Lezione 26 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione

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Lezione 26 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
Corso di laurea in Scienze dell’Educazione
A. A. 2012 / 2013
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia
([email protected])
1. Repertori linguistici
Premessa: in una comunità, frequentemente, convivono più varietà di lingua e/o più
lingue diverse
→ circa 6.900 lingue parlate nel mondo; rapporto di circa 1:30 tra lingue e Stati
Repertorio linguistico: insieme delle varietà di lingua e delle lingue presenti presso una
data comunità (o anche un individuo → repertorio linguistico individuale)
Es.: il repertorio linguistico di un italiano comprende l'italiano (con una coloritura
regionale) nelle sue varietà, spesso uno o più dialetti e/o, eventualmente, una o più lingue
minoritarie
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Lingue minoritarie (o di minoranza): varietà di lingua (perlopiù) non strettamente
imparentate con la lingua standard del paese, espressione di culture e tradizioni etniche
diverse da quella dominante, proprie di gruppi di cittadini quantitativamente meno
numerosi rispetto al gruppo dominante
→ minoranze ‘di confine’ (locutori di lingue parlate da entrambi i lati di un confine, es.
tedesco in Alto Adige) vs. isole linguistiche (porzioni di territorio ove si parla una lingua
diversa da quella della maggioranza, es. catalano di Alghero)
Repertorio monolingue: composto da varietà di una stessa lingua
Es.: Roma → italiano, varietà locale (romanesco)
Repertorio plurilingue (bilingue, multilingue): composto da (varietà di) più lingue
Es.: aree tedescofone dell’italia settentrionale → italiano regionale, dialetto italoromanzo circostante, dialetto germanico locale (tirolese), tedesco standard, ladino
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Minoranze linguistiche riconosciute in Italia:
→ legge 482/1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche
(1) Sardo (Sardegna)
(2) Friulano (Friuli, esclusa la provincia di Trieste)
(3) Tedesco (Alto Adige)
(4) Francese (Val d’Aosta)
(5) Sloveno (province di Udine, Trieste e Gorizia)
(6) Francoprovenzale (Valle d’Aosta, torinese, Faeto e Celle San Vito [FG])
(7) Arbëresh (Albanese d’Italia; Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria,
Sicilia)
(8) Ladino (Alto Adige, Trentino, provincia di Belluno)
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(9) Catalano (Alghero)
(10) Greco / grico / grecanico (Salento, Aspromonte, Reggio Calabria)
(11) Walser (Valle d’Aosta, Piemonte)
(12) Croato (Montemitro, San Felice del Molise, Acquaviva-Collecroce)
(13) Mòcheno (Palù, Fierozzo, Frassilongo)
(14) Cimbrico (Rotzo, Roana, Rudi, Giazza)
(15) Altri dialetti tedeschi bavaresi e carinziani (Trentino, bellunese, udinese)
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1.1 Esempio di repertorio plurilingue
Camerun (Africa centro-occidentale)
ca. 19.700.000 abitanti
5 divisioni etniche maggiori
più di 200 gruppi etnici
ex-colonia francese e in parte britannica
Numero totale di lingue: 230-278
Lingue ufficiali: inglese, francese
14 lingue nazionali tutelate
22 lingue utilizzate nelle trasmissioni radio
9 lingue veicolari
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“Nei contesti africani si è soliti denominare lingua materna quella acquisita come prima
nella zona di origine e dalla madre con la quale si trascorre l'infanzia. E' possibile infatti
che il padre appartenga ad un'altra etnia o sia emigrato per motivi di lavoro. Alla prima
lingua si affiancano quasi subito o in età adolescenziale quella della famiglia del padre, se
di diversa etnia, e quella veicolare usata nei contatti con i villaggi vicini, soprattutto nelle
aree particolarmente frammentate da un punto di vista linguistico. Le lingue ufficiali
vengono usate nell'amministrazione pubblica, nella stesura di un documento ufficiale
scritto e nell'ambito dell'istruzione. La lingua usata per l'insegnamento è sempre quella
