M`ama, non m`ama... ahimè, mi tradisce!

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M`ama, non m`ama... ahimè, mi tradisce!
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S
in alute
M’ama, non m’ama...
ahimè, mi tradisce!
Se è vero che viviamo in un’epoca in cui molte certezze vacillano, costringendoci a interrogarci sui nostri comportamenti e sulle nostre
scelte, è altrettanto vero che esistono verità psicologiche di cui bisogna tener conto nel rapporto con gli altri. Soprattutto nella relazione amorosa occorre condivisione, consapevolezza, fiducia e
complicità: c’è da chiedersi se queste fondamenta reggono
all’urto del tradimento e se la fedeltà è ancora un valore oppure un’usanza ormai sorpassata, un oggetto d’antiquariato che fa soltanto sorridere.
E
state: tempo di relax, divertimento e, per alcuni,
di evasioni… non innocenti. Sembra che in epoca di vacanze il numero
di “scappatelle” aumenti vertiginosamente, dando ragione a quanti
sostengono che il fatto di essere o
non essere fedeli al proprio partner
deriva spesso dalle circostanze. Ma
è proprio vero che si tradisce solo
perché “l’occasione fa l’uomo ladro”? E quanto sono davvero diffuse le famigerate “corna” di cui tanto si mormora?
Per rispondere a queste domande
bisogna innanzitutto distinguere
l’infedeltà dal tradimento. La prima consiste nell’intrattenere rapporti sessuali con un partner diverso da quello abituale, senza però
ingannare quest’ultimo: è il caso,
ad esempio, delle cosiddette ”coppie aperte” tanto in voga una trentina di anni fa; oppure l’infedeltà è
la conseguenza di un nuovo innamoramento, che porta alla chiusura
della precedente relazione per iniziarne un’altra. Il tradimento, invece, è quello che comporta l’inganno
e la menzogna, quello che abusa
della fiducia del proprio partner,
che ferisce la sua dignità e i suoi
sentimenti. Secondo una recente
inchiesta condotta su un campione
di mille uomini italiani tra i 18 e i
60 anni, il 77% degli intervistati ha
ammesso di aver tradito almeno
una volta la moglie o la compagna
nel corso degli ultimi cinque anni,
mentre in un analogo campione di
donne la percentuale delle traditrici è del 23%. Sono numeri che fanno riflettere, che inducono a cercare il perché del fenomeno. Ma i
motivi sono più d’uno. Le donne
non tradiscono più, come accadeva
in passato, soltanto perché si innamorano di un altro, ma anche per
noia, per insoddisfazione sessuale,
perché si sentono sole, e soprattutto per vendicarsi di torti subiti
(molto spesso… di un tradimento).
Anche per gli uomini è determinante la noia e l’insoddisfazione,
ma nel loro caso si aggiunge la
componente culturale del “machismo”, quello che fa sentire – soprattutto di fronte agli amici – tanto più virili e vincenti quante più
donne si riesce a conquistare. Il bisogno di tradire cresce poi nettamente con l’età: una ricerca statistica rivela che gli uomini con più di
un partner sessuale sono il 30% tra
INFEDELTÀ E TRADIMENTO
i 35 e i 44 anni, ma ben il 42% nella fascia di età tra i 65 e i 74. Idem
per le donne: più di una relazione
è confessata dal 19% delle 3544enni e dal 53% delle cinquantenni. A 60 anni, le fedifraghe sono
“solo” il 38%, ma il calo va verosimilmente imputato al minor numero di occasioni derivante dal ridotto appeal sessuale. La paura di non
essere più desiderabili a causa
dell’età è la molla che fa scattare
questi tradimenti tardivi. E la paura sta anche alla base del comportamento di chi (e sono soprattutto
uomini) tradisce continuamente,
sistematicamente. Alcuni arrivano
perfino ad avere nello stesso periodo di tempo un coniuge e un certo
numero di amanti! Per questi “traditori seriali” il giudizio psicologico è severo e unanime: si tratta di
individui narcisisti, profondamente immaturi e insicuri, che sono costretti a cercare continuamente la
conferma del proprio fascino e della propria capacità di seduzione.
Anche se occupano elevate posi-
INFEDELI DI NASCE O SI DIVENTA?
Ha fatto un certo rumore la recente
notizia che i biologi avrebbero scoperto un gene da cui dipende la tendenza al tradimento. Come dire che
chi tradisce non fa altro, in fondo, che
mettere in atto un comportamento
programmato in lui dalla natura, quindi non ha né colpa né responsabilità.
A questa affermazione bisogna contrapporre il fatto che in tutti i comportamenti umani c’è una matrice genetica: un esempio fra i tanti è l’aggressività, che può condurre alla violenza o
addirittura all’omicidio. Si dovrebbe
quindi depenalizzare questo reato
estremo, imputandolo alla struttura
dei cromosomi? Evidentemente no!
Perché l’essere umano, a differenza
dagli animali, è in grado di dominare e
orientare le proprie tendenze innate
attraverso la ragione, il sentimento,
l’etica, la cultura: si può non essere
responsabili dei propri desideri istintivi, ma lo si è sempre delle proprie
azioni. Quindi, anche ammesso che
infedeli si nasca, bisogna dire che fedeli si diventa... sempre che si voglia
diventarlo!
zioni sociali, anche se hanno denaro, prestigio e potere, sono schiavi
di un bisogno inesauribile di nuove
conquiste sessuali per tenere a bada il loro terrore inconscio di non
piacere agli altri, di valere poco, di
essere esclusi e rifiutati.
Ma se guardiamo in profondità,
nella mente (o, se si vuole, nel cuore) di chi tradisce unicamente per
desiderio di conquista c’è sempre
la decisione egoistica di appartenere solo a se stesso. C’è un’idea infantile dell’amore, che viene inteso
come scambio utilitaristico di emozioni e non come libera e consapevole donazione di un Io ad un altro
Io. Perché due persone che, innamorandosi, decidono di costruire
insieme un Noi e di alimentarlo nel
tempo, stringono un patto sentimentale di reciproca appartenenza
e un patto morale di reciproco rispetto. Un’alleanza affettiva nel segno della sincerità. Per tenere in vita il Noi, creatura indefinibile ma
ben nota a tutti coloro che abbiano
sperimentato almeno una volta il
vero sentimento amoroso, occorre
innanzitutto la condivisione: per
gli innamorati è essenziale mettere
in comune gioie, dolori, piaceri,
esperienze di ogni tipo.
Ma per condividere occorre anche
aprirsi all’altro senza riserve e senza difese: cioè, mettere in gioco la
propria intimità, abbandonandola
fiduciosamente in mani che si promettono sicure. Dunque la fiducia
è un altro aspetto fondamentale
della relazione di coppia, sempre
che si tratti di una relazione
profonda e significativa per entrambi i partner. Ed è proprio perché azzera la fiducia che il tradimento esplode nella coppia come
una bomba ad alto potenziale, devastandola e il più delle volte distruggendola. Il partner innamorato
che scopre un tradimento subisce
una lacerazione profonda, un grave
avvilimento dell’Io, e quasi sempre
va incontro ad una vera e propria
crisi di identità.
Anche se la coppia sopravvive, la
magia del rapporto svanisce insieme alla complicità che lo cementava: si apre la stagione del sospetto,
delle rivendicazioni, del conflitto,
della disistima. Recuperare è difficilissimo, e può essere possibile so-
lo nei casi in cui il tradimento è
nato da un periodo di silenzio affettivo, durante il quale i partner,
pur continuando ad amarsi, si sono
involontariamente allontanati ed
hanno smesso di comunicare, magari per pigrizia o per effetto
dell’abitudine. Allora lo shock può
essere salutare, a condizione che lo
si utilizzi per prendere coscienza e
per “rimettere in moto” i meccanismi dell’interazione sentimentale e
sessuale. È necessario però, innanzitutto, un “bagno di sincerità”: il
traditore scoperto deve smettere di
mentire ed accettare di analizzare
insieme al partner le motivazioni e
gli stati d’animo che lo hanno indotto ad ingannare; il tradito deve
a sua volta esaminare la sua parte
di responsabilità nell’aver contribuito al calo di tensione emotiva
all’interno della coppia. Solo a
queste condizioni può accadere
che il tradimento faccia bene
all’amore, riaccendendo la fiamma
del reciproco interesse e riannodando il legame della complicità.
Tuttavia c’è chi sostiene che aspettandosi la fedeltà del partner ci si
dimostra nemici delle sue possibilità di crescita personale e si asseconda soltanto il proprio egocentrismo; c’è anche chi aggiunge che
tradire può essere un modo per superare la dipendenza infantile dalla persona amata: ma come si concilia questo rispettabile fine con il
ricorso allo strumento vergognoso
dell’inganno, alla viltà della menzogna, alla volgarità del sotterfugio? Riflettendo su questo interrogativo si deve concludere che teorizzare il tradimento come espressione di libertà significa non saper
distinguere la logica brutale del
possesso dal dono gioioso dell’appartenenza. Significa anche voler
giustificare chi, con leggerezza irresponsabile, corre il rischio di infliggere un immenso dolore alla
persona che dice di amare. Ma che
specie di amore può essere quello
di chi si mette in condizione di ferire l’altro, di farlo profondamente
soffrire, di distruggere un Noi, soltanto per soddisfare una volontà
(questa sì, estremamente infantile!)
di conquista?
Cesarina Manzella