Terzo incontro - Parrocchia Santa Maria Regina

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Terzo incontro - Parrocchia Santa Maria Regina
1dicembre ‘11
Terzo incontro di catechesi
Genesi 1-11
I racconti dell’Inizio
La serata è organizzata in due momenti che, da punti di osservazione differenti, illuminano
il tema centrale: la relazione tra fratelli.
Attraverso le parole di Genesi - nella traiettoria eziologia e metastorica che abbiamo ormai
imparato a maneggiare-, la sacra
Scrittura risale alle origine per
spiegare
l’assurda
follia
dell’antagonismo e della violenza
che si annida nella relazione tra
fratelli:
ne
offre
una
interpretazione e invita ogni lettore
a riflettere sulla propria condizione,
evitando il male, disinnescandolo
nel suo sorgere.
In seconda battuta, l’intervento
della psicologa Stefania Martignon,
permetterà
di
entrare
nello
specifico della relazione malata che
porta due fratelli allo sviluppo di
competitività e odio.
Genesi 4,1-16
1Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho
acquistato un uomo dal Signore». 2Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era
pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
3Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; 4anche
Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta,
5ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era
abbattuto. 6Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo
volto? 7Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è
accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo». 8Caino disse al
fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano
contro il fratello Abele e lo uccise. 9Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo
fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». 10Riprese: «Che
hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11Ora sii maledetto lungi
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da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12Quando
lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra».
13Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? 14Ecco, tu
mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e
fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». 15Ma il Signore gli disse:
«Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un
segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. 16Caino si allontanò dal Signore
e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.
I due fuochi su cui la riflessione si centra li enuncio subito: da un lato il dialogo effimero
tra Caino e Abele, e, dall’altro, il nuovo appello alla libertà umana nella opzione per il
bene contro il male.
Ma andiamo con ordine raccogliendo anzitutto dei punti di esegesi per poi trarre delle
conclusioni più generali.
L’apertura del racconto
1Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un
uomo dal Signore». 2Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e
Caino lavoratore del suolo.
L’introito è fondamentale per inquadrare la prospettiva del racconto, infatti i due figli sono
presentati con differenze nette ed inequivocabili. Caino, il primogenito viene alla luce come
il frutto dell’azione congiunta tra Eva e Dio; il verbo usato, qaniti, che ha anche assonanze
col nome del figlio, che significa creare, costruire o anche acquistare, è relazionato all’azione
di Dio: come Dio è capace di creare, così la donna ha capacità generative. Il figlio che ne
viene è segno della benedizione di Dio e dell’essere umano. Qui è partorito un dono, e lo
stesso nome Caino, esprime la collaborazione tra la sfera divina e quella umana. Di Abele
nulla si dice, se non che viene alla luce dopo Caino, senza specificazioni temporali che
permettono di pensarlo sia come fratello sia come gemello del primogenito. Di lui non si
dice che sia il frutto di un desiderio e di una azione di Eva e di Dio, e il suo nome è già
espressione della sua identità. Egli porta un nome eloquente: Hevel, che nella tradizione
ebraica non sarà mai più ripreso come un nome proprio. Hevel significa vuotezza, vacuità,
alito (non soffio), fiato effimero; in sostanza è la dichiarazione di inconsistenza strutturale
votata sin dal suo sorgere alla scomparsa e alla disfatta.
La radice del nome Hevel è utilizzata nella forma oggettuale dal Qoelet nei suoi famosissimi
passaggi in cui richiama la vanità delle cose: vanità delle vanità, allora, è vuotezza della
vuotezza, vacuità delle vacuità.
Insomma, non è proprio un bel modo di accogliere la vita di un figlio che nasce
Il tema di tutto il racconto, da ora in poi si struttura sulla relazione tra i due fratelli uguali e
diversi, mentre Adamo ed Eva escono di scena.
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Due identiche offerte
3Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; 4anche Abele
offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5ma
non gradì Caino e la sua offerta.
