Tuscia, poesia di paesaggi
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Tuscia, poesia di paesaggi
34 EVENTI GIOVEDÌ 7 MAGGIO 2015 IL DOCUMENTARIO IL GIORNALE DI LATINA Walter Veltroni, ospite di Lievito, ieri ha incontrato i ragazzi del liceo scientifico G.B. Grassi “I bambini sanno” e lo raccontano Il mondo, la vita e i grandi temi d’attualità spiegati da trentanove ragazzini tra gli 8 e i 13 anni di FABRIZIO GIONA “S pero che lo vedano i nostri genitori, cosìci capiranno meglio”.Walter Veltroninonpoteva aspettarsi un complimento migliore da una ragazzina che aveva appena finitodi vedere ilsuo ultimo film “I bambini sanno”, uscito al cinema il 23 aprile scorso. Un documentario che vede protagonisti assoluti i più piccoli, le loro idee, i loro pensieri ma soprattutto la loro percezione della realtà, così lucida e sincera. Un’istantanea dell’Italia di oggi e dei grandi temi che tanto fanno discutere, il tutto attraverso gli occhi di chi ha ancora quel candore fanciullesco impresso sul viso. Ieri mattina alliceo scientifico G. B. Grassi la presentazione in anteprima assoluta a Latina nell’ambito della rassegna “Proseguendo Lievito”, alla presenza dell’autore Walter Veltroni e del direttore artistico della kermesse Renato Chiocca. Un incontro di grande intensità che ha visto eccellere la spontaneità e la grande preparazione culturale di uno dei politici, scrittori e giornalisti più seguiti del ventesimo secolo, da sempre appassionato di cinema ma per anni “prestato” ad altre attività professionali. Una presentazione semplice ed informale dinanzi al pubblico e agli studenti pontini, curiosi di vedere il secondo documentario LIBRI Bisognerebbe mantenere un pò tutti la spontaneità dell’essere bambini Walter Veltroni Regista de “I bambini sanno” g realizzato da Veltroni che già si prospettadigrande successo–il primo lavoro, “Quando c’era Berlinguer”, ha vinto il Nastro d’Argento e incassato poco meno di un milione di euro. Ne “I bambini sanno”, prodotto da Sky e realizzato da Wildside in collaborazione con Palomar, Veltroni in qualità di intervistatore interroga trentanove ragazzini tra gli 8 e i 13 anni, di diverse estrazioni sociali, identità culturali e religiose, residenti in molte regioni d’Italia. A loro fa domande sull’amore, sulla famiglia, su Dio e le religioni, ma anche sull’omosessualità, la crisi e le passioni. Ne viene fuori un quadro ben delineato, con posizioni differenti ma tutte condivisibili se rapportate ai differenti contesti familiari in cui si trovano a vivere. Uno sguardo inedito sul mondo che racconta, con momenti a tratti A sinistra Renato Chiocca e Walter Veltroni. In alto Veltroni con il piccolo Kevin esilarantia tratticommuoventi, lavita daunpuntodi vistapuro, incondizionato e disinteressato, come solo quello dei più piccoli sa essere; che racconta di come i bambini vedono i grandi e il futuro e di come essi abbiano bisogno di essere ascoltati e compresi,trattati perquelloche sono, bambini per l’appunto. “Ho visto in tutto 350 bambini – racconta Veltroni prima della proiezione – e ne ho scelti 39 con l’idea di comporre una classe ideale, con diverse estrazioni sociali, diverse etnie, diverse religioni ecc. Poi sono andato alla ricerca delle diverse storie ed infine mi sono lasciato trasportare dai messaggi che lanciavano con i loro occhi. Ed eccoli qua, in questo documentario. La cosa che più mi ha colpito in questi incontri – continua – è stata la voglia di parlare che avevano questi ragazzini. Io ero un grande per loro ma un grande che li stava a sentire. Loro hanno capito che io li stavo solamente ascoltandoe nonche li