Interventi per la riduzione della SO2 Freewine

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Interventi per la riduzione della SO2 Freewine
Interventi di cantina Freewine
Interventi nel vigneto
Lo stato sanitario delle uve è l’aspetto fondamentale che permette di ridurre l’impiego di solfiti in vinificazione, perciò
la cura di questo aspetto va concentrata essenzialmente nel vigneto. I punti critici sono la difesa fitosanitaria e alcuni
accorgimenti di carattere agronomico. Particolarmente pericolosa è la comparsa di danni da botrite e/o da marciume
acido, soprattutto nelle varietà a grappolo compatto.
La riduzione del rischio di marciumi può avvalersi anche di alcuni utili interventi e/o scelte agronomiche specifiche,
che limitino o evitino le condizioni favorevoli all’insorgenza delle crittogame.
Raccolta delle uve
Quando è possibile, tenendo conto del tipo di vino che si vuole ottenere, è opportuno effettuare la raccolta delle uve
a un grado di maturazione tale da mantenere nel mosto un valore di pH sufficientemente basso, in modo da evitare lo
sviluppo della microflora eterolattica.
Durante la raccolta e la pigiatura dell’uva, le temperature dovrebbero essere più basse possibili per rallentare l’attività
di funghi (es. Botrytis cinerea, Trichothecium roseum), batteri indesiderati (es. Gluconobacter, Acetobacter) e lieviti
indesiderati (es. lieviti non-Saccharomyces), che possono essere presenti sull’uva. Non appena viene meno l’integrità
dell’acino, lo zucchero diventa disponibile per il metabolismo dei microrganismi.
Il controllo della temperatura si dimostra uno strumento efficace per implementare l’azione di inibizione. Le
temperature dovrebbero rimanere basse durante l’intero processo di lavorazione: raccolta dell’uva, trasporto,
pigiatura e macerazione (se viene effettuata). Solo impedendo la moltiplicazione di funghi indesiderati, batteri e lieviti
sulle uve, si può evitare la formazione di acidità volatile, tossine ed etanolo in queste primissime fasi del processo
produttivo.
Un' applicazione di notevole efficacia è data dall’uso del ghiaccio secco (CO2 solida).
Alla pressione atmosferica ha una temperatura di –78°C e rapidamente passa dallo stato solido a quello gassoso.
Approssimativamente, 6 kg di ghiaccio secco abbassano di 10°C la temperatura di 100 kg d’uva. Questi valori possono
cambiare in funzione delle diverse condizioni di utilizzo ed in particolare in funzione del materiale con cui è costruito il
contenitore e quindi il suo grado di isolamento termico.
Qualità delle uve e selezione
Un intervento molto efficace è rappresentato dalla selezione delle uve rovinate o ammuffite, già alla raccolta o
all’arrivo in cantina, eventualmente destinando le diverse qualità a diverse tipologie di produzione. Questo aspetto è
di fondamentale importanza, perché proprio nella prima fase della vinificazione è possibile contenere al massimo l’uso
dell’anidride solforosa. In presenza di uve molto danneggiate, è evidente la necessità di un trattamento immediato SP
per evitare di compromettere la qualità complessiva del prodotto.
AZIONE ANTISETTICA:
sostituire l’aggiunta della solforosa al mosto con antiossidanti naturali
L’azione antisettica della SO2, che viene aggiunta al mosto per limitare lo sviluppo di batteri e lieviti
indigeni, può essere utilmente sostituita da altre tecniche.
Gli antiossidanti naturali svolgono un’azione protettiva nei confronti dei composti ossidabili anche in
assenza di anidride solforosa, grazie alla presenza di sostanze polifenoliche e scorze di lievito naturalmente
ricche in glutatione, che abbassano il potenziale redox mantenendo lo stato di riduzione del mosto.
Si consiglia di utilizzare gli antiossidanti naturali sull’uva allo scaricamento della tramoggia o nel mosto in
uscita dalla pressa, secondo protocollo Freewine, con un rimontaggio, garantendo l’omogeneizzazione nella
massa.
