanti cugini, perché mio papà ha dieci sorelle e fratelli e tutte le sue sorelle vivono
in Spagna insieme ai loro figli.
Nei primi giorni abbiamo giocato con i palloni pieni d‘acqua; ero felice perché abbiamo
giocato sempre in tanti e tutti insieme… mio fratello, mia cugina di diciassette anni, mio
cugino di sedici, la mia cuginetta di otto ed io di dodici.
Qualche volta siamo andati anche in piscina, accompagnati da mia zia Esthèr e da
mio zio Victor, genitori di mio cugino Marcos, che ha trentadue anni ed è già sposato.
Suo figlio e sua moglie vivono ancora in Perù,
ma presto lo raggiungeranno a Madrid, forse a Natale e forse definitivamente. Sono
andata in piscina anche con le mie cugine, le mie zie, mio fratello e mio papà.
Con i miei cugini ho fatto molte altre esperienze. Sono andata al Retiro, che è un
grande parco, dove si può giocare. Salendo una scalinata, si arriva in un punto molto
alto. E’ molto bello guardare da lassù, perché si vedono alcune persone che danno
pezzetti di pane ai piccioni ed altre, sdraiate sul prato verde, che sognano chissà che
cosa, mentre riposano.
Mi sarebbe piaciuto andare al parco delle attrazioni, che è una specie di Luna Park
molto bello. Purtroppo non siamo potuti andare perché tutti lavoravano e nessuno ci
poteva accompagnare.
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Mio fratello ed io andavamo qualche volta a casa dei nostri cugini Cèsar e Sandra,
che hanno sedici e diciassette anni, per stare un po’ insieme e qualche volta ci siamo
fermati a dormire da loro.
Insomma, in queste Vacanze, sono stata benissimo e penso che anche mio fratello si
sia divertito, anche se ogni tanto eravamo un po’ tristi perché avevamo lasciato la
mamma da sola a Roma.
Marcia Cordero Salas
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Una nuova cuginetta
Trascorsi le mie vacanze in una cittadina vicino Roma, Ladispoli, che si affaccia sul
Mar Tirreno. La mattina andavo al mare, che è stato quasi sempre mosso. Le poche
volte però che era calmo, era davvero stupendo, una tavola, un’immensa distesa di
acqua limpida, verde e azzurra. Quando mi trovavo nell’acqua e nuotavo avevo una
sensazione di libertà, lasciavo alle spalle il pensiero che prima o poi sarei tornata a
scuola e avrei dovuto ricominciare a studiare.
Un giorno, di mattina entrò in casa, insieme a mio padre, mia zia, che con mia
sorpresa aveva in braccio sua figlia, una bambina di un anno e mezzo con delle guance
paffute e dei ricci capelli rossi.
Conobbi per la prima volta la mia nuova cuginetta, di nome Costanza. Lei iniziò a
chiamarmi “Tata”, una parola semplice che pronunciano i bambini, e voleva che io la
prendessi in braccio.Da quel momento, siccome i nostri balconi erano vicini, lei non mi
lasciava mai in pace e mi chiamava sempre.
Un giorno Costanza e zia Lilli, sua madre, vennero a pranzo da noi e per far giocare la
bambina portarono le bolle di sapone. Dopo aver mangiato, iniziammo a giocare, e
combinammo un disastro. Io feci le prime bolle, poi mio fratello ed infine Costanza, che
si mise in bocca il misurino sporco di sapone. Per fortuna la fermai in tempo, lei si
innervosì e rovesciò per terra il liquido per fare le bolle di sapone, ed io, come una “
broccola”, misi un piede sopra il pavimento bagnato e feci uno scivolone.
Ero tutta sporca, poi anche mio fratello e Costanza si sporcarono e così iniziarono i
rimproveri della nonna.
Quelle giornate trascorse tutti insieme non le scorderò mai!
