Insieme - Stallergenes
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•• Expressions ITAL 16/ok 17/09/02 17:12 Page 1 Expressions 6, RUE A. DE TOCQUEVILLE 92183 ANTONY CEDEX Direttore della pubblicazzione : Stallergènes SA Comitato direttivo : Dr Emilio Alvarez-Cuesta (Spagna), Pr Jean Bousquet (Francia), Pr Giorgio Walter Canonica (Italia), Pr Peter S. Creticos (Stati Uniti), Pr Hans-Jørgen Malling (Danimarca). Insieme Per un mondo libero dalle allergie S A PROPO n° ITO D’ TERAP IMMUNO 16 settembre 2002 SOMMARIO Ronald van REE Il ruolo degli allergeni maggiori nel processo di standardizzazione Claudio ORTOLANI L’allergia alimentare nella pratica Gabrielle PAULI Criteri di valutazione dell'efficacia della desensibilizzazione 7559 - 09/02 - Photo : Rollando Riad FADEL Congresso EAACI, Napoli, giugno 2002 A l l e r g e n Va c c i n e s W o r l d w i d e IFI IA SPEC CA Il ruolo degli allergeni maggiori nel processo di standardizzazione Pr. Ronald van REE Department of Immunopathology, Sanguin Research Amsterdam Gli estratti allergenici vengono utilizzati nella diagnostica e nel trattamento delle allergie di tipo I. A causa della loro complessa e spesso variabile composizione la loro standardizzazione ha sempre rappresentato un problema basilare. L'attuale metodo di standardizzazione si basa sui test cutanei e la RAST-inibizione. Se si vuol sfruttare la loro attitudine ad indurre una reazione eritemato-orticariosa, il potere allergenico delle Preparazioni di Referenza Interna (PRI) è determinato ed espresso in unità specifiche ai Laboratori preparatori di allergeni. In seguito, i lotti di produzione tarati in base a queste PRI sono sottoposti a quel test in vitro che è la RAST-inibizione. E' un approccio che pone diversi problemi. Anzitutto l'estratto contiene parecchi allergeni, maggiori e minori, e le risposte IgE-specifiche a questi allergeni sono policlonali. Tutti i protocolli oggi utilizzati per la standar- dizzazione degli allergeni si basano su questa interreazione, polivalente e complessa, tra IgE policlonali e miscele di allergeni a composizione variabile, ciò che significa non avere nessuna informazione certa sul tenore specifico di ciascun allergene maggiore. L'altro inconveniente del sistema attuale è l'impossibilità di confrontare i prodotti di diversi Laboratori, per l'ovvia ragione che ciascun Laboratorio utilizza il suo proprio sistema di unità. Da ultimo, la determinazione del potere allergenico di un dato prodotto può variare nel tempo perché variano a loro volta i pool di sieri ed i pazienti volontari per i test cutanei in vivo. La strada maestra alla soluzione di questi problemi è rappresentata dalla misurazione degli allergeni maggiori in microgrammi che utilizza come reattivi gli anticorpi mono- e policlonali specifici nei confronti dell'allergene. (seguito pagina 2) Pioneering a new era of personalized treatments Allergen Vaccines Worldwide Stallergenes - Via Portici, 13 - 21047 Saronno (VA) - Tel.: 02 961971 - Fax: 02 96249663 - 02 96708331 •• Expressions ITAL 16/ok 17/09/02 17:12 ANALISI DEGLI ALLERGENI MAGGIORI Perché si potesse arrivare alla misura ponderale (µg) degli allergeni maggiori di una determinata fonte allergenica si sono dovuti, negli ultimi venticinque anni, realizzare i seguenti passi preliminari: • identificare e purificare gli allergeni maggiori delle principali fonti allergeniche; • ottenere degli anticorpi monoclonali specifici e policlonali monospecifici nei confronti di queste strutture molecolari. Questi reattivi permettono di sviluppare l'immunoanalisi che porta alla misurazione del o degli allergeni maggiori. Una di queste è il test ELISA-sandwich basata su un anticorpo monoclonale (mAb). Oggi la gamma dei test disponibili è in continua espansione ed alcuni di essi sono addirittura disponibili sotto forma di kit commerciali. Immunoimpronte 2 Page 2 Vari Laboratori di allergeni hanno cominciato, negli ultimi anni, ad introdurre nelle loro preparazioni la misura ponderale degli allergeni maggiori, e ciò nell'ambito delle loro iniziative di Controllo Qualità/Assicurazione Qualità. Va detto che questi metodi analitici non hanno ancora raggiunto lo status che ha la standardizzazione basata sulle IgE. In altri termini, il metodo ponderale non è ancora utilizzato per esprimere il potere allergenico dei prodotti, né compare sulle etichette dei prodotti stessi. I Laboratori che hanno messo in piedi la misura degli allergeni maggiori utilizzano i dati soltanto come referenza interna. Ne consegue che né il clinico né il paziente sono (ancora) informati del tenore di allergene maggiore del prodotto che è nelle loro mani. Comprensibile, del resto la reticenza dei Laboratori ad accordare uno "statuto ufficiale" alla misura ponderale dell'allergene maggiore. Abbiamo detto poco sopra della variabilità di composizione degli allergeni in quanto prodotti biologici. Per aderire alle condizioni della Monografia degli Allergeni della Farmacopea Europea, gli estratti allergenici utilizzati per le preparazioni finali dovrebbero avere un potere allergenico basato sulle IgE compreso fra il 50% ed il 200% del preparato di referenza interna. Ora, è la somma degli allergeni