giudicavo, così si sono aperti dicendo cose meravigliose, pur nella loro semplicità. I bambini hanno una grande fretta ma la loro fretta è dovuta alla grande voglia di scoprire le cose. Spero che questo senso di scoperta possa stupirvi alla fine del film”. E stupore è stato. Oggi ospite Sofia Varoli Piazza LA RECENSIONE: IL CONCERTO DI FRANCESCO TASKAYALI Tuscia, poesia di paesaggi Un nuovo incontro per la rassegna “Un Libro nella Natura”, il ciclo di conversazioni dedicato alla letteratura naturalistica promosso dalla Fondazione Roffredo Caetani onlus. L’appuntamento di oggi alle 17.30, presso la sala convegni del Parco Pantanello, vedrà protagonista “La Tuscia Paesaggi e giardini” di Sofia Varoli Piazza. Introdurrà l’autrice Antonella Ponsillo, consigliere della Fondazione. L’architetto dei Giardini e del Paesaggio dell’Università della Tuscia, membro del Comitato Scientifico Associazione Parchi e Giardini d’Italia e consigliere della Fondazione Roffredo Caetani, narra della poetica che sottende i paesaggi e i giardini della Tuscia attraverso un’indubbia competenza sulla materia, una grande sensibilità e delicatezza che la porta a confrontarsi con le diverse realtà botaniche e sempre in riferimento ad uno spirito romantico. La terra nella regione viterbese è di per sé scultura dalle innumerevoli forme scolpita at- traverso i vulcani, le conche lacustri e i vasti pianori al centro che definiscono gli inconfondibili lineamenti del paesaggio dell’alto Lazio. Dal ciglio dei promontori rocciosi s'innalzano le mura dei borghi e i muri delle case, connaturati entram- bi con le pareti di tufo e tutto intorno la natura. Il filo conduttore di “La Tuscia. Paesaggi e Giardini” segue la relazione antichissima che unisce l'uomo al territorio: la natura del bosco e dei luoghi selvatici, la natura del paesaggio agro-silvo-pastorale, la natura dei parchi e dei giardini di delizia, la natura all'interno dei luoghi abitati. Questo paesaggio naturale e naturalizzato, il paesaggio agrario prodotto dall'uomo in millenni di fatica contadina, l'intrico di piante che sale dalle forre fin sui fianchi dei borghi arroccati, i viali alberati e i grandi alberi solitari, gli orti, i frutteti e i giardini, sono beni culturali-ambientali inalienabili. Il luogo narrato è quella terra che è grande maestra di poeti. Ieri sera, al Circolo Cittadino di Latina, mentre la città si affannava a sopravvivere alla notte, mentre i pensieri e i rumori della sera cambiavano volto a Piazza del Popolo, qualcuno giocava con il silenzio e ballava con il tempo che rimaneva sospeso per lunghi tratti, aleggiante nella sala. C’era ordine e caos. C’erano anche, compagne di ogni impulso creativo, il tormento e la serenità, abbracciati come amanti che si stanno per perdere. C’era il bianco e il nero di un pianoforte e Francesco Taskayali, giovane compositore, elogio alla follia disordinata, ma anche alla gioventù che fa fermare come contro un muro a rimirare il più banale dei pleniluni con sguardo sognante. Una trama di accordi e di scale che si inseguono a volte ingenuamente, a volte con sapienza. E il pubblico, numeroso, ha svolto finalmente il suo ruolo: ha pagato il biglietto, si è seduto nella penombra ed ha applaudito ogni volta che lo sguardo di Taskayali – quello sguardo che con la musica ha girato il mondo e che suonava nella sua città dopo tre anni di lontananza – si alzava su di loro. Sono passeggiate, momenti, sogni strappati. Non c’è stata coerenza, non c’è stato senso da ricercare. Solo alcune note in gocce strappate al silenzio. Solo alcuni frammenti di silenzio, strappati al rumore. Don Nadie