Martina Mandolini
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Tutti in acqua
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In canoa
Era una bellissima giornata d’estate, il caldo era afoso. Mi trovavo sul lago di
Bracciano con la mia famiglia. L’acqua era molto pulita, ma anche molto fredda,
comunque, il desiderio di togliermi dal viso i capelli bagnati di sudore era irrefrenabile.
Entrata in acqua, mi sembrava di stare in paradiso con gli angioletti: tanti bambini
giocavano felici a torello, a racchettoni, altri facevano le gare di nuoto, altri si tuffavano
da un muretto fatto di legno un po’ vecchio, di colore marrone molto scuro e ricoperto
da lunghe alghe verdi.
Era quasi l’ora di pranzo e mia madre mi chiamò; non volevo più uscire da quel posto,
ma la mia pancia incominciava a lamentarsi, perciò uscii. Uscita dall’acqua sembravo
un’altra, misi un piede nella sabbia infuocata, incominciai a correre più veloce che
potevo. Non avevo più i piedi! Mangiai poco perché volevo fare molti bagni. Era
pomeriggio e la temperatura si era abbassata, perciò decisi di prendere un po’ di sole.
Presi dalla borsa una crema solare, l’aprii e dal flacone uscì un odore di mela…
All’improvviso sentii mio fratello che mi chiamava, proponendomi di andare con papà
in canoa. All’inizio avevo paura di cadere in acqua, ma poi mio padre mi fece coraggio,
dicendo che mi avrebbe insegnato lui. La canoa era lunga e gialla a soli due posti. Misi
il salvagente, presi le pagaie e mi infilai nella canoa.
Papà m’insegnò prima come tenere le mani sulle pagaie e poi a remare; dopo un po’
di tempo la canoa filava veloce sull’acqua.
C’ero riuscita!! Mentre remavamo, ridevo per la gioia: ero andata meglio di mio
fratello. Quel giorno avevo imparato una cosa in più, non lo dimenticherò mai.
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Sara Giovanrosa
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Avventura al fiume
Era un pomeriggio caldo e afoso a Sologno, paesino dell’Emilia Romagna, ed il sole
era talmente forte da spaccare le pietre. I miei cugini più grandi, una banda di amici ed
io decidemmo di andare a fare un bel bagno rinfrescante al fiume “Luccola”.
Prendemmo le biciclette e, tra una goccia di sudore e l’altra, arrivammo al fiume
pedalando più veloci della luce. Giunti a destinazione, posammo sul bordo della strada
le biciclette, dalle ruote ormai sgonfie per il caldo, e ci avventurammo, muniti di
asciugamano, in un sentiero pieno di more nere e succose.
Lentamente, con la bocca sporca di succo di more mature, raggiungemmo il fiume e ci
buttammo “sparati” in acqua, lanciando disordinatamente sull’erba gli asciugamani
colorati.
L’acqua era limpida e trasparente, ma era anche talmente fredda da fare rabbrividire
chiunque. Stare nell’acqua ghiacciata, però, era sempre meglio che patire il caldo in
paese. Dopo un po’ che sguazzavamo come pesci nelle piscinette naturali del fiume,
decidemmo di andare a fare il bagno alla cascata.
Per arrivare a piedi alla cascata, bisognava risalire il fiume passando sopra i sassi e
attraversare la vegetazione che sporgeva sul fiume. Ma noi, nonostante i piedi gonfi e
rossi dal freddo dell’acqua, decidemmo di andarci.
Cominciammo a camminare sui sassi scivolosi sparsi qua e là e per poco non rischiai
di cadere dritta dritta nell’acqua. I rovi ci sbarravano la strada e ci si impicciavano nei
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capelli. I sassi diventavano sempre più appuntiti ed i nostri piedi sempre più freddi ed
indolenziti.
Stavamo per rinunciare, quando sentimmo il rumore sempre più vicino della cascata.