maggiori presenti in un estratto a determinare in sostanza la standardizzazione basata sulle IgE. E la misurazione individuale degli allergeni maggiori potrebbe rivelare importanti differenze fra lotti successivi in termini di percentuali di allergeni maggiori, differenze che i test di standardizzazione basata sulle IgE non sono in grado di evidenziare. E allora accadrebbe che degli estratti che rispondono ai dettami della prodotti provenienti da Laboratori diversi. Finalmente le autorità preposte a questo problema di vari Paesi europei cominciano ad esigere, per la registrazione del prodotto, la dichiarazione del tenore in allergeni maggiori del prodotto stesso. Gli strumenti necessari al soddisfacimento della misura richiesta sono essi tutti disponibili? Due elettroforesi bi-dimensionali Farmacopea Europea, basati su questo tipo di standardizzazione, sarebbero da rigettare col motivo della variabilità di composizione in allergeni maggiori. L'elaborazione di prodotti finali con potere di fissazione delle IgE tra 50 e 200% è relativamente semplice se si parte da una miscela liofilizzata intermedia. Ma quando l'allergene maggiore 1 è <50% rispetto alla referenza interna e l'allergene maggiore 2 è >200%, formulare un prodotto finale diventa molto più complicato. Le soluzioni sono il mescolare vari lotti, oppure l'aggiustamento mediante l'uso di allergeni maggiori purificati. E' evidente a questo punto che la soluzione reale del problema diventa l'impiego (di miscele) di allergeni (ricombinanti) purificati. Malgrado questi problemi, è evidente la necessità di una standardizzazione degli allergeni basata sulle componenti patogene principali: gli allergeni maggiori. E' stato dimostrato che un'immunoterapia efficace si effettua con l'uso di una dose di mantenimento di allergene maggiore dell'ordine di 5–20 µg. E non si potrà avere il controllo dell'effettiva somministrazione della dose indicata se non attraverso la misura individuale degli allergeni maggiori, che a sua volta permette il confronto diretto fra OSTACOLI ALL'INDICAZIONE DI POTENZA BASATA SULL’UNITÀ PONDERALE (µG) DEGLI ALLERGENI MAGGIORI Quantificazione attendibile e confrontabilità dei prodotti dei vari Laboratori dipendono dall'esistenza di un Materiale di Referenza Certificato (MRC) per gli allergeni maggiori e dalla convalida e confronto dei vari test disponibili per gli allergeni maggiori. Oggi i MRC per gli allergeni non sono ancora disponibili ed il solo materiale di referenza certificato per i prodotti allergenici consiste in una limitata gamma di referenze dell'OMS basata su degli estratti allergenici grezzi. Ma i principali allergeni maggiori inalabili sono stati non soltanto purificati, ma anche clonati ed espressi sotto la forma di allergeni ricombinanti. La messa a punto di MRC basati su allergeni ricombinanti purificati non servirebbe soltanto alla standardizzazione dei prodotti allergenici della nuova generazione, ma sarebbe anche sintonizzato alla tanto attesa applicazione degli allergeni ricombinanti, come alternativa agli allergeni correnti, nella diagnosi e la terapia degli stati allergici. E quali le condizioni dell'utilizzo dei ricombinanti come materiale di referenza? Idealmente, la loro reattività immunitaria dovrebbe essere indistinguibile da quella dei loro omologhi nativi. Ciò presuppone che il sistema di espressione usato nella loro produzione conduca ad una replicazione proteica corretta; replicazione corretta dopo traduzione che differisce per ciascun allergene individuale e determina il sistema di espressione. Certi allergeni, come l'allergene Bet v 1 del polline di betulla e il Der p 2 degli acari sono stati prodotti con successo su E. coli. Per altri allergeni come Der p 1 o quelli del gruppo 1 del polline di Graminacee il sistema ideale di espressione è ancora materia di indagine. E' certo che queste glicoproteine richiedono delle modificazioni post-traduzionali più complesse che non sembrano possibili se non con sistemi espressionali di tipo eucarioto: lieviti, baculovirus o la pianta del tabacco. Per valutare l'idoneità dei ricombinanti come MRC è necessario un loro stretto confronto con gli allergeni nativi purificati ed una corretta replicazione non è il solo fattore che determina il risultato del confronto stesso. Infatti, la maggior parte degli allergeni maggiori si presentano sotto svariate isoforme, delle quali alcune sono risultate altamente ipoallergeniche, altre non sono riconosciute dagli anticorpi monoclonali usati per testare l'allergene maggiore. Isoforme con tali caratteristiche non sono pertanto da considerare buoni candidati all'utilizzo come MRC e di tanto va tenuto conto al momento della selezione dei cloni. Betulla partenza per migliorare la comparabilità dei prodotti per la diagnosi e la terapia delle allergie, comparabilità che è fortemente subordinata anche alle analisi che misurano il tenore in allergene maggiore. L'analisi A dà risultati identici a quelli dell'analisi B? Eventuali risultati contradditori possono avere ragioni diverse. Anzitutto certe analisi si sono rivelate specifiche per una data isoforma. E' il caso chiaro dell'allergene Der p 2, per il quale un solo polimorfismo