ufficiale, nei Paesi con più lingue ufficiali, come il Camerun, la seconda o terza lingua
vengono insegnate di complemento [...]. Una situazione linguistica così delineata lascia
chiaramente apparire una condizione di multilinguismo che di zona in zona interessa
lingue diverse. Ciascun parlante adulto è quindi competente oltre che della propria lingua
madre almeno di una veicolare e di una varietà della ufficiale; il numero di lingue di
competenza va dunque da un minimo di tre ad un massimo di dieci-quindici lingue nei
casi di grande mobilità del parlante”
(Turchetta, B., 1996, Lingua e diversità. Multilinguismo e lingue veicolari in Africa occidentale, Milano, Franco
Angeli, p. 39-40)
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Altri esempi di comunità bilingue/plurilingue
Provincia dello Xinjiang (Cina occidentale)
→
varietà di cinese mandarino (lingua sinotibetana) e uiguro (famiglia turca/turcica,
scritta in una variante di alfabeto arabo
‘Ama la nostra Cina, rinforza la Grande
Muraglia’ (in Uiguro e Cinese)
→ nella prefettura di Ili si parla anche
il kazako, altra lingua turca/turcica;
al suo interno, nella contea di
Qapqal, al repertorio si aggiunge
anche la lingua Xibe
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Repubblica di Singapore (Asia sudorientale)
→
quattro lingue con statuto ufficiale
(cinese standard, inglese, malese,
tamil); molto diffusi anche altri
dialetti cinesi/lingue sinitiche
(hokkien, cantonese) e altre lingue del
subcontinente indiano
Cartello plurilingue
(inglese, cinese, malese, tamil)
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2. Bilinguismo e diglossia
Bilinguismo: presenza di due lingue in una comunità, senza differenze significative in
termini di funzioni comunicative, ambiti di utilizzo, prestigio (nel caso di più di due
lingue, si parla anche di plurilinguismo)
a. Bilinguismo bicomunitario (Belgio, comunità francofona e comunità nederlandofona)
→ ogni comunità parla la sua lingua (parte delle comunità le parla entrambe)
Bruxelles. Cartello bilingue francese-fiammingo (nederlandese)
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b. bilinguismo monocomunitario (alcune ex-repubbliche sovietiche, russo e lingua
locale)
→ buona parte dei membri della comunità parla entrambe le lingue
→ si confrontino la situazione dell’Alto Adige e della Val d’Aosta
Kirghizistan (ex-Unione Sovietica). ‘Benvenuto’ (in kirghiso e in russo)
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Tuttavia, i repertori plurilingui, frequentemente, prevedono differenze tra i sistemi
linguistici presenti, a vari livelli
→ ambiti d’uso
→ atteggiamenti della comunità
Diglossia: presenza di due (o più) varietà o lingue che si distinguono per funzioni e
ambiti di utilizzo → varietà “alta” vs. varietà “bassa”
Varietà alta (H): usata tipicamente nello scritto, nei contesti formali e ufficiali
Varietà bassa (L): conversazione quotidiana, usi informali
Ess.: Svizzera tedesca (tedesco standard H, varietà di tedesco svizzero L)
paesi arabofoni nordafricani (arabo classico H, varietà locali di arabo L)
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→ dal punto di vista della legislazione nazionale, la Svizzera è un paese plurilingue
(italiano, tedesco, francese, romancio)
Banconota svizzera da 20 franchi, con diciture nelle quattro lingue ufficiali.
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Es./2: nell’Europa medievale, il latino era la varietà H, i ‘volgari’ nazionali la L
→ situazioni di diglossia ‘tipica’: la varietà alta non viene usata nella conversazione
quotidiana e non viene appresa dai bambini nella socializzazione primaria; lo stesso
si può dire dell’italiano nella seconda metà del XIX secolo
→ in alcuni casi, la lingua scritta (H) non corrisponde precisamente a nessuna
lingua parlata, è in qualche modo ‘cristallizzata’ e limitata all’uso scritto (es.: cinese
classico, forme di giapponese scritto fino all’inizio del XX sec.)