Mancavano solo due metri, e nessuno prima di noi era arrivato fino a lì. Eravamo troppo
contenti e ci sedemmo sotto la cascata gelida per circa dieci minuti. Poi, stanchi ma
felici, tornammo alle bici e ci riposammo un attimo. Il sole stava calando e noi eravamo
ancora un po’ umidi. Salimmo sulle bici e, pedalando velocemente, ci lasciammo alle
spalle un bellissimo tramonto caldo ed un fiume pieno di ricordi.
Emma Belli
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La pesca subacquea
Prima di entrare in acqua avevo un po’ di paura, perché non avevo mai provato ad
usare un arpione subacqueo e non credevo che avrei preso qualcosa.
Mio padre ed io avevamo scelto un’insenatura rocciosa nella scogliera di un
promontorio, quasi nascosto totalmente sia dal mare che dalla terra.
Appena immerso, mi guardai intorno e vidi dei meravigliosi coralli e spugne che
ricoprivano l’intera superficie dello scoglio da cui mi ero tuffato, e di quelli intorno,
formando un paesaggio sottomarino fantastico, ma dal momento che non era la prima
volta che andavamo in quel posto, non mi soffermai a lungo a guardare e cominciai a
cercare qualche branco di pesci abbastanza grossi.
Subito notammo che nella zona dove eravamo non c’erano pesci, così ci
allontanammo dalla riva, nella speranza di incontrarne alcuni grossi. A neanche cento
metri dalla riva incontrammo un branco di saraghi di medie dimensioni, adocchiammo i
due che ci sembravano i più grossi, prendemmo la mira ed entro un secondo avevamo
arpionato i due pesci. Il resto del branco stava fuggendo, mentre tentavamo di
prenderne altri; alla fine ne avevamo presi cinque a testa.
Questa fu la mia prima, e per ora ultima, pesca subacquea.
Simone Leonetti
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Un tuffo dalle Rocce Rosse
Sono già stata in Sardegna da piccola, ma questa volta è successa una cosa che non
dimenticherò mai. Sono andata Civitavecchia perché a mezzanotte mi dovevo
imbarcare. Stavamo aspettando il traghetto, ma io non pensavo che sarebbe arrivato in
ritardo. Ci siamo imbarcati e dopo quindici minuti siamo partiti. Siamo giunti in
Sardegna, precisamente ad Olbia, alle sei del mattino.
Ma il nostro viaggio non era terminato, perché dovevamo arrivare ad Arbatax, che si
trova molto più a sud. Voi non ci crederete, ma dopo cinque ore non eravamo ancora
arrivati. Il viaggio è stato un’avventura, tra curve e vegetazione, le indicazioni
mancavano e sulla strada c’eravamo solo noi.
Dopo un’altra ora, ecco finalmente Arbatax. E’ una cittadina carina e abbastanza
grande, che si trova sul mare. Lì c’è un posto chiamato le Rocce Rosse, perché ci sono
tre rocce rosse molto grandi; l’acqua è trasparente e molto profonda: il posto ideale per
fare i tuffi.
Non ci andavo tutti i giorni, la mattina lì fa molto caldo, perché le rocce assorbono
tutto il calore. Ci andavamo solo di pomeriggio. Quando per la prima volta sono andata
a fare il bagno alle Rocce Rosse, mi sono tuffata dal primo scalino ed è stata l’
esperienza più bella di tutti i giorni.
Nei giorni successivi ho continuato a tuffarmi e finalmente l’ultimo giorno mi sono
tuffata dal secondo scalino.
Quel giorno è stato il più bello della mia vita e non lo dimenticherò mai.
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Francesca Mezzanotte
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Al Luna Park
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Acquafelix
Il 20 agosto sono andato in un parco acquatico di nome Acquafelix.
Il parco è molto grande; la mia famiglia ed io ci siamo fermati alla “Baia Felix”. Il posto
era bellissimo, la baia sembrava un ambiente tropicale con le palme. La piscina era
stupenda perché c’era una cascata non molto lunga ma con un getto forte.