Una fermentazione in totale assenza di solforosa deve basarsi sul controllo dello stato sanitario delle
uve, su condizioni igieniche ottimali della cantina per limitare la presenza di batteri, su un inoculo
precoce degli starter selezionati e sul controllo della temperatura.
Interventi in cantina
Perché non usare l’anidride solforosa?
La SO2 ha un effetto tossico sulle cellule dei lieviti, che reagiscono alla sua presenza aumentando la produzione di
acetaldeide liberata nel mezzo. Poiché proprio l’acetaldeide è una sostanza che ha un forte potere di combinarsi
stabilmente con i solfiti (oltre a determinare note organolettiche indesiderate), il risultato dell’aggiunta di anidride
solforosa sarà che, alla fine della fermentazione, una notevole frazione della solforosa aggiunta al mosto si troverà
sotto forma combinata, a discapito della SO2 libera, attiva in fase di conservazione. Non è raro che un’addizione di SO2
al mosto dell’ordine di 10 g/hL determini al primo travaso un tenore di solforosa libera pressoché nullo. L’azione
antisettica della SO2, che viene aggiunta al mosto per limitare lo sviluppo di batteri e lieviti selvaggi, può essere quindi
utilmente sostituita da altre tecniche.
Tecniche di iperossigenazione e iper-riduzione
La pratica dell’iperossigenazione e la tecnica dell’iper-riduzione possono essere utilizzate per ridurre i livelli di
solforosa nei mosti. La prima consiste nell’aggiunta di grosse quantità di ossigeno o aria al mosto con lo scopo di
ossidare completamente tutte le sostanze instabili, la seconda si basa sull’aggiunta di acido ascorbico o altri
antiossidanti per proteggere il mosto dalle reazioni di ossidazione.
Ossigenazione dei mosti
Soprattutto nel caso di uve rovinate, è preferibile l’arieggiamento del mosto in prefermentazione per ossidare
completamente i composti instabili. L’ossigeno provoca l’inattivazione degli enzimi ossidasici (come la tirosinasi
dell’uva) mentre non compromette altri composti utili, presenti come precursori.
In cantina si deve tenere presente che differenti varietà hanno una diversa reattività nei confronti dell’ossigeno e per
questo hanno bisogno di tempi di iperossigenazione diversi: la ricchezza in composti fenolici può essere un buon
indicatore per decidere la durata dell’ossigenazione.
Perché non usare l’anidride solforosa?
La SO2 si oppone all’azione dell’ossigeno, per questo i mosti da iperossigenare non devono essere solfitati.
E’ utile l’utilizzo di basse temperature per ritardare l’avvio della fermentazione alcolica e l’impiego come chiarificanti
di enzimi pectolitici per accelerare e migliorare il processo di defecazione statica.
In alternativa si può preferire la sedimentazione statica, una tecnica poco dispendiosa che viene comunemente
utilizzata per la chiarifica. Poiché la presenza di grandi quantità di particelle solide in sospensione nel mosto è spesso
associata ad effetti negativi sulla qualità del vino, si raccomanda di chiarificare il mosto fino a un valore di torbidità
che si aggiri intorno ai 200 NTU (Ribéreau-Gayon et al, 2006). Anche in questo caso le basse temperature favoriscono
la sedimentazione dei solidi sospesi nel mosto.
Scelta e uso di lieviti, attivanti e antiossidanti
Per contenere o eliminare l’uso dell’anidride solforosa nelle prime fasi della vinificazione di uve sane, è essenziale
assicurare un rapido inizio della fermentazione alcolica. È quindi importante l’uso di lieviti selezionati. Sempre per
garantire un rapido avvio della fermentazione alcolica, è bene evitare chiarifiche troppo spinte, che possono diminuire
in modo eccessivo la presenza di sostanze azotate, e curare con attenzione la preparazione degli starter, evitando
un’elevata mortalità delle cellule di lievito. In questo modo, si favorisce la fermentazione ad opera dei ceppi
selezionati, limitando la formazione di acidità volatile e di altri composti non desiderati. Compatibilmente con il tipo di
vinificazione che si sta realizzando, è opportuno scegliere lieviti Freewine selezionati che producono bassissime
quantità di anidride solforosa, antiossidanti naturali quali tannini e derivati di lievito che aumentano la capacità di
auto-protezione del vino dagli agenti ossidanti, anche in combinazione con applicazioni innovative dei gas inerti.