→ e se anche la varietà alta viene usata nel parlato informale?
Dilalia: presenza di due varietà di lingua / lingue distinte per contesti d’uso → la varietà
bassa viene usata solo nel parlato informale, gli usi scritti, ufficiali e l’insegnamento
scolastico sono riservati alla varietà alta; tuttavia, la varietà H è per molti anche lingua
della socializzazione primaria e viene usata anche nella conversazione informale
→ la situazione di molte regioni / zone italiane è di dilalia: italiano come varietà alta,
dialetto come varietà bassa
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→ la gamma di funzioni dell’italiano è aperta verso il basso, quella del dialetto è
limitata verso l’alto
Rappresentazione (semplificata) dei possibili rapporti tra sistemi linguistici:
bilinguismo
diglossia
dilalia
Usi scritti, ufficiali
Lingua X / Lingua Y
Lingua X
Lingua X
Parlato informale
Lingua X / Lingua Y
Lingua Y
Lingua X / Lingua Y
N.B.: nel bilinguismo bicomunitario, ogni comunità sceglierà tendenzialmente una delle
due lingue sia per gli usi scritti che per quelli informali
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3. Repertori individuali: variazione sociale
“Disseminate in tutte le pieghe del nostro discorso, spie più o meno minute danno in
continuazione al nostro ascoltatore informazioni su chi siamo, che cosa crediamo di
essere, perfino che cosa vorremmo essere. Tra tutte queste informazioni quella più
ribadita è anche quella che sembrerebbe la più immediatamente ovvia, e cioè a quale
sesso apparteniamo, ma sono anche molto fitte le informazioni relative ad altre
opposizioni, sull’asse della classe sociale, dell’età, della provenienza rurale o urbana,
dell’appartenenza a un gruppo religioso (...). Ogni divisione e sottodivisione del gruppo
potrà essere segnalata o comunque rinforzata da varianti linguistiche, ma queste
informazioni danno senso solo se ci si colloca all’interno di un determinato modello
sociale”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
→
lingue maschili vs. lingue femminili
→
lingue ‘speciali’
→
lingue di casta
→
lingue professionali e gergali
→
lingue religiose, segrete, iniziatiche
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3.1 Lingue maschili vs. femminili
Aspetto della caratterizzazione di genere (insieme a voce, vestiario, acconciatura, altri
segni di riconoscimento, etc.)
→ differenza biologica nel timbro di voce vs. differenze determinate culturalmente
(opposizione tra sex, genere biologico, e gender, costruzione socioculturale)
Fonologia: differenze nella realizzazione dei suoni tra parlanti uomini e donne
Es.: realizzazione di /r/ uvularizzata nell’italiano di Parma molto meno comune per le
donne, soprattutto se meno giovani → variante uvularizzata percepita come meno
prestigiosa (dialettale), maggiore attenzione allo status dei parlanti di sesso femminile
(Felloni, M.C., 2011, Prosodia sociofonetica. L’italiano parlato e percepito a Parma, Milano,Franco Angeli)
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Lessico e morfosintassi: utilizzo di forme caratteristiche (lessemi, affissi e particelle
grammaticali, etc.), livello più alto di cortesia linguistica rispetto al linguaggio maschile
Es.: usi linguistici associati alle donne giapponesi
“Japanese is a diversity-conscious tongue. Even if one does not assume any direct
correlation between language and culture, one must acknowledge that Japanese, which is
sensitive to diversity, reflects Japan’s cultural patterns to a considerable extent. (...) The
