Nostoi. Capolavori ritrovati: Ceramica attica a figure nere
Transcript
Nostoi. Capolavori ritrovati: Ceramica attica a figure nere
CERAMICA ATTICA A FIGURE NERE 4. Anfora attica a figure nere con la lotta tra Eracle e Gerione Attribuita al Pittore di Berlino 1686, ca. 540 a.C. H. 42; diam. 27 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.92 Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale Per la sua decima fatica al servizio di Euristeo, Eracle ricevette l’ordine di rubare il bestiame di Gerione, un selvaggio guerriero con tre corpi che viveva in un’isola nel lontano Occidente, ai confini del mondo, noto ai Greci e identificabile grosso modo con l’odierna penisola iberica. Traccia toponomastica del mitico ritorno dell’eroe dall’impresa, attraverso la Gallia e l’Italia, è riscontrabile in una serie di luoghi mitici “erculei” (l’ara maxima Herculis a Roma, la città di Ercolano, ecc.), a indicare l’annodarsi di relazioni culturali tra il mondo indigeno etrusco-italico e quello greco. Eracle riuscì nell’impresa dopo aver ucciso il mandriano e il cane a due teste di Gerione. Sul lato principale è raffigurata l’ultima fase dell’athlon quando Eracle, nella consueta armatura con la leonté e la clava, affronta lo stesso Gerione, armato come un oplita greco e, sotto l’assalto dell’eroe, uno dei corpi di Gerione tenta invano di fuggire. Accanto a Eracle è un uccello, l’aquila del padre Zeus, presagio dell’immancabile vittoria. Intorno alle figure sono dipinte molte pseudoiscrizioni, usate in chiave decorativa. L’altro lato del vaso ripete – un uso poco frequente, ma tipico di questo ceramografo – la stessa scena con poche varianti. Il Pittore detto di Berlino 1686 (dal nome di un vaso nella Antikensammlung berlinese) lavorò nel Ceramico di Atene tra il 550 e il 530 a.C. circa, specializzandosi nella decorazione di anfore su cui dipinse scene di dei, eroi e guerrieri. BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 81-83, cat. n. 34. 60 5. Anfora attica a figure nere con la processione nuziale di Admeto e Alcesti Attribuita al Gruppo delle Tre Linee, ca. 530 a.C. H. 29; diam. 17,3 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.93 Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale Sul lato principale del vaso è la scena della processione nuziale di Admeto, re di Tessaglia, e Alcesti, la coppia mitica famosa perché la donna volle sostituirsi al marito nel suo destino di morte immatura. Dopo il suo ritorno fra i vivi, dovuto all’intervento di Eracle che scese nell’Ade per strapparla al regno dei morti, i due giovani poterono celebrare le loro nozze. Gli sposi sono raffigurati in piedi sulla quadriga; Admeto, vestito con un chitone tiene le redini dei cavalli, Alcesti è velata, con un mantello riccamente decorato. Dietro di loro è un’altra figura femminile ammantata. In secondo piano, dietro i cavalli, è Apollo (il dio che aveva profetizzato il destino di Admeto) con la cetra, e di fronte a lui Artemide con il polos sul capo. Davanti ai cavalli altre due figure, forse Demetra e Persefone o Afrodite e Semele. Dietro la coppia è Dioniso, con un bambino. Il lato secondario del vaso presenta una quadriga vista di fronte con due coppie di donne e adolescenti o bambini ai lati; vi sono iscritti i nomi di Admetos e Alkestis. Tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. le scene nuziali, umane o divine, erano molto popolari sui vasi greci. Il cosiddetto Gruppo delle Tre Linee comprende un piccolo gruppo di anfore, prodotte da una sola officina ateniese attiva verso il 530 a.C. e trae il suo nome da un motivo decorativo accessorio sulla parte inferiore dei loro vasi. BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 81-83, cat. n. 35. 