L’acqua era un po’ sporca perché non era obbligatorio mettere la cuffia prima di
entrare in acqua. Mentre nuotavo, mi è capitato di vedere dei capelli ma, poiché era
toppo bello, non ci facevo caso.
La piscina si divide in tre parti: in una si nuota normalmente e c’è la cascata, in
un’altra piscinetta c’è l’idromassaggio, nella terza piscina ci sono gli scivoli per i bambini
piccoli.
Ho sperimentato tutte le attrazioni del parco insieme a mio padre e ci siamo divertiti
tantissimo.
Le attrazioni del parco sono: Baia Felix, Vortex, Mozzafiatum, Flentum e Onda
Imperiale.
Questi sono tutti scivoli adatti ai ragazzi che hanno dodici anni ed io, quindi, ci sono
potuto andare. Mio padre ed io abbiamo trovato più divertente Vortex perché è uno
scivolo curvo che consente di scendere velocemente.
L’attrazione Mozzafiatum ha un nome appropriato, perché quando si scivola ti fa
mancare il fiato.
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Onda Imperiale è una piscina normale, solo un po’ più grande e affollata di Baia Felix;
essa non ha gli scivoli per i bambini piccoli e, quindi, mia sorella non si poteva divertire.
Il più lento e noioso è Flentum perché si deve prendere una ciambella, salirci sopra e
farsi trasportare dalla corrente. Mia madre ha scelto di fare questa attrazione, a lei è
piaciuto ma a me no.
Non abbiamo potuto sperimentare gli scivoli tutti insieme, perché a turno, mio padre,
mia madre ed io dovevamo controllare quella peste di mia sorella. Prima di uscire dallo
stabilimento, siamo ritornati alla Baia Felix dove ho fatto un bagno rilassante che si è
concluso con l’idromassaggio.
Questa è stata la giornata più bella delle mie vacanze.
Massimiliano Timo
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The Magic Mountain
Quando siamo andati a Gardaland per la prima volta, la mia famiglia ed io ci siamo
divertiti un mondo. C’erano moltissime cose tra giochi, attrazioni, spettacoli, ruote
panoramiche e tombini pazzi. Il tutto era fantastico! Ma mai quanto le montagne russe,
che prendevano il nome di “THE MAGIC MOUNTAIN”. Erano provviste di un doppio
giro della morte, seguito da una serpentina che girava per due o tre volte di 360°, per
poi terminare con una discesa mozzafiato in mezzo a delle fontane che spruzzavano
acqua a volontà.
Il percorso riprendeva con una salita velocissima, per via della discesa, che curvava
riprendendo un lungo rettilineo a cui seguiva una brusca frenata.
Questo era “solo” quello che avevo potuto vedere; ma chissà come sarebbe stata
davvero l’emozione di fare un giro su quella imponente costruzione, all’apparenza
innocua per il colore verde smeraldo.
Mentre ci avviavamo, passai, seguito da mio fratello, che copia tutto ciò che faccio,
sotto delle docce che spruzzavano acqua allo stato quasi aeriforme; mi bagnai tutto
dalla punta dei capelli alla suola delle scarpe, però in quel momento avevo altro a cui
pensare.
Papà ed io andammo a fare la fila, mentre mia madre e mio fratello per la paura
preferirono aspettarci su una panchina di fronte all’entrata. I controllori ci fecero togliere
zaini e zainetti e ci invitarono a sedere nei vagoni.
Ero al culmine dell’emozione e avevo anche un po’ di paura. Alla fine mi decisi e dissi
fra me e me, veramente, “non muoio mica”, questa è la mia frase d’incoraggiamento
quando ho paura, che sia tanta o poca non c’è differenza; poi mi consolava il fatto
(meno male!Così non faccio sempre la parte del fifone), che anche papà ne aveva.