corrisponde ad una perdita completa di evidenziazione. La specificità dell'isoforma comporterà una sottostima dei titoli dell'allergene maggiore. Il secondo problema dell'utilizzo dei MRC ricombinanti è quello dei peptidi di fusione in genìa genetica i quali sono abitualmente eliminati dalla proteina ricombinante per clivaggio L'utilizzo degli MRC per calibrare le Preparazioni di Referenza Interna o PRI è un buon punto di Dermatophagoï pteronyssi 3 •• Expressions ITAL 16/ok 17/09/02 17:12 dopo purificazione; ma questo procedimento non è sempre completo e può lasciare delle traccie di aminoacidi supplementari sulla proteina ricombinante. Ancora nel caso dell'allergene Der p 2, certi anticorpi monoclonali si sono rivelati sensibili ai peptidi di fusione e anche ad un unico aminoacido supplementare legato al livello N-terminale dell'allergene ricombinante. E va da sé che delle analisi basate su tali anticorpi monoclonali non sono compatibili con MRC ricombinanti che abbiano degli aminoacidi derivati dal peptide di fusione rimastigli attaccati. I problemi sopra descritti dell'analisi immunologica con gli anticorpi monoclonali hanno una causa comune: la troppo grande specificità degli anticorpi reattivi. Un Page 4 rimedio a questa indesiderabile selettività potrebbero delle metodiche ELISA-sandwich che utilizzino miscele di più anticorpi per la cattura e/o l'evidenziazione. Oppure, come alternativa, degli antisieri policlonali monospecifici utilizzabili sia in associazione con gli anticorpi monoclonali sia isolatamente. Quando degli antisieri policlonali sono messi a fronte di glicoproteine purificate di vegetali o di invertebrati, una frazione della risposta in anticorpi è di solito specifica di glicani tipicamente non dei mammiferi. E questi anticorpi hanno una forte reattività crociata con varie glicoproteine di origine vegetale o animale (sempre invertebrati), caratteristica che è tutt'altro che ideale ai fini della misura specifica dell'allergene maggiore. Cosicché ogni analisi ELISA-sandwich che usi questi anticorpi va associata ad un vero reattivo anticorpale specifico per l'allergene. In sintesi, prima che la standardizzazione in micogrammi dell'allergene maggiore si possa affermare stabilmente è assolutamente necessario valutare gli allergeni maggiori ricombinanti come candidati MRC ed ottenere la convalida delle analisi ELISA esistenti per le determinazioni degli allergeni maggiori. L’allergia alimentare nella pratica Pr. Claudio ORTOLANI Ospedale Niguarda Ca' Granda, Divisione Medica Bizzozero, Milano Il documento di presa di posizione dell'EAACI relativo alle reazioni indesiderabili agli alimenti distingue fra reazioni tossiche e non tossiche agli alimenti stessi (1). La reazione non tossica dipende dalla sensibilità dell'individuo e può a sua volta distinguersi in reazione allergica, dove interviene un meccanismo immunologico, e reazione non allergica, nella quale un meccanismo immunologico non è stato dimostrato. CLASSIFICAZIONE DELLE RIA Tossiche RIA Non tossiche immuno-mediate non immuno-mediate • IgE-dipendenti • non IgE-dipendenti Fleo • enzimatiche • farmacologiche • non definite Fig. 1: Classificazione delle Reazioni Indesiderabili agli Alimenti (RIA) IL DA FARSI: Sviluppo di MRC e convalida dei test ELISA per l'allergene maggiore Nel marzo 2002 è stato lanciato un grande progetto per lo sviluppo di candidati MRC basati su allergeni maggiori ricombinanti e per la convalida degli esistenti test ELISA per l'allergene maggiore, progetto finanziato dalla Commissione Europea per il Quinto Programma-Quadro (C6RT-CT-2001-00582). Esso si svilupperà su un arco di tre anni e sarà realizzato da un consorzio di 29 partecipanti provenienti da otto Stati-membri dell'UE. Tra i partecipanti si contano sei Ditte preparatrici di allergeni nonché il loro raggruppamento di interesse associato o Gruppo di Fabbricanti Europei di Allergeni (EAMG, come European Allergen Manufacturer Group). Vi si contano inoltre due imprese biotecnologiche, nove laboratori di ricerca, dei quali due sono delle agenzie regolamentative ufficiali e altri due dei laboratori di referenza ufficiali dell'OMS, più undici centri clinici di ricerca. Il progetto sarà finalizzato all'indagine su otto allergeni inalabili maggiori e cioè: Bet v 1 del polline della betulla, Ole e 1 del polline dell'olivo, Phl p 1 e 5 delle Graminacee, Der p 1 e 2, nonché Der f 1 e 2 degli acari. Tale progetto costituirà il punto di partenza del processo di standardizzazione degli allergeni in microgrammi dell'allergene maggiore. PER SAPERNE DI PIÙ: 1. van Ree R. Analytic aspects of the standardization of allergenic extracts. Allergy 1997; 52: 795805. 2. van Ree R. Standardization of allergen extracts - a mission impossible? ACI International 1999; 11: 55-59. 4 3. Notes on the monograph Producta Allergenica. Pharmeuropa Allergenica 1994; 6: 109-111. 4. Hakkaart GAJ, Chapman MD, Aalberse RC, van Ree R. Immune-reactivity of recombinant isoforms of the major house dust mite allergen Der p 2. Clin Exp Allergy 1997; 28: 169-174. 