Puer aeternus: tradimento e perdono.

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Puer aeternus: tradimento e perdono.
Puer aeternus: tradimento e perdono.
Questo scritto di James Hillman intitolato “L’eterno fanciullo” ha costituito
un passaggio fondamentale nella mia formazione, nella comprensione
dell’animo umano oltre che nella cura delle mie ferite.
Il saggio prende corpo da una storiella ebraica, una delle solite barzellette
degli ebrei sugli ebrei.
Storiella ebraica
“Un padre, volendo insegnare al figlio ad essere meno pauroso, ad avere
più coraggio, lo fa saltare dai gradini di una scala. Lo mette in piedi sul
secondo gradino e gli dice: “Salta, che ti prendo”. Il bambino salta. Poi lo
piazza sul terzo gradino, dicendo: “Salta, che ti prendo”. Il bambino salta.
Poi lo mette sul quarto gradino, dicendo: “Salta, che ti prendo”. Il bambino
ha paura ma poiché si fida del padre, fa quello che il padre gli dice e salta
tra le sue braccia. Quindi il padre lo sistema sul quinto, sesto e settimo
gradino dicendo ogni volta: “Salta, che ti prendo” e ogni volta il bambino
salta e il padre lo afferra prontamente, continuando così per un po’. A un
certo punto il bambino è su un gradino molto alto, ma salta ugualmente,
come in precedenza; questa volta però il padre si tira indietro, e il bambino
cade lungo disteso. Mentre tutto sanguinante e piangente si rimette in
piedi, il padre gli dice: “Così impari: mai fidarti di un ebreo, neanche se è
tuo padre”.
Perché bisognerebbe insegnare ad un bambino a non fidarsi? Dove vuole
portarci l’autore raccontandoci questa storiella apparentemente molto
cinica?
Hillman affronta in questo breve saggio il tema del tradimento. E cosa
significa essere traditi dal proprio padre? Da una persona così vicina? Che
senso ha il tradimento nella vita psicologica?
Ogni esperienza di intimità, per esempio l’amore, l’amicizia oppure il
rapporto analitico e terapeutico in genere, è una occasione di ritorno a
quella situazione di fiducia originaria, quel rapporto simbiotico madrefiglio, un recinto sacro come il giardino dell’Eden, quando Adamo
passeggiava in compagnia di Dio al crepuscolo.
Parliamo del bisogno di sicurezza come “fiducia originale”, come zona
protetta in cui poterci esporre all’altro senza essere annientati, distrutti. E
non solo del bisogno di essere “contenuti” in un altro che non ci potrà mai
deludere, ma soprattutto del bisogno di proteggerci dalla nostra stessa
tendenza al tradimento, dalla nostra stessa ambivalenza.
È questo il mondo originario prima del male e prima di Eva, della “nostalgia
dell’essere una sola cosa con Dio”. In questo modo “non potremo far
andare male le cose, avere desideri sessuali, ingannare, sedurre, tentare,
imbrogliare, incolpare, confondere, nascondere, fuggire, rubare, mentire,
rovinare il creato […]”
“[…] quella nostalgia della fiducia originale, la nostalgia dell’unità con il
vecchio Sé saggio, dove io e il Padre siamo una cosa sola, senza
l’interferenza di Anima, è tipica del Puer aueternus, colui che sta dietro a
tutti gli atteggiamenti adolescenziali”.
L’eterno fanciullo non vuole essere cacciato dall’Eden e si aspetta di
essere totalmente compreso, confermato, benedetto e riconosciuto in virtù
di ciò che è e della sua vicinanza e intimità con Dio. E quando questo non
avviene, da parte dell’amico, della moglie, del terapeuta il vissuto è di
profondo tradimento. Stando al racconto biblico, Dio non si riconosce
sufficiente per l’uomo e decide di creare Eva, evocarla, farla uscire
dall’uomo e questo porta alla rottura della fiducia originale tramite il
tradimento. Il tradimento è quindi necessario e anzi una “iniziazione ad una
nuova coscienza della realtà”. La fine dell’Eden è l’inizio della vita.
Hillman arriva così a postulare una verità fondamentale relativa al
tradimento: non si da “amore” e “fiducia” senza possibilità di “tradimento”.
L'uno contiene l'altro. Più grande è l’amore, maggiore è la possibiltà di
essere traditi. “Siamo traditi proprio nei rapporti più intimi, quelli in cui è
possibile la fiducia originale […] Più grandi sono l’amore e la lealtà, il
coinvolgimento e l’impegno, più grande è il tradimento. La fiducia ha
dentro il seme del tradimento […]”.
Il tradimento è la condizione per entrare nel mondo reale, il mondo della
coscienza e delle responsabilità reali. Questo perché “vivere o amare
soltanto laddove ci possiamo fidare, dove siamo al sicuro e contenuti,
dove non possiamo essere feriti o delusi, dove la parola data è vincolante
per sempre, significa essere irraggiungibili dal dolore e dunque essere fuori
dalla vita vera […] Se possiamo fare dono di noi stessi con la certezza che
ne usciremo intatti, magari addirittura arricchiti, allora dov’è il dono?”.
Questo vale per i rapporti di amicizia, per il matrimonio, nei rapporti di
lavoro come in ultima istanza nel rapporto con la Chiesa o con il divino.
“L’uomo è traditore. La parola non è più forte della vita”. Il padre dice al
figlio: “Ti ho tradito come tutti siamo stati traditi nella natura traditrice della
vita creata da Dio. L’iniziazione del ragazzo alla vita è l’iniziazione alla
tragedia dell’adulto”.
Anche Gesù alla fine viene abbandonato da Dio ed è proprio in quel
momento che diventa definitivamente umano patendo sulla croce con il
fianco ferito dal quale sgorgano sangue ed acqua, la sorgente ora
liberata della vita, del sentimento, dell’emotività”. Quando si spezza la
fiducia
originale
il
puer
muore
e
nasce
l’uomo.
Questa
è
una
trasformazione radicale per l’universo maschile. “Solo dopo che il fianco di
Gesù tradito e morente è stato trafitto, diventa possibile l’amore”.
E il momento della “grande delusione” è anche il momento della scelta,
una grande opportunità. Non è quindi tanto importante il tradimento in se,
ma come la nostra reazione, quale scelta decidiamo di fare. Chi è
incapace di perdonare e quindi di superare il tradimento rimane “tagliato
fuori” dall'amore, separato, isolato dalla vita, fissato nel trauma, pieno di
rancore e voglia di vendicarsi, cieco ad ogni comprensione.
Hillman delinea cinque pericoli, sei modi disfunzionali di reagire alla ferita
che il tradimento porta con sé.
La vendetta
Occhio per occhio, dente per dente. Male per male, dolore per dolore.
Per alcuni è un atteggiamento naturale e se è fatta come un gesto di
verità emotiva può servire al massimo a scaricare la tensione ma non
produce risultati dal punto di vista psicologico. Se poi è procrastinata si
trasforma in macchinazione mentale, ossessione; è starsene in disparte
aspettando l'occasione buona per farla pagare. Dal punto di vista
psicologico è un restringimento della coscienza, la sua messa a fuoco
limitata. La vendetta “sposta la messa a fuoco dall’evento del tradimento e
dal suo significato alla persona del traditore e alla sua Ombra”. Chi è
tradito tradisce.
La negazione dell’altro
Quando in un rapporto uno dei due partecipanti subisce una delusione, la
tentazione è quella di negare il valore dell'altro. In un colpo solo si vede
l'Ombra dell'altro che da idealizzato, viene negato perché tradisce,
interrompe bruscamente il flusso di proiezioni (idealizzazioni) che abbiamo
fatto su di lui. Dalla stelle alle stalle. Anche in questo caso chi è tradito
finisce per tradire.
Cinismo
Una delusione d'amore verso una causa politica, un amico, un nostro
superiore può portare non solo alla negazione dell'altro, ma alla negazione
dell' “amore”, della “politica”, dell’ “amicizia”, provocando un notevole
restringimento della nostra visone del mondo, della nostra mappa della
realtà. Allora “tutti” gli amici sono diventati infedeli, la politica è una “cosa
sporca”, i datori di lavoro sono “tutti senza scrupoli”. “Il bambino tradito
giurà che non salirà mai più su un gradino così alto”. Meglio rimanere a
terra nel mondo del cane (Kynikos = cane). Cos’ facendo chi è tradito
finirà per tradire. Che cosa? Se stesso, i propri desideri le proprie
aspettative, i propri talenti, la propria anima.
Negazione di se
Una confessione tradita ad un amico, un sogno o un progetto che
custodivamo nel nostro cuore: “Questo non l'ho mai detto a nessuno”, un
segreto, un nostro valore profondo, etc. Quando si rompe un'amicizia, una
collaborazione, una storia d'amore, di colpo viene alla luce il nostro lato
oscuro e cominciamo a giustificare le nostre azioni con un sistema di valori
che non ci appartiene. In quel momento ci consegniamo al nostro nemico
interno. Siccome ci siamo rivelati e siamo stati traditi allora non ci
esporremo mai più, non riveleremo più i nostri sentimenti, per mancanza
del coraggio di essere tradiamo noi stessi generando un vortice senza fine
di sofferenza nevrotica. Il tradimento di sé è l’esito preoccupante e in
fondo, vendicandoci, diventando cinici o paranoici, non facciamo che
tradire noi stessi perché ci mettiamo fuori della vita. E così c’è chi chiude
con il sesso, con i rapporti di intimità, con la propria vocazione. In questo
modo rifiutiamo di portare la nostra croce, di essere ciò che siamo anche
se ci fa soffrire. Rinunciamo a noi stessi perché non abbiamo più coraggio
di essere.
Scelta Paranoide
Un’ altra modalità pericolosa di reagire è quella di ricercare il rapporto
perfetto per paura di essere di nuovo traditi. Il motto è “non mi dovrai più
deludere”. Prove di devozione, giuramenti di fedeltà eterna, prove di
fiducia e fuga in un rapporto basato sul logos, un rapporto mentale basato
sulla parola più che sull'amore. Una vera propria distorsione della realtà. Un
rapporto più di potere che di amore. La distorsione paranoide delle
vicende umane è una cosa grave perché una volte lasciato il giardino
dell’Eden non è più possibile farvi ritorno.
Dalla sofferenza al perdono
Chi tradisce, come il padre del racconto, evita di rendere conto di sé, a
significare che la soluzione deve venire dalla parte offesa. “Questo a mio
avviso, è lo stimolo creativo presente nel tradimento: è l’individuo tradito a
dover trovare il modo di risorgere, a dover fare un passo avanti dandosi da
sé un’interpretazione dell’accaduto. Ma l’esperienza del tradimento può
essere creativa solo a patto che egli non cada nei pericoli che abbiamo
descritto e che vi rimanga fissato”.
Se si rimane fissati nel trauma, nelle ferite, nel dolore, pieni di rancore si
rimane tagliati fuori dall'amore, isolati nella pozza della nevrosi (per usare
una elegante definizione che Jung da della sofferenza nevrotica), nella
solitudine, tagliati fuori dalla vita.
Fino a che si alberga nella sofferenza non c'è via di uscita. Per risolvere un
problema, infatti, ci vuole un tipo di pensiero di ordine superiore. Si tratta di
rispondere tradimento con un “dono” e non con un calcolo.
E il “per-dono” può solo arrivare da una “grande mente” per usare una
metafora presa in prestito dalla filosofia zen, dal punto di vista di chi non
ragiona come il burocrate, ma è connesso, radicato alla sorgente
dell’essere che è “amore” e riesce a concepire la gratuità e il senso della
grazia. Questo perché “quando l’io è stato offeso non può perdonare solo
perché ‘dovrebbe’ […] L’io rimane vitale solo grazie al suo amor proprio, al
suo orgoglio e senso dell’onore. Non posso perdonare direttamente, ma
solo chiedere, o pregare, che i peccati siano perdonati. A volte,
desiderare che il perdono arrivi e attendere che arrivi è l’unica cosa che
possiamo fare. Per chi non ha provato che cosa vuol dire essere umiliati o
essere offesi nel profondo, perdono e umiltà sono solo parole.”
Per chi è stato condotto, come quel figlio entusiasta, di gradino in gradino
a saltare da una posizione sempre più alta, in un punto in cui la fiducia era
massima, con il tradimento si aprono le porte alla propria ombra:
negazione di sé, difese paranoidi (cioè proiezioni sull’altro della propria
delusione e rabbia), cinismo e vendetta.
Ed è proprio in questa prospettiva che il perdono e il ritrovamento della
fiducia acquistano il loro senso pieno, la loro possibilità di esistere, perché
senza tradimento non esisterebbe il perdono. Perdonare “non equivale a
dimenticare, ma è il ricordo del torto subito, trasformato all’interno di un
contesto più vasto, ovvero, come ha detto Jung, il sale dell’amarezza
trasformato nel sale della saggezza”.
Torniamo così alla domanda iniziale: Che senso ha il tradimento nella vita
psicologica? “Senza l’esperienza del tradimento, né fiducia né perdono
acquisterebbero piena realtà”. Il tradimento è il lato oscuro della fiducia e
del perdono, ma ciò che li rende possibili.
“Questo spiega come mai nelle religioni, il tema del tradimento, sia così
importante. Forse il tradimento è la porta attraverso la quale gli esseri
umani possono arrivare alle più alte esperienze religiose del perdono e
della riconciliazione”. Gesù sulla Croce è tradito dal Padre, Giacobbe
tradisce Esaù. Pietro e Giuda tradiscono Gesù. Il tradimento in queste
vicende è inevitabile.
Cosa rende così difficile il perdono oltre all’istinto di affermazione dell’io
che rivendica la sua identità, la sua vita, la sua dignità? Il fatto che è
importante che ci sia “la collaborazione dell’altro, di colui che ha tradito
[…] l’offesa se non è ricordata da entrambi gli interessati (e ricordata come
offesa) ricade tutta su colui che è stato tradito […] Se è solo il tradito a
percepire l’offesa, mentre l’altro ci passa sopra con razionalizzazioni, allora
il tradimento continua, anzi si accentua. Questa elusione in malafede di
ciò che è realmente accaduto è, di tutte le piaghe, la più bruciante per il
tradito.
Il perdono diventa più difficile; il risentimento cresce, perché il traditore non
si assume la sua colpa e non prende con onestà coscienza del proprio
atto.
Jung ha detto che il senso dei nostri peccati è che dobbiamo
assumerceli, bisogna prima riconoscerli, e riconoscere la loro brutalità. Per
la psiche, assumersi un peccato, significa semplicemente riconoscerlo,
ricordarlo”.
L’offesa va ricordata e non cancellata dal risentimento o dall’oblio.
Offesa, tradimento, pensieri e tutte le emozioni ed esperienze perché “[…]
se io sono incapace di ammettere di avere tradito un altro, o se cerco di
dimenticarlo, rimango bloccato nella mia brutalità inconscia. […] Non solo
continuerò ad offendere l’altro, recherò offesa anche a me stesso, perché
mi sarò precluso la possibilità di perdonarmi”.
James Hilman sottolinea che “il perdono da parte del tradito, richiede
l’espiazione
da
parte
del
traditore”,
dove
per
espiazione,
viene
sottolineato, non è un modo per mettersi a posto la coscienza, ma “è una
forma di riconoscimento dell’altro”.
Viene allora spontaneo chiedersi se tutti i tradimenti siano da mettere sullo
stesso piano: rimangiarsi una promessa, negare aiuto, divulgare un segreto,
ingannare l’amante. Cosa li rende differenti da loro? Visto che il
tradimento nella vita esiste ed è addirittura funzionale alla crescita
spirituale e all’apertura trans-personale della nostra vita, come facciamo a
distinguere allora tra un padre buono ed una padre malvagio? Tra Pietro e
Giuda? Qual’ è la differenza tra un maestro o una guida buona, che fa
crescere le anime e un falso maestro? Tra il mago bianco e il mago nero?
Nel farsi queste domande Hillmann, ammettendo di avventurarsi su un
terreno che non è più psicologico ma spirituale, individua nell’ “amore” e
nel senso di necessità che ne consegue l’aspetto essenziale. Il sacrificio di
Gesù è compiuto nell’amore. Il tradimento di Giacobbe è compiuto per
necessità in quando era già previsto quando lui stava nel ventre materno.
Il padre conduce suo figlio sulla scala per impartirgli un insegnamento.
Come si può dire con certezza se è presente l’amore in un tradimento?
“Se il tradimento è perpetrato soprattutto per vantaggio personale (per
cavarsi d’impiccio, per fare del male all’altro o per usarlo, per salvarsi la
pelle, per il proprio piacere, per placare un desiderio o un bisogno, per
fare i propri comodi), allora si può stare sicuri che c’entra di più il potere, il
bruto, che l’amore”.
Se il tradimento è inserito nella dimensione creativa dell’amore, cioè se
genera qualcosa, se è fecondo per entrambe le parti coinvolte, se è
orientato al “bene comune”, allora acquista un significato profondo.
Hillman spostando l’attenzione dalle cause del tradimento, al modo di
reagire
al
tradimento,
per
prendersi
cura
della
ferita,
sottolinea
l’importanza di ciò che è possibile fare oggi, “qui ed ora”, restituendo
visione e “potere personale” rispetto alla forza schiacciante di un evento
così doloroso e drammatico.
Questo ci porta ad affermare, per concludere, che nella vita psicologica e
spirituale non sono tanto importanti gli eventi e i fatti, visto che l’esistenza di
ognuno di noi è costellata inevitabilmente di avvenimenti luttuosi, dolorosi
e tragici, ma come noi reagiamo ai fatti, come sappiamo portarli, con
quali occhi riusciremo a guardarli, quello che noi, grazie ai fatti
diventiamo.
Gianluca Minella
Liberamente tratto da: James Hillman, Puer auternus, Adelphi, Milano, 1999