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Ci sedemmo al terzo o quarto posto e così poté iniziare la corsa.
Partimmo con una discesa non troppo grande, che serviva a prendere almeno una
minima rincorsa per la salitona che ci aspettava. Fu terribile, perché si poteva avere la
sensazione di cadere all’indietro, ma in cima arrivò il bello.
Discesona incredibile con, di seguito, doppio giro della morte. In quella frazione di
secondo ammirare il panorama all’incontrario era fantastico. Poi seguiva la serpentina,
sembrava proprio che dovessi cadere! Subito dopo, una discesa talmente lunga e ripida
che mi fece saltare lo stomaco in gola. Papà non poteva guardare.
Finì tutto con un curvone – tornante che ci fece ritornare sul rettilineo. Quando
sembrava di essere arrivati al capolinea i vagoni frenarono, bruscamente, talmente
bruscamente che se non avessi avuto la protezione sarei sbalzato fuori dal vagone
facendomi un giro nel vuoto.
E così ritornammo da mia madre e mio fratello con i capelli al vento (per papà è un po’
difficile…!) e con tutto da raccontare. Degna conclusione dell’avventura, un pranzo nel
ristoro chiamato “Covo dei Bucanieri”.
Devo dire che la mia paura – attrazione si è tramutata in desiderio di ritornare a farmi
qualche altro giro, “stavolta” più preparato!!
Francesco Ruggeri
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Il Tunnel della Paura
Durante l’estate, mentre ero in vacanza in Puglia, ad Ostuni, sono andato per la prima
volta al Luna Park.
Per me il divertimento è cominciato già all’inizio del viaggio per recarmi al Luna Park.
Io sono salito su un pulmino molto piccolo insieme con qualche mio amico, mentre tutti
gli altri hanno preso un pullman più grande.
Quando siamo arrivati, sono rimasto stupito nel vedere tante attrazioni. Con i miei
amici sono andato prima sull’autoscontro e poi siamo saliti su una seggiovia
velocissima.
Abbiamo voluto sperimentare anche l’attrazione della Torre. E’ una costruzione alta
cinquanta metri, che all’inizio saliva piano piano e all’improvviso scendeva forte forte…,
durante l’improvvisa discesa mi sembrava di volare.
Sono entrato anche nel Tunnel della Paura e, poi, sono salito su una costruzione
molto alta, chiamata Imperator, che in pratica girava su se stessa facendo un giro di
360° e poi altri di 360°, ruotando su se stessa come fosse la Terra.
Massimiliano Trionfetti
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Un momento speciale
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Una serata molto particolare
Quest’estate sono andata in vacanza in Abruzzo, a Pineto, un paesino sull’Adriatico.
Poiché era l’ultima sera prima del rientro a Roma, convinsi il mio papà a portarmi fuori a
cena. Finito di cenare, passeggiando per le strade, vedemmo una gelateria molto
affollata e decidemmo di entrare. Era una notte fredda, ma piena di stelle; mentre ero
con mia sorella e papà alla cassa, sentii chiamare ”Miriam, Miriam”!
Ma talmente era affollato il locale che non vidi chi mi chiamava, vedevo solo le pareti
arancione e gente che si abbuffava di gelato. Alla fine venni presa per una mano. Era la
mia mamma che mi presentò ad una signora bionda, con un ombretto turchese.
Mi colpì molto, perché l‘avevo già vista, ma non mi venne in mente chi fosse, così
pensai: “sarà una infermiera che lavora con mamma”. Dopo un po’ che parlava con mia
madre, la signora chiamò: -Lorenzo! Lorenzo! - Io pensai che chiamasse suo marito.
Alla fine vidi Lorenzo, ma non Lorenzo il marito, era Lorenzo il mio compagno di
scuola !!