male language is supposed to be coarse, crude, and aggressive, while the female language
is expected to be soft, polite, and submissive”
(Sugimoto, Y., 2002, Understanding Japanese Society (2nd edition), Cambridge, CUP)
utilizzo di una forma dedicata di pronome di prima persona (atashi)
utilizzo di particelle grammaticali ‘femminili’ (wa, no, kashira)
maggiore utilizzo di prefissi onorifici (mizu ‘acqua’ vs. o-mizu)
maggiore utilizzo di forme verbali cortesi
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3.2 Lingue speciali
“(...) varietà linguistiche di distribuzione circoscritta e riconosciute come tali, proprie di
un gruppo all’interno della comunità. (...) Naturalmente diversità nei confronti del resto
della comunità comporta identità all’interno dei gruppi che così se ne escludono: coloro
che condividono una lingua speciale, nutrono per questo stesso fatto, e rafforzano
attraverso questo uso, un sentimento di identità, di solidarietà, di appartenenza, di
‘ingroupness’”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET; grassetto mio)
→ le lingue speciali non presentano di norma differenze significative a livello
morfosintattico rispetto alla lingua della comuinità; si distinguono soprattutto nel lessico
e nella fonologia (“rendere irriconoscibile la lingua con il minimo sforzo possibile”)
Es.: lingua dei fabbri tuareg
elkilik ‘cervello’ > amkelkilak
→
deformazione delle parole (cornice [am - ak])
→ socioletti: varietà di lingua determinate da un certo ambiente, o associate ad un
particolare gruppo sociale; anche sottocodici
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Lingue di casta: lingue propri di gruppi sociali, in molti casi individuati in base alla
professione, rigidamente stratificati (caste alte vs. basse), talvolta residui di divisioni di
tipo etnico (e linguistico)
Es.: area delle alture del Nilgiri (India meridionale)
Sistema a quattro caste (toda, badaga, kota, kurumba)
Denominazione degli esponenti di ogni casta (uomini e donne) nella lingua di casta di
toda, kota e badaga:
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Lingue professionali e gergali
“Possono avere loro lingue speciali gruppi distinti dal resto della comunità per
comunanza di professione, attività, o semplicemente per l’appartenenza a una particolare
classe d’età. (...) Il punto non è nella diversità pura e semplice dei domini d’esperienza,
quanto nello status che il gruppo ha nella comunità, nel prestigio di cui gode, nel grado in
cui esso aspira, o è costretto, a differenziarsi”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET; grassetto mio)
Es.: linguaggio giovanile
→ esempi di espressioni e strategie morfologiche proprie del linguaggio giovanile entrate
nell’uso corrente: sclerare, fuori di testa (< ingl. out of mind?), suffisso (romanesco)
−aro (metallaro), suffisso −ata; cfr. anche utilizzo di niente
(Radtke, E., 1993, Varietà giovanili, in Sobrero, A. A., (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo, Bari,
Laterza)
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Gerghi: in senso stretto, varietà proprie di gruppi sociali marginali (malviventi,
vagabondi, mendicanti, ambulanti etc.), precepiti come ‘oscuri’ dagli esterni al gruppo
→ espressioni italiane quali rifilare un bidone, dare la stecca e parole come pula e
caramba sono di origine gergale
Ess.: Furbesco (gergo storico dei malviventi italiani), Rugin (gergo dei magnani
comaschi), Taróm (gergo degli spazzacamini ticinesi), etc.
