03_Editoriale - Jefferson - Recenti Progressi in Medicina

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03_Editoriale - Jefferson - Recenti Progressi in Medicina
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Editoriale
Conflitti di interesse
nelle pubbliche istituzioni.
Sarà la rete a esercitare il controllo?
Conflicts of interest in public institutions. It will be the network
to exercise control?
Summary. The US Centers for Disease Control and Prevention (CDC) launched a health awareness campaign soliciting the use of antiviral drug for influenza. The claim is not
supported by any statement of the Food and Drug Administration, since the Agency concluded that oseltamivir «has
not been proven to have a positive impact on the potential
consequences (such as hospitalizations, mortality, or economic impact) of seasonal, avian, or pandemic influenza».
A feature article published in The BMJ has pointed out
the fact that some pharmaceutical companies involved in
production and marketing of antiviral drugs have provided funding to the CDC Foundation to support qualitative
research into influenza prevention and treatment messaging. This incident highlights the need to better manage the
possible conflicts of interest that may arise in the work of
governmental agencies, threatening their reputation.
The role of the internet can be valuable to raise awareness
of these issues, even considering the interest that social
media have fuelled on the debate on the effectiveness and
safety of antiviral drugs.
Se chiediamo a Wikipedia di spiegarci cosa sono i Centers for Disease Control and Prevention
(CDC), ci viene detto che si tratta di «un importante organismo di controllo sulla sanità pubblica
degli Stati Uniti d’America». La pagina in lingua
inglese aggiunge che uno dei suoi principali obiettivi è tutelare la sicurezza della popolazione.
Ed ecco che, nelle ultime settimane dell’inverno 2015, i CDC sono stati impegnati in un’intensa
campagna per sollecitare la popolazione ad assumere farmaci antivirali per l’influenza – ovviamente dietro prescrizione del medico – presentandoli come medicinali “salvavita”. Eppure, andando
a controllare quanto afferma la Food and Drug
Administration a proposito di oseltamivir, leggeremmo frasi di questo tenore: «It has not been
proven to have a positive impact on the potential
consequences (such as hospitalizations, mortality,
or economic impact) of seasonal, avian, or pandemic influenza». L’incongruenza tra le posizioni
di due agenzie istituzionali che rivestono un ruolo
centrale nella sanità nordamericana è stata recentemente sollevata da un articolo pubblicato su The
BMJ che ha riportato una dichiarazione del direttore dei CDC, Thomas Frieden: «CDC’s review of
the evidence provides consistent support for the
observation that early treatment with neuraminidase inhibitors can reduce the risk of death among
hospitalized patients with laboratory-confirmed
influenza infection […]. As is often the case, assessing the effectiveness of interventions on less
Recenti Prog Med 2015; 106: 153-154
common outcomes (such as deaths) requires the
use of observational studies»1.
Il direttore dell’ente statunitense cita anche
una meta-analisi pubblicata nel gennaio 2015 dal
Lancet2, studio che sembrerebbe dimostrare una
riduzione dell’ospedalizzazione nei pazienti che
hanno ambulatorialmente assunto oseltamivir,
“evidenza” che andrebbe ad aggiungersi – sostiene Frieden – a un crescente insieme di prove di
efficacia di questi medicinali nel trattamento delle
influenze senza complicanze. Come leggiamo sul
report di The BMJ, il direttore dei CDC è stato
ancora più ottimista in un’intervista radiofonica,
arrivando a dire che in caso di influenza – e addirittura di flu-like illness – non avrebbe dubbi e
userebbe il Tamiflu per sé come per qualsiasi altro
proprio familiare.
A parte l’irritualità – soprattutto nel caso di
una persona che riveste cariche istituzionali – di
indicare pubblicamente il nome commerciale di
un prodotto, colpisce un’affermazione così drastica in presenza di evidenze incerte, di vantaggi che
– semmai possano essere considerati “provati” –
sembrano essere solo marginali e, soprattutto in
tempi di crisi e in un contesto sociale come quello
statunitense, dal costo assai elevato. Va detto poi
come la meta-analisi citata da Frieden offra dei
risultati molto diversi da quelli a cui erano giunte una revisione sistematica recente3 e una meta-analisi indipendente dei dati pubblicati e non
pubblicati riguardanti l’uso negli anziani4; oltre a
presentare, lo studio uscito sul Lancet, non pochi
problemi di tipo metodologico e, per chi ancora
fosse interessato a questi aspetti, etico. Come ormai molto raramente accade, il protocollo seguito
da Dobson et al. non è stato reso pubblico né gli
autori hanno accettato di fornire chiarimenti sulle procedure da loro seguite per l’inclusione degli
studi nella sintesi. Poca trasparenza anche nella
definizione degli outcome considerati, al punto che
la diagnosi di polmonite era accertata sulla base
delle prescrizioni effettuate dai medici piuttosto
che su accertamenti radiologici5.
