Prova scritta di geometria e algebra lineare del 04.02.2016

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Prova scritta di geometria e algebra lineare del 04.02.2016
Prova scritta di geometria e algebra lineare del 04.02.2016
Esercizio 1
Si consideri l’applicazione f : R4 → R4 definita da:
f (a, b, c, d) = (d, b + c, b + c, a).
(a) Verificare che f è lineare e determinarne la matrice di rappresentazione rispetto alla
base (1, 0, 0, 0), (0, −1, 0, 0), (0, 0, 1, 0), (0, 0, 0, −1).
(b) Individuare una base del nucleo e una base dell’immagine di f , precisando se f sia
iniettiva e/o suriettiva.
(c) Estendere la base del nucleo di f trovata ad una base di R4 .
Esercizio 2
Nello spazio Euclideo (O; ê1 , ê2 , ê3 ) si considerino la retta e il piano di equazioni cartesiane:
r :
2x + y + z = 1
x − y + 3z = 0
π : x + y = 1.
(a) Trovare le equazioni della retta s simmetrica alla retta r rispetto al piano π.
(b) Si ricavi l’equazione cartesiana del comune piano di giacitura di r ed s, e si calcoli il
più piccolo angolo che le rette r ed s formano intersecandosi in tale piano.
(c) Determinare l’equazione cartesiana della retta w passante per il punto H(1, 2, 2) e
perpendicolare ad entrambe le rette r ed s.
1
Esercizio 3
Sia ψ : R3 → R3 l’endomorfismo la cui matrice di rappresentazione rispetto alla base
canonica di R3 si scrive:


h 2 0
A = 2 h 0
1 2 2
essendo h un parametro reale.
(a) Determinare per quali valori di h ∈ R l’applicazione ψ è un isomorfismo.
(b) Individuare i valori di h per i quali ψ risulta diagonalizzabile.
(c) Posto h = 1, ricavare una matrice invertibile N in modo che la matrice
N −1 A N
sia diagonale.
Esercizio 4
(a) Sia B = (v1 , . . . , vn ) una base di uno spazio vettoriale reale V munito di prodotto
scalare h·|·i. Si descriva nel dettaglio un algoritmo per ricavare da B una base ortonormale di V .
(b) Sia P2 (R) lo spazio vettoriale dei polinomi p(x) a coefficienti reali di grado non superiore a due. Si consideri l’applicazione L : P2 (R) → P2 (R) tale che L(p(x)) =
p(x + 1) − p(x − 1) per p(x) ∈ P2 (R). Verificare che L è un applicazione lineare non
invertibile e trovarne poi tutti gli autovalori e gli autovettori.
2
Soluzione dell’esercizio 1
(a) Linearità di f e sua matrice di rappresentazione
Linearità dell’applicazione f
L’applicazione f è lineare. L’additività si verifica immediatamente, notando che comunque
si scelgano (a, b, c, d) e (a0 , b0 , c0 , d0 ) ∈ R4 vale:
f (a, b, c, d) + (a0 , b0 , c0 , d0 ) = f (a + a0 , b + b0 , c + c0 , d + d0 ) =
= (d + d0 , b + b0 + c + c0 , b + b0 + c + c0 , a + a0 ) =
= (d, b + c, b + c, a) + (d0 , b0 + c0 , b0 + c0 , a0 ) =
= f (a, b, c, d) + f (a0 , b0 , c0 , d0 ) .
In modo analogo si dimostra l’omogeneità, considerando qualsiasi λ ∈ R e (a, b, c, d) ∈ R4 :
f λ(a, b, c, d) = f (λa, λb, λc, λd) = (λd, λb + λc, λb + λc, λa) =
= λ(d, b + c, b + c, a) = λf (a, b, c, d) .
Matrice di rappresentazione di f rispetto alla base di R4 assegnata
Si devono calcolare le immagini dei vettori di base ed esprimerle come combinazioni lineari
degli stessi vettori di base. Le componenti α, β, γ, δ di un generico vettore (a, b, c, d) ∈ R4
si calcolano come segue:
(a, b, c, d) = α(1, 0, 0, 0) + β(0, −1, 0, 0) + γ(0, 0, 1, 0) + δ(0, 0, 0, −1) = (α, −β, γ, −δ)
per cui risulta:
α = a
β = −b
γ = c
δ = −d .
Si ha allora:
f (1, 0, 0, 0) = (0, 0, 0, 1) = 0(1, 0, 0, 0) + 0(0, −1, 0, 0) + 0(0, 0, 1, 0) − (0, 0, 0, −1)
f (0, −1, 0, 0) = (0, −1, −1, 0) = 0(1, 0, 0, 0) + (0, −1, 0, 0) − (0, 0, 1, 0) + 0(0, 0, 0, −1)
f (0, 0, 1, 0) = (0, 1, 1, 0) = 0(1, 0, 0, 0) − (0, −1, 0, 0) + (0, 0, 1, 0) + 0(0, 0, 0, −1)
f (0, 0, 0, −1) = (−1, 0, 0, 0) = −(1, 0, 0, 0) + 0(0, −1, 0, 0) + 0(0, 0, 1, 0) + 0(0, 0, 0, −1).
Le componenti calcolate forniscono, nell’ordine
presentativa:

0
0
1
 0
A =
0 −1
−1 0
3
considerato, le colonne della matrice rap0
−1
1
0

−1
0 
.
0
0
(b) Basi di nucleo e immagine, iniettività e suriettività di f
Nucleo dell’applicazione e discussione dell’iniettività
Per definizione:
(a, b, c, d) ∈ ker f
⇐⇒
f (a, b, c, d) = (0, 0, 0, 0)
ossia:
(d, b + c, b + c, a) = (0, 0, 0, 0)
e quindi:

(
d = 0


a = 0
b+c = 0
⇐⇒
c = −b

b + c = 0
d = 0
a = 0
per cui i vettori del nucleo di f sono tutti e soli quelli della forma:
(a, b, c, d) = (0, b, −b, 0)
∀b ∈ R.
Il nucleo ker f è generato dall’unico vettore (0, 1, −1, 0) che, in quanto vettore non nullo,
risulta linearmente indipendente. Una base di ker f è dunque data da:
(0, 1, −1, 0) .
Poichè dim ker f = 1 6= 0, f non risulta iniettiva.
Base dell’immagine e suriettività
I vettori di Imf sono tutti e soli quelli del tipo:
f (a, b, c, d) = (d, b + c, b + c, a)
∀ (a, b, c, d) ∈ R4 ,
vale a dire:
(d, b + c, b + c, a) = d(1, 0, 0, 0) + (b + c)(0, 1, 1, 0) + a(0, 0, 0, 1) .
Pertanto Imf è generato dall’insieme di tre generatori:
(1, 0, 0, 0), (0, 1, 1, 0), (0, 0, 0, 1) .
Si verifica immediatamente che i tre vettori di R4 sono linearmente indipendenti, ad esempio notando che la matrice:


1 0 0 0
0 1 1 0
0 0 0 1
ha rango 3 in quanto ridotta per righe e priva di righe nulle. Una base di Imf è perciò
l’insieme ordinato e libero di generatori:
(1, 0, 0, 0), (0, 1, 1, 0), (0, 0, 0, 1) .
4
Siccome dim Imf = 3 < 4 = dim(R4 ), dimensione del codominio di f , si conclude che f
non è suriettiva. Si osservi che alla stessa conclusione si perviene tramite il teorema nullità
più rango:
dim Imf = dim(R4 ) − dim ker f = 4 − 1 = 3 ,
dove però R4 indica il dominio dell’applicazione.
(c) Estensione della base di ker f ad una base del dominio R4
Si ricorda che una base del nucleo è stata individuata in:
(0, 1, −1, 0) .
L’estensione di tale base ad una base dell’intero dominio R4 si ottiene facilmente con il
metodo degli scarti. Si considera la base canonica (e1 , e2 , e3 , e4 ) di R4 e l’insieme ordinato:
(0, 1, −1, 0), e1 , e2 , e3 , e4
che certamente costituisce un insieme di generatori di R4 . Si procede quindi con l’algoritmo
degli scarti. Si osserva preliminarmente che i primi tre vettori:
(0, 1, −1, 0) e1
sono linearmente indipendenti

0 1
1 0
0 1
e2
perchè, ad esempio, la matrice:


0 1 −1
−1 0


−−→
0 1 0
0 0
1 0 0
0 0

0
0
0
ha rango 3 (tutte le righe linearmente indipendenti). D’altra parte e3 risulta linearmente
dipendente da (0, 1, −1, 0), e1 , e2 , dal momento che:
0
1

0
0

1
0

0
0

−−→
1
0
1
0
0
1
0
0

−1 0
0 0

0 0
1 0

0 0
−1 0 

1 0
1 0
1
0

0
0

1
0

0
0

−−→
−−→
0
1
1
0
0
1
0
0

0 0
−1 0 

0 0
1 0

0 0
−1 0 

1 0
0 0
−−→
è una matrice ridotta per righe di rango 3; di conseguenza, e3 viene scartato. Il vettore e4
risulta invece linearmente indipendente da (0, 1, −1, 0), e1 , e2 . Infatti:
0
1

