Istruzioni per l`uso

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Istruzioni per l`uso
Piano dell’opera
Liberamente si articola in tre volumi
Volume 1 • Medioevo e Rinascimento (dalle origini al 1610)
PARTE PRIMA • Il Medioevo e la nascita della civiltà europea
PARTE SECONDA • La letteratura della civiltà comunale (1226-1310)
PARTE TERZA • Il Trecento. L'età di Petrarca e di Boccaccio (1310-1380)
PARTE QUARTA • L'Umanesimo e il Rinascimento (1380-1492)
PARTE QUINTA • Dal Rinascimento maturo alla crisi (1492-1545)
PARTE SESTA • L'età della Controriforma (1545-1610)
L'offerta completa del primo volume prevede un’Antologia della Commedia
Volume 2 • Dal Barocco al Romanticismo (dal 1610 al 1861)
PARTE SETTIMA • L'età della Controriforma: il Barocco (1610-1690)
PARTE OTTAVA • L'età dell'Arcadia e del Rococò (1690-1748)
PARTE NONA • Le riforme e le rivoluzioni: Illuminismo e Neoclassicismo (1748-1815)
PARTE DECIMA • La Restaurazione e le lotte d'indipendenza: il Romanticismo (1815-1861)
Istruzioni per l’uso
La struttura
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parte seconda • La letteratura della civiltà comunale (1226-1310)
1
Dante Alighieri • capitolo IV
La nascita, il nome, la famiglia Tra i grandi autori della letteratura italiana, Dante è quello
del quale si possiede il minor numero di notizie biografiche certe. Il poeta nasce probabilmente tra il 14 maggio e il 13 giugno 1265 a Firenze. Il padre, Alighiero, appartiene alla
piccola nobiltà cittadina. La madre, Bella, muore molto presto (prima del 1275). Intorno al
1285 Dante sposa Gemma Donati e da lei ha tre o forse quattro figli.
Il manuale è strutturato in
un percorso di storia letteraria ridotto all’essenziale, in
modo da fornire le indicazioni necessarie a orientarsi fra
i diversi periodi storici, i movimenti e i generi, gli autori,
le opere, i testi; ma lasciando tuttavia largo spazio alla
lettura diretta dei testi. Questi sono infatti presentati
con larghezza, accompagnati
da introduzioni puntuali,
dall’enucleazione di parole
chiave, da note volte a favorire la reale comprensione
del testo e da esaurienti Guide alla lettura.
La giovinezza, gli amici e l’incontro con Beatrice Negli anni della giovinezza Dante riceve
una formazione culturale ampia e varia (dalla filosofia alla teologia alla letteratura). Di particolare importanza è il rapporto con gli esponenti dello Stil novo, soprattutto con Guido
Cavalcanti, di cui Dante è intimo amico (cfr. cap. III). Nel 1283, a diciotto anni, Dante incontra Beatrice (che potrebbe essere identificata in Bice, figlia di Folco Portinari), esattamente nove anni dopo un primo incontro. A tale avvenimento il poeta fa risalire l’esordio
della propria produzione poetica. Dopo la morte di Beatrice (avvenuta l’8 giugno 1290) si
colloca un periodo di “traviamento” durante il quale Dante si allontana dal culto dell’amata
e abbandona gli studi. Tale crisi appare almeno provvisoriamente superata tra il 1292 e il
1293, quando il poeta raccoglie la sua produzione lirica del decennio precedente nella Vita
nuova, incentrata sull’amore per Beatrice.
L’impegno politico A partire dal 1295 Dante si avvicina all’attività politica. Lo scenario fiorentino
è dominato dallo scontro tra Bianchi e Neri, due diversi schieramenti del partito guelfo,
che fin dal 1266 tiene saldamente il potere. I Bianchi fanno capo alla famiglia dei Cerchi
ed esprimono gli interessi del popolo grasso (finanzieri e ricchi mercanti), mentre i Neri
sono guidati dalla famiglia dei Donati, sostenitori della restaurazione del potere nobiliare
e disposti ad appoggiarsi al papa per raggiungere questo scopo. Difensore dell’autonomia
del comune, Dante sostiene lo schieramento dei Bianchi, dando prova di grande modera-
Cronologia della vita e delle opere di Dante
1265 왘 Tra il 14 maggio e il 13 giugno, Dante Alighieri
nasce a Firenze.
1274 왘 Conosce Beatrice, cioè Bice, figlia di Folco Portinari.
1283 왘 Incontra di nuovo Beatrice, esattamente nove
anni dopo il primo incontro.
1285 왘 Sposa Gemma Donati, da cui avrà tre figli: Pietro, Jacopo, Antonia; incerte le notizie su un quarto figlio,
Giovanni.
8 giugno 1290 왘 Morte di Beatrice.
1292-1293 왘 Dante raccoglie gran parte della produzione lirica del decennio precedente nella Vita nuova, incentrata sull’amore di Beatrice.
1295-1300 왘 Partecipa alla vita politica del Comune di
Firenze.
1300 왘 Viene eletto priore del Comune di Firenze; tenta
di difendere l’autonomia di Firenze dalle ingerenze papali.
1301 왘 Partecipa a un’ambasceria presso Bonifacio
VIII.
1302 왘 Viene processato per corruzione e appropriazione indebita di denaro pubblico, e condannato a una
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163
zione e imparzialità. Si trova quindi in conflitto con papa Bonifacio VIII, che per affermare
la propria egemonia in Toscana cerca di favorire i Neri.
La vita di Dante
multa e a due anni di esilio; non ritenendosi colpevole,
e non presentandosi a rispondere delle accuse, il 10
marzo viene condannato a morte. Inizia così l’esilio:
Dante non ritornerà mai più alla sua città.
1303-1308 왘 Dopo inutili tentativi di rientrare a Firenze,
Dante decide di isolarsi dagli altri esuli di parte bianca.
Con la famiglia soggiorna a Verona, a Forlì, a Treviso, in
Lunigiana, nel Casentino, a Lucca. Sono gli anni di stesura
del De vulgari eloquentia, del Convivio e dell’Inferno.
1312 circa-1318 (o 1320) 왘 Soggiorna a Verona presso Cangrande della Scala. Concluso il Purgatorio, si dedica alla composizione del Paradiso e al De Monarchia.
1315 왘 Rifiuta un’amnistia indirizzata agli esuli fiorentini
pur di non umiliarsi riconoscendosi formalmente colpevole; è confermata la condanna a morte per lui e per i
suoi figli.
1318 (o 1320) 왘 Si trasferisce a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta.
1321 왘 Muore improvvisamente e viene sepolto nella
Chiesa di San Francesco a Ravenna, dove tuttora giace
il suo corpo.
Priorato In epoca comunale, il ‘priorato’ era la carica rivestita
dal capo del consolato che governava la città.
Dal priorato all’esilio (1300-1302) Nel 1300 Dante viene eletto alla più alta carica cittadina, il
priorato di Firenze. Proprio in quest’anno lo scontro tra Bianchi e Neri raggiunge la massima intensità. Scaduta la carica di priore, Dante resta al centro dei rivolgimenti politici
cittadini: nel 1301 viene mandato come ambasciatore dei Bianchi a Roma per dissuadere
Bonifacio VIII dall’inviare a Firenze, come pacificatore, un proprio alleato (il francese Carlo
di Valois); ma nel frattempo Carlo e le sue truppe entrano con la forza a Firenze e, con il
suo appoggio, i Neri prendono il potere. Dante e i capi del partito Bianco vengono condannati all’esilio (cfr. PASSATO E PRESENTE 2, p. 000). Il poeta apprende la notizia della condanna
(27 gennaio 1302) sulla via del ritorno da Roma e da allora non ritornerà più alla sua città
natale.
Gli anni dell’esilio e la morte (1321) Poco si sa degli spostamenti di Dante negli anni dell’esilio,
periodo in cui si dedica tra l’altro alla stesura della maggior parte delle sue opere (dal De
vulgari eloquentia, al Convivio, dalla Monarchia alla Commedia). Numerosi sono i luoghi
dove soggiorna; e le soste sono ora brevissime, ora lunghe anni: nel 1306 è in Lunigiana
(al confine tra la Toscana e la Liguria), dal 1307 al 1311 a Poppi nel Casentino (Toscana
Nord-orientale), dal 1312 al 1318-1320 a Verona ospite di Cangrande della Scala; nel 1320
(o forse prima) si trasferisce a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta. La morte lo
coglie il 14 settembre 1321.
2
Le idee e le opere di Dante
Le idee di Dante: religione e storia Alla base del pensiero di Dante sta la visione religiosa della
realtà, che conferisce unità a tutti i fenomeni. Da tale visione dipende una concezione
della storia come rivelazione progressiva e lineare delle verità cristiane: l’incarnazione di
Cristo divide in due la storia dell’uomo, separando la fase pagana da quella cristiana. Secondo Dante anche la civiltà classica è inserita all’interno della prospettiva aperta da
Cristo, ed è concepita non più come un’età inconciliabile, ma come preparazione e come
annuncio dell’era cristiana.
Le idee di Dante: politica e filosofia Per quanto riguarda la politica, Dante si batte per difendere
l’autonomia del Comune dalle ingerenze della Chiesa e per favorire la stabilità interna,
cercando di porre fine alle violente discordie tra le fazioni. Con l’esilio, il poeta passa a difendere un modello universalistico, capace di controllare e sconfiggere i particolarismi, le
rivalità e i conflitti propri della società comunale. Tutta la sua riflessione si svolge quindi
nel tentativo di definire il giusto rapporto tra Impero e Papato. Entrambi gli sembrano necessari e voluti da Dio, ma destinati a occuparsi di due ambiti diversi: al primo spetterebbe
il potere temporale; al secondo, quello spirituale. Per quanto riguarda la filosofia, invece,
Dante viene suggestionato soprattutto dal tomismo, vale a dire dalla rielaborazione della
tradizione aristotelica compiuta da san Tommaso, che sosteneva l’unione di fede e ragione
(la fede nelle verità rivelate viene accompagnata dalla fiducia nella loro dimostrabilità razionale).
Tra latino e volgare Dante scrive sia in volgare che in latino. Il poeta usa il volgare soprattutto
nelle opere letterarie (nella Vita nuova, nelle Rime e nel suo capolavoro: la Commedia),
ma anche in un trattato dottrinale, il Convivio, nel quale si può leggere, fra l’altro, l’elogio
della nuova lingua. Il latino, invece, è usato in alcuni trattati scientifici e filosofici (per
esempio nel De vulgari eloquentia e nel De Monarchia), nelle Epistole e nelle Egloghe.
parte quinta • Dal Rinascimento maturo alla crisi (1492-1545)
L’Orlando furioso di Ariosto • capitolo V
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T8 Astolfo sulla luna
T8
Astolfo sulla luna
XXXIV, 70-87, 4
Volume 3 • La modernità (dal 1861 al 1956)
D
opo aver liberato il re di Etiopia dalle Arpie, Astolfo ha visitato l’Inferno, ed è ora arrivato nel Paradiso terrestre.