5. Hakkaart GAJ, Aalberse RC, van Ree R. Involvement of the N-terminus of Der p 2 in IgE and monoclonal antibody binding. Int Arch Allergy Immunol 1998; 115: 150-156. ALLERGIA ALIMENTARE IgE-DIPENDENTE L'allergia alimentare IgE-dipendente rappresenta il tipo di reazione alimentare immunologica più studiato. Il titolo specifico delle IgE e l'esistenza di un prick-test cutaneo positivo agli alimenti confermano il meccanismo basato sulle IgE. La reazione alimentare IgE-dipendente si manifesta dopo un periodo che va da qualche minuto a più ore dopo l'ingestione dell'alimento incriminato. In generale i sintomi indotti sono quelli abitualmente presenti nei casi di allergia. I quadri clinici che si possono constatare in caso di allergia alimentare IgE-dipendente sono i seguenti: • sindrome orale allergica (SOA), • diarrea acuta e vomito, • rinocongiuntivite, • asma, • orticaria / angioedema, • dermatite atopica, • colica infantile. Ciascuno di questi disturbi può essere manifestazione di allergia o di altre affezioni. In certe malattie allergiche gli allergeni alimentari possono essere associati nella patogenesi delle manifestazioni ad altri allergeni da contatto o ambientali, laddove, in un numero limitato di pazienti, l'eziologia della stessa manifestazione clinica può interamente basarsi su un'allergia alimentare. Eccezione a questa regola costituisce la sindrome di allergia orale, la cui causa è sempre un'allergia alimentare. Essa inizia entro 15 minuti dal contatto con l'alimento e le prime manifestazioni sono un prurito bucco-faringeo e un edema labiale nonché del cavo orale. Tra i 15 ed i 60 minuti dall'ingestione dell'alimento possono comparire i seguenti sintomi sistemici: orticaria/angioedema, congiuntivite, edema palpebrale, rinite, asma, anafilassi generalizzata. Eventuali sintomi gastro-intestinali, come nausea, vomito, dolore addominale e diarrea, compaiono solitamente più tardi, fra i 30 ed i 60 minuti dall'ingestione dell'alimento (2). 5 •• Expressions ITAL 16/ok 17/09/02 17:12 La prevalenza dei sintomi in un'indagine che ha preso in considerazione 706 pazienti (3) è la seguente: • sintomi unicamente orali: 84,4%, • sintomi orali e gastro-intestinali: 9,5%, • soli sintomi gastro-intestinali (GI): 4,1%. Nello stesso studio, i sintomi non gastro-intestinali ed i sintomi generali presentavano le seguenti frequenze: • orticaria/angioedema: 27%, • rinite: 8,9%, • asma: 7,1%, • congiuntivite: 3,5%, • shock anafilattico: 2,1%. Questa sindrome è di frequente associata ad una pollinosi ed il 70% dei pazienti che presentano una SOA hanno un'ipersensibilità ai pollini, in confronto al 30% di quelli che non hanno pollinosi. E' particolamente importante notare l'esistenza di associazione tra SOA e Page 6 allergia al polline di betulla nonché a quello di artemisia. L'allergia alimentare IgE-dipendente può comportare le manifestazioni allergiche più minacciose per la vita del paziente quali l'edema della glottide e l'anafilassi, anche scatenata dallo sforzo. Esistono due rapporti sulla mortalità (rispettivamente 7 e 6 decessi) da shock anafilattico da ingestione per disattenzione di "alimenti nascosti" contenuti di pasti sia preconfezionati sia preparati da altri. Tutti i pazienti erano stati informati della gravità della loro allergia alimentare (4,5). L'anafilassi alimentare è tutt'altro che causa rara di mortalità; tanto dimostrano alcune analisi causali sui ricoveri ai reparti di urgenza, i registri di anafilassi alimentare, come in USA e nel Regno Unito, nonché gli studi epidemiologici volti a determinare l'incidenza dell'anafilassi (6, 7). Questi dati mostrano che esistono pazienti altamente allergici, che presentano un rischio di reazioni anafilattiche da contatto o ingestione dell'alimento allergenico in quantità minime. Delle osservazioni dimostrano l'esistenza di fenomeni di anafilassi da ingestione di alimenti nascosti, da inalazione di vapori derivanti dalla cottura degli alimenti, da contatto cutaneo con l'alimento e così via. La prevenzione dell'anafilassi di origine alimentare costituisce dunque un problema cruciale la cui soluzione va cercata nella collaborazione tra allergologi, ricercatori dell'industria alimentare, industriali e legislatori, ai quali ultimi, per esempio, spetta la formazione di norme riguardanti la dichiarazione di tutti i componenti sull'etichetta delle rispettive confezioni. ALLERGIA ALIMENTARE NON IgE-DIPENDENTE In teoria l'allergia alimentare non IgE-dipendente si basa su anticorpi diversi dalle IgE; per esempio IgA, IgG e IgG4, oppure su complessi immuni circolanti o sull'immunità cellulo-mediata. In pratica, mancano prove convincenti dell'interessamento di meccanismi umorali in certi disturbi legati all'alimentazione. Tuttavia esistono elementi che dimostrano un ruolo dell'immunità cellulare nella malattia celiaca, dei quali il più convincente è il test di provocazione al glutine. Si notano: 1) aumento dell'espressione di antigene HLA e dei cloni T specifici del glutine (8,9); 2) liberazione di INF e di TNF-δ, specifici delle cellule T (10,11); 3) migrazione di linfociti CD25 e CD3-γδ attivati, di cellule plasmatiche e di macrofagi nella mucosa celiaca (12,13); 4) Risposta infiammatoria similare a quella dell'innesto-contro-ospite (14). Prove di un'immunità cellulomediata sono state pure riferite