La Cassazione `obbligata` a qualificare la masturbazione molesta

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La Cassazione `obbligata` a qualificare la masturbazione molesta
Penale
ATTI OSCENI IN LUOGO PUBBLICO
La Cassazione 'obbligata' a qualificare la
masturbazione molesta come illecito
amministrativo
venerdì 09 settembre 2016
di Macrì Francesco Dottore di ricerca in Discipline penalistiche - Diritto e Procedura penale
nell'Università di Firenze
La Suprema Corte, con la recentissima sentenza del 6 settembre 2016, n. 36867, oggetto di
ampie attenzioni mediatiche, non ha fatto altro che prendere atto – evitando qualunque
forzatura interpretativa – dell'avvenuta depenalizzazione ad opera del D.Lgs. n. 15/2016 (art.
2) degli atti osceni, che il riformato art. 527 c.p., ove commessi in pubblico, punisce ora
(comma 1°) con una sanzione amministrativa pecuniaria, salvo che (comma 2°) si tratti di luoghi
abitualmente frequentati da minori. L'ineccepibile decisione de quo rende quantomai evidente
la sussistenza di una grave lacuna di tutela a fronte di condotte come la “masturbazione
molesta” che, pur con vittima adulta e non intaccata nella sua corporeità sessuale, sono
tuttavia caratterizzate da un' incisiva lesione della serenità psichica individuale e configurano
delle gravi intrusioni nella sfera sessuale. Si consideri ad esempio l'incongruenza tra
l'irrilevanza penale – salvo le blande sanzioni della “Molestia” ex art. 660 c.p. – della
masturbazione dell'agente davanti alla vittima, magari in un contesto 'coartante' come ad es. un
ascensore bloccato, e la rilevanza penale quale “Violenza sessuale” (art. 609 bis c.p., pena
massima 10 anni) di rapidi toccamenti dei glutei. Posta la piena condivisione della
giurisprudenza 'estensiva' in materia di “Violenza sessuale”, sarebbe opportuno – ai fini di una
piena tutela della sfera sessuale – introdurre un nuovo reato di “Molestie sessuali” sanzionato
in modo effettivo e proporzionato, e tale da criminalizzare condotte connotate da una
omogenea “offensività sessuale”, indipendentemente dal coinvolgimento o meno della corpo
della persona offesa.
Cassazione penale, sezione III, sentenza 6 settembre 2016, n. 36867
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