Qui lo ha accolto san Giovanni Evangelista, spiegandogli che Orlando è impazzito per volontà di Dio: è stato punito
perché si è innamorato di una pagana e ha tradito i cristiani. Ora però è tempo di recuperare il senno del paladino.
Ad Astolfo spetta questo compito: è perciò condotto sulla luna, dove, in un vallone, si ammassa tutto quello che si perde
sulla terra. Insieme alle inutili occupazioni degli uomini, c’è il senno che essi
hanno smarrito. Presa l’ampolla in cui è contenuto quello di Orlando, Astolfo
la vanità di tutte le cose
può tornare sulla terra.
PARTE UNDICESIMA • Dal liberalismo all'imperialismo: Naturalismo e Simbolismo (1861-1903)
PARTE DODICESIMA • L'età dell'imperialismo: le avanguardie (1903-1925)
PARTE TREDICESIMA • Il fascismo, la guerra, la ricostruzione: dall’Ermetismo al Neorealismo (1925-1956)
70
Tutta la sfera varcano del fuoco,
et indi vanno al regno de la luna.
Veggon per la più parte esser quel loco
come un acciar che non ha macchia alcuna;
e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò ch’in questo globo si raguna,
in questo ultimo globo de la terra,
mettendo il mar che la circonda e serra.
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
e vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
73
Non stette il duca a ricercare il tutto;
che là non era asceso a quello effetto.
Da l’apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro diffetto,
o per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna.
71
Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia:
che quel paese appresso era sì grande,
il quale a un picciol tondo rassimiglia
a noi che lo miriam da queste bande;
e ch’aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s’indi la terra e ’l mar ch’intorno spande
discerner vuol; che non avendo luce,
l’imagin lor poco alta si conduce.
Volume allegato • I contemporanei (dal 1956 ai nostri giorni)
74
Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch’in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna, intender voglio ancora.
Molta fama è là su, che, come tarlo,
il tempo al lungo andar qua giù divora;
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
72
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c’han le cittadi, hanno i castelli suoi,
70 1 [Astolfo e san Giovanni evangelista, su un
carro guidato da quattro cavalli] attraversano (varcano) tutta la sfera del fuoco. La sfera del fuoco
è quella che separa la terra dal cielo della luna,
secondo la cosmografia antica (cfr. Dante, Paradiso I, 49-142).
2 indi: di qui.
3 Veggon: vedono.
4 acciar: [pezzo di] acciaio.
5-8 e lo trovano uguale o poco più piccolo (minor
poco) di [tutto] ciò è contenuto (si raguna = si
raduna) su questo [nostro] globo [: del globo terrestre nel suo complesso], su questo globo terrestre, posto al fondo (ultimo) [dell’universo], compreso (mettendo) il mare che lo circonda e racchiude (serra). Il globo è ultimo perché è il luogo
del creato più lontano dall’Empireo (essendo, secondo Tolomeo, al centro del creato stesso).
Al primo volume sono allegati i DVD:
• La potenza della letteratura
Roberto Saviano a colloquio con Romano Luperini
regia di Giovanna Taviani
71 Qui Astolfo ebbe una meraviglia duplice [: si
stupì per due volte]: perché da vicino (appresso)
era tanto grande quel paese il quale, per noi che
lo guardiamo (a noi che lo miriam) dalla nostra
parte (da queste bande) [: dalla terra], assomiglia a un piccolo tondo; [e si stupì] perché doveva
(conviengli) aguzzare bene la vista (ambe le ciglia), se voleva distinguere (discerner) da lì (indi)
la terraferma e il mare che si spande intorno [ad
essa]; giacché, non avendo luce [propria], la loro
immagine arriva poco in alto (poco alta si conduce). La piccolezza della terra, vista dalla luna,
preannuncia il tema della riduzione delle attività
terrene a follia.
72 1-2 altri…/ che: diversi da [quelli che].
4 suoi: loro (come in latino).
5 de le quai: delle quali; magne: grandi.
73 1 il duca: Astolfo; ricercare: esplorare.
B
L’Orlando furioso
282
parte terza • Il Trecento. L’età di Petrarca e di Boccaccio
2 perché non era salito lassù a quello scopo.
3 l’apostolo santo: san Giovanni.
5 dove era miracolosamente raccolto (ridutto).
6 diffetto: colpa.
8 si raguna: si raduna.
74 1 pur: solamente.
2 sulle quali (in che) agisce (lavora) la ruota instabile [della Fortuna]; i beni materiali, che la sorte dà e toglie (cfr. Dante, Inferno VII, 67-99).
3-8 ma voglio parlare anche (intender…ancora)
di quello che non è nel potere della sorte (in poter…non ha Fortuna = la sorte non ha in suo potere di) togliere (tor) o dare. Lassù c’è molta fama, che quaggiù il tempo, con il suo lento procedere (al lungo andar), consuma (divora) come
un tarlo; lassù stanno infinite preghiere e suppliche (prieghi e voti), che sono rivolte (si fanno)
da noi peccatori a Dio.
75
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l’inutil tempo che si perde a giuoco,
e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desidèri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai.
76
Passando il paladin per quelle biche,
or di questo or di quel chiede alla guida.
Vide un monte di tumide vesiche,
che dentro parea aver tumulti e grida;
e seppe ch’eran le corone antiche
e degli Assirii e de la terra lida,
e de’ Persi e de’ Greci, che già furo
incliti, et or n’è quasi il nome oscuro.
77
Ami d’oro e d’argento appresso vede
in una massa, ch’erano quei doni
che si fan con speranza di mercede
ai re, agli avari principi, ai patroni.
Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede,
et ode che son tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno
versi ch’in laude dei signor si fanno.
78
Di nodi d’oro e di gemmati ceppi
vede c’han forma i mal seguiti amori.
V’eran d’aquile artigli; e che fur, seppi,
l’autorità ch’ai suoi dànno i signori.
75 4 inutili (vani) progetti (disegni) che non giungono mai a compimento (non han mai loco).
7 mai: riferito a ciò che: qualunque cosa mai.
76 1 biche: mucchi.
3 tumide vesiche: sacche gonfie.
5 corone: regni.
6 de la terra lida: della Lidia.
7-8 che un tempo furono (già furo) famosi (incliti), e ora il loro nome è quasi dimenticato
(oscuro).
77 3 di mercede: di ricompensa.
4 patroni: protettori.
5 in ghirlande ascosi lacci: lacci nascosti tra
delle ghirlande.
7-8 Il poeta di corte è paragonato a una cicala
scoppiata per aver esagerato nel canto, ovvero
nelle adulazioni.
78 1 gemmati ceppi: catene ricoperti di gemme.
2 mal seguiti: perseguiti a torto o senza esito.
3 e che fur, seppi: e seppi che erano. Ariosto l’ha
I mantici ch’intorno han pieni i greppi,
sono i fumi dei principi e i favori
che danno un tempo ai ganimedi suoi,
che se ne van col fior degli anni poi.
79
Ruine di cittadi e di castella
stavan con gran tesor quivi sozzopra.
Domanda, e sa che son trattati, e quella
congiura che sì mal par che si cuopra.
Vide serpi con faccia di donzella,
di monetieri e di ladroni l’opra:
poi vide boccie rotte di più sorti,
ch’era il servir de le misere corti.
80
Di versate minestre una gran massa
vede e domanda al suo dottor ch’importe.
– L’elemosina è (dice) che si lassa
alcun, che fatta sia dopo la morte. –
Di varii fiori ad un gran monte passa,
ch’ebbe già buono odore, or putia forte.
Questo era il dono (se però dir lece)
che Constantino al buon Silvestro fece.
81
Vide gran copia di panie con visco,
ch’erano, o donne, le bellezze vostre.
Lungo sarà, se tutte in verso ordisco
le cose che gli fur quivi dimostre;
che dopo mille e mille io non finisco,
e vi son tutte l’occurrenzie nostre:
sol la pazzia non v’è poca né assai;
che sta qua giù, né se ne parte mai.
scoperto dalla propria fonte, quel Turpino da cui,
come in tutta la tradizione cavalleresca, dice di
derivare il suo racconto.
4 ai suoi: ai loro [uomini].
5-8 I mantici che hanno riempito (han pieni) i
declivi (greppi) [del vallone lì] intorno sono i favori
dei principi, labili come il fumo (i fumi…e i favori;
endiadi), che [essi] danno ai loro protetti (ganimedi) un tempo (già) e che poi vengono meno
(se ne van) con [il venir meno del]la giovinezza
(il fior degli anni) [dei protetti].
79 1 ruine: rovine.
2 sozzopra: sottosopra.
4 congiura che sembra si possa nascondere (si
cuopra) con tanta difficoltà (sì mal).
6 [che rappresentavano] le opere dei falsari (monetieri) e dei ladri.
8 che erano i servigi [resi] nelle tristi corti.
80 2 dottor: maestro; ch’importe: che cosa significhi.
3-4 [san Giovanni] dice «È l’elemosina che al-
cuni lasciano [detto nel testamento] che sia fatta dopo la [loro] morte»; cosa che non avviene,
perché gli eredi tengono per loro stessi quei danari.
6 putia: puzzava.
7 se però dir lece: se però è giusto dire [così]
[: cioè dono]. Il poeta allude alla donazione di Costantino (280-337) a papa Silvestro I (al buon
Silvestro), che dette origini al potere temporale
della chiesa. Alla buona intenzione dell’imperatore
seguono conseguenze dannose, dal momento che
la donazione ha causato la corruzione della chiesa. Il documento della donazione di Costantino si
rivelò poi un falso.
81 1 copia: abbondanza; panie con visco: trappole per uccelli, con materia appiccicosa.
3-4 Sarebbe (sarà) lungo se descrivessi (ordisco)
nei [miei] versi [tutte] le cose che gli furono mostrate (dimostre) qui.
6 l’occurrenzie nostre: le cose che ci capitano.
8 se ne parte: se ne va.
L’Orlando furioso
B
Petrarca e il Canzoniere • capitolo II
283
• Dentro Dante
a cura di Elisa Savi
con interventi di Roberto Benigni, Gherardo Colombo, Claudio Magris, Salvatore Natoli, Piergiorgio
Odifreddi, Moni Ovadia e la partecipazione di Lella Costa
T8 «Erano i capei d’oro a l’aura sparsi»
T8
«Erano i capei d’oro a l’aura sparsi»
90
Idell primo
sonetto che stiamo per leggere è stato composto tra il 1339 e il 1347. Sono trascorsi molti anni ormai dal giorno
incontro di Petrarca con Laura e dal suo innamoramento; ma l’amore del poeta non diminuisce, nonostante
All'interno di ogni volume si trovano anche: Guida alla composizione, Glossario, Indici analitici.
