La Fede: Abbracciare la nostra umanità

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La Fede: Abbracciare la nostra umanità
Relazione fede : Abbracciare la nostra umanità
Abbracciare la nostra umanità o accettare la nostra umanità, il nostro essere umani alla
luce della fede è un passaggio obbligatorio. Non si può avanzare nel cammino cristiano
se non si prende coscienza del nostro essere umani .
Facciamo due distinzioni: differenza tra abbracciare ed accettare.
Abbracciare in se presuppone sentire il calore , l’affetto, la vicinanza.
Accettare può dare il senso dell’accoglienza “noi ti accettiamo nel nostro gruppo”, ma
può anche dare il senso di passività, di resa, di soccombere ad una situazione o ad una
persona.
Accettare di essere persone umane non è un fatto semplice e scontato e da cristiani
diventa ancora più complicato, perché la fede ci fa scoprire di più noi stessi, le nostre
debolezze, i nostri limiti. Accettare la nostra umanità significa accettare, la stanchezza,
la fatica e la rabbia, il fallimento, l’angoscia, la paura.
In tutto ciò quale ruolo riveste Dio? Dio innanzitutto proprio perché ci ama ci dà la libertà
di scegliere Siracide 2
1 Figlio, se ti presenti per servire il Signore,
preparati alla tentazione.
2 Abbi un cuore retto e sii costante,
non ti smarrire nel tempo della seduzione.
3 Sta' unito a lui senza separartene,
perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni.
4 Accetta quanto ti capita,
sii paziente nelle vicende dolorose,
5 perché con il fuoco si prova l'oro,
e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.
6 Affidati a lui ed egli ti aiuterà;
segui la via diritta e spera in lui.
Ci indica una via umanizzata dalle proprie scelte dice: cuore retto, si costante non
smarrirti nella prova, accettare quanto ci capita, pazientare nel dolore e nella sofferenza,
di seguire una via dritta e di sperare in lui. Tante volte commettiamo come cristiani un
grave errore, quello di sentirci sicuri che nella nostra vita visto che siamo cristiani e
possibilmente ferventi nulla ci può turbare tali cose sono solo per gli uomini di questo
mondo, niente di più grave, tale idea è lontana dalla sacra scrittura, noi non abbiamo
una via preferenziale ma una marcia in più.
Un altro rischio che corriamo come cristiani è quello di usare Dio come fosse un
anestetico , lo si può usare per addormentare le nostre inquietudini o le sofferenze, le
paure, le angosce, con frasi fatte ed adatte all’occorrenza “niente prega che ti passa, ma
non hai fede continua a pregare, a te le cose non cambiano perché tu le vuoi subito, devi
fare la volontà di Dio e una bella pacca sulla spalla.” Accettare la realtà che viviamo e
che ci fa male è l’atto più grande di fede che possiamo compiere, accettare nel silenzio e
nella compostezza,gridando a Dio dal profondo del nostro cuore è segno di maturità
cristiana ed umana.
Essere umani significa per prima cosa saper vedere ed accettare la realtà, prima di
volerla trasformare,se questo è necessario. Essere umani esige un’apertura a tutto ciò
che costituisce la realtà. Esige l’abbandono di quanto ci chiude in un mondo di
illusioni, di sogni, di ideologie, di paure. Essere umani significa accettare noi stessi
come siamo, con la nostra storia, e accettare l’altro così com’è. Essere umani significa
rifiutare di lasciarsi dominare dalla collera o dalla depressione, rifiutare di lasciarsi
schiacciare dalla realtà o di volerla cambiare per forza, ma impegnarsi, con gli altri, per
farla evolvere verso una vita più intensa, verso l’unità e la pace.
La sacra scrittura è ricca di esempi di uomini eroici nella fede ,ma anche deboli nella
loro umanità.
10 Mosè disse al SIGNORE: «Ahimè, Signore, io non sono un oratore; non lo ero in passato e non lo
sono da quando tu hai parlato al tuo servo; poiché io sono lento di parola e di lingua». 11 Il
SIGNORE gli disse: «Chi ha fatto la bocca dell'uomo? Chi rende muto o sordo o veggente o cieco?
Non sono io, il SIGNORE? 12 Ora dunque va', io sarò con la tua bocca e t'insegnerò quello che
dovrai dire». 13 Mosè disse: «Ti prego, Signore, manda il tuo messaggio per mezzo di chi vorrai!»