62 6. Hydria attica a figure nere con cavalieri sciti Attribuita alla cerchia del Pittore di Antimenes, 530-520 a.C. H. 46,2 Già Museum of Fine Arts, Boston 1979.614 Il vaso, proveniente dall’Etruria, in particolare dall’area di Vulci, mostra sul corpo quattro cavalieri barbari in marcia mentre nella fascia ristretta inferiore sono raffigurati due leoni che sbranano un animale. Sulla spalla una scena di partenza di un guerriero sul carro, in presenza di altre cinque figure. L’espansione nel nord della penisola greca, alla ricerca di regioni metallifere, aveva portato gli Ateniesi in contatto con i Traci, stanziati nell’area dell’attuale Bulgaria, di cui si servirono spesso come eccellenti cavalieri mercenari e con gli Sciti, che abitavano la costa settentrionale del Mar Nero. I loro variopinti costumi compaiono spesso come un elemento di esotismo sui vasi dell’epoca (cfr. infra lo psykter a figure rosse con cavalieri dal Metropolitan e il cratere a campana del Pittore della Centauromachia del Louvre). Gli Sciti in particolare erano utilizzati come “poliziotti” dai magistrati ateniesi. BIBLIOGRAFIA: Beazley Archive: 9980; K. Schauenburg, Siegreiche Barbaren, AM 92, 1977, pp. 91-100. 64 7. Kylix attica a figure nere con scena di simposio Attribuita alla maniera del Pittore di Lysippides e al vasaio Andokides, ca. 520 a.C. H. 13, 6; diam. 36,4 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 87.AE.22 Nel fregio interno della coppa, che si snoda intorno a un tondo con maschera gorgonica, sei uomini siedono in simposio sotto una pergola di vite dai lunghi tralci e appoggiati a dei cuscini ascoltano un suonatore di lira: tema perfettamente adeguato alla funzione dell’oggetto, una coppa per vino. Il motivo apotropaico della maschera gorgonica ritorna all’esterno, negli occhioni, tra i quali si pongono su un lato le due figure di Eracle e Dioniso e sull’altro quelle di Eracle che lotta con Tritone, un mostro marino. Tutt’intorno tralci di vite e grappoli d’uva estendono il motivo dionisiaco dell’interno. La riparazione, a trapano, con un frammento di orlo recuperato da un’altra coppa, sottolinea il valore che l’antico proprietario attribuì a questo oggetto. Il Pittore di Lysippides decorò vasi di varia foggia nella tecnica a figure nere dal 530 circa al 510 a.C. con uno stile che dipende da quello del suo maestro Exekias, mostrando predilezione per i cavalli e le scene mitologiche. È noto anche che lavorò col vasaio Andokides, un importante artigiano nella cui officina fu forse inventata la tecnica a figure rosse, che dedicò una statua sull’Acropoli e collaborò ai vasi bilingui del Pittore di Andokides. BIBLIOGRAFIA: ELSTON 1990, pp. 53-68, fig. 23; N. Icard-Gianolio, s.v. TRITON, in LIMC, VIII/1, 1997, p. 69, n. 5a, VIII/2, p. 42; J. Boardman, The History of Greek Vases. Potters, Painters and Pictures, London, Thames and Hudson, 2001, p. 204, fig. 224; Handbook 2002, p. 62. 68 8. Lekythos a figure nere su fondo bianco con Eracle e gli uccelli Stinfalidi Attribuita al Pittore del Diosphos, ca. 490 a.C. H. 20,8 Già Museum of Fine Arts, Boston 1989.317 Sulla lekythos è dipinta la scena di una delle fatiche di Eracle. In particolare è rappresentata l’immagine dell’eroe, assistito dal nipote Iolao, che suonando dei crotali (una specie di nacchere), spaventò gli uccelli voraci che nei boschi attorno al lago Stinfalo, in Arcadia, devastavano i campi con le loro penne bronzee e i loro escrementi velenosi e nutrendosi di carne umana, tormentavano gli abitanti. Erano talmente numerosi che volando oscuravano il sole. Al suono prodotto da Eracle si alzarono in volo terrorizzati e fuggirono in tutte le direzioni, talmente spaventati da scontrarsi fra loro. L’eroe continuò a suonare finché anche l’ultimo uccello scomparve all’orizzonte. Compiuta l’impresa, Eracle concimò con gli escrementi i campi e portò ad Euristeo come prova i corpi di alcuni uccelli. Interessanti, sotto il profilo documentario, sono le iscrizioni prive di senso che servivano esclusivamente a conferire maggior pregio all’oggetto. Un vaso molto simile è nelle collezioni del Banco di Sicilia a Palermo. BIBLIOGRAFIA: M. J. Padgett, “Minerva”, 1, n. 6, 1990, p. 43, fig. 3. 70