Nel terzo volume si trova anche: Verso l’esame di Stato: la preparazione della “tesina”
il ricordo di Laura giovane
la memoria e il recupero del passato
i segni che il passare del tempo imprime sulla bellezza fisica della donna. Il ricordo di Laura giovane è molto intenso e assume qui toni astratti, quasi favolosi: i suoi capelli dorati, gli occhi splendenti, la sua andatura, la sua voce
angelica ormai appartengono a una dimensione mitologica, che solo la memoria
può recuperare.
왘 da F. Petrarca, Canzoniere, cit.
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi ch’or ne son sì scarsi;
Il Webook comprende:
• testi integrativi
• antologia di testi critici
• ingranaggi
• video didattici
• materiali per studenti di origine non italiana
• materiali per la preparazione dell’esame di Stato: esempi di prime prove svolte e tracce per
la tesina pluridisciplinare
• “La potenza della letteratura”: riflessioni di Roberto Saviano
• Commedia on line: testi, pagine critiche, prove d’esame
5
10
e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’ésca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?
metrica sonetto con rime secondo lo schema
ABBA, ABBA; CDE, DCE.
1-8 [Quando vidi per la prima volta Laura] i [suoi]
capelli [color] d’oro [: biondi] erano sparsi all’aria
(aura), che li (gli) intrecciava (avolgea) in mille
dolci nodi, e la attraente (vago) luminosità (lume)
di quei begli occhi, che ora ne sono così privi
(scarsi), ardeva in modo eccezionale (oltra misura); il viso mi pareva assumere (farsi) i segni
(color’) della pietà [per me], non so se veramente
o falsamente (se vero o falso) [: se in realtà o
per mia illusione]: quale meraviglia [c’è] se io che
avevo al petto [: nel cuore] la predisposizione
(l’ésca) ad amare (amorosa) bruciai (arsi) immediatamente (di sùbito) [d’amore]? Petrarca ricorda qui le ragioni del suo innamoramento: 1)
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma, e le parole
sonavan altro che pur voce humana:
uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’io vidi; et se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
la bellezza di Laura; 2) l’atteggiamento disponibile
della donna nei suoi confronti; 3) la sua predisposizione all’amore. L’aura: è un senhal di Laura
(cfr. S4, p. 262). Vero o falso: viene messa in
dubbio la disponibilità verso il poeta che Laura
aveva mostrato nel loro primo incontro; tale dubbio conferma così la natura infelice dell’amore –
mai ricambiato – del poeta. Ésca: materia infiammabile anticamente usata per accendere il fuoco;
si noti la continuità metaforica tra «esca» e il successivo «arsi».
9-11 Il suo [: di Laura] [modo di] camminare
(andar) non era evento (cosa) umano (mortale), ma di anima (forma) angelica; e le [sue]
parole avevano suono diverso (sonavan altro)
da una semplice (che pur) voce umana. Nel ri-
guida alla lettura
analisi del testo
ed equilibrio formale tipici di Petrarca. Le due quartine (vv. 1-8) compongono un unico periodo. Le due terzine sono,
a loro volta, parallele: a ognuna corrisponde un periodo caratterizzato da una pausa centrale (cfr. v. 10 e v. 13).
Per quanto riguarda invece i tempi verbali, si noti la contrapposizione – caratteristica del linguaggio di chi ricorda
– tra passato (imperfetto, remoto) e presente: quest’ultimo sempre introdotto da «or» («or ne son sì scarsi», v. 4;
«or tale / piagha per allentar d’arco non sana», vv. 13-14).
interpretazione del testo
L’«angelica forma» di Laura, l’io e la tradizione stilnovistica La figura di Laura e l’innamoramento del poeta
sono qui presentati secondo la tradizione stilnovistica. I particolari fisici della donna messi in risalto sono quelli
consueti della lirica anteriore a Petrarca: i capelli, gli occhi, il modo di camminare, la voce. Tutti questi tratti
Il Canzoniere
Un angelo… che si muove: Petrarca e il distacco dalla tradizione Anche se la rappresentazione della donna
amata in questo sonetto risente in modo particolare dello Stil novo, si possono osservare tuttavia alcune differenze
fondamentali rispetto alla tradizione. La prima è la descrizione del movimento che accompagna la bellezza fisica
di Laura: straordinario è l’attacco del sonetto, tutto concentrato sul particolare fisico dei capelli biondi mossi dal
vento. Mentre le donne amate dai poeti stilnovistici erano creature immobili e intangibili, Laura si muove nello
spazio e nella natura, come l’immagine classica di Venere: si tratta di un modello femminile destinato a larga
fortuna; in seguito verrà infatti recuperato dall’arte rinascimentale, basti pensare alla celebre Venere di Botticelli
(cfr. Parte Quarta, cap. I, p. 438).
Amore e ricordo: l’originalità di Petrarca La differenza che contraddistingue più profondamente la poesia di
Petrarca rispetto alla tradizione lirica precedente riguarda, tuttavia, il tempo. Mentre in Dante e negli stilnovisti la
donna viene presentata e descritta al presente, come se fosse sotto gli occhi del poeta nel momento in cui ne parla
(si tenga in mente, per esempio, il celebre sonetto dantesco «Tanto gentile e tanto onesta pare», cfr. Parte Seconda,
cap. IV, T4, p. 176), in Petrarca, invece, l’amata viene rievocata, cioè viene rappresentata sulla base del ricordo. In
questo modo è posta al centro dell’attenzione la coscienza del poeta, alla quale è affidato il ricordo stesso, e nella
quale si svolge il confronto tra passato e presente. Se Beatrice viveva al di fuori del tempo – ed era dunque immune
dai guasti che esso produce –, lo stesso non si può dire per Laura: una delle maggiori novità petrarchesche, rispetto
alla tradizione stilnovistica, consiste infatti nell’aver suggerito l’immagine invecchiata dell’amata (cfr. S5, p. 263).
I poeti preferiscono le bionde? Da Petrarca ai giorni nostri Nella
cordo del poeta la bellezza di Laura assume i
tratti angelici della tradizione stilnovistica; la
memoria tende infatti a idealizzare la persona
amata.
12-14 Uno spirito del cielo (celeste), un sole risplendente (vivo) fu quello che io vidi [: Laura]: e
[anche] se ora non fosse [più] così (tale), la ferita
(piagha) non guarisce (sana) perché si allenta
(per allentar) l’arco [che la ha causata]. Come
prima nel v. 4, anche nel v. 13 l’amata viene descritta ormai invecchiata rispetto al momento del
primo incontro. Ma questo fatto non implica la
fine dell’amore del poeta, così come una ferita
non guarisce per il solo fatto che si allenta l’arco
che ha lanciato la freccia. Arco: è un riferimento
alle armi tradizionali dell’Amore.
La struttura formale e i tempi della memoria La struttura del sonetto è costruita secondo i princìpi di armonia
B
dell’amata sono caratterizzati da una intensa spiritualizzazione (soprattutto a partire del v. 9): la donna risulta nel
ricordo del poeta una figura di angelo, la cui natura luminosa viene particolarmente sottolineata («vago lume», v.
3; «vivo sole», v. 12). In questo sonetto anche l’interiorità del poeta è raffigurata secondo la tradizione stilnovistica
(da Andrea Cappellano a Guinizzelli, per esempio; cfr. Parte Seconda, cap. III): l’io si presenta disponibile ad amare
e, allo stesso tempo, incapace di resistere alla forza dell’amore.
letteratura prevalgono le donne dalle «chiome» dorate. Ma perché?
Dai «capei d’oro» di Laura alle «bionde trecce» della ragazza cantata
da Battisti e Mogol, uno studioso passa al setaccio l’antica ossessione dei poeti.
Da Petrarca a Mogol, i poeti preferiscono le bionde
La storia non si può fare con i se, ma la domanda può essere ragionevolmente posta: che sarebbe di noi se Laura, l’amata di Francesco Petrarca, non fosse stata bionda? La risposta non è scontata: forse, ci
suggerisce un serissimo storico della letteratura, saremmo molto diversi. Né sarebbe esistita Marilyn Monroe1 nel nostro immaginario, o
nella nostra realtà. Come diceva Oscar Wilde,2 la natura imita l’arte:
e la situazione indagata da Roberto Fedi […], studioso del Petrarca
appunto e della tradizione petrarchista, conferma in modo abbastanza clamoroso l’intuizione dello […] scrittore irlandese. […]. Il
libro di Fedi […] pare scherzoso ma non lo è. Ripercorre la nostra
tradizione lirica a caccia di bionde, e dal Quattrocento al Seicento,
ma anche oltre, ne trova talmente tante da confermare una tesi che
Laura in una miniatura del Canzoniere di
parrebbe astratta […]. Ma Fedi va oltre, tra il serio e il faceto: e ci
Petrarca del XV secolo.
spiega perché I poeti preferiscono le bionde. È una storia lunga. Per Getto3
arrivava alla fine del Barocco, dopo il quale le chiome idolatrate si
fanno di tutti i colori […]. A ben guardare però sopravvive piuttosto bene, anche se in coabitazione, fino ad oggi.
E a pensarci, aggiungiamo, arriva dritto a quelli che poeti forse non sono, ma vengono ritenuti tali: i cantautori o
i parolieri. Dai «capei d’oro a l’aura sparsi», che naturalmente «’n mille dolci nodi gli avolgea», a «le bionde trecce
gli occhi azzurri e poi», il passo è smisurato, ma anche breve. Dall’innamorato di Vaucluse 4 a Mogol-Battisti5 l’infatuazione regge. Se aggiungiamo che Laura aveva gli occhi azzurri, e che Paolo Conte 6 non si è negato Avanti Bionda
1 Marilyn Monroe: nome d’arte di Norma Jean Baker Mortenson
(1926-1962), attrice statunitense diventata sex symbol e icona della
cultura pop del Novecento. Fu protagonista del celebre film Gli uomini
preferiscono le bionde (1953) di Howard Hawks.
2 Oscar Wilde: (1854-1900) è uno scrittore irlandese.
3 Giovanni Getto: (1913-2002) è un critico letterario italiano.
Passato e Presente
VI
4 Vaucluse: o Valchiusa è un dipartimento francese della regione di
Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove a lungo soggiornò Petrarca.
5 Mogol-Battisti: Mogol, pseudonimo di Giulio Rapetti (1936), un paroliere italiano, ha collaborato con i più grandi cantanti italiani, tra cui
Lucio Battisti (1943-1998) che fu anche autore.