Il protocollo Freewine contempla inoltre attivanti organici ricchi in aminoacidi, vitamine e minerali.
È bene ricordare che una certa quantità di anidride solforosa (fino a qualche decina di mg/L) si forma in modo naturale
durante la fermentazione ad opera dei lieviti.
L’acido citrico, inoltre, può essere utilizzato per impedire l’azione chelante del ferro (Fe3+), un potente catalizzatore
delle reazioni ossidative.
Attrezzature di cantina consigliate:
- Pompe: utilizzare pompe monovite, poiché inducono meno turbolenza di altre, come per esempio quelle a pistoni.
Da evitare le pompe centrifughe, che apportano anche 2-3 mg/l di ossigeno, a causa della cavitazione che si forma
all’inizio e alla fine del pompaggio, portando nel vino notevoli volumi d’aria; ciò si può evitare applicando alla pompa
un variatore di frequenza (inverter).
Controllo dell’ossigeno in vasca:
- Ossimetro: misurazione degli arricchimenti indesiderati di ossigeno nel vino. L’ossigeno libero tende a combinarsi
molto rapidamente con i composti del vino. Per prevenire la combinazione della SO2 con l’ossigeno che si discioglie
nelle varie fasi di lavorazione si rende fondamentale la misurazione repentina dell’arricchimento in ossigeno ad
individuare i punti più critici, consentendo quindi di mettere in atto tutte le precauzioni possibili (inertizzazione di tubi,
pompe e contenitori; adeguato dimensionamento dei tubi, specialmente in aspirazione delle pompe per evitare la
cavitazione, posizionamento delle pompe stesse, sostituzione di tubazioni mobili con tubazioni fisse, controllo di
raccordi e guarnizioni).
- Impiego dei gas inerti: per ridurre l’impiego della anidride solforosa, è indispensabile proteggere il vino da rischi di
ossidazioni chimiche o microbiologiche, limitando il contatto con l’ossigeno dell’aria. È quindi necessario conservare il
vino in recipienti sempre colmi, usare attrezzature (come pompe, tubazioni, imbottigliatrici ecc.) che escludano il
contatto del vino con l’aria e utilizzare gas inerti per la conservazione e per fasi delicate come i travasi e
l’imbottigliamento. I gas utilizzabili sono l’anidride carbonica, l’azoto e l’argon, che trova però alcune limitazioni (è
vietato dall’Usda Nop e anche da alcuni disciplinari italiani). Azoto o argon possono aiutare i produttori nella gestione
dei livelli all’interno delle vasche di acciaio. Questi gas, rispetto all’anidride carbonica, presentano una bassa solubilità
nel vino e sono in grado di ridurre significativamente la concentrazione di ossigeno nello spazio di testa, minimizzando
i rischi di ossidazione.
Impiego di prodotti utili a sostituire l’anidride solforosa
Un contributo importante nella tecnologia Freewine è dato dalle proprietà degli antiossidanti naturali.
Gli antiossidanti, definiti agenti riducenti, riescono a prevenire o a rallentare le reazioni di ossidazione in cui
vengono liberati i radicali liberi che a loro volta innescano processi di ossidazione.
Nel progetto Freewine, in collaborazione con il CNR di Pisa, è stato valutato il potere antiossidante di
centinaia di estratti vegetali con l’obiettivo di ridurre l’utilizzo dell’anidride solforosa utilizzando altre
sostanze che sostituiscono la funzione tipica della SO2 e dei suoi derivati ma che siano privi di tossicità.
La valutazione della capacità antiossidante totale dei composti viene misurata in unità ORAC.
Come evitare la fermentazione malolattica senza ricorrere all’uso della anidride solforosa?