Frammento di testo in Tarüsc, gergo degli ombrellai novaresi (zona del Vergante)
“In la bula dël me tona am salüda Baziful, ël me ciosp, la me manija e al disbala che a
stanci mageer e par ades ad la sgöscia a sbarlìs rìbas”
‘Al paese mio saluti Baziful, mio padre, mia moglie e dica che sto bene e per ora di
fame non muoio affatto’
→ espressioni gergali ‘ospitate’ dal dialetto locale
(Sanga, G., 1993, Gerghi, in Sobrero, A. A., (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo, Bari, Laterza)
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4. Il contatto linguistico
Premessa: in una comunità plurilingue, o in altre situazioni in cui parlanti di lingue
diverse si trovino ad avere rapporti più o meno regolari, avvengono frequentemente
fenomeni di contatto → interferenza tra sistemi linguistici
Interferenza: trasposizione di parole, regole, strutture, categorie, significati, etc. da una
lingua ad un altra
→ fenomeno facilmente visibile nei parlanti bilingui; ad es., l’utilizzo di due volte, in
luogo di due, per le ordinazioni nell’italiano di alcuni altoatesini (dalla struttura
corrispondente tedesca zweimal)
→ l’interferenza avviene anche tramite contatti ‘indiretti’ (influsso di modelli letterari);
ad es., l’uso di realizzare in italiano nell’accezione di ‘comprendere esattamente, rendersi
conto’ (ingl. to realise, forse con mediazione del francese)
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4.1 Interferenze nel lessico
Prestito: elemento del lessico (parola, espressione) preso da un’altra lingua; se adattato,
può non essere più riconoscibile come straniero
Ess.: ragazzo < arabo raqqāṣ ‘corriere, messaggero’; stambecco < ted. medio
steinbock; ostello < fr. antico ostel; baracca < spag. barraca; bolscevico < russo
bol’ševik; manager; computer; software
→ tramite i prestiti, possono entrare in una lingua anche suoni: garage [ʒ] < fr. garage
→ prestito anche di prefissi e suffissi: ‒ismo < lat. ‒ismus < gr. ‒ismós
Calco: elemento del lessico costruito sul modello di una parola straniera
Ess.: ferrovia < ted. Eisenbahn; grattacielo < ingl. skyscraper, comportamentismo <
ingl. behaviourism
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4.2 Commutazione di codice
Commutazione di codice (code-switching): uso alternato di lingue diverse nel discorso
da parte di parlanti bilingui → interferenze a livello di discorso, non di sistema
→ spesso, i parlanti padroneggiano i codici coinvolti in maniera diversa
→ la commutazione può essere motivata (cambiamento di funzione, cambiamento di
interlocutore) o apparentemente casuale (senza relazione con un cambiamento di
situazione o di funzione) → nel secondo caso, quando la variazione avviene
all’interno di un enunciato, alcuni parlano di code-mixing (enunciati mistilingui)
→ il code-switching “riguarda praticamente chiunque sia in contatto con più di una
lingua o dialetto, in modo minore o maggiore”
(Gardner-Chloros, Penelope, 2009, Code-Switching, Cambridge, CUP)
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Esempi di code-switching / code-mixing:
“last time I went to the hospital...the doctor said, no more / inglese!! Adesso eh, capisci
bene, brava brava”
(Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET)
(Gardner-Chloros, Penelope, 2009, Code-Switching, Cambridge, CUP)
Alsazia (Francia), commutazione tra francese e alsaziano (un dialetto tedesco alemanno)
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(Gumperz, J., 1982, Discourse Strategies, Cambridge, CUP, cit. in Gardner-Chloros, Penelope, 2009, CodeSwitching, Cambridge, CUP)
Stati Uniti, commutazione tra inglese e spagnolo (parlante di origine messicana)
→ l’inglese è usato nella descrizione del problema, lo spagnolo viene usato per gli aspetti
che denotano un maggiore coinvolgimento emotivo
“poi io non è che mi posso mettere a fare le telefonate per niente, ogni minuto. / U
telèfunu u pavu iu!!”
(Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET)
→ commutazione italiano / dialetto (siciliano catanese)
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“Ma voi stasera non lo volete fare? Ma vvuje masséra nə lə vulətə fá? Il bello è che nə lə
vu fá né di mmartedì né di giovedì pecché...Comme gli è mmenuto a la coccia de scrive
accussì, mi domando e mi chiedo; tu gliel’hai detto. E tu ci hai parlato. Io che ne so, bella
rrobba, campa cavallo”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
→ alternanza di italiano e dialetto chietino:
(a) esordio in italiano standard, enfatico
(b) frase in dialetto, più rapida e sbrigativa
(c) commistione ironica di italiano e dialetto
→
ricerca della solidarietà degli
ascoltatori, ingroupness
(d) nuovo uso, caricaturale, dell’ italiano
→ scelte linguistiche legate all’argomento, al discorso riportato, dagli stili che riproduce,
dall’effetto che vuole ottenere sugli interlocutori
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