6 Paolo Conte: (1937) è un cantautore italiano.
Il Canzoniere
B
VII
Istruzioni per l’uso
Istruzioni per l’uso
924
Le schede
parte sesta • L’età della Controriforma (1545-1610)
Shakespeare e l’Amleto • capitolo IV
Shakespeare e il cinema
A
C
gentil ramo ove piACQUE
A
(con sospir’ mi rimEMBRA)
B
a lei di fare al bel fiancho colONNA;
C
C
leggiadra ricovERSE La chiave è la rima
che unisce l’ultimo verso
co l’angelico sENO; della fronte al primo verso
D
aere sacro, serENO, della sirma.
E
la sirma
(indivisibile).
ove Amor co’ begli occhi il cor m’apERSE:
D
E
date udïenza insiEME
F
a le dolenti mie parole extrEME.
F
La seconda fase: Amleto, Otello, Re Lear e Macbeth
La fase delle grandi tragedie La seconda fase, che va dal 1600 al 1607, è il periodo dei capolavori: le quattro grandi tragedie Amleto (cfr. § B1 e B2), Otello, Re Lear e Macbeth, in cui
si delinea una visione pessimistica della vita.
Otello Shakespeare scrive l’Otello nel 1604-1605. La vicenda è tratta da una novella cinquecentesca dell’italiano Giraldi Cinzio. Gli avvenimenti principali si svolgono a Cipro: qui si trovano Otello, generale moro dell’armata veneziana, sua moglie Desdemona, il luogotenente
Cassio e il crudele Jago. Con un inganno, Jago convince Otello che Cassio sia l’amante di
Shakespeare in Love, film del 1998 di John Madden.
François Villon e la letteratura europea nel Quattrocento • capitolo II
A
459
ingranaggi 4 on line
1° piede
2° piede
Impiccati due trafficanti di droga a Teheran
Iran, 14.08.2007 – Due trafficanti di droga detenuti nel
carcere di Taibad sono stati condannati dalle autorità
iraniane e uccisi per impiccagione. Gli uomini erano
stati giudicati colpevoli per aver trasportato ingenti quantità di sostanze narcotiche all’interno del paese. Sale così
a centocinquantanove il numero di esecuzioni portate
a termine in quest’area nell’ultimo anno, molte delle
quali prevedono impiccagioni, quasi sempre pubbliche.
Secondo le stime di Amnesty International, l’Iran è attualmente il paese in cui più viene applicata la pena di
morte dopo la Cina, per reati come blasfemia, rapina,
assassinio, traffico di droga, adulterio e prostituzione.
왘 da Impiccati due trafficanti di droga a Teheran, in www.peacereporter.net.
Villon oggi: la ripresa di Fabrizio De André
S2
L’eredità di Villon
Tutti morimmo
a stento
(1968) è il
secondo
album
registrato in
studio da
Fabrizio De
André.
Da Bertolt Brecht a Georges Brassens, da Mario Luzi a
Edoardo Sanguineti, «nessuno» – sottolinea Fabrizio De
André – «scrittore o poeta, pensatore o saggista, giurista
o filosofo che abbia voluto trattare il dolore o la gioia “del
corpo e del cuore” ha potuto rinnegare l’eredità di François Villon o esimersi dal confrontarsi con la magia della
sua parola». Al di là dell’alone leggendario che avvolge
la figura del poeta francese, la sua poesia resiste implacabile al tempo e dimostra una grande attualità, come
possiamo verificare nei due testi del celebre cantautore
ligure che seguono.
Una lettera di Fabrizio De André
a François Villon
Due anni prima della sua scomparsa nel 1998, Fabrizio
De André scrive una “lettera” a François Villon: il cantautore ligure vuole denunciare le ingiustizie che, così come
ai tempi del poeta francese, ancora oggi esistono nel
mondo. Secondo De André, la poesia e la musica hanno
il compito di formare una memoria collettiva, mantenendo
vivo il ricordo delle atrocità commesse dagli uomini contro i propri simili.
Caro François
chiave
Caro François,
nel 1963 mi capitò di leggere su un quotidiano che in
Sudafrica le autorità celebravano senza saperlo il cinquecentesimo anniversario della tua scomparsa: la corte
di Johannesburg aveva destinato all’impiccagione otto
presunti malviventi, naturalmente1 neri. […]
1 naturalmente: perché, secondo De André,
è scontato il razzismo del potere giudiziario.
[…] Per primo tra i profani5 tu hai dato alla forca
dignità poetica, hai fatto dell’appeso6 qualcosa di sacro,
di eterno, simbolo inquietante di impermanenza7 e disagio. […] Non erano tempi di regole quelli in cui sei
vissuto svenandoti di poesia8 nell’osservare ogni verità
mutare nel suo contrario […].
Io ti scrivo da un’altra epoca illuminata di ragione e
di tecnica, dove l’uso della corda «che fa sapere al tuo
collo quanto pesa il tuo culo» si è fatto più raro e lontano
senza tuttavia scomparire del tutto.9 La stessa guerra, rinnovatasi di cento in cento anni,10 non è ancora finita e
gli uomini amano come allora menare le armi e le mani
e se non ci sono più le caldaie per far bollire i falsari, gli
strumenti per dare la morte si sono perfezionati al punto
che uno solo di quei cento onnipotenti, un solo Thibauldt d’Aussigny11 può decretare la fine dell’umanità
in un tempo così breve quanto la pressione di un dito
su un pulsante. […]
FABRIZIO DE ANDRÉ
Tutti morimmo a stento / ingoiando l’ultima voce / tirando calci al vento / vedemmo sfumare la luce. // L’urlo
travolse il sole, / l’aria divenne stretta / cristalli di parole
/ l’ultima bestemmia detta. // Prima che fosse finita / ricordammo a chi vive ancora / che il prezzo fu la vita / per
il male fatto in un’ora. // Poi scivolammo nel gelo / di
una morte senza abbandono / recitando l’antico credo /
di chi muore senza perdono. // Chi derise la nostra sconfitta / e l’estrema vergogna ed il modo / soffocato da identica stretta / impari a conoscere il nodo. // Chi la terra
ci sparse sull’ossa / e riprese tranquillo il cammino / giunga anch’egli stravolto alla fossa / con la nebbia del primo
mattino. // La donna che celò in un sorriso / il disagio
di darci memoria / ritrovi ogni notte sul viso / un insulto
del tempo e una scoria. // Coltiviamo per tutti un rancore
/ che ha l’odore del sangue rappreso / ciò che allora chiamammo dolore / è soltanto un discorso sospeso.
왘 da F. Villon, Poesie, prefazione di F. De André, traduzione, introduzione e cura di
L. de Nardis, Feltrinelli, Milano 1996.
La ballata degli impiccati
In un album del 1968, Tutti morimmo a stento, Fabrizio
De André canta una canzone che ha lo stesso titolo della
poesia di Villon. Non si tratta, ovviamente, di una coincidenza. De André ha riletto e attualizzato Villon. Comune
A mente libera
102
Stabat Mater di Tiziano Scarpa
Una rubrica di particolare rilievo
è quella denominata A mente
libera. Essa contiene brevi brani
testuali non direttamente legati
allo svolgimento del programma, offerti alla lettura personale
e agli eventuali spunti di dibattito. La leggerezza estrema
dell’apparato di presentazione
intende valorizzare l’esperienza
della lettura in se stessa, favorendo il gusto di leggere anche
al di fuori degli obblighi istituzionali. Dato che la scelta cade
quasi sempre su autori legati
alla contemporaneità e spesso
su autori di altre letterature, si
tratta inoltre di un’occasione
per conoscere autori significativi
dei nostri tempi, aggirando almeno in parte i ben noti limiti
dei programmi scolastici strettamente intesi.
Tiziano Scarpa è nato a Venezia nel 1963. Nel romanzo Stabat Mater, vincitore del premio Strega 2009, racconta la
storia di Cecilia, una ragazza orfana che suona il violino e scrive lettere alla madre mai conosciuta. Ne riportiamo qui
l’incipit.
왘 da T. Scarpa, Stabat Mater, Einaudi, Torino 2008.
Signora Madre, è notte fonda, mi sono alzata e sono venuta qui a scrivervi. Tanto per cambiare, anche questa
notte l’angoscia mi ha presa d’assalto. Ormai è una bestia che conosco bene, so come devo fare per non soccombere.
Sono diventata un’esperta della mia disperazione.
Io sono la mia malattia e la mia cura.
Una marea di pensieri amari sale e mi prende alla gola. L’importante è riconoscerla subito e reagire, senza lasciarle
il tempo di impadronirsi di tutta la mia mente. L’onda cresce rapida e ricopre tutto quanto. È un liquido nero,
velenoso. I pesci moribondi salgono in superficie, con le bocche spalancate, annaspano. Eccone un altro, viene
su boccheggiando, muore. Quel pesce sono io.
Mi vedo morire, mi guardo dalla riva, ho i piedi già bagnati di quel liquido nero e velenoso.
Arriva in superficie un altro pesce agonizzante, è il pensiero del mio fallimento, sono ancora io quella, sto
morendo un’altra volta.
Perché venire a galla? Meglio morire sott’acqua. Vengo tirata giù. Mi sento sprofondare. È tutto buio.
Poi sono di nuovo sulla riva, in piedi, ancora io, ancora viva, guardo il mare velenoso, nero fino all’orizzonte, i
pesci morti pullulano, con le bocche spalancate. Sono io, siamo io, mille volte, mille pesci in agonia, mille pensieri
di distruzione, sono morta mille volte, continuo a morire senza smettere di agonizzare. Il mare si gonfia, sale,
è velenoso, nero.
Sono il pesce con gli occhi velati, salito in superficie per morire. Guardo in alto, sopra la mia testa. C’è un
orizzonte livido, le nuvole sono scure, come un mare capovolto, il cielo nuvoloso è fatto di onde immobili, sfuocate.
Vedo la riva di un’sola minuscola, là in fondo c’è una ragazza che si guarda intorno. Mi guarda mentre muoio,
non può fare niente per me, quella ragazza sono io.
Fai qualcola per me, ragazza sulla riva, fai qualcosa per te stessa. Non lasciarti amareggiare da ciò che senti
dentro di te. Dovunque ti volti vedi la tua disfatta. La marea nera sale, è piena di pesci morti. Reagisci, non soccombere.
Bisogna fare in fretta, prima che io sia completamente sopraffatta, finché c’è un angolino della mia mente che
riesce a vedere che cosa le sta succedendo. Bisogna trascinarsi lì con tutte le forze, ritirarsi in quel cantuccio
ancora capace di perndere decisioni, e dire: io.