Il testo è molto interessante
perché mostra i due fratelli in
un’opera religiosa di amore
verso Dio. Entrambi offrono
al Signore le cose migliori del
proprio
lavoro
e
si
dimostrano
attenti
alle
prescrizioni; a prima vista
non ci sono differenze
apparenti che possano, come
sappiamo, giustificare la scelta
divina di apprezzare il dono
di Abele e di non gradire
quello di Caino. Il volto di
Dio che emerge è davvero
singolare e immediatamente scorretto: avrebbe dovuto accettare di buon grado l’offerta di
entrambi perché le due offerte erano identiche e volute dai fratelli con il medesimo anelito
religioso.
Ma la differenza tra le due offerte in realtà non sta nella loro natura o nella qualità del
cuore dei fratelli, bensì si evince dal contesto generale, esattamente quello descritto
all’inizio. Caino è l’uomo amato, desiderato, apprezzato dai genitori e da Dio stesso; su di
lui è investita un’attesa significata nel nome a lui dato. Abele invece è l’uomo senza dignità,
che passa senza essere osservato, che non suscita approvazione né disprezzo. È la persona
che non riceve amore dalla madre e apparentemente neanche da Dio. Abele è
l’incarnazione del nulla, che non merita nulla.
Ora, di fronte a questa situazione di ingiustizia relazionale, Dio prende posizione e sceglie
l’offerta di chi non vale niente agli occhi di sua madre e di suo fratello. Sinora Caino ha
ricevuto tutto dalla famiglie a da Dio; ora comincia ricevere qualcosa anche la nullità Abele.
Dio sceglie chi non viene scelto. In questo senso il peccato di Caino non si configura
immediatamente come gelosia o invidia per il fratello Abele ma come il rifiuto di un Dio
pazzo che dà valore a chi non ha valore, che apprezza e stima il dono di una nullità e di
uno totalmente svantaggiato. Per Caino è intollerabile che Dio guardi l’inetto e ignori lui,
Caino.
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Il primo focus del racconto: tu domina il peccato
Caino ne fu molto irritato e il suo volto era
abbattuto. 6Il Signore disse allora a Caino:
«Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo
volto? 7Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo
alto? Ma se non agisci bene, il peccato è
accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo
istinto, ma tu dòminalo».
Dio avverte che qualcosa nel cuore di Caino si è
inceppato, ed interviene domandando ragione di
tale atteggiamento. Sino ad allora Caino, così
come appare dai versetti precedenti, aveva tenuto
il volto rivolto verso l’alto, verso Dio, mai lo ha
orientato orizzontalmente verso suo fratello, ed
ora il suo sguardo cade sulla terra senza più incrociare né Dio né il fratello.
Dio descrive la natura dell’atteggiamento di Caino e fa ricorso ad una potente immagine.
Viene utilizzato il termine robets, che descrive il sonnecchiare della bestia famelica che è
apparentemente disattivata ma che sta in realtà costruendo una imboscata per la sua preda;
il peccato è come un leone pronto a scattare alla prima occasione perché ha organizzato
ogni dettaglio del tranello.
Ora, il peccato che Caino sta covando in cuore è simile all’atteggiamento della bestia
accovacciata alla porta che fa finta di nulla ma che ha già gli artigli sguainati; e mentre
Caino macchina la sua trama dentro di sé, non si accorge di diventare egli stesso come una
bestia famelica assetata di sangue.
Per Dio il peccato è coltivare questo atteggiamento minaccioso e apparentemente innocuo.
Ma ecco il primo centro del racconto: il peccato è alle porte della vita di Caino, e con la
sua anche alle nostre porte, tuttavia l’uomo può dominarlo; il peccato non è una fatalità
ineluttabile che sbaraglia le difese dell’uomo, esso può essere arginato, dominato e respinto,
e l’uomo rimane responsabile delle sue azioni.
In questo passo dove si evoca l’azione di una bestia feroce, si fa riferimento ad un’altra
bestia, il serpente del capitolo terzo. Due bestie per raccontare il mistero della relazione tra
il male e la creaturalità della libertà umana.