Mi prese un colpo e anche a lui, quando mi vide. Non era cambiato di una virgola e mi
disse: - Aooo Miriam, ciao, ma stai dovunque! - Risposi un po’ incerta: - Eh sì, tu come
stai? Io bene -. Mentre ci guardavamo non sapendo cosa dirci, le mamme parlavano del
mare e degli alberghi, in pratica di tutto ciò di cui possono parlare due mamme.
Finalmente ci salutammo ed io pensai: “ieri avevo espresso il desiderio di incontrare
un’amica, stasera l’ho incontrata sotto forma di un maschio”.
Miriam Attalla
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La “Salsicciata”
Quest’estate sono stata in Sicilia, a Rometta, un paese vicino Messina. Ogni anno
torno in questa meravigliosa cittadina, dove ritrovo sempre i miei più cari amici.
A Rometta, nel nostro “lotto”, si organizzano delle bellissime manifestazioni; quella
che porterò sempre nel mio cuore è la “Salsicciata”! Ha davvero un nome divertente,
proprio come siamo i miei amici ed io in quel momento: “divertiti”!
La festa inizia circa alle diciannove; a quell’ora, infatti, nella lunga strada del nostro
condominio, si cominciano a vedere persone che portano fuori tavoli e sedie. La
salsicciata consiste, infatti, in una lunga tavolata: ogni famiglia prepara ottimi “primi” e
poi li mette in tavola per mangiarli insieme agli altri ospiti del lotto! Gli uomini preparano
il secondo e cucinano, in un grandissimo pentolone, la salsiccia siciliana, che purtroppo
non mangio volentieri, perchè ha i semi di finocchio, che a me non piacciono.
Durante la cena all’aperto, i miei amici ed io chiacchieriamo di quello che abbiamo
fatto il giorno prima o di quello che ricordiamo di tutta l’estate.
Mangiamo, mangiamo, mangiamo e ingrassiamo e, finita la cena, si rimette tutto a
posto! Io aiuto a sparecchiare e gli adulti riportano i tavoli più pesanti a casa.
Terminato di sparecchiare, i miei amici ed io ci sediamo su un muretto un po’
malandato per parlare, altri giocano a calcio, anche se i proprietari della casa accanto ci
rimproverano! Qualche volta mi arriva la palla in testa, ma non ci faccio caso perchè è
leggera.
Questa giornata è stata davvero indimenticabile anche perchè ho conosciuto un
ragazzino con il quale ho fatto subito amicizia. Sono rimasta fuori a parlare fino a
mezzanotte finchè i miei genitori non mi hanno chiamata.
Eh, sì, questa giornata è stata davvero speciale, proprio come tutta l’estate!
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Sara Candiano
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La più bella sigla del mondo
Era la mattina del diciannove agosto e nel villaggio turistico in Sicilia, dove mi trovavo,
c’era un’aria triste tra noi ragazzi dello Junior Club (servizio di animazione per ragazzi
dai tredici ai diciassette anni), perché era lunedì, giorno di partenza e di arrivi. Appena
salutati i nostri compagni, che avevano terminato la loro vacanza, sono arrivati i nuovi
ospiti.
Bisogna sapere che gli animatori del villaggio accolgono i nuovi ospiti ballando al
ritmo della musica della sigla del villaggio. Noi ragazzi, vedendoli ballare, abbiamo detto
<<Andiamo anche noi >>! Ci siamo messi sulla scalinata che si affaccia nel parcheggio,
da dove stavano entrando gli ospiti, ci siamo affiancati agli animatori e abbiamo ballato
insieme con loro.
Questa è stata l’emozione più bella della mia estate.
E’ stato il momento più emozionante, perché ero riuscito a ballare. Indubbiamente mi
vergognavo, mentre ballavo, perché essere guardato dagli ospiti con la faccia
stralunata mi faceva sentire a disagio, ma provavo tanta gioia, perché essere con i miei
amici in un posto magnifico come quello mi faceva stare bene. Non potevo fare altro
che sentirmi al settimo cielo. In quel momento sognavo anche di diventare un baby
animatore (cosa che desidero di più!)