Io non sono questo sfacelo, io ce la posso ancora fare, io sono forte, io non voglio lasciarmi sciogliere dentro
questo veleno nero, io non sono tutta questa morte che vedo, io non voglio inghiottire questo mare, io non
lascerò che tutto questo buio entri dentro di me e mi cancelli.
Ci sono ancora, da qualche parte, sono qui, separata da questa devastazione, l’angoscia non mi ha ancora presa
tutta, c’è ancora un angolo dove posso mettermi al riparo e dire: io.
1453, pressappoco il periodo in cui è vissuto
Villon. De André sottolinea che, nonostante il
passare del tempo, le guerre sono tutte uguali:
causano sempre sofferenza e morte.
11 Thibauldt d’Aussigny: eletto vescovo
d’Orleans nel 1447, fece imprigionare Villon
a Meung-sur-Loire per cause che ci restano
ignote.
che se rischiavi la vita.
9 Io ti scrivo…tutto: nonostante lo sviluppo
del sapere e della tecnologia che caratterizza
i nostri giorni, alcune pratiche incivili, come la
pena di morte, sono ancora in vigore in molte
parti del mondo.
10 La stessa…anni: qui il riferimento è alla
guerra dei Cento anni svoltasi dal 1337 al
5 profani: che si pongono fuori dall’ambito
spirituale e religioso.
6 l’appeso: l’impiccato. Questa volta De André
si riferisce alla Ballata degli impiccati villoniana.
7 impermanenza: presenza discontinua e di
breve durata.
8 svenandoti di poesia: scrivendo poesie, an-
Mi prese la rabbia giusta per scriverne una ballata.
[…] questo2 bisogna metterlo in canzone, dargli una
musica un metro una rima, perché non scompaia dalla
memoria collettiva. Se non avessi trovato in te un così
importante predecessore probabilmente la mia canzone3
non porterebbe il titolo che tu mi hai suggerito: finalmente trovo l’occasione per ringraziarti.
Più di una volta nel chiudere il libro delle tue ballate
mi sono chiesto che cosa si nasconda dietro i tuoi versi: la
vita inquieta e mascalzona del poeta di strada o l’astuzia
premeditata del cortigiano colto che di quella vita si è appropriato per conferire una credibilità altrimenti sospetta
alla propria opera poetica. Sono domande alle quali ancora
oggi mi viene da rispondere con un perentorio4 “chi se ne
frega”. Che la leggenda corrisponda a verità, che la verità
si sia fatta leggenda o che infine la leggenda sia diventata
verità, di assolutamente vero restano i tuoi versi […].
2 questo: questa notizia letta sul giornale.
3 la mia canzone: De André si riferisce alla
ai due testi è la cruda descrizione di particolari aspri,
così come la convinzione che l’impiccato non è più l’imputato. Nessuno è colpevole, nessuno è innocente: gli
uomini sono tutti uguali davanti al male e alla morte. La
chiave di lettura del disco, tuttavia, è la spietatezza di chi
davanti all’orrore e all’ingiustizia “riprende tranquillo il
cammino”. Riproduciamo il testo della canzone di De André perché sia possibile confrontarla con la ballata di Villon e riconoscere il diverso spirito che le anima.
Passato e Presente
approfondire
Sirma
herba et fior’ che la gONNA
la fronte
(a sua volta divisa
in due piedi di tre
versi ciascuno);
È chiara la tesi di fondo del film: tra tutte le opere di Shakespeare vengono escluse, passate sotto silenzio, quelle
più problematiche, cioè i grandi drammi storici ed esistenziali. A essi si accenna solamente: il teschio sul tavolo del drammaturgo ricorda Amleto; il gobbo Riccardo
T2 François Villon La battaglia degli impiccati (L’epitaffio di Villon)
Fronte
Stanza
La stanza è divisa
in due parti:
B
pose colei che sola a me par dONNA;
Una bella storia
parte quarta • L’Umanesimo e il Rinascimento (1380-1492)
4 L’attualità della Ballata degli impiccati
A
ove le belle mEMBRA
Un altro aspetto, ma stavolta poco fedele alla realtà, rende il film appassionante: l’incontro di letteratura e vita.
Will è a corto di ispirazione e pressato dai debiti e dai
committenti; ma, finché non troverà una musa ispiratrice,
la sua vena resterà secca. Ecco allora che sul suo cammino incontra, per caso, lady Viola, ricca nobildonna promessa sposa a un insulso lord e animata da una irrefrenabile passione per il teatro, a tal punto da travestirsi da
ragazzo per poter recitare in un dramma del grande Shakespeare. Infatti gli attori a quell’epoca erano soltanto di
sesso maschile. Tra i due scoppia un’ardente passione,
che si intreccia con le prove ma soprattutto con la stesura
dell’opera alla quale Will sta lavorando. Shakespeare inizialmente aveva pensato a una commedia di intreccio, genere gradito alla regina e alla corte. Ma poi la storia clandestina con Viola ispira un dramma dai toni patetici e tragici. Vita e palcoscenico si intrecciano: la scena del balcone, la scena dell’addio e quella della cripta sono vissute
da Will e Viola nella realtà, durante i loro incontri segreti,
prima che provate in teatro; e, a sua volta, spesso i due
amanti si rivolgono battute tratte dal copione.
La conclusione? William perde naturalmente Viola, ma
grazie a lei ottiene con Romeo e Giulietta grandi riconoscimenti: guadagna il favore della regina Elisabetta, viene
incoronato come il poeta capace di rendere vero l’amore
sul palcoscenico, e soprattutto fa nascere, dalle ceneri
della perduta amata, un’altra eroina, Viola protagonista
della Dodicesima notte.
Shakespeare
«Per primo tra i profani tu hai dato alla forca dignità
poetica, hai fatto dell’appeso qualcosa di sacro, di
eterno, simbolo inquietante di impermanenza e
disagio». Queste parole di De André (cfr. S2)
sottolineano la novità e il carattere ancora attuale
della ballata villoniana. Leggi la notizia che segue,
poi rispondi: secondo te, il messaggio di Villon è
ancora attuale? Prova a immaginare che cosa
avrebbe detto Villon oggi davanti a una notizia del
genere.
Si chiama antica o petrarchesca la canzone nella forma a essa attribuita da Petrarca.
Essa ha rappresentato il metro più prestigioso della tradizione poetica italiana fino a tutto il secolo XVI.
Chiare, fresche et dolci ACQUE,
Letteratura e vita
A3
925
si menziona velocemente; di una tragedia cupa come il
Tito Andronico si dà un giudizio solo commerciale dicendo
che piace al pubblico più ingenuo per il suo carattere
sanguinoso. La produzione comica sembra essere il cavallo di battaglia di Shakespeare fino alla conversione
determinata da Romeo Giulietta. Di questa tragedia si
sottolineano gli aspetti umani, emozionali: Shakespeare
raggiunge con il testo di Romeo e Giulietta punte straordinarie perché straordinaria, irripetibile e breve come
«una stagione rubata» è l’esperienza che lo ha prodotto.
E il pubblico che assiste commosso alla prima rappresentazione, quella in cui Viola impersona Giulietta, partecipa rapito alla passione che vede viva sulla scena. Al
regista e allo spettatore non interessa la storia o l’analisi
del testo: perché tener presente che la tragedia è in realtà tratta da una novella italiana? O perché voler mettere
in luce la parodia del petrarchismo largamente presente
nel testo? Madden sceglie di riportare a una matrice autobiografica il carattere estremo, esasperato e quindi impossibile del sentimento rappresentato nella tragedia.
Come tutti i grandi amori della storia letteraria (Beatrice,
Laura, la stessa Giulietta) anche Viola deve essere impossibile per William.
Inoltre, molti famosi registi hanno voluto come protagoniste delle loro opere e muse ispiratrici le compagne della
loro vita: così è stato di Ingrid Bergman per Roberto Rossellini, Liv Ullman per Ingmar Bergman, Diane Keaton e
Mia Farrow per Woody Allen.
È chiaro perché il regista ha completamente trascurato la
produzione dei drammi storici ed esistenziali: sarebbe stato difficile e poco popolare tradurre in biografia la riflessione shakespeariana sul potere (non a caso il rapporto
del drammaturgo con la regina Elisabetta è di sottomissione) o l’indagine sui meccanismi del cuore umano.
La fedele ricostruzione del mondo teatrale elisabettiano
non include riferimenti stilistici ai testi o al significato
delle scelte di allestimento e regia. Sembra che il solo
fatto di essere innamorato pazzo dia a William una straordinaria capacità di scrivere testi immortali, e che il successo della rappresentazione dipenda solo dalla passione che lega i due attori nella vita.
sione per l’arte ed esigenze affaristiche. E infatti l’inquieto Shakespeare vorrebbe cinquanta sterline per diventare
socio di un’importante compagnia teatrale, che gli consentirebbe di non dipendere più da impresari-pirata.
Shakespeare
458
La canzone petrarchesca:
«Chiare, fresche et dolci acque»
La canzone è
composta di un
numero variabile di
strofe, dette stanze,
costruite secondo
alcuni principi
costanti.
Le opere di Shakespeare hanno stimolato la creatività di
molti registi, e non solo di lingua inglese. Un grande regista giapponese da poco scomparso, Akira Kurosawa,
ha spesso tratto ispirazione per i suoi film dai testi del
poeta di Stratford. Kurosawa afferma infatti: «leggendo
Shakespeare a noi giapponesi sembra di leggere uno
scrittore del nostro paese; tra l’Inghilterra del Medioevo
e del Rinascimento e il Giappone della stessa epoca ci
sono più analogie di quanto si creda, per esempio è esistito anche da noi un generale ambizioso e sanguinario
come Macbeth. Il trono di sangue e Ran sono delle storie
giapponesi ispirate a Macbeth e a King Lear». Mentre il
primo film appartiene alla fase giovanile della carriera di
Kurosawa, Ran è invece un’opera di piena maturità. Come nei drammi a cui si ispirano, i film di Kurosawa mettono in scena personaggi storici che sono però in primo
luogo uomini veri, animati da grandi passioni e conflitti,
capaci di grande crudeltà e tuttavia reali, non maschere.
L’approccio del cinema occidentale all’opera di Shakespeare è meno problematico: pensiamo ai film di Kenneth Branagh e Franco Zeffirelli tratti da Amleto e Romeo
e Giulietta. Più complessa è la lettura attualizzante del
Riccardo III di Richard Locraine. Qui la sete di potere del
deforme duca di Gloucester veste i panni di Adolf Hitler:
l’Inghilterra della guerra delle due rose diventa l’Inghilterra degli anni Trenta del Novecento, pur restando immutate vicende e personaggi; la capacità di ordire intrighi
e inganni presentata nel prologo della tragedia è sottolineata dal ritmo della colonna sonora.
Il Riccardo III (Looking for Richard) di Al Pacino si presenta, invece, come una sorta di lungo documentario su come sia possibile oggi mettere in scena Shakespeare, attualizzandone le opere. Meno ambiziosa, ma più affascinante sul piano narrativo, la prospettiva adottata da John
Madden nel suo Shakespeare in Love (1998).
Nella Londra elisabettiana compagnie e drammaturghi si
contendevano i favori del pubblico e soprattutto della corte; dal teatro Rose al Curtain è tutto un fiorire di commedie e tragedie, spesso scritte e modificate giorno per
giorno da poeti incalzati da necessità economiche e vicissitudini personali, tormentati da impresari a loro volta
indebitati fino al collo.
Due scrittori in particolare ambiscono al successo: l’ombroso e maturo Christopher Marlowe e l’inquieto ed esuberante William Shakespeare. Tra loro intercorre un rapporto rispettoso e quasi filiale: Will riconosce con una
punta d’invidia il genio maestoso di Marlowe, e questi a
volte fornisce spunti preziosi per i drammi che William
improvvisa di momento in momento. L’attività delle compagnie si dipana con entusiasmo frenetico fra teatri (fedelmente ricostruiti secondo il modello dell’epoca elisabettiana) e taverne (qui troverà la morte, in una rissa, il
grande Marlowe), in un misto di spirito dilettantesco, pas-
parte terza • Il Trecento. L’età di Petrarca e di Boccaccio
La canzone petrarchesca: «Chiare, fresche et dolci acque»
S1
Shakespeare in Love: una fedele ricostruzione
del teatro elisabettiano
Passato e Presente
288
dialogo tra discipline
Accanto alla storia letteraria e ai
testi prendono posto numerose
rubriche e schede, che consentono percorsi alternativi, approfondimenti, verifiche e scoperte personali.
Fra le varie tipologie di scheda, si
segnalano in particolare: le schede di informazione e di approfondimento; Uno sguardo alla storia,
che sintetizza i riferimenti fondamentali al contesto storico; Dialogo fra discipline, che sviluppa
temi e rimandi di tipo interdisciplinare; Passato e presente, che
stabilisce attualizzazioni fra il nostro mondo e quello che è oggetto di studio; Ferri del mestiere e
Ingranaggi, che forniscono ragguagli sui caratteri specifici del
discorso letterario; Trame, con il
riassunto di opere significative.
Se riesco ancora a farlo, per questa notte sono salva, sono in grado di alzarmi e lasciarmi alle spalle il mio letto
di affanni e venire qui a scrivervi.
François Villon
François Villon
la crisi della Francia dopo la guerra dei Cento anni
propria Ballata degli impiccati.
4 perentorio: deciso.
cultura del passato
la super cornice
il rapporto con Dio tra riconoscimento e sfida
fratellanza tra gli uomini di fronte alla precarietà della vita
sbandamento della coscienza e vita sregolata
la materialità dell’esistenza in primo piano
[…]
A
allor pien di spavENTO:
B
Costei per fermo nacque in paradISO.
C
Così carco d’oblIO
A
il divin portamENTO
B
e ’l volto e le parole e ’l dolce rISO
C
m’aveano, et sì divISO
C
da l’imagine vERA,
D
E
Che cosa significa “Medioevo”? Il “Medioevo”, letteralmente ‘età di mezzo’, comprende i
secoli intercorsi fra la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.) e la nascita della
nuova cultura umanistica del Quattrocento e del Cinquecento. Furono infatti gli intellettuali
umanisti a coniare il termine: scavalcando idealmente l’età di mezzo, volevano ricollegarsi
direttamente al mondo classico dell’antichità greco-latina.
domini normanni
REGNO
DI SCOZIA
REGNO
DI SVEZIA
CO
MARE DEL NORD
REGNO
DI DANIMARCA
Elb
La situazione in Europa e in Italia dopo il Mille
Intorno al Mille in Europa si assiste alla disgregazione
dell’Impero: cominciano ad affiorare le realtà dei vari re-
Politica e morale Machiavelli non è un cinico senza morale: semplicemente è consapevole che
il male esiste; l’uomo deve guardarlo in faccia e servirsene, se costretto. Di qui la spreB
Feudalesimo Il termine ‘feudalesimo’ deriva dal latino feudum,
che riprendeva la radice germanica feh ‘bestiame’ e indicava
originariamente le ricchezze (bestiame e terra) che venivano
date in beneficio da un signore a chi gli prestava servizi di ordine
economico o militare.
Omaggio Il termine ‘omaggio’ deriva dal francese antico ome
‘uomo’ nel senso di ‘vassallo, servo’. Indica l’atto attraverso il
quale il vassallo dichiarava la propria soggezione al signore in
cambio dell’investitura che riceveva (cioè il conferimento di un
feudo, di una carica politica o ecclesiastica, ecc.) e della protezione promessa.
Crociate Vengono chiamate “crociate” le spedizioni militari che
la Chiesa promosse contro i musulmani nei secoli XI-XIII per
liberare il Santo Sepolcro, a Gerusalemme.
CALIFFATO
DI
CORDOVA
RE
G
Venezia
CORSICA
Roma
Cordova
Baleari
R
A
B
SARDEGNA
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Ducato
di Spoleto
Rapidi percorsi tematici riepilogativi consentono ulteriori opportunità di svolgimento del programma e il collegamento fra
argomenti diversi.
550
parte quinta • Dal Rinascimento maturo alla crisi (1492-1545)
Bembo e Castiglione: modelli di stile e di comportamento • capitolo II
L’amor platonico e le «donne di palazzo»
Nel Cinquecento la tematica amorosa acquista grande importanza nell’opera degli scrittori; non solo nella poesia, ma anche nella trattatistica. Ragioni culturali e sociali contribuirono
all’apertura di un ricco dibattito sull’amore. Ci riferiamo al recupero della dottrina platonica, al-
l’assunzione di Petrarca a modello letterario, all’importanza che assume la donna nella vita di
corte rinascimentale.
Nel XV e nel XVI secolo anche le donne possono
accedere all’istruzione e alla cultura: è questa
l’epoca delle grandi regine, che sono talvolta anche
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Il politico centauro Le “virtù” del principe sono elencate nei capitoli XV-XXIII, proprio quelli
che hanno determinato la condanna dell’autore. L’analisi di Machiavelli è incentrata su
un realismo sconosciuto alla precedente tradizione medievale e umanistica. Domina una
visione completamente laica dello stato: scompare ogni prospettiva trascendente; non
c’è traccia del binomio medievale Chiesa-Impero. Le basi naturali e materiali della realtà
e dell’uomo vengono apertamente riconosciute: l’essere umano ha, come un centauro,
una parte istintiva e bestiale ineliminabile.
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L’età medievale è caratterizzata dal feudalesimo . Anche
per la storia del feudalesimo si può parlare di due fasi
diverse. Questo sistema economico, politico e sociale,
basato sulla supremazia della nobiltà terriera, si afferma
e si consolida nel corso dell’Alto Medioevo. Nel Basso
Medioevo, il feudalesimo deve invece convivere con tendenze diverse e opposte, di tipo borghese (fondate cioè
sulla produzione di merci e sul commercio). La società
feudale è organizzata in modo gerarchico e rigido: una
relazione di dipendenza e di subordinazione – detta vassallaggio – vincola il “vassallo”, che riceve il beneficio,
al signore che glielo concede. A sua volta il vassallo tende a imporre lo stesso rapporto ai suoi dipendenti in
cambio di altri benefici; e così via. I vassalli e i loro dipendenti sono tenuti a servire in guerra agli ordini del signore e gli devono fedeltà e omaggio.
Politica e morale
Il principato come risposta alla crisi italiana Il trattato di Machiavelli nasce dalla riflessione
sulla crisi italiana. Occorre che a essa ponga rimedio un principe, creando dal nulla uno
stato nuovo. Ciò significa anzitutto superare i particolarismi dell’eredità feudale: il sovrano
deve cercare il consenso del “popolo”, ostacolando le pretese di potere dell’aristocrazia
feudale. Il principe dunque non deve essere un tiranno.
Loira
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Aquisgrana
Parigi
Impero bizantino
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Gli inizi del Medioevo sono segnati dal crollo dell’Impero
romano (476 d.C.), dalle invasioni barbariche e da una
gravissima crisi economica e demografica che raggiunse
il culmine nella seconda metà del VII secolo. Una ripresa
positiva è evidente a partire dall’800, quando Carlo Magno (742-814 d.C.) viene incoronato imperatore e cerca
di far rinascere l’Impero e la civiltà romana ad Aquisgrana,
nella Germania occidentale. Inoltre, subito dopo il Mille il
panorama cambia sensibilmente con la ripresa dello sviluppo economico e demografico, con la rinascita delle città, con la diffusione dei commerci, degli scambi culturali,
con il primo avvio di un artigianato preindustriale. Cosicché va anzitutto indicata una netta distinzione fra Alto Medioevo (fino al Mille) e Basso Medioevo (dopo il Mille).
S1
gni nazionali (per esempio, il Regno di Francia, di Germania, di Borgogna). Anche la geografia politica italiana cambia; vediamo delinearsi un nuovo panorama economico,
sociale e culturale:
– gli arabi, che dall’800 dominavano la Sicilia e quasi
tutta la Spagna, vengono cacciati dall’Italia e cominciano a retrocedere anche in Spagna (la cosiddetta
Reconquista ha già inizio nell’XI secolo, cfr. § 5, p.
39); si trovano in difficoltà anche in Oriente a causa
delle crociate (nel 1099 i cristiani occupano Gerusalemme);
– nel Sud della penisola i normanni – popolo germanico proveniente dall’Europa settentrionale – sostituiscono gli arabi; scompare anche il potere bizantino;
– nel Centro-Nord il Regno d’Italia dipende dall’imperatore tedesco, ma in realtà vede da un lato la nascita
dei comuni, che cominciano a mettere in discussione
e a limitare il potere imperiale, dall’altro il consolidamento della Chiesa, che aveva di fatto costituito un
suo Stato già a partire dall’VIII secolo nei territori del
Patrimonio di san Pietro (Lazio, Romagna, parte delle
Marche e dell’Umbria).
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REGNO
DI NORMANDIA
territori arabi
Alto e Basso Medioevo
Prima e dopo il Mille: Alto e Basso Medioevo
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Nel capitolo XXIV si esaminano le ragioni che hanno determinato la recente perdita del potere da parte dei principi italiani. Di qui scaturisce naturalmente l’argomento
del capitolo XXV, il rapporto tra virtù e fortuna (cfr. S8, p.
000): la fortuna è come un fiume in piena, ma Machiavelli
non si rassegna alla sua forza e sostiene l’importanza
dell’azione impetuosa per contrastarla (cfr. T13, p. 000).
Il capitolo XXVI contiene l’esortazione finale a liberare
l’Italia dagli stranieri (cfr. T14, p. 000).
Il Principe
REGNO
DI NORVEGIA
Stato della Chiesa
Il Medioevo: età negativa o positiva? Il concetto di “età di mezzo” implica originariamente
un giudizio storico negativo: secondo la nuova cultura umanistica bisognava superare la
cultura medievale per riprendere l’eredità greca e latina. Oggi gli storici non accettano
più questo giudizio: è vero che nel Medioevo entra in crisi il mondo classico; ma è vero
anche che ne nasce uno nuovo, che pone le premesse dell’Europa moderna (cfr. S1).
Quarta sezione (capp. XXIV-XXVI):
la perdita dello stato da parte dei principi
italiani; la fortuna; l’esortazione finale
S2
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Il capitolo XV apre la sezione in cui vengono trattate le
qualità necessarie al principe per governare. Contro la
precedente tradizione, volta a delineare il ritratto del principe ideale, Machiavelli richiama la «verità effettuale» della lotta politica: i concetti di vizio e virtù cambiano radicalmente significato rispetto alla morale comune (cfr. T11,
p. 000). Il principe dovrà ricorrere anche alla violenza e
all’inganno per il bene dello stato; dovrà essere oltre che
“uomo” anche “bestia”, astuto come la volpe e forte come il leone (cfr. T12, p. 000).
Sacro Romano Impero germanico
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gli eserciti mercenari, combattendo per denaro, sono inaffidabili e pericolosi.
Terza sezione (capp. XV-XXIII):
le virtù necessarie a un principe nuovo
Il feudalesimo
B 3
La società feudale e le origini delle letterature europee • capitolo I
L’Europa intorno all’anno Millecento
Medioevo e letterature romanze
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I capitoli XII-XIV costituiscono un blocco tematico autonomo e riguardano l’ordinamento delle milizie. Machiavelli sostiene che solo le armi proprie, costituite da cit-
1
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Seconda sezione (capp. XII-XIV):
le milizie cittadine
parte prima • Il Medioevo e la nascita della civiltà europea
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H tadini, possono garantire la sicurezza dello stato. Infatti
principato nuovo e principato civile
Dopo la lettera dedicatoria (cfr. T7, p. 000), Machiavelli
passa a esaminare i diversi tipi di principato. Nei primi capitoli l’autore parla rapidamente dei principati ereditari e
misti (in parte ereditari e in parte nuovi, cioè con alcune
province di nuova acquisizione), poi volge la sua attenzione
alla conquista di principati del tutto nuovi (capp. VI e VII).
Essa può realizzarsi con armi proprie e grazie alla virtù del
principe (cfr. T8, p. 000), oppure con armi altrui e per fortuna, come è capitato al duca Valentino (cfr. T9, p. 000).
Nel capitolo VIII si prende in considerazione il principato
governato esclusivamente con la crudeltà, condannato
da Machiavelli per ragioni non morali, ma politiche: la crudeltà gratuita diminuisce infatti il consenso dei sudditi.
Di contro, nel capitolo IX, l’autore prende posizione a favore del «principato civile», in cui il principe gode dell’appoggio dei cittadini (cfr. T10, p. 000). Il capitolo X riguarda
la valutazione delle forze che i principati possono mettere
in campo contro i nemici esterni; mentre nel capitolo XI
si tratta dei principati ecclesiastici, in cui il potere è detenuto dall’autorità religiosa, come nel caso dello Stato
della Chiesa.
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Prima sezione
(capp. I-XI):
uscir del boscho, et gir in fra la gENTE.
591
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Il Canzoniere
Machiavelli e Il Principe • capitolo III
Il congedo riprende
la forma degli ultimi
tre versi della
stanza, e innova le
rime.
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La conclusione
è una stanza ridotta,
detta congedo.
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Il Principe
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questa herba sì, ch’altrove non ò pACE.
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credendo esser in ciel, non là dov’ERA.
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Qui come venn’io, o quANDO?;
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ch’i’ dicea sospirANDO:
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stesso schema,
ma RIME diverse
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Quante volte diss’IO
uno sguardo alla storia
Sono utilizzati versi:
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VIII
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Il Medioevo latino L’espressione “Medioevo latino” indica la cultura medievale in latino, di argomento classico o cristiano. Fino al Mille il latino era l’unica lingua scritta; il latino parlato
(cfr. S3, p. 8) si era progressivamente imbastardito con apporti provenienti dalle varie
lingue dei popoli germanici, i cosiddetti barbari , che avevano invaso l’Italia, la Gallia, la
penisola iberica. Così la distanza fra lingua parlata e latino scritto era diventata sempre
più grande.
I “volgari” Le varie lingue parlate durante il Medioevo vengono chiamate “volgari” (dal latino
vulgus ‘popolo’), in quanto usate dal popolo. Per diversi secoli la cultura in volgare è
dunque esclusivamente orale. Solo dopo il Mille le varie lingue parlate o “volgari” derivanti
dal latino diventano lingue scritte, dando vita alle diverse letterature nazionali. Tuttavia
il latino continuerà a essere la lingua della cultura ufficiale, cioè della filosofia, della teologia,
della scienza e della letteratura.
Le lingue romanze Le varie lingue volgari vengono chiamate “romanze”. L’aggettivo ‘romanzo’ deriva dall’espressione latina romanice loqui, ‘parlare al modo dei cittadini che
in origine erano romani’, ovvero degli abi-
Barbaro La parola ‘barbaro’ deriva dal latino barbarum, dal
greco bárbaros ‘balbuziente, che parla in modo incomprensibile’
quindi ‘straniero’. Presso gli antichi greci e i latini veniva chiamato
“barbaro” chi apparteneva a un’altra cultura o stirpe. A partire
dal V secolo furono chiamati “barbari” i popoli che oltrepassarono i confini dell’Impero romano.
Raffaello, Ritratto di Elisabetta
Gonzaga, 1540 circa. Firenze,
Galleria degli Uffizi.
scrittrici affermate, come Margherita di Navarra.
Non a caso la discussione degli Asolani e del Cortegiano è presieduta rispettivamente dalla nobildonna veneziana Caterina Cornaro e dalla duchessa di Urbino Elisabetta Gonzaga. Il successo che
il Libro terzo del Cortegiano, dedicato alla perfetta
donna di palazzo, ebbe in Francia, dove circolò ancora prima della traduzione completa dell’opera
(1537), testimonia una nuova sensibilità per la figura femminile. Esso aprì un dibattito che contrappose, fra il 1541 e il 1543, un certo numero di poeti
di corte sul tema dell’amore e della donna. È la celebre Querelle des Amyies [disputa delle amiche],
in cui tre modelli di donna si affrontano nella discussione: l’Amye de Court [l’amica di corte], immagine spregiudicata di cortigiana, la Contr’Amye
de Court, antitesi della precedente, e la Parfaite
Amye [l’amica perfetta], che si ispira alla dottrina
platonica.
Il modello che si impone ovunque nel Rinascimento è quello dell’amor platonico, alla cui
diffusione contribuì notevolmente l’opera di Bembo.
Gli Asolani riassumono le varie posizioni dell’amore che caratterizzano il dibattito del tempo: Perottino riprende la condanna classica dell’amore fonte
di dolore; Gismondo esalta le gioie sensuali dell’amore; Lavinello si fa portavoce della teoria platonica dell’amore. L’amore platonico è un’esperienza essenzialmente mentale, pura contemplazione della grazia e dell’armonia che emanano
dall’animo e dal corpo della donna. Questa visione
tende a conciliarsi con l’idea cristiana dell’amore
rivolto a Dio: negli Asolani il Romito afferma che
«la vera bellezza non è umana o mortale», ma «divina e immortale».
Anche il Cortegiano si conclude con l’esaltazione
dell’amor platonico, dell’amore in «assenza», che
permette la contemplazione della pura bellezza
nell’immaginazione, attraverso gli occhi della mente. Ma Castiglione mostra anche l’amore come pratica sociale, che permea i rapporti e la vita di corte,
come «ragionamento», «intertenimento» [intrat-
tenimento], gioco di sguardi, di parole e di gesti
tra il cortigiano e la dama di corte.
La donna non è più solo buona “massaia” e madre di famiglia, ma diventa anche «donna di palazzo». Per la prima volta esce dal privato familiare
o dal rapporto esclusivo con l’amante per esibirsi
in un ruolo pubblico. La nuova figura della gentildonna di corte è tuttavia esplicitamente «formata»
secondo un’ottica rigorosamente maschile («Poich’io posso formar questa donna a modo mio»).
La dama ha, rispetto al cortigiano, qualità specifiche. «Alla donna sta bene aver una tenerezza
molle e delicata», una «dolcezza feminile, che
nell’andar e stare e dir ciò che si voglia sempre la
faccia parer donna, senza similitudine alcuna
d’omo» (cfr. T3, p, 000). Perciò non deve andare a
cavallo, né fare inopportuni esercizi fisici, né assumere atteggiamenti maschili. La bellezza è un
attributo fondamentale della gentildonna, a lei più
necessario che al cortigiano.
La donna conquista un ruolo centrale nella vita di
corte; tuttavia la sua posizione resta sempre contraddistinta dalla inferiorità rispetto all’uomo. La
dama è un’intrattenitrice: deve possedere un’«affabilità piacevole, per la quale sappia gentilmente
intertenere ogni sorte d’omo con ragionamenti grati ed onesti, ed accomodati [adatti] al tempo e loco
ed alla qualità di quella persona con cui parlerà».
Nella conversazione deve dimostrarsi virtuosa, cercando un difficile equilibrio fra libertà e onestà.
Nel Cinquecento le norme morali si irrigidiscono
e si raccomanda alla donna assoluta fedeltà. L’infedeltà femminile rischia infatti di introdurre in
una famiglia il figlio di un estraneo. I rapporti sessuali extraconiugali sono perciò vietati: la donna
di palazzo, se indotta ad amare altri da un marito
odioso, non dovrà concedere all’amante «niuna altra cosa… eccetto che l’animo» e se non sarà maritata, «avendo d’amare voglio che ella ami uno
col quale possa maritarsi».
Quanto alle donne non sposate, si prospettavano
loro solo due strade: farsi monache o diventare
prostitute.
551
IX
X
Istruzioni per l’uso
Indice generale
Il Webook comprende:
• testi integrativi
• antologia di testi critici
• ingranaggi
• video didattici
• materiali per studenti di origine non italiana
• materiali per la preparazione dell’esame di Stato: esempi di
prime prove svolte e tracce per la tesina pluridisciplinare
• “La potenza della letteratura”: riflessioni di Roberto Saviano
• Commedia on line: testi, pagine critiche, prove d’esame
Le espansioni on line
Nel rispetto delle nuove
norme di legge, i materiali tradizionalmente presentati su carta sono integrati da una ricca offerta on line.