0
0

1
0
1
0
−1
0
0
0

0
0

0
1
1 0
0 1

0 1
0 0

−−→

0 0
−1 0 

0 0
0 1
5
1
0

0
0

−−→
0 0
1 −1
0 1
0 0

0
0

0
1
ha rango 4 in quanto ridotta per righe e priva di righe nulle (gli elementi semplici sono
quelli diagonali). Una volta ottenuto un insieme ordinato di 4 generatori linearmente
indipendenti l’algoritmo degli scarti si arresta, visto che R4 ha dimensione 4. La base di
R4 richiesta è dunque:
(0, 1, −1, 0), e1 , e2 , e4
ovvero, più esplicitamente:
(0, 1, −1, 0), (1, 0, 0, 0), (0, 1, 0, 0), (0, 0, 0, 1) .
Soluzione dell’esercizio 2
(a) Equazione della retta s simmetrica ad r rispetto al piano π
Un possibile metodo per determinare l’equazione della retta s consiste dei passi seguenti:
− si verifica che la retta r ed il piano π sono incidenti, determinando il loro punto di
intersezione P ;
− si considera un qualsiasi punto A di r distinto da P ;
− si determina la retta a passante per A e perpendicolare al piano π;
− si interseca a con π, individuando il punto B proiezione ortogonale di A su π;
− si ricava il punto A? simmetrico di A rispetto al piano π, imponendo che il punto
medio del segmento AA? coincida con B;
− si determina infine l’equazione della retta passante per P e A? , che rappresenta la
retta s cercata.
La figura seguente, puramente schematica e senza pretesa di veridicità, illustra visivamente
il metodo sopra descritto:
6
• L’intersezione r ∩ π consiste di un unico punto (r e π sono incidenti)
La retta r ed il piano π sono individuati dalle equazioni seguenti:
2x + y + z = 1
r :
π : x + y = 1,
x − y + 3z = 0
che vanno messe a sistema per individuare l’eventuale
metrici:

( 2x + y + z = 1
2 1
 1 −1
x − y + 3z = 0
⇐⇒
x+y =1
1 1
intersezione fra i due luoghi geo   
1
1
x
3  y  =  0  .
z
1
0
Il sistema lineare si riduce facilmente alla forma triangolare superiore con l’algoritmo di
Gauss:

  

1 1/2 1/2
x
1/2
−−−−−−−−−→  1 −1
3  y  =  0 
R1 →R1 /2
1
1
0
z
1

  

1/2
x
1 1/2 1/2
−−−−−−−−−→  0 −3/2 5/2  y  =  −1/2 
R2 →R2 −R1
1
z
1
1
0

  

1/2
x
1 1/2
1/2
−−−−−−−−−→  0 −3/2 5/2  y  =  −1/2 
R3 →R3 −R1
1/2
z
0 1/2 −1/2

  

1/2
x
1 1/2 1/2
5  y  =  −1 
−−−−−−−−−→  0 −3
R2 →2R2
1/2
z
0 1/2 −1/2

  

1/2
x
1 1/2 1/2
5  y  =  −1 
−−−−−−−−−→  0 −3
R3 →6R3
3
z
0
3
−3

  

1 1/2 1/2
x
1/2
−−−−−−−−−→  0 −3
5  y  =  −1 
R3 →R2 +R3
0
0
2
z
2
che porge quindi, moltiplicando per 2 la prima equazione:
(
2x + y + z = 1
−3y + 5z = −1
2z = 2
e consente di ottenere la soluzione per sostituzione all’indietro:
(
(
(
2x + y + 1 = 1
2x + y = 0
2x + 2 = 0
−3y + 5 = −1 ⇐⇒
−3y = −6 ⇐⇒
y = 2
z = 1
z = 1
z = 1
(
⇐⇒
x = −1
y = 2
z = 1.
In definitiva, l’intersezione fra la retta r ed il piano π consiste dell’unico punto P (−1, 2, 1):
retta e piano sono incidenti.
7
• Punto A di r distinto da P (per cui A ∈
/ π)
Un punto A di r distinto da P può essere ottenuto fissando a piacere una quota z 6= 1
nelle equazioni di r, per esempio ponendo z = 0 (che rappresenta senz’altro la scelta
computazionalmente più semplice):
n
2x + y = 1
y = 1 − 2/3 = 1/3
2x + y = 1
⇐⇒
⇐⇒
x−y = 0
x = 1/3 .
3x = 1
Il punto A è dunque dato da:
1 1 A , ,0 .
3 3
• Retta a ortogonale a π e passante per A
Il vettore ortogonale a π è quello dei coefficienti dei termini di primo grado nell’equazione
x + y = 1:
d~π = (1, 1, 0)
e l’equazione parametrica della retta a si scrive:
Q − O = A − O + t d~π ,
∀t ∈ R,
ovvero, separando le componenti cartesiane:
1 1 , , 0 + (1, 1, 0) t ,
(x, y, z) =
3 3
∀t ∈ R,
e quindi:

1

x = +t



3


1
a: y = +t

3




z = 0
∀t ∈ R.
• Proiezione ortogonale B di A su π
Il punto B è l’intersezione della retta a con il pianto π e si ottiene mettendo a sistema
l’equazione parametrica di a e quella cartesiana di π:

1


1

x = +t




x = +t
3




3







y = 1 + t
1
y = +t
3
⇐⇒
3








z = 0


z
=
0







 2 + 2t = 1 .
x+y = 1
3
L’ultima equazione fornisce il valore del parametro t:
2t = 1 −
2
1
=
3
3
⇐⇒
8
t =
1
6
che sostituito nelle prime tre consente di determinare le coordinate cartesiane di B:
x =
1 1
1
+ =
3 6
2
y =
1 1
1
+ =
3 6
2
z = 0,
in modo che risulta:
B
1 1 , ,0 .
2 2
• Punto A? simmetrico di A rispetto a π
Il punto A? è tale per cui B deve costituire il punto medio del segmento AA? . Deve aversi
perciò:
A − O + A? − O
B−O =
2
ossia:
1 1 1 1 2 2 A? − O = 2(B − O) − (A − O) = 2 , , 0 −
, ,0 =
, ,0
2 2
3 3
3 3
per cui:
A?
2 2 , ,0 .
3 3
• Retta s simmetrica di r rispetto al piano π
La retta simmetrica di r rispetto a π è quella passante per i punti P e A? , individuata
dalla parametrizzazione:
Q − O = P − O + (P − A? ) t
∀t ∈ R
dove:
P − O = (−1, 2, 1)
2 2 , ,0
A −O =
3 3
?
5 4 P − A = − , ,1 ,
3 3
?
=⇒
per cui:
5 4 Q − O = (−1, 2, 1) + − , , 1 t
3 3
∀t ∈ R
ed infine, evidenziando le coordinate cartesiane:

5

x = −1 − t



3

4
s: y = 2+ t

3



z = 1 + t
9
∀t ∈ R.
(1)
(b) Piano di giacitura di r ed s. Angolo compreso fra le due rette r ed s
• Piano di giacitura di r ed s
Dovendo contenere tanto r quanto s, che si intersecano banalmente in P per costruzione,
l’equazione cartesiana del piano di giacitura è:
(Q − P ) · d~r ∧ d~s = 0
dove i vettori direttori di r ed s sono rispettivamente:
d~r = (−4, 5, 3)
d~s = (−5, 4, 3) ,
dal momento che l’equazione parametrica della retta r si scrive, come è immediato verificare:

1 4

x = − z



3 3


1 5
∀z ∈ R,
r: y = + z

3
3




z = z
mentre quella di s è stata ricavata in precedenza. Risulta, d’altra parte:
x + 1 y − 2 z − 1
(Q − P ) · d~r ∧ d~s = −4
5
3 =
−5
4
3 −4 3 5 3
+ (z − 1) −4
− (y − 2) = (x + 1) −5
−5 3 4 3
5 =
4
= 3(x + 1) − 3(y − 2) + 9(z − 1) =
= 3x + 3 − 3y + 6 + 9z − 9 = 3x − 3y + 9z
in modo che l’equazione cartesiana del piano di giacitura è:
3x − 3y + 9z = 0 ,
ovvero:
x − y + 3z = 0 .
• Angolo più piccolo compreso fra r ed s
Il coseno di tale angolo, indicato con α, può essere espresso usando il prodotto scalare fra
i vettori direttori delle due rette. Poichè si vuole il più piccolo angolo che le rette formano
fra loro intersecandosi, il coseno deve risultare non negativo, richiedendo in caso contrario
un cambiamento di segno. In generale, basterà considerare il valore assoluto del prodotto
scalare fra d~r e d~s :
d~r · d~s (−4, 5, 3) · (−5, 4, 3)
(−4) · (−5) + 5 · 4 + 3 · 3
= p
p
cos α =
= =
(−4, 5, 3) (−5, 4, 3)
(−4)2 + 52 + 32 (−5)2 + 42 + 32
|d~r | |d~s |
|20 + 20 + 9|
49
49
√
= √
= √ √
=
.
50
16 + 25 + 9 25 + 16 + 9
50 50
10
Pertanto:
α = arccos
49 50
.
(c) Equazione della retta w passante per H(1, 2, 2) e perpendicolare ad entrambe
le rette r ed s
La retta w è ortogonale al piano di giacitura di r ed s ricavato in precedenza, di equazione
x − y + 3z = 0. Il vettore direttore di w coincide perciò con quello ortogonale a detto
piano:
d~w = (1, −1, 3) .
Imponendo il passaggio per H, l’equazione parametrica di w è dunque:
Q − O = H − O + d~w t = (1, 2, 2) + (1, −1, 3) t
ossia:
(
w:
x = 1+t
y = 2−t
z = 2 + 3t
∀t ∈ R,
∀t ∈ R.
Per ottenere l’equazione cartesiana di w basta eliminare il parametro t dalla equazioni
precedenti; per esempio dalla prima si ha:
t = x − 1,
per cui le altre due equazioni diventano:
ovvero:
y = 2−x+1
z = 2 + 3(x − 1)
n
x+y−3 = 0
3x − z − 1 = 0 .
Soluzione dell’esercizio 3
(a) Valori di h per cui ψ è un isomorfismo
L’operatore lineare ψ : R3 → R3 è un isomorfismo se e solo se dim Im ψ = 3, il solo caso
in cui ψ risulta suriettiva e, per il teorema della dimensione, iniettiva (dim ker ψ = 0).
D’altra parte, il rango dim Im ψ dell’applicazione coincide con il rango di una sua qualsiasi
matrice rappresentativa, rispetto ad una base arbitraria di R3 . Dunque ψ è un isomorfismo
se e soltanto se la matrice A ha rango massimo, vale a dire 3. La condizione equivale a
richiedere che sia:
detA 6= 0 ,
ovvero:
h 2 0
h 2
3+3
2
0 6= 2 h 0 = 2(−1)
2 h = 2(h − 4) = 2(h − 2)(h + 2),
1 2 2
11
per cui ψ costituisce un isomorfismo per h 6= 2, −2. Viceversa, nel caso sia h = 2 o h = −2
l’applicazione non risulta né iniettiva né suriettiva, cioè non è un isomorfismo.
(b) Valori di h per cui ψ risulta diagonalizzabile
Per determinare i valori del parametro h per i quali l’endomorfismo ψ risulta diagonalizzabile si devono individuare gli autovalori della matrice A (ovvero di ψ), mediante la
soluzione dell’equazione caratteristica:
h − λ
2
0
h − λ
2
3+3
=
0 = det(A − λI3 ) = 2
h−λ
0 = (2 − λ)(−1)
2
h − λ
1
2
2−λ
= (2 − λ) (h − λ)2 − 4 = (2 − λ)(h − λ − 2)(h − λ + 2)
che porta alle tre soluzioni reali:
λ1 = 2
λ2 = h − 2
λ3 = h + 2 ,
tutte interpretabili come autovalori. Secondo il valore di h ∈ R, tuttavia, gli autovalori
possono risultare distinti o parzialmente coincidenti. Si devono perciò esaminare le varie
possibilità:
◦ λ1 = λ2 = λ3 non può verificarsi, in quanto non è mai λ2 = λ3 ;
◦ λ1 = λ2 se e solo se 2 = h − 2, ossia h = 4, nel qual caso λ3 = 4 + 2 = 6;
◦ λ1 = λ3 per 2 = h + 2, ovvero h = 0, sicchè λ2 = 0 − 2 = −2;
◦ λ2 = λ3 equivale a h − 2 = h + 2 e risulta chiaramente impossibile.
In definitiva, i casi da considerare sono tre:
(i) per h = 0 è λ1 = λ3 = 2, λ2 = −2;
(ii) se h = 4 vale λ1 = λ2 = 2, λ3 = 6;
(iii) se infine h 6= 0, 4 i tre autovalori λ1 , λ2 , λ3 risultano tutti distinti.
Occorre verificare, per h = 0 e h = 4, se gli autovalori doppi abbiano molteplicità geometrica pari a quella algebrica (cioè a 2). Per il teorema di Jordan questa condizione è necessaria
e sufficiente alla diagonalizzabilità.
• Caso h = 0
La matrice A diventa:

0 2
A = 2 0
1 2

0
0
2
ed ammette l’autovalore doppio λ = 2 e l’autovalore semplice −2. Gli autovettori corrispondenti a λ = 2 si ricavano da:
   

   
v1
0
−2 2 0
v1
0
 2 −2 0  v2  =  0 
(A − λI3 ) v2  =  0 
⇐⇒
v3
0
1
2 0
v3
0
12
ossia:

−2
 0
1
   
2 0
v1
0
0 0  v2  =  0 
2 0
v3
0

⇐⇒
   
0
v1
0
0  v2  =  0 
0
v3
0
0 6
0 0
1 2
e quindi risolvendo il sistema lineare omogeneo:
n
6v2 = 0
v1 + 2v2 = 0
n
⇐⇒
che porge cosı̀ gli autovettori richiesti:
   
v1
0
 v2  =  0 
v3
v3
v2 = 0
v1 = 0
∀ v3 ∈ R \ {0} .
Appare evidente che la dimensione dell’autospazio ker(A − 2I3 ) è uguale ad 1, data la
presenza di un unico autovettore linearmente indipendente; ciò significa che la molteplicità
geometrica dell’autovalore è inferiore a quella algebrica (2), per cui l’endomorfismo ψ non
risulta diagonalizzabile:
dim ker(A − 2I3 ) = 1 < 2 = molteplicità algebrica di 2 .
• Caso h = 4
Come nel caso precedente si ha il solo autovalore doppio λ = 2, ma è comunque necessario
ripetere la verifica in quanto la matrice A risulta differente (in effetti l’autovalore semplice
risulta 6 in luogo di −2):


4 2 0
A = 2 4 0
1 2 2
in modo che:

2 2
A − 2I3 =  2 2
1 2

0
0 .
0
Gli autovettori associati all’autovalore 2 sono le soluzioni non nulle dell’equazione matriciale:
   

   
v1
0
2 2 0
v1
0
 2 2 0  v2  =  0 
(A − 2I3 )  v2  =  0 
⇐⇒
v3
0
v3
0
1 2 0
ossia di:

0 0
2 2
1 2
   
0
v1
0
0  v2  =  0 
0
v3
0

⇐⇒
13
0 0
1 0
1 2
   
0
v1
0
0  v2  =  0 
0
v3
0
e dunque del sistema lineare omogeneo:
n
v1 = 0
v1 + 2v2 = 0
⇐⇒
che fornisce gli autovettori richiesti:
   
 
v1
0
0
 v2  =  0  = v3  0 
v3
v3
1
n
v1 = 0
v2 = 0
∀ v2 ∈ R \ {0} .
L’endomorfismo ψ non risulta diagonalizzabile in quanto:
dim ker(A − 2I3 ) = 1 < 2 = molteplicità algebrica di 2 .
• Caso h 6= 0, 4
In questo caso l’endomorfismo ammette tre autovalori distinti, ciascuno dei quali è semplice.
L’applicazione ψ è dunque diagonalizzabile, poichè il suo dominio ammette una base di
autovettori.
In conclusione, l’endomorfismo ψ è diagonalizzabile se e soltanto se h 6= 0, 4.
(c) Diagonalizzazione di A per h = 1
Come ben noto, la matrice invertibile N che rende diagonale il prodotto N −1 AN è quella
le cui colonne siano costituite da autovettori linearmente indipendenti di A — cioè una
base di R3 composta da autovettori di A.
In base ai risultati del punto (b), per h = 1 la matrice A è certamente diagonalizzabile in
quanto munita di 3 autovalori distinti:
λ1 = 2
λ2 = −1
λ3 = 3 .
Basta quindi individuare una base di autovettori di A, tenendo ben presente che ciascun
autospazio dovrà avere necessariamente dimensione 1.
Autovettori di λ1 = 2
Gli autovettori sono le soluzioni in (a1 a2 a3 )T dell’equazione:
   

   
a1
0
−1 2 0
a1
0
(A − 2I3 )  a2  =  0  ⇐⇒  2 −1 0  a2  =  0 
a3
0
1
2 0
a3
0

   

   
−1 2 0
a1
0
−1 2 0
a1
0
⇐⇒  1 1 0  a2  =  0  ⇐⇒  0 3 0  a2  =  0 
1 2 0
a3
0
0 4 0
a3
0
che in forma ridotta diventa infine:

   
−1 2 0
a1
0
 0 3 0  a2  =  0 
0 0 0
a3
0
14
ed equivale al sistema lineare omogeneo:
−a1 + 2a2 = 0
3a2 = 0
⇐⇒
Gli autovettori sono pertanto:
   
 
a1
0
0
 a2  =  0  = a3 0 
a3
1
a3
a1 = 0
a2 = 0 .
∀ a3 ∈ R \ {0} .
Come autovettore associato a λ1 = 2 si può dunque scegliere, semplicemente:
 
0

~v1 = 0  .
1
Autovettori di λ2 = −1
Per determinare gli autovettori associati all’autovalore λ2 = −1 si deve risolvere rispetto
a (a1 a2 a3 )T l’equazione:

  
a1
0



(A + I3 ) a2 = 0 
a3
0

⇐⇒
⇐⇒
2 2
2 2
1 2

1 1
0 0
0 1
   
a1
0
0




0
a2 = 0 
3
a3
0
   
a1
0
0




0
a2 = 0 
3
0
a3
ossia il sistema lineare omogeneo:
a1 + a2 = 0
a2 + 3a3 = 0
⇐⇒
a1 = −a2
a2 = −3a3
⇐⇒
a1 = 3a3
a2 = −3a3
che fornisce l’espressione generale degli autovettori richiesti:
  



a1
3a3
3
 a2  =  −3a3  = a3 −3 
∀ a3 ∈ R \ {0} .
a3
a3
1
Un autovettore associato a λ2 = −1 si ottiene ponendo a3 = 1:


3
~v2 =  −3 .
1
15
Autovettori di λ3 = 3
In questo caso si devono ricavare le soluzioni (a1 a2 a3 )T dell’equazione:
   

   
a1
0
−2 2
0
a1
0
(A − 3I3 )  a2  =  0  ⇐⇒  2 −2 0  a2  =  0 
a3
0
1
2 −1
a3
0
   

a1
0
−1 1 0
−a1 + a2 = 0
⇐⇒  0 0 0  a2  =  0  ⇐⇒
3a2 − a3 = 0
0
0 3 −1
a3
vale a dire:

a1 = a2
a3 = 3a2
⇐⇒
 

 
a1
a2
1
 a2  =  a2  = a2 1 
a3
3a2
3
∀ a2 ∈ R \ {0} .
Un autovettore è quindi:
 
1
~v3 =  1 .
3
Matrice N
La matrice N che riduce A alla forma diagonale (ovvero che diagonalizza l’endomorfismo
φ) è la matrice 3 × 3 che ha i vettori ~v1 , ~v2 e ~v3 come colonne:


0 3 1
N = ~v1 ~v2 ~v3 =  0 −3 1  .
1 1 3
È immediato verificare che:

2
N −1 A N =  0
0
0
−1
0

0
0 ,
3
con gli elementi diagonali che coincidono, ovviamente e ordinatamente, con i rispettivi
autovalori. Si ha infatti:
0 3 1
1 3+1 3
detN = 0 −3 1 = (−1)
−3 1 = 6
1 1 3
per cui, usando il teorema di Laplace:

N −1
−10
1
=  1
6
3
16
−8
−1
3

6
0
0
e di conseguenza:

−10
1
−1
N A =
1
6
3

−8 6
1


−1 0
2
3 0
1


2 0
−20 −16
1

1 0 =
−1
1
6
2 2
9
9

12
0 
0
cosicchè, come deve essere:


−20 −16 12
0 3
1
−1


−1
1
0
0 −3
N AN =
6
9
9
0
1 1
 

2 0
12 0
0
1


= 0 −1
=
0 −6 0
6
0
0 18
0 0

1
1 =
3

0
0 .
3
Soluzione dell’esercizio 4
(a) Base ortonormale dedotta da una base in uno spazio vettoriale reale munito
di prodotto scalare
Allo scopo si può ricorrere al metodo di Gram-Schmidt, che si richiama brevemente.
Si considera B = (v1 , . . . , vn ) e si pone per brevità |v| = hv|vi1/2 ad indicare il modulo di un
qualsiasi vettore v ∈ V . Il primo vettore della base ortonormale (BON) cercata è ottenuto
normalizzando il vettore v1 , certamente non nullo in quanto linearmente indipendente:
e1 =
v1
.
|v1 |
Il secondo elemento della BON si ottiene sottraendo a v2 la sua proiezione ortogonale lungo
e1 :
w2 = v2 − hv2 |e1 i e1 ,
che è certamente un vettore non nullo perchè in caso contrario ne verrebbe una relazione
di dipendenza lineare fra v1 e v2 , contro l’ipotesi che B sia una base, e normalizzando il
risultato:
w2
v2 − hv2 |e1 i e1
e2 =
=
.
|w2 |
|v2 − hv2 |e1 i e1 |
Per costruzione i vettori e1 ed e2 hanno modulo unitario e prodotto scalare nullo, come è
immediato verificare:
D v − hv |e i e E
1 2
2 1
1
he1 |e2 i = e1 =
e1 | v2 − hv2 |e1 i e1 =
|w2 |
|w2 |
1
he1 |v2 i − hv2 |e1 i
=
he1 |v2 i − hv2 |e1 i he1 |e1 i =
= 0.
|w2 |
|w2 |
Il terzo vettore della BON si ricava normalizzando il vettore:
w3 = v3 − he1 |v3 i e1 − he2 |v3 i e2
17
che è ancora non nullo perchè qualora cosı̀ non fosse sussisterebbe una relazione di dipendenza lineare fra v3 , v2 e v1 , circostanza impossibile a verificarsi dato che i tre vettori
appartengono alla base B. È pertanto:
e3 =
v3 − he1 |v3 i e1 − he2 |v3 i e2
w3
=
,
|w3 |
|w3 |
ovviamente di modulo unitario ed ortogonale tanto ad e1 quanto ad e2 :
i
1 h
he1 |v3 i − he1 |v3 ihe1 |e1 i − he2 |v3 ihe1 |e2 i =
|w3 |
i
1 h
=
he1 |v3 i − he1 |v3 i 1 − he2 |v3 i 0 = 0
|w3 |
he1 |e3 i =
i
1 h
he2 |v3 i − he1 |v3 ihe2 |e1 i − he2 |v3 ihe2 |e2 i =
|w3 |
i
1 h
=
he2 |v3 i − he1 |v3 i 0 − he2 |v3 i 1 = 0 .
|w3 |
he2 |e3 i =
Si procede in modo analogo fino all’n-esimo ed ultimo vettore:
wn
en =
|wn |
n
X
wn = vn −
hei |vn i ei
con:
i=1
che risulta normalizzato ed ortogonale a tutti quelli precedenti.
(b) Applicazione lineare sull’insieme dei polinomi di grado ≤ 2
Linearità e non invertibilità dell’applicazione L
L’applicazione è definita da:
L[p(x)] = p(x + 1) − p(x − 1)
∀ p(x) ∈ P2 (R) .
Indicato con p(x) = ax2 + bx + c, a, b, c ∈ R, il generico polinomio di P2 (R), esso ha dunque
l’immagine attraverso L:
L(ax2 + bx + c) = a(x + 1)2 + b(x + 1) + c − a(x − 1)2 − b(x − 1) − c =
= a(x2 + 2x + 1) − a(x2 − 2x + 1) + 2b = 4ax + 2b .
Al polinomio di coefficienti (a, b, c) corrisponde quindi il polinomio immagine di coefficienti
(0, 4a, 2b), che sono funzioni omogenee di primo grado di a, b, c. Le linearità è perciò
evidente.
Per escludere l’invertibilità basta verificare che L non è 1−1, dimostrando che il suo nucleo
non risulta banale. Il polinomio p(x) = ax2 + bx + c appartiene infatti a ker L se e solo se:
4ax + 2b = 0
18
ossia:
n
4a = 0
2b = 0
⇐⇒
n
a = 0
b = 0
per cui p(x) = c ∀ c ∈ R, e la non invertibilità risulta dimostrata (ker L ha dimensione 1).
Autovalori ed autovettori dell’applicazione L
Autovalori ed autovettori si possono ricavare direttamente dalla definizione. Il polinomio
p(x) = ax2 + bx + c 6= 0 è autovettore, associato all’autovalore λ ∈ R, se e soltanto se:
L ax2 + bx + c = λ(ax2 + bx + c)
vale a dire:
4ax + 2b = λax2 + λbx + λc
ovvero:
−λax2 + (4a − λb)x + 2b − λc = 0 .
Dato che un polinomio è nullo se e soltanto se tutti i suoi coefficienti risultano uguali a
zero, questa equazione in P2 (R) equivale al sistema di equazioni lineari omogeneee:
(
−λa = 0
4a − λb = 0
2b − λc = 0

⇐⇒
−λ
 4
0
0
−λ
2
   
0
a
0




b = 0
0
0
c
−λ
di cui si deve poter determinare una soluzione (a b c)T non nulla. Ciò avviene se e solo se
la matrice incompleta ha rango inferiore a quello massimo (3), ovvero determinante nullo:
−λ
0 = 4
0
0
−λ
2
0 0 = −λ3 .
−λ L’operatore lineare L ammette dunque un unico autovalore, λ = 0, con molteplicità algebrica 3 (autovalore triplo). Posto λ = 0 nel sistema omogeneo, si ha infine:
(0 = 0
4a = 0
2b = 0
⇐⇒
n
a = 0
b = 0
per cui p(x) = c ∀ c ∈ R \ {0} sono gli autovettori richiesti. Si tratta evidentemente dei
polinomi costanti non nulli.
19