Vinta la vergogna, ho continuato a ballare e da quel giorno ho partecipato sempre al
ballo di accoglienza, anche quando sono arrivati gli ospiti di Torino, con i quali era
arrivato un ispettore, mandato dalla sede dei VIAGGI DEL VENTAGLIO di Torino.
Questa è stata l’emozione più bella della mia estate.
Jacopo Paulis
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Brutti scherzi
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"I marocchini"
Durante l’estate, con le mie amiche Giulia e Beatrice, mi sono divertita molto a fare gli
scherzi ai marocchini, ma senza cattiveria. Noi avevamo formato un gruppo, sempre
composto da noi tre, chiamato “CHARLIS ANGELS”.
Ogni mattina ci incontravamo al bar della spiaggia, poi andavamo subito a sederci su
una sdraio libera ad aspettare i marocchini.
Quando ne passava uno, lo fermavamo e gli dicevamo che dovevamo fare un regalo
a nostra zia. Cominciavamo a guardare un po’ di magliettine con un certo interesse e,
dopo aver chiesto il prezzo, dicevamo che ci sembravano troppo costose e gli
chiedevamo di ripassare il pomeriggio, perchè non avevamo i soldi.
Il venditore credeva alle nostre parole e - pensate un po’ - quel poveraccio ripassava
veramente!
Alcuni marocchini, ai quali dicevano che non avremmo comprato nulla per mancanza
di soldi, se ne andavano subito senza mostrarci la merce.
Le mie amiche, per dispetto, danneggiavano qualche oggetto, ma senza farsene
accorgere. Molto spesso lo scherzo riusciva benissimo, però, se il ragazzo le scopriva,
noi andavamo subito a tuffarci in acqua.
Anche gli altri nostri amici si divertivano così, ma non lo facevano molto spesso.
Ho nostalgia dell'estate al mare e soprattutto degli amici. Vorrei tornarci il prossimo
anno, ma mia madre mi vuole mandare in Inghilterra per studiare l’inglese. Io non sono
d’accordo, e penso che non sia giusto che mia madre mi costringa ad andare in
Inghilterra se io non ci voglio andare!
Nickol Sbaraglia
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Secchiate d’acqua
Il giorno di Ferragosto io ed i miei amici di S.Agapito, un paesino che si trova in
provincia di Rieti, decidemmo di andare a suonare i campanelli: si suona il campanello
di una casa e poi si scappa via.
Quel giorno scegliemmo la casa di alcuni ragazzi, pensando che avrebbero accettato
lo scherzo meglio delle persone anziane residenti del paese.
La casa che avevamo scelta, inoltre, era “comoda” per scappare, perché si trovava
vicino a molte strade della parte vecchia del paese, che è piena di vicoli dove
nascondersi.
Così, suonammo per la prima volta. Uscì un ragazzo sui diciannove anni, in mutande,
che strillò queste parole: - Se venite un’altra volta a suonare io vi tiro una secchiata
d’acqua!- Noi tornammo a suonare e non successe niente, ma non ebbi nemmeno il
tempo di dire che aveva detto una bugia, che uscirono cinque o sei ragazzi con dei
secchi d’acqua in mano.
Tutti scappammo a gambe levate. Io mi trovai da solo dentro un vicolo del paese, ma
improvvisamente vidi davanti a me tre ragazzi che, con uno scatto felino, mi tirarono tre
secchiate d’acqua gelida. Mi avviai verso casa e incontrai i miei amici, bagnati fino alla
punta dei capelli, con dei gavettoni in mano anche loro desiderosi di vendetta.
Suonammo ancora lo stesso campanello e uscirono di nuovo quei ragazzi che in un
attimo si ritrovarono nella nostra stessa situazione, bagnati da una raffica di gavettoni.
Luca Imbrogno
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