Il trattamento SP è una valida alternativa alla SO2 per evitare l’avvio indesiderato della fermentazione malolattica nei
vini bianchi, soprattutto quelli a pH elevato, cioè a rischio più alto di insorgenza della malolattica stessa. Con queste
condizioni di pH, infatti. L’efficacia del trattamento SP sui batteri lattici (Oenococcus, Pediococcus, Lactobacillus) è
stato testato su diverse tipologie di vini, bianchi e rossi (in tabella viene riportata l’esperienza su un vino Valpolicella):
Trattamento
Terreno
Controllo
WL
180 min
UFC/mL
7
10
3
WLD
4 ּ 10
MRS
5 ּ 10
WL
N.R.
WLD
N.R.
MRS
N.R.
3
E se invece la fermentazione malolattica è desiderata?
Attenzione però agli effetti tossici della FML sulla qualità igienica del vino!
1. ATTENZIONE ALLA PRODUZIONE DI CARBAMMATO DI ETILE!
Formazione: per capire meglio le possibili azioni che possiamo intraprendere per minimizzare i livelli del carbammato
di etile nel vino, e' necessario rivedere gli aspetti fondamentali della cinetica e dello sviluppo delle formazioni
principali.
L'arginina, generalmente uno dei più abbondanti amminoacidi nel succo d' uva utilizzabili dai fermenti, e' assimilato
dai fermenti vinari come nutriente e può venire metabolizzato emettendo urea, se presente in quantità eccessiva. Se
l'urea non può essere ulteriormente metabolizzata e si accumula al di sopra di una concentrazione critica, i ceppi di
lievito la emettono dalle proprie cellule nel vino durante o alla fine della fermentazione. L'urea può reagire
spontaneamente con l'alcool nel vino dando luogo alla formazione del CE. La reazione chimica tra l' urea e l'etanolo e'
accelerata esponenzialmente a temperature elevate. In misura minore, la citrullina, un amminoacido che non e'
incorporato nelle proteine dei fermenti, e che si forma durante la biosintesi dell'arginina, può funzionare da
precursore del CE. I batteri lattici possono anch'essi essere una fonte di citrullina.
La reazione chiave per la formazione del carbammato di etile nel vino e' tra l'urea e l'etanolo.
Alcune regole:
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Evitare una fertilizzazione eccessiva della vigna con azoto
Controllare il livello dell' azoto nel terreno
Controllare il livello dell'azoto nella vite
Non usare legumi invernali come coltura di protezione se la quantità di azoto nel suolo e' già elevata
Tenere presente che l'assorbimento dell' azoto varia molto a seconda delle varie viti e specialmente in base ai
portainnesti
Controllare il livello d'azoto nel succo
Non aggiungere eccessive di azoto su base continua
Non aggiungere regolarmente integrazioni di azoto
Non aggiungere urea come integrazione di azoto
Evitare livelli d'arginina nel succo superiori ai 1.000 mg. per litro
Evitare ceppi di lieviti che hanno un livello elevato di escrezione d'urea
Usare batteri malolattici con caratteristiche conosciute*
Tenere presente che l'uso di preparati ureasi non può eliminare completamente la formazione di CE
Tenere presente che la fortificazione del mosto può aggravare il problema dell'escrezione di urea dai
fermenti
Controllare i livelli di CE nell' alcool per la fortificazione
Evitare che il vino sia esposto ad alte temperature durante la sua conservazione e il trasporto
* Gli agenti della fermentazione malolattica sono i batteri Oenococcus oeni, Lactobacillus spp e Pediococcus;
questi sono i principali responsabili della produzione di istamina nel vino. Hanno la capacità di formare
piccole quantità di citrullina, un precursore del carbammato d'etile, dall' amminoacido arginina, e di secernere
questo precursore nel vino. Aggiunte regolari d'azoto ai succhi con livelli nutritivi sconosciuti possono
aumentare la quantità di azoto disponibile per i batteri dopo la prima fermentazione. Inoltre, anche i ceppi
che non hanno la capacità di degradare l'arginina possono produrre piccoli aumenti di carbammato d'etile,
facendo così pensare che possano essere presenti altri precursori azotati oltre a quelli derivati dall'arginina. I
risultati della ricerca indicano che e' necessario essere cauti nel selezionare le colture prima di iniziare la
fermentazione malolattica nel vino, poiché la formazione di citrullina dalla degradazione dell'arginina può
produrre livelli elevati di carbammato d'etile, anche a temperature normali, quando vi e' un lungo periodo di
conservazione. Inoltre, si deve evitare la fermentazione malolattica spontanea da ceppi non definiti, poiché si
può creare la formazione di precursori del carbammato d'etile.