“l’odio è un sentimento che conduce all’annientamento dei valori. Quando odiamo
qualcosa, poniamo tra la nostra intimità e quella, una potente molla d’acciaio, che
impedisce la fusione, sia pur transitoria, della cosa con il nostro spirito. Di essa esiste per noi
solo quel punto dove la nostra molla di odio si rivolge: tutto il resto o rimane sconosciuto
o lo dimentichiamo, facendolo così estraneo. Ad ogni momento quell’oggetto si consuma,
diminuisce e perde valore. Il rancore è una emanazione della coscienza di inferiorità. È la
soppressione immaginaria di colui che non possiamo eliminare realmente con la nostra
forza. Nella nostra fantasia colui per il quale sentiamo rancore, porta l’aspetto livido del
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cadavere; lo abbiamo ucciso, annientato nell’intenzione” (Ortega, Meditazioni del Don
Chisciotte)
Il secondo focus del racconto:
8Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino
alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
Questa traduzione che tutti
conosciamo, in realtà è frutto di
un aggiustamento successivo. Il
testo originale ebraico suona
letteralmente così: “Caino disse al
fratello Abele…. mentre erano in
campagna, Caino insorse contro
Hevel e lo uccise. Le traduzioni
odierne considerano la cesura del
testo come una perdita di
materiale dovuta ai passaggi
successivi.
L’interpretazione che ci convince
molto e che offriamo ha un suo
senso proprio per l’omogeneità del discorso che nella vuotezza della dialogo tra i fratelli
trova seria conferma. Ciò che i due fratelli ormai hanno da dirsi e da darsi è solo il silenzio:
Caino ha ormai negato il suo sguardo al fratello e ora gli nega anche la parola; Abele non
ha superato i vincoli della sua identità e si è trincerato nella difesa di sé. Quando le relazioni
umane giungono al silenzio colpevole perdendo ogni contenuto, il parlare diventa un
dialogo “spiante”, le parole sono finalizzate a fare del male.
È in questo abisso di silenzio, di vuoto spaventoso che si compie il delitto: quando ormai
nulla si ha più da dire, la premeditazione di agguato diventa azione, e il rancore covato
negli anni si trasforma in trappola mortale.
Caino insorge contro il fratello e lo uccide. Il testo non indulge sui particolari mostrandosi
molto più attendo ai preliminari che hanno prodotto l’omicidio. Ora Caino, portando a
compimento il suo piano bestiale, è così vinto dal peccato da essersi trasformato nella bestia
minacciosa che entra in azione. Hanno vinto la rabbia e il rancore che, nel vuoto della
relazione e del dialogo, ha trovato il substrato in cui attecchire, crescere e portare frutto.
Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono
forse il guardiano di mio fratello?»
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La domanda di Dio che interpella Caino altro non fa che ulteriormente avallare quanto
detto sinora: Caino si rivela un bugiardo, ma più in profondità rivela chi sia stato per lui
Abele: un non fratello. Egli ha commesso il delitto perché non si è mai accorto di avere un
fratello e di essere un fratello: ebbene questa mancanza totale di sensibilità lo ha portato a
lasciar spazio ad idee falsate su Dio, a covare astio e rancore verso Abele, a sospendere ogni
rapporto con lui, ad elaborare una strategia delittuosa, a portarla a compimento e, infine a
non rendersi conto del male commesso sino a perpetuare e cronicizzare la sua disumanità.
Il racconto di Caino e di Abele - ora appare più chiaro a tutti -, è la narrazione eziologica e
metastorica della vicenda umana contemporanea, nella quale l’uomo combatte e uccide suo
fratello, costruisce rapporti di antagonismo e si comporta come una bestia assetata di
sangue. Ogni epoca della storia del mondo conosce fatti efferati di sangue che macchiano la
relazione fondamentale della fratellanza: Genesi 4 ne dà una sua interpretazione efficace,
che a me pare davvero convincente.
A questo punto mi fermo a lascio la spazio alla dottoressa Martignon che illustra dal punto
di vista psicologico cosa significhi il silenzio delle relazioni tra fratelli.
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