nell'intolleranza al latte di vacca: 1) risposta specifica delle cellule T alla caseina nella dermatite atopica (15); 2) liberazione di TNFα dai mononucleati che reagiscono alle proteine del latte di vacca (16,17); 3) aumento dei linfociti intraepiteliali e delle cellule CD4+ nella lamina propria dei soggetti con sindrome di malassorbimento indotta dal latte (18). Certe malattie, come la malattia celiaca, la dermatite erpetiforme e l'enteropatia indotta dalle proteine alimentari, presentano dunque elementi sufficienti a favore di una patogenesi immunologica. Esistono tuttavia disturbi che possono talora essere legati agli alimenti, ma che per la maggioranza sono dovuti ad altri fattori, come per esempio certe cefalee, la sindrome dell'intestino irritabile, l'otite media sierosa, l'artrite. Altri disturbi, come sindrome di fatica cronica, neuropatie, connettiviti, sindrome di iperreatti- vità e turbe della sfera psichiatrica, non hanno avuto un supporto di prove sufficienti a farli considerare come dipendenti da un'allergia alimentare. INTOLLERANZA ALIMENTARE Questo termine è riservato alle forme non immunologiche delle reazioni attribuibili ad alimenti. L'intolleranza si suddivide in intolleranza enzimatica, int. farmacologica e int. indefinita. L'intolleranza alimentare enzimatica si definisce come una reazione alimentare indesiderata che dipende da un deficit enzimatico che si evidenzia clinicamente solo dopo ingestione di certi alimenti. La forma più comune è il deficit di lattasi che è di solito rilevato nella popolazione adulta. I sintomi sono localizzati al tratto gastro-intestinale e non esistono altre manifestazioni intestinali. alimenti che contengono concentrazioni elevate di amine vasoattive. Non esistono a tutt'oggi prove convincenti a favore di questa ipotesi. Un esempio di questa forma di intolleranza è l'intossicazione da pesce detto scombroid. La base della sintomatologia multiforme è un effetto tossico: il pesce alterato contiene elevate quantità di istidina che è trasformata in istamina dalla flora intestinale dell'individuo; contiene inoltre delle tossine che bloccano le istaminasi, ciò che permette l'assorbimento di istamina che dà luogo a vasodilatazione ed aumento della permeabilità capillare. E' un modello di intossicazione che potrebbe riprodursi in soggetti portatori di un deficit di istaminasi endogena. Tuttavia, al di là delle considerazioni teoriche, insussistenti sono le prove basate su studi clinici (19). L'intolleranza alimentare farmacologica dipende dall'effetto diretto di amine vasoattive presenti naturalmente in certi alimenti, come istamina, tiramina, feniletilamina. Si suppone che i soggetti predisposti possano sviluppare delle cefalee e dei sintomi pseudo-allergici quali flush, eritema cutaneo, diarrea, vomito, dispnea e tachicardia, dopo ingestione di Figure 2 PESCA I T C G Q V S S A L A P C I P Y V R G G G AV P PA C C N G I R N V N N L A RT T P D R Q A A C N C L K Q L S A S V P G V N P N N A A A L P G K C G V H I P Y K I S A S T N C AT V K ALBICOCCA I T C G Q V S S S L A P C I G Y V R G G G A V P P A C C N G I R N V N N L A R T T P D R R T A C N C L K Q L S G S I S G V N P N N A A A L P G K C G V N I P Y K I S A S T N C A T V K 6 CILIEGIA LT C G Q V S S N L A P C I P Y V R G G G A V P P A C C N G I R N I N N L A K T T A S R Q A A C N C L K Q L S A S V P G V N A N N A A A L P G K C G V N V P Y K I S P S T N C A T V K PRUGNA I T C G Q V S S N L A P C I NY V K G GG AV P PA C C N G I R N N N N L ART TA D RR A A C N C L K Q L S G S I P G V N P N N A A A L P G K C G V N V P Y K I S A S T N C AT V K 7 •• Expressions ITAL 16/ok 17/09/02 17:13 Per concludere, il termine di intolleranza alimentare non definita è riservato alle reazioni alimentari indesiderate che non sono né immunologiche né tossiche. Sono un esempio di tali forme la maggior parte delle intolleranze agli additivi alimentari i cui meccanismi patogenetici restano ignoti. LA DIAGNOSI DELL'ALLERGIA ALIMENTARE Page 8 ugualmente utilizzato quando un alimento importante dal punto di vista nutritivo, come latte, uova e altri è sospettato di allergia, oppure nei casi in cui l'alimento sospetto si riveli correntemente un alimento nascosto, come è il caso di noci, nocciole, arachidi e altri. La soppressione di alimenti meno importanti sul piano nutritivo come frutti e legumi può invece basarsi soltanto su una diagnosi di sospetto. La diagnosi dell'allergia alimentare si basa sugli elementi seguenti: La metodologia del test DBPCFC può presentare le seguenti difficoltà: • dati anamnestici, • test cutanei, • IgE specifiche, • prove dietetiche con sottrazione e carico dell'alimento sospetto, • test di provocazione alimentare. 