2. ATTENZIONE ALLA PRODUZIONE DI AMMINE BIOGENE!
Le ammine biogene (istamina, tiramina, putrescina, cadaverina) sono riconosciute da tempo come responsabili di
problemi di salute nell’uomo. In particolare, l’ammina maggiormente sotto accusa è l’istamina, che può provocare
mal di testa e reazioni allergiche in soggetti ipersensibili. A tutt’oggi l’OIV non ha proposto nessun limite massimo per
le ammine biogene presenti nei vini che possa essere in futuro ripreso dalla legislazione comunitaria. Tuttavia alcuni
paesi, in modo del tutto arbitrario, hanno posto dei limiti massimi raccomandati per l’istamina nei vini, e diversi
importatori pretendono, sul certificato di analisi, la determinazione di Istamina in mg/l. Si riporta una tabella con i
limiti di Istamina raccomandati da alcuni Stati.
L’aumento delle ammine biogene avviene dopo la fermentazione malolattica e dipende dal ceppo batterico
utilizzato. Il contenuto è più elevato in caso di fermentazione malolattica spontanea. Il primo accorgimento, quindi, è
quello di scegliere con attenzione il ceppo di batteri da impiegare nella malolattica, privilegiando quelli che
presentano una bassa formazione di ammine biogene, cioè una bassissima capacità decarbossilante.
È stato poi osservato che il trattamento con bentonite riduce il tenore in ammine biogene.
Ci sono poi altre condizioni che aumentano il tenore in ammine biogene e che quindi vanno tenute sotto controllo,
come elevati valori di pH e una scarsa igiene in vinificazione.
Igiene di cantina
Non è superfluo sottolineare come un’adeguata igiene di cantina, applicata in tutte le fasi della vinificazione, sia utile
per limitare la proliferazione di microrganismi dannosi.
L’igiene nel settore enologico non presenta le stesse problematiche delle altre industrie alimentari,nelle quali un
insufficiente livello d’igiene o una scorretta applicazione delle misure igieniche può causare l’insorgenza di focolai di
malattie di origine alimentare.
Il vino, per la sua composizione (basso pH e alto contenuto di etanolo), risulta essere un ambiente ostile per lo
sviluppo di molti batteri patogeni. Tuttavia, una mancanza d’igiene nel settore enologico può comportare alterazioni
del prodotto (crescita di microrganismi) o anche una scorretta evoluzione della qualità organolettica. I responsabili di
queste alterazioni sono principalmente lieviti (ossidativi e fermentativi), muffe, batteri acetici e batteri lattici.
Per l’industria del vino, come per tutte le industrie di trasformazione di prodotti alimentari, deve essere redatto un
piano di applicazione delle norme igieniche, per ottimizzare la pianificazione delle operazioni di pulizia-disinfezione in
termini di procedure, frequenza e sistemi di controllo. Tuttavia, nel settore enologico, una volta stabilito che più il vino
si avvicina alla fase di imbottigliamento più le norme igieniche dovrebbero diventare restrittive, è plausibile e anche
ragionevole definire diversi livelli d’igiene.
I mezzi che l’industria enologica ha a disposizione sono di tipo chimico, fisico e/o meccanico.
Mezzi chimici: prodotti detergenti – disinfettanti che sono utilizzati per disincrostare e sbiancare i materiali che
entrano in contatto con il mosto o il vino.
Mezzi fisici: calore o calore umido, vapore o acqua calda, ma anche sistemi quali il trattamento con microonde, con i
raggi ultravioletti, ozono, ecc.
Mezzi meccanici: strumenti che intensificano l’azione e/o facilitano l’applicazione dei prodotti detergenti-disinfettanti
(spazzole, pistole per schiuma, raschiatoi, schiumogeni per circuiti chiusi, ecc.).
I mezzi meccanici includono anche l’acqua ad alta pressione, che consente di effettuare pre-lavaggi accurati e
risciacqui efficienti.
Garantire l’igiene significa eliminare le contaminazioni. Per questo motivo, sia la fase del lavaggio sia quella della
disinfezione sono indispensabili e si devono considerare complementari: il lavaggio consente di rimuovere lo sporco
visibile o microscopico che aderisce alle superfici, rendendo queste ultime pulite. Lo scopo della disinfezione è di
ridurre in maniera significativa, anche se temporanea la popolazione microbica nociva. Poiché la presenza di sporco
può favorire lo sviluppo dei microrganismi, la disinfezione deve essere sempre preceduta dal lavaggio.
IGIENE IN CANTINA
LOCALI - REQUISITI GENERALI
I locali in cui avvengono manipolazioni del prodotto sono:
- locali ricevimento uve, se esistenti;
- locali di pigiatura, se esistenti;
- cantine, in cui possono essere comprese aree di vinificazione, ricevimento, stoccaggio e preparazione del
prodotto;
- sale di condizionamento.
Per i locali in cui avvengono manipolazioni del prodotto si deve assicurare che:
- siano realizzati in modo da evitare sia il contatto del prodotto con materiali tossici sia la penetrazione di
particelle nel prodotto stesso;
- le pavimentazioni siano mantenute in buone condizioni e realizzate in materiali non assorbenti, facili da
pulire con adeguate pendenze per favorire lo scolo delle acque;
- i sistemi di scolo delle acque siano realizzati in modo da permettere il loro efficace smaltimento, siano
inoltre facilmente ispezionabili e pulibili;
- le pareti siano mantenute in buone condizioni e realizzate con materiali non assorbenti e facili da pulire;
- i soffitti siano mantenuti in buone condizioni e realizzati con materiali che contrastino la formazione di
muffe e siano inoltre facili da pulire;
- le porte siano mantenute in buone condizioni e realizzate in materiali non assorbenti e facili da pulire (si
consiglia inoltre l’applicazione di dispositivi che permettano la loro chiusura automaticamente);
- le connessioni pareti-pavimento siano realizzate in modo da permettere un’agevole pulizia, evitando
nello stesso tempo la presenza di siti d’accumulo di sporcizia;
- le finestre e le altre aperture siano realizzate in modo da impedire l’accumulo di sporcizia; se queste
possono essere aperte verso l’esterno devono essere munite di adeguate reti di protezione, amovibili per
la pulizia in modo da impedire l’ingresso di insetti e di altri animali.
- l’illuminazione sia realizzata in modo da risultare efficiente e sufficiente per lo svolgimento di attività
lavorative;
- siano garantite adeguate condizioni igieniche, ciò che si traduce in una corretta ed adeguata attività di
pulizia e manutenzione; dispongano di un’adeguata areazione per evitare la proliferazione di muffe sui
soffitti e sulle pareti;
Nel caso in cui le operazioni di ricevimento della materia prima avvengano in postazioni ubicate all’aperto,
queste devono comunque essere adeguatamente coperte. Devono essere impartite opportune istruzioni,
per evitare le emissioni dagli scarichi dei mezzi adibiti al trasporto della materia prima, nei piazzali di
sosta in attesa delle operazioni di scarico.
PULIZIA
Nei locali in cui si manipolano i prodotti enologici non è necessario operare attività di disinfezione
microbiologica, poiché non è probabile la contaminazione del prodotto da parte di germi pericolosi per
l’uomo, a causa del basso pH e del contenuto alcolico del vino.
Si ritiene opportuno di conseguenza rimarcare solamente la necessità di un’adeguata pulizia ambientale,
atta a garantire il rispetto della buona tecnica di fabbricazione.
Le operazioni di pulizia dei locali devono essere adeguatamente pianificate ed eseguite per garantire il
mantenimento delle condizioni igieniche adeguate.