Tutte le espansioni on line
sono puntualmente richiamate nel testo.
I
Gli apparati didattici
Accanto all’annotazione
puntuale e agli altri servizi
offerti per i testi presentati, l’opera contiene un
ricco apparato di esercizi,
dopo i testi e alla fine di
ogni capitolo (Per finire),
un’agile sintesi alla fine
di ogni capitolo (A punti),
organiche mappe concettuali utili alla riorganizzazione dello studio.
parte sesta • L’età della Controriforma (1545-1610)
Tasso e la Gerusalemme liberata • capitolo II
6
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Medioevo e letterature romanze
S1
uno sguardo alla storia Alto e Basso Medioevo
L’Europa intorno all’anno Millecento
S2
a mente libera
unità
crisi del rapporto
intellettuale-potere
il controllo della controriforma
sulle coscienze
spostamenti continui
il consenso obbligato
a Ferrara al servizio
di Alfonso II
l’argomento storico:
la prima crociata tra “verosimile”
e “meraviglioso cristiano”
il protagonista: Goffredo di Buglione
l’eroe esemplare,
il cavaliere della fede
la scissione degli altri personaggi
la ribellione vissuta
come colpa
precipita l’equilibrio
psichico
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16
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varietà
le donne pagane
cristiani
la lacerazione
della coscienza
bene
insoddisfazione
del poema
dovere collettivo
esame del tribunale
dell’Inquisizione
pagani
Clorinda
Armida
Erminia
male
l’amazzone
convertita
la maga
convertita
l’amante
infelice
piacere individuale
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i temi
le correzioni febbrili
la magia
l’amore tormentato
la coscienza divisa
dei personaggi
la reclusione
nel manicomio di Sant’Anna
la sfida dell’erotismo
la guerra tra celebrazione e insensatezza
Aspettando i barbari di Konstantinos Kavafis
S3
Dal latino parlato alle lingue romanze
2
3
La cultura e gli intellettuali, il libro nell’Alto Medioevo
La cultura cortese
Andrea Cappellano • I comandamenti d’amore [De amore]
T1
Guida alla lettura
La necessità di avere delle regole
Esercizi
4
il poema epico cristiano
il contesto sociale e culturale
la fantasia
creativa
1
passato e presente
13
14
La Gerusalemme liberata
la vita
La società feudale medievale e le origini delle letterature europee
893
Tasso e la Gerusalemme liberata
Torquato Tasso
Il Medioevo
e la nascita della civiltà europea
Capitolo I
12
13
892
parte prima
T2
La letteratura europea medievale
La morte di Orlando [Chanson de Roland]
trame
S4
La Chanson de Roland
Guida alla lettura
Esercizi
T3
La morte di Sigfrido [Cantare dei Nibelunghi]
trame
S5
Il Cantare dei Nibelunghi
Guida alla lettura
la scissione dell’autore
principi religiosi
della Controriforma
la produzione letteraria
tra
L’Aminta (1573)
Le rime
lingua e stile
il mondo pastorale e la realtà di corte
tra celebrazione e critica
la letteratura
il “parlar disgiunto”
e l’enjambement
vincenti
metafora
la tensione
verso il piacere
B
894
le visioni
contrapposte
dell’amore
passato e presente
valori laici
e rinascimentali
perdenti
regolarizzazione
l’importanza
dell’“oro”
Nibelunghi e nazionalismo
Esercizi
21
il rifacimento:
La Gerusalemme liberata (1593)
La Gerusalemme liberata
La Gerusalemme liberata
parte sesta • L’età della Controriforma (1545-1610)
Tasso e la Gerusalemme liberata • capitolo II
B
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21
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26
T4
Tristano e Isotta bevono per errore il filtro [Il romanzo di Tristano e Isotta]
trame
S6
Il romanzo di Tristano e Isotta
Guida alla lettura
Esercizi
S7
dialogo tra discipline
a mente libera
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passato e presente
Da Dante a Hollywood: la fortuna della leggenda di Tristano e Isotta
Tristano di Thomas Mann
Magia, draghi, cavalieri: il successo attuale della materia bretone
per finire
Torquato Tasso
Tasso nasce a Sorrento nel 1544 e muore a Roma
nel 1595. Possiamo indicare tre tappe significative
nella sua vita: 1) nel 1565 entra al servizio del
cardinale Luigi d’Este a Ferrara e inizia la
Gerusalemme liberata; 2) nel 1572 è presso il
duca Alfonso II: compone l’Aminta (1573) e
termina la Liberata (1575); 3) dal 1579 al 1586 è
rinchiuso come pazzo nell’Ospedale di Sant’Anna.
Tasso compose testi lirici nel corso di tutta la sua
vita. Il suo canzoniere (Rime) rinnova la tradizione
petrarchista introducendo nuovi temi e utilizzando
un lessico e uno stile variati. Il rinnovamento
riguarda anche le forme: Tasso compone numerosi
madrigali, recuperando il rapporto tra parole e
musica.
L’Aminta è il dramma pastorale composto da Tasso
nel 1573. La trama è semplice: il giovane pastore
Aminta ama la ninfa Silvia, che gli resiste. Solo alla
notizia del suicidio di Aminta, Silvia cede all’amore.
Il suicidio però è fallito. Può così aver luogo il lieto
fine amoroso. Ci sono però due ombre nella favola:
1) la morte tentata da Aminta; 2) l’oro, che, nella
visione del Satiro, vince su tutto, anche sull’amore.
La Gerusalemme liberata
È il capolavoro di Tasso: si tratta di un poema in
ottave, diviso in venti canti, composto dal poeta
nell’arco di un decennio, tra il 1565 e il 1575.
Argomento del poema è la fase conclusiva della
prima crociata: dall’entrata dell’esercito cristiano
in Palestina, fino alla conquista di Gerusalemme
(1099). Secondo Tasso la poesia deve narrare il
verosimile, con qualche concessione al
meraviglioso cristiano.
I principali personaggi cristiani sono: 1) Goffredo di
Buglione, il capitano dell’esercito dei crociati, che
spicca per la sua moralità; 2) Rinaldo,
l’immaginario fondatore della stirpe estense, vitale
e determinante per la vittoria finale; 3) Tancredi,
l’eroe malinconico e sfortunato che uccide in
duello l’amata Clorinda. Le donne pagane sono: 1)
Armida, la seduttrice che distoglie i crociati dalla
loro impresa; 2) Clorinda, la donna-guerriera; 3)
Erminia, pronta a tutto per l’amato Tancredi.
Il tema fondamentale dell’opera è l’interiorità dei
protagonisti. Gli eroi cristiani hanno un’interiorità
inquieta, divisa tra il senso del dovere e le passioni
terrene e minacciata da forze misteriose. Altri temi
sono la magia, l’eroismo, l’amore e la guerra.
Lo stile è variato e animato da tensioni interne. I
frequenti enjambements contribuiscono a definire il
«parlar disgiunto» tassesco.
Tasso restò insoddisfatto del poema, del quale non
autorizzò la pubblicazione. Il poeta proseguì nella
correzione fino a realizzare un’opera nuova: la
Gerusalemme conquistata (1593), caratterizzata da
un irrigidimento in direzione controriformistica e da
uno stile più uniforme e più alto.
27
27
29
29
30
2 Di qua e di là
Tasso si autorappresenta come «fugace peregrino» (nella Canzone al Metauro) o «peregrino errante» (nel
proemio della Liberata): perché si definisce così? Spiegalo alla luce dei dati biografici.
3 Un aut aut?
Tasso vive nel pieno clima della Controriforma: un’epoca segnata dalle contraddizioni e dominata dal controllo
della Chiesa sulla vita sociale e culturale. Qual è la posizione culturale di Tasso? Completa la frase segnando la
conclusione più giusta:
Tasso è legato
A alla cultura controriformistica
B alla cultura rinascimentale
C sia alla cultura controriformistica sia a quella rinascimentale
4 Le Rime
Con le sue Rime Tasso dà inizio a una nuova tradizione, quella della moderna lirica italiana. Fai una crocetta
sulle due affermazioni giuste. Nelle Rime:
A
c’è una struttura unitaria
B
Tasso rinnova le forme metriche introducendo un gran numero di madrigali
C
il modello fedelmente rispettato da Tasso è Petrarca
D
il tema dominante è quello religioso
E
sono frequenti le liriche d’occasione, cioè poesie scritte in lode dell’amata
F
lo stile e i temi sono caratterizzati dalla varietà
G
emerge la Canzone al Metauro, dedicata ad Alfonso II
31
32
T5
Chrétien de Troyes • La notte d’amore fra Ginevra e Lancillotto [Lancelot]
trame
S9
S10
T6
dialogo tra discipline
Guida alla lettura
passato e presente
....................................................................................................
....................................................................................................
RIEPILOGO
1 Quando?
Tasso nasce a Sorrento e muore a Roma. Il soggiorno a Ferrara, presso la corte estense, è quello più fecondo
dal punto di vista della produzione artistica. Completa la breve cronologia che ripercorre le tappe fondamentali
della sua vita e della sua opera.
1544
..................................................................
.......
La svolta: Tasso entra a servizio del cardinale Luigi d’Este a Ferrara
1572
..................................................................
1573
..................................................................
1575
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.......
Reclusione nell’Ospedale di Sant’Anna
1593
..................................................................
.......
Muore
B
La Gerusalemme liberata
Lancillotto e Ginevra di Robert Bresson
Jaufré Rudel • L’amore di lontano
5 L’Aminta in tre righe
L’azione dell’Aminta è estremamente semplice. Prova a riassumerla in tre righe.
per finire
Lancillotto o il cavaliere della carretta
Guida alla lettura
Esercizi
....................................................................................................
L’«amore di lontano» ai tempi di Internet
Esercizi
33
....................................................................................................
6 La poetica della Liberata
Tasso dedicò al genere del poema vari scritti teorici. La sua poetica si lega ad alcuni concetti-chiave: prova a
spiegarli brevemente:
– intreccio di unità e varietà
– verosimile
– meraviglioso cristiano
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35
7 La trama del poema in dieci punti
La trama della Gerusalemme liberata è piuttosto semplice: Tasso narra solo le fasi conclusive della prima
crociata, dall’entrata in Palestina alla conquista della città santa. Rileggi S5 e prova a ridurre la trama in dieci
punti:
– L’intervento di Dio perché Goffredo sia eletto capitano dei crociati
T7
Bernart de Ventadorn • «Quando vedo l’allodoletta muovere»
Guida alla lettura
Esercizi
– Primi scontri
La Gerusalemme liberata
B
on line
Video 1 • Letteratura e musica nella lirica provenzale. «Quando vedo l’allodoletta muovere»
XI