Lo studio di Dobson è stato presentato come “indipendente” dal Lancet sebbene sia stato reso possibile da un finanziamento del Multiparty Group
for Advice on Science (MUGAS), entità supportata
dal solito grant “incondizionato” di Roche. Tre dei
quattro autori della meta-analisi hanno ricevuto
compensi da aziende legate a oseltamivir. È sufficiente una ricerca su internet per avere un quadro
delle relazioni esistenti tra società di pubbliche relazioni, working group specialistici e board scientifici o editoriali, tra loro connessi da finanziamenti
solo in apparenza svincolati da obiettivi di ordine
commerciale. L’appartenenza di un ricercatore al
Board of Directors di un’azienda non è considerata
rilevante al punto di essere dichiarata ai lettori di
una rivista; il coordinamento di un advisory board
da parte di un’agenzia pubblicitaria è un dettaglio
ininfluente; la coincidenza dei numeri di telefono
di due entità tra loro “indipendenti” è una strana
fatalità.
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Recenti Progressi in Medicina, 106 (4), aprile 2015
Il controllo che cittadini, ricercatori, medici esercitano su internet
è possibile che – oltre a confermarsi un’importante garanzia –
si trasformi nel principale deterrente per comportamenti irrituali.
Ma tutto ciò non rappresenta una sorpresa. La
questione più particolare sollevata dalla campagna
dei CDC riguarda un problema meno considerato,
quello dei conflitti di interesse vissuti dalla stessa
istituzione pubblica. Emerge con sempre maggiore
frequenza anche come conseguenza dell’attenzione
con cui vengono perseguite quelle che sono solitamente definite le “sinergie tra pubblico e privato”. La CDC Foundation – istituita dal Congresso
statunitense proprio per “mettere in connessione i
Centers con il settore privato per il progresso della sanità pubblica” – ha ricevuto una donazione
diretta dalla Roche di $198.000 a questo scopo:
«To support qualitative research into influenza
prevention and treatment messaging». Non solo:
negli ultimi tre anni, i CDC hanno ricevuto una
media di 6,3 milioni di dollari dall’industria (compresa la Genentech, produttrice del Tamiflu), che
rappresentano il 21% del finanziamento complessivo dell’ente. Tutto ciò, a parere dei portavoce dei
CDC, non costituisce conflitto di interessi, considerata la robustezza delle procedure di valutazione scientifica dei progetti nei quali i Centri sono
impegnati. Paradossalmente, tanto maggiore è la
severità con cui alcuni enti controllano legami e
collaborazioni dei propri dipendenti con industrie,
quanto minore è l’attenzione che viene prestata
alla possibilità che i finanziamenti ricevuti possano essere messi in relazione con delle decisioni
su aspetti importanti di sanità pubblica. Tutto ciò
non può non preoccupare.
A parziale consolazione, assistiamo a una sempre maggiore vivacità e trasparenza del confronto
che avviene in Rete. Anche grazie ai social media,
la revisione sistematica sui farmaci antivirali pri-
ma citata è stata ripresa da 21 articoli pubblicati
sulla stampa internazionale, da oltre 200 tweet, 8
pagine Facebook e commentati da più di 15 diversi
blog. Il controllo che cittadini, ricercatori, medici
esercitano su internet è possibile che – oltre a confermarsi un’importante garanzia – si trasformi nel
principale deterrente per comportamenti irrituali.
Al recente congresso del Lown Institute ha fatto scalpore l’affermazione di un relatore: «Where
does a busy doctor go to get unbiased med info?
Not journals! You might try looking at blogs». E se
non fosse una cattiva notizia?
Bibliografia
1. Lenzer J. Why aren’t the US Centers for Disease
Control and Food and Drug Administration speaking
with one voice on flu? BMJ 2015; 350: h658.
2. Dobson J, Whitley RJ, Pocock S, Monto AS. Oseltamivir treatment for influenza in adults: a meta-analysis of randomised controlled trials. Lancet 2015; pii:
S0140-6736(14)62449-1.
3. Jefferson T, Jones MA, Doshi P, et al. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza
in healthy adults and children. Cochrane Database
Syst Rev2014; 4: CD008965.
4. Ebell MH, Call M, Shinholser J. Effectiveness of oseltamivir in adults: a meta-analysis of published and
unpublished clinical trials. Fam Pract 2013; 30: 12533.
5. Jefferson T. Transparency and opaqueness in oseltamivir studies [blog]. Centre for Evidence-Based
Medicine, University of Oxford, 2015. www.cebm.net/
transparency-opaqueness-oseltamivir-studies.
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