Tali operazioni devono essere svolte utilizzando attrezzature e sostanza detergenti e devono essere
seguite da risciacquo per garantire l’asportazione dei residui di tali sostanze.
Le norme vigenti stabiliscono che le sostanze detergenti impiegate per la pulizia non devono essere
stoccate nei locali dove si svolgono le attività produttive, ma devono essere tenute in appositi locali di
stoccaggio separati da quelli di produzione.
ATTREZZATURE E STRUMENTI DI CANTINA
REQUISITI GENERALI
La progettazione e la realizzazione degli impianti dovrebbe avvenire all’origine tenendo conto delle
esigenze di sicurezza ed igiene alimentare.
Le tubazioni fisse devono essere realizzate in modo da evitare i punti morti; deve essere garantita la
loro totale drenabilità. È inoltre molto importante limitare al minimo la presenza di valvole e raccordi.
Le tubazioni mobili devono essere ricoverate dopo il loro uso, sollevate da terra in modo da garantire il
loro completo drenaggio.
Le tubazioni, siano esse fisse o mobili, così come cavi luci e passerelle, non devono essere poste sopra
aree in cui si eseguono lavorazioni del prodotto.
Le attrezzature così come le vasche interrate o le relative superfici esterne calpestabili devono essere
realizzate in modo che il loro chiusino superiore sia adeguatamente sollevato dal livello della
pavimentazione, per evitare possibili contaminazioni del prodotto.
Si consiglia:
- la sostituzione della raccorderia del tipo a “Garolla” con tipologie in grado di garantire adeguati
livelli di igienicità;
- che la raccorderia mobile, quando non usata, sia posta in bagni contenenti soluzioni di lavaggio e
disinfezione;
- l’adozione di valvole del tipo a farfalla.
Le attrezzature adibite ad operazioni di miscelazione devono essere munite di coperchio.
Tali coperchi devono essere realizzati in modo da essere facilmente pulibili.
La progettazione e la realizzazione degli impianti e delle attrezzature fisse devono assicurare una facile
manutenzione ed una facile pulizia; inoltre la loro installazione deve avvenire in modo da garantire la
possibilità di pulizia della zona circostante ad esempio con sistemazioni sollevate da pavimento.
Le attrezzature e gli strumenti destinati a venire in contatto con il prodotto devono essere realizzati
secondo quanto stabilito dal D.M. del Ministero della Sanità del 21marzo 1973 e successive modificazioni.
PUNTI CRITICI DI CONTROLLO IN CANTINA
L’habitat più frequente per questi lieviti è stato individuato nei prodotti in fermentazione e nell’ambiente circostante.
Una volta arrivati in cantina, i Brettanomyces iniziano a colonizzare tutte quelle zone difficili da pulire, o che vengono
pulite in maniera non adeguata. E’ fondamentale quindi, che il controllo dello sviluppo di tali microrganismi inizi dalla
ricezione delle uve. Attrezzature come carrelli, tramogge, pigiadiraspatrici, pompe, che vengono utilizzate in modo
non continuo nell’arco della giornata, e che vengono in contatto con il mosto d’uva, possono divenire, in tempi
relativamente brevi, dei focolai di infezione difficilmente controllabili.
Altre fonti d’inquinamento sono rappresentate dalle pozze di mosto che si creano durante le operazioni di
ammostamento e dagli insetti (Drosophila melanogaster), che circolano in cantina durante la stagione
di lavorazione delle uve.
Tuttavia la presenza di Brettanomyces è più frequentemente riportata sui fusti di legno: questo fatto non è così
sorprendente, se si considera la difficoltà ad igienizzare questo tipo di contenitori e il fatto che essi contengono un
disaccaride, il cellobiosio, che si genera durante la fase di tostatura. I Brettanomyces possono secernere nel mezzo di
crescita ß-glucosidasi che, scindendo il cellobiosio, forniscono glucosio necessario alla propria crescita. Botti di legno
nuove contengono maggiori quantità di cellobiosio rispetto a quelle vecchie e possono quindi potenzialmente favorire
lo sviluppo di una popolazione importante di questi lieviti. Anche le proprietà fisiche del legno contribuiscono in
maniera significativa alla difficoltà del controllo microbiologico: infatti, la superficie interna delle botti, presentando
una certa porosità ed irregolarità nella struttura, costituisce una nicchia preferenziale in cui i lieviti possono annidarsi
e continuare a vivere, assorbendo nutrienti dal mezzo e proteggendosi dall’azione di agenti antimicrobici come la SO2.
