Nelle parole di Ayala l`eredità di Falcone e Borsellino
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Nelle parole di Ayala l`eredità di Falcone e Borsellino
Commenta Attualità 14-05-2014 Nelle parole di Ayala l’eredità di Falcone e Borsellino Ieri in città l’incontro-dibattito del giudice nel pool antimafia Articolo di Mariateresa De Lucia - BENEVENTO – «Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci hanno lasciato una grande eredità professionale (il cosiddetto metodo Falcone) ma ancor più importante è l’eredità umana. Non dovete pensare a loro come a due eroi, sono stati sicuramente due martiri, ma erano prima di tutto due uomini, come ne vorremmo incontrare tanti nella nostra vita». E’ qui che la voce di Giuseppe Ayala non riesce più a nascondere l’emozione. E’ questo uno dei passaggi più significativi ed emozionali che il magistrato, negli anni ’80 nel pool antimafia con Falcone e Borsellino, regala alla gremita aula magna dell’Università Giustino Fortunato di Benevento, che lo ha ospitato ieri mattina per un incontro-dibattito intitolato come il suo ultimo libro “Troppe coincidenze. Mafia, politica, apparati deviati, giustizia: relazioni pericolose e occasioni perdute”. Un libro che si pone interrogativi importanti. Uno tra tutti. Le stragi di Capaci e via D’Amelio furono solo colpa di Cosa Nostra? La tesi di Ayala vi ricomprende anche quegli apparati istituzionali deviati e, come spiega chiaramente il titolo del volume, non crede alle coincidenze. Ma nel suo intervento l’ex magistrato torna subito al punto: «Falcone mi ha cambiato due volte – prosegue – quando è arrivato nella mia vita (perché prima di incontrarlo non mi sarei mai immaginato di fare quello che ho fatto) e quando se ne è andato, perché non ho nessuna remora a dire che mi manca da morire e non c’è giorno della mia vita in cui io non pensi a lui». L’applauso commosso lo travolge e per un attimo i tanti studenti dell’università ma anche degli istituti superiori del Sannio sembrano avere un quadro chiaro di una lotta che è sì storia recente ma appare cristallizzata in immagini tv indimenticabili e allo stesso tempo incredibilmente lontane. Uno spunto ribadito anche nell’introduzione dell’incontro a cura dei professori Angelo Scala e Francesco Santocono. In particolare Santocono rimarca: «Sono doppiamente felice di questa testimonianza. Come siciliano, infatti, la sento ancor di più perché la mafia, in Sicilia, si vive non solo nei tg ma per strada, a scuola, dovunque». Ed è questo uno dei motivi per cui Ayala si impegna «Nel 2007 – esordisce nel suo racconto – alcuni giornalisti scrissero una cosa che mi colpì molto: “Ayala deve ancora pagare il torto di essere rimasto vivo”. E’ da lì che ho deciso di scrivere e di testimoniare ciò che ho vissuto». L’incontro è denso e ricco di spunti. Dal “cambio di strategia” di Cosa Nostra, con l’attacco agli esponenti delle istituzioni, all’intuizione di mettere in connessione i diversi casi. Dalla creazione di un pool di magistrati alla terribile guerra di mafia che “dall’aprile del 1981 fece 300 morti l’anno a Palermo”. Dai primi collaboratori di giustizia al super pentito Tommaso Buscetta “che aprì il portone della mafia e ci svelò cosa era Cosa Nostra. Una ricostruzione minuziosa fino al maxi processo, il più importante dell’intera storia giudiziaria italiana, quello che con la conferma di tutte le condanne del maxiprocesso in Cassazione, nel 1992 “assestò un pesante colpo a Cosa Nostra” e provocò la “stagione delle stragi” e le uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino. Giuseppe Ayala non manca di sottolineare le “incomprensioni” con alcuni esponenti dello Stato e la fine dell’esperienza del pool antimafia prima di concedersi alle domande dei ragazzi. Incontri tra storia e cuore, per disegnare il futuro. Link alla notizia sul web: http://benevento.ottopagine.net/2014/05/14/nelle-‐parole-‐di-‐ayala-‐leredita-‐di-‐falcone-‐e-‐ borsellino/