Il lamento di Giobbe
Gr 20:14-18
Giob 3:1 Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il giorno della sua nascita.
2 E cominciò a parlare così:
3 «Perisca il giorno che io nacqui
e la notte in cui si disse: "È stato concepito un maschio!"
4 Quel giorno si converta in tenebre,
non se ne curi Dio dall'alto,
né splenda su di esso la luce!
Geremia 20-14-15
14 Maledetto sia il giorno che io nacqui!
Il giorno che mia madre mi partorì
non sia benedetto!
15 Maledetto sia l'uomo che portò a mio padre la notizia:
«Ti è nato un maschio»,
e lo colmò di gioia!
1RE 17-3 Elia, vedendo questo, si alzò, e se ne andò per salvarsi la vita; giunse a Beer-Sceba, che
appartiene a Giuda, e vi lasciò il suo servo; 4 ma egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino,
andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: «Basta!
Prendi la mia anima, o SIGNORE, poiché io non valgo più dei miei padri!»
Giona 1:1 La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini:
2 «alzati, va' a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a
me».
3 Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del SIGNORE.
Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo
del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
36 Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non
hanno pastore
36 Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani e disse ai discepoli: «Sedete qui
finché io sia andato là e abbia pregato». 37 E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò
a essere triste e angosciato. 38 Allora disse loro: «L'anima mia è oppressa da tristezza mortale;
rimanete qui e vegliate con me». 39 E, andato un po' più avanti, si gettò con la faccia a terra,
pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non
come voglio io, ma come tu vuoi».
Gesù guarisce un lebbroso
=(Mt 8:2-4; Lu 5:12-16) Lu 17:12-19
40 Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio, lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi
purificarmi!» 41 Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio; sii purificato!»
Giov 11-33-35
33 Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si
commosse profondamente, si turbò e disse: 34 «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni
a vedere!». 35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!».
Il Salvatore è nato in un presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri; è stato
presentato al Tempio con due piccioni, l’offerta di coloro che non potevano permettersi di pagare
un agnello (cfr Lc 2,24; Lv 5,7); è cresciuto in una casa di semplici lavoratori e ha lavorato con le
sue mani per guadagnarsi il pane. Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di
diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di
me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio»
(Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al
centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20); e con essi si
identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare»,
Cosa dire sulla passione morte e resurrezione, li si accanì tutta la violenza che l’essere umano può
concepire e realizzare, tutta l’incoerenza dell’uomo e la sua fragilità. Coloro che lo osannavano alle
porte di Gerusalemme dopo pochi giorni lo barattarono con un uomo violento un assassino, coloro
che lo seguirono per tre anni lo abbandonarono e si nascosero per paura, perfino Pietro che prima
disse “Signore da chi andremo tu solo hai parole di vita eterna,e tu se il Cristo il figlio del Dio
vivente” a Gerusalemme per paura rinnegò di conoscerlo per tre volte. Gesù si è rivelato a noi
come Dio ma anche come vero uomo simile a noi è apparso in forma umana.
La formica innamorata.
Un giorno in cui il re Salomone
passeggiava nel deserto, vide un formicaio.
Subito tutte le formiche smisero di lavorare per venire
a salutarlo. Il re notò che una di esse, lontana dalle
altre, continuava il suo lavoro. Avvicinatosi, le
chiese: “Che cosa fai, dunque?”. Senza smettere di
lavorare, rispose: “Vedi, mio re, sposto questo mucchio
di sabbia, granello per granello”. “È un lavoro
troppo grosso per un piccolo animaletto come te.
Guarda l’altezza di questo mucchio di sabbia, pur
continuando senza pausa, non sarà abbastanza la
tua vita intera per spostarlo”. “Forse hai ragione,
mio re, ma vedi, dall’altro lato di questo mucchio di
sabbia si trova la mia amata. È l’amore che mi fa lavorare
così e niente potrà distrarmi dal mio compito.
E se venissi a morire prima di aver raggiunto il mio
scopo, avrò conosciuto la speranza durante tutta la
mia vita”. Così parlò la formica innamorata e Salomone
comprese che aveva appena scoperto l’amore
vero su un sentiero del deserto.
Un bell’esempio per tutti per riequilibrare “l’umanità
dell’uomo nell’umanità di Cristo”.
AMEN