Inoltre le precipitazioni tartariche ed altri precipitati di varia natura possono rendere ancora più protetti questi
microrganismi.
Poiché i Brettanomyces sono caratterizzati da una crescita lenta, senza produzione di film superficiali o di CO2, la loro
presenza nel vino può passare inosservata, fino a quando non viene percepita l’alterazione organolettica; risultano
quindi fondamentali un’accurata igiene della cantina e delle sue attrezzature e un continuo monitoraggio
microbiologico dei vini.
NUOVI TRAGUARDI PER L’IGIENE DI CANTINA: L’OZONO
L’ozono (O3) è la forma allotropica triatomica dell’ossigeno, si presenta come un gas reattivo ed altamente
ossidante,ma al contempo molto instabile tendendo a ritornare alla sua forma molecolare più stabile da cui
viene generato, cioè l’ossigeno, in un tempo variabile (circa 30-40 minuti) che dipende dalla
concentrazione, dalla temperatura e dalle caratteristiche dell’aria (umidità, presenza di sostanze organiche
volatili, ecc.).
L’ozono può essere prodotto mediante differenti
metodologie. La più efficace prevede il passaggio di
aria od ossigeno attraverso un campo elettrico di
opportuno voltaggio.
La scarica elettrica prodotta eccita gli elettroni dell’
O2 permettendo la separazione degli atomi che
possono così combinarsi con altri, formando ozono.
E’ uno dei composti a maggior potere ossidante
(sino dieci volte superiore rispetto a prodotti a base
cloro) ed a ragion di questo ha una capacità
antimicrobica molto ampia, essendo attivo nei
confronti di batteri, miceti, virus, protozoi e spore
batteriche e fungine. (Kadre et al., 2001).
Grazie al suo elevato potere ossidante, l’ozono è in grado di danneggiare la membrana e la parete
cellulare; i microrganismi muoiono per lisi o disintegrazione dei composti cellulari.
Tale meccanismo d’azione è molto più rapido di quello provocato da altri disinfettanti, i quali devono prima
penetrare la membrana cellulare per poter poi agire.
Anche per l’attività sporicida, le lesioni del rivestimento esterno delle spore a protezione delle strutture
interne, avrebbero un’importanza fondamentale.
A questo si aggiunge un vantaggio pressoché unico:
L’OZONO NON LASCIA RESIDUI, odori o sapori né nell’acqua né sulle superfici con le quali viene a contatto,
nemmeno su quelle di origine naturale e non trattate come il legno.
L’ozono può quindi essere impiegato in forma gassosa o acquosa senza risciacquo.
L’impiego dell’ozono trova un ruolo molto importante anche durante una fase finale molto critica:
l’imbottigliamento.
In merito al trattamento delle macchine imbottigliatrici, test effettuati sulle macchine confrontando l’acido
perossiacetico con acqua ozonizzata hanno dimostrato che vi è una differenza di riduzione decimale
mediamente di 2 ordini di grandezza a favore del trattamento con ozono, che determina anche molti casi
una carica residua nulla.
La percentuale di abbattimento della carica è stata pari al 99.9999% passando da 1.435 UFC/mL del
testimone a 0,0012 UFC/mL del campione.
Bibliografia:
Ribéreau-Gayon, P., Glories, Y., Maujean, A., Dubourdieu, D. (1998) Trattato di enologia I, II.
Romano, P. and Suzzi, G. (1993): Sulphur dioxide and wine micro organisms. In: Wine Microbiology and Biotechnology. Edited by
Fleet, G., Harwood Academic Publishers GmbH, Chur, Switzerland.
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