1) la mascheratura di un alimento da testare ( frutta e verdure), che non può essere confezionato in capsule; Nessuno dei metodi sopra elencati e neppure la loro associazione, astrazion fatta del test di provocazione, è in grado di condurre a una diagnosi definitiva di allergia alimentare. Il solo metodo convalidato è il test di provocazione alimentare in doppio cieco contro placebo, Double Blind, Placebo Controlled Food Challenge o DBPCFC, considerato il test elettivo per l'allergia alimentare (1). Esso infatti riproduce le condizioni dell'esposizione naturale all' alimento ed ha il rigore del metodo scientifico nella sua sequenza: ipotesi ➔ esperimento ➔ risultato. Inoltre il test non è soggetto a bias legati al paziente né legati al medico. E' chiaro che il DBPCFC va 2) riduzione di allergenicità di certi alimenti durante la preparazione del pasto-test; 3) Il DBPCFC non è esente da rischi; esso va dunque realizzato in ambiente ospedaliero dove sia possibile il controllo di eventuali reazioni di gravità minacciosa; 4) è necessaria la disponibilità di personale qualificato alla preparazione del pasto di prova ed alla gestione del metodo. Il DBPCFC non va condotto su soggetti con precedenti di anafilassi allo specifico alimento. É plausibile una certa quota di DBPCFC falsi-negativi. La necessità di standardizzare il DBPCFC ha aperto la strada alla preparazione di nuove linee-guida, che sono in corso di elaborazione da parte del Gruppo di Interesse sull'Allergia Alimentare in seno all'EAACI. Metodi diagnostici non accettati dagli specialisti allergologi per difetto di prove scientifiche sono: • il test citotossico; • la provocazione-neutralizzazione sottocutanea e sublinguale; • il cosiddetto test DRIA; • la biorisonanza; • la chinesiologia applicata; • il test elettrodermico (19). 8 Gruppi di pazienti nei quali si è potuto dimostrare con DBPCFC l'esistenza di un'allergia ad un alimento isolato hanno permesso di calcolare la prestazione dei test cutanei e sierologici in termini di: • sensibilità, • specificità, • valore prognostico positivo, • valore prognostico negativo, • precisione globale. Dalla valutazione effettuata da vari studi clinici sulla performance dei test diagnostici in vivo ed in vitro correntemente effettuati nei casi di allergia alimentare si è concluso che essa è debole (20,21). I fattori responsabili di questa modesta performance dei test cutanei e dei livelli di IgE specifiche sono la reattività crociata che comporta dei falsi positivi e la nostra incompleta conoscenza degli allergeni alimentari presenti in ciascun alimento, ciò che a sua volta induce dei falsi negativi. La conoscenza degli allergeni coinvolti, nonché della loro struttura molecolare è in grado di migliorare la qualità degli estratti allergenici utilizzati nei test in vivo ed in vitro e di dar ragione, inoltre, della reattività crociata constatata. Nella fig. 2 possiamo vedere la sequenza degli aminoacidi di 9 kDa LTP esprimente, rispettivamente, l'allergene principale della pesca, dell'albicocca, della ciliegia e della prugna e spiegarci così la frequenza con cui, con questi frutti, si rileva la reattività crociata. Per prevenire le reazioni anafilattiche da alimenti gravi, la "Commissione Codex Alimentarius" ha precisato che più del 90% delle reazioni stesse sono dovute a otto alimenti (22): crostacei, uova, latte, arachidi, soia, noci, grano e solfiti, definendo questi alimenti gli "otto grandi". Gli alimenti responsabili di reazioni minacciose per la vita variano da un Paese all'altro. Per esempio, negli USA ed in Inghilterra, gli alimenti più spesso incriminati di reazioni gravi sono legumi e noci, seguiti da latte e frutta. A Milano, per contro, i frutti occupano il primo posto, seguiti dai crostacei. Si constata così fino a qual punto la prevalenza degli alimenti allergenici vari in funzione delle abitudini alimentari. Un punto importante, di recente discusso, è che un alimento può essere considerato allergenico se è disponibile la documentazione seguente: 1) Numerosi studi clinici che riportano i risultati di test DBPCFC, 2) e/o rapporti di episodi di anafilassi grave pubblicati su riviste qualificate ((23). Questa distinzione è molto utile per qualificare di allergenicità un alimento su basi scientifiche. pochi allergeni "scientificamente certificati". E' vero il contrario: ogni alimento va considerato come un potenziale agente responsabile. Inoltre, lo sviluppo di criteri scientifici adeguati pone le motivazioni di studi clinici: è il caso di sedano, nocciole e carota che hanno di recente avuto la denominazione di alimenti allergenici sulla scorta di studi clinici condotti in modo conforme (20,21,24). A mio avviso, peraltro, ogni allergene può avere un ruolo in condizioni adatte. Dunque, nella descrizione del processo diagnostico di un'allergia alimentare, non è il caso di limitarsi strettamente ai quei GLI "OTTO GRANDI" Più del 90% delle reazioni allergiche sono dovute a otto alimenti: • • • • • • • • I CROSTACEI LE UOVA IL LATTE LE ARACHIDI LA SOIA LE NOCI IL GRANO I SOLFITI BIBLIOGRAFIA: 1. Bruijnzeel-Koomen C, Aas K et al. Position paper. Adverse reactions to food Allergy 1995; 50: 623-635. 2. Amlot PL, Kemeny DM, Zachary C, Parkes P, Lessof MH. Oral allergy syndrome (OAS): symptoms of IgE-mediated hypersensitivity to foods. Clin Allergy 1987; 17: 33-42. 3. Ortolani C, Pastorello EA, Farioli L et al. IgEmediated allergy from vegetable allergens. Ann Allergy 1993; 83: 683-690. 4. Yunginger JW, Sweeney KG, Sturner WQ et al. Fatal food-induced anaphylaxis. JAMA 1988; 260: 1450-1452 5. Sampson HA, Mendelson LM, Rosen JP. Fatal and near-fatal anaphylactic reactions to food in children and adolescents. N Engl J Med 1992; 327: 380-384 6. Pumphrey RS, Roberts IS. 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Histological changes in small bowel mucosa induced by gliadin sensitive T lymphocytes can be blocked by anti-interferon gamma antibody. Gut 1995; 36(6): 874-879 11. Troncone R, Gianfrani C, Mazzarella G, Greco L, Guardiola J, Auricchio S, De Bernardinis P. Majority of gliadin-specific T-cell clones from celiac small intestinal mucosa produce interferon-gamma and interleukin-4. Dig Dis Sci 1998; 43(1): 156-161 12. Loft DE, Marsh MN, Sandle GI, Crowe PT, Garner V, Gordon D, Baker R. Studies of intestinal lymphoid tissue. XII. Epithelial lymphocyte and mucosal responses to rectal gluten challenge in celiac sprue. Gastroenterology 1989; 97(1): 29-37 13. Halstensen TS, Brandtzaeg P. TCR gamma/delta + and CD8+TCR alpha/beta + intraepithelial lymphocytes (IEL) express proliferation marker (ki-67) in the coeliac lesion. Adv Exp Med Biol 1995; 371B: 1333-1338 14. MacDonald TT. The role of activated T lymphocytes in gastrointestinal disease. Clin Exp Allergy 1990; 20(3): 247-252 Review. 15. 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Report of the FAO Technical Consultation of Food Allergies, Rome 13-14 1995. 20. Ortolani C, Ballmer-Weber BK, Skamstrup Hansen K, Ispano M, Wüthrich B, Bindslev-Jensen C, Ansaloni R, Vannucci L, Pravettoni V, Scibilia J, Poulsen LK, Pastorello EA. Hazelnut allergy: a double-blind, placebo-controlled food challenge multicenter study. J Allergy Clin Immunol 2000; 105(3): 577-581. 21. Ballmer-Weber BK, Vieths S, Lüttkopf D, Heuschmann P, Wüthrich B. Celery allergy confirmed by double-blind, placebo-controlled food challenge: a clinical study in 32 subjects with a history of adverse reactions to celery root. J Allergy Clin Immunol 2000; 106: 373-378. 22. FAO technical consultation on foods allergens. Rome: Food and Agriculture Organizations of the United Nations, 1995. 23. Bousquet J, Bjorkstèn B, Bruijnzeel-Koomen C et al. Scientific criteria and the selection of allergenic foods for product labelling. Allergy 1998; (suppl 53) 3-21 24. Ballmer-Weber BK, Wüthrich B, Wangorsch A, Fötisch K, Altmann F, Vieths S. Carrot allergy: double-blinded, placebo-controlled food challenge and identification of allergens. J Allergy Clin Immunol 2001; 108: 301-307. 9 •• Expressions ITAL 16/ok 17/09/02 17:13 Page 10 Criteri di valutazione dell'efficacia della desensibilizzazione Pr. Gabrielle PAULI Dr. Jean-Claude BESSOT Service pneumologie Hôpital Lyautey, hôpitaux universitaires de Strasbourg L'efficacia della pratica desensibilizzante è stata riconosciuta da una recente pronuncia dell'Organizzazione Mondiale della Salute (1). I criteri che permettono di verificare tale efficacia si basano per ora, sostanzialmente, su ricerche cliniche, in assenza di criteri immunologici riconosciuti. dei disturbi percepiti. giorni dei picchi pollinici. Può su questa base stabilirsi un punteggio giornaliero o quindicinale, dal quale si può trarre un quadro della totalità dei dati disponibili che permette a sua volta un'immagine relativamente obbiettiva delle mutazioni della sintomatologia. Non è detto tuttavia che il punteggio sintomatologico rifletta per forza la realtà: la percezione che ogni individuo ha dei suoi sintomi, la L'auto-valutazione dell'ammalato non deve rimanere isolata ed è auspicabile che esistano dei controlli periodici con i quali il medico possa accertare in modo indipendente il miglioramento clinico intervenuto. Peraltro, il comparire di nuove modalità di somministrazione degli estratti allergenici (si pensi alla via sublinguale (2)), la necessità di dimostrare l'efficacia di nuove molecole quali gli allergeni ricombinanti (3), spingono alla sviluppo di indagini cliniche basate su una metodica rigorosa ed omogenea. Più di recente, Abramson e Coll. hanno tenuto presenti soltanto 62 ricerche rispondenti a criteri di inclusione soddisfacenti sulla massa di circa 900 voci bibliografiche comparse nella letteratura e concernenti trattamenti immunoterapici (5). Ciò sottolinea la necessità di definire i criteri di una corretta ricerca in doppio cieco, che riguardino: scelta dei pazienti, somministrazione del placebo, criteri di valutazione dell'efficacia, modalità del trattamento. SCELTA DEI PAZIENTI AMMESSI Gli ammalati ammessi allo studio vanno accuratamente descritti, particolarmente riguardo alle loro sensibilizzazioni allergiche. Il grado di sensibilizzazione all'allergene specifico può essere precisato sui test cutanei e i dati immunologici. Il numero dei pazienti presenti nella ricerca va definito in funzione dei test statistici che si vogliono utilizzare. Pertanto, quando si voglia mettere in evidenza un miglioramento del 20% rispetto al placebo, e se si ammette un livello di azione del placebo del 30%, è chiaro che il numero dei soggetti necessari deve essere elevato, dell'ordine di 65. E' pure importante analizzare le 10 uscite (drop-outs) dallo studio: certe ragioni, come il cambiamento di domicilio, sono di importanza minore; altri motivi di drop-out, in uno studio che riguarda l'efficacia del trattamento, sono più importanti in quanto strettamente legati al trattamento: è il caso delle reazioni sistemiche e dell'inefficacia del trattamento stesso. SOMMINISTRAZIONE DEL PLACEBO Varia con gli studi e con lo scopo della ricerca: certi studiosi cercano di ottenere la stessa apparenza fisica del prodotto placebo e del trattamento relativo, altri si sforzano di riprodurre col placebo una reazione locale iniettando dosi crescenti di istamina. CRITERI DI VALUTAZIONE CLINICA O SCORE SINTOMATOLOGICO La formazione di un punteggio clinico sulla base di un diario quotidianamente aggiornato dal paziente è un metodo rigoroso già applicato da Norman (6) per lo studio di efficacia della desensibilizzazione all'ambrosia fin dal 1968. I sintomi rinitici sono in genere valutati separatamente: starnuti, ostruzione nasale, rinorrea; ma anche altri sintomi come congiuntivite, tosse o asma sono considerati. Ogni sintomo va quantificato in base alla gravità, per esempio da 0 a 4. La valutazione dei sintomi può essere affinata con l'utilizzo di scale analogiche che permettono un'auto-valutazione 70 60 Score sintomi In effetti, in uno studio oggi già attempato, che analizzava i risultati e le conclusioni di altri 23 studi in doppio cieco contro placebo, noi stessi facevamo notare che le percentuali di miglioramento potevano variare dal 62 al 42% nei gruppi trattati e dal 10 al 38% nei gruppi-placebo e che le importanti variazioni di queste percentuali erano soprattutto legate alla mancanza di omogeneità fra i differenti gruppi di pazienti (4). 80 50 40 30 20 10 Numero di giorni 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 Evoluzione dei punteggi sintomatologici sua tolleranza verso gli stessi, in particolare verso la dispnea, la precisione con cui trascrive, variano molto da un soggetto all'altro. L'aggiunta di un questionario sulla qualità di vita, una delle innovazioni introdotte nella valutazione dell' efficacia dei trattamenti delle malattie allergiche e dell'asma, è del tutto positiva per le ricerche sull'immunoterapia (7). Ma questo questionario non deve sostituire il punteggio sintomi. Il periodo di registrazione del punteggio sintomi sarà abbastanza lungo: l'intera durata di una stagione pollinica, oppure un periodo di 6-12 mesi per un allergene perenne. E' ammesso d'altronde che, in certi casi, il confronto degli score tra soggetti desensibilizzati e controlli sia realizzato soltanto nei PUNTEGGIO MEDICAMENTOSO Lo score medicamentoso o farmacologico può stabilirsi mediante l'annotazione quotidiana dei farmaci antiallergici o antiasmatici utilizzati. E' il caso di spiegare chiaramente al paziente il tipo di farmaco da utilizzare e la relativa posologia. E' bene eliminare i prodotti a effetto ritardato e protratto, come le iniezioni di steroidi-ritardo che, se date in stagione, rendono ininterpretabili i punteggi di data posteriore alla somministrazione. La contabilità dei farmaci assunti va ponderata in funzione del tipo di farmaco. Un punteggio minore sarà assegnato agli antiistaminici rispetto agli steroidi nel trattamento delle riniti stagionali. Lo stesso discorso vale per l'asma nella quale l'uso isolato del broncodilatatore avrà una r mete -flow k a e P ponderazione minore rispetto a quella dello steroide. I criteri di giudizio sull'efficacia dell'immunoterapia possono essere analizzati separatamente oppure mettendo assieme più criteri, ciò che permette di avere uno score giornaliero che comprende il consumo di medicinali. Altro modo di definire i risultati della desensibilizzazione è l'uso dei criteri proposti da Malling (8), che considera inefficaci i trattamenti coi quali la riduzione degli score sintomi e/o medicamenti tra il gruppo attivo e quello placebo è stata inferiore al 30%; considera deboli tali risultati quando la riduzione degli score come sopra è compresa fra 30 e 44%; moderati tra il 45 ed il 59% e buoni quando le riduzioni stesse sono state superiori al 60%. E' soltanto come eccezione che nei vari studi pubblicati si è valutata la totalità dei dati di cui si è parlato ed è proprio questo che rende praticamente impossibile il confronto di studi effettuati con differenti ponderazioni. PROBLEMI PARTICOLARI DELL'ASMA: IL PUNTEGGIO FUNZIONALE L'elaborazione di uno score funzionale permette uno studio longitudinale relativamente obbiettivo dell'ostruzione bronchiale dell'asmatico. Vari, per l'asmatico, i metodi di valutazione del disturbo ventilatorio proposti: misura del VEMS, del MET 25/75, delle resistenze delle vie aeree, analisi della curva flusso-volume, misura del picco di flusso. Si deve all'utilizzo di apparecchietti portatili, 11 17/09/02 17:13 pratici e poco costosi se la registrazione del picco di flusso è stata adattata con buon esito alla sorveglianza funzionale quotidiana dell'asmatico. Ciò, malgrado qualche imperfezione del metodo consistente in un'affidabilità e una sensibilità mediocri ed una dipendenza dallo sforzo. Tenendo conto delle fluttuazioni dell'ostruzione bronchiale in un'elevata percentuale di asmatici, si è in effetti dimostrato che è preferibile fare delle misure ripetute, per esempio tre volte nelle 24 ore, con un'apparecchio semplice, piuttosto che delle misurazioni spaziate nel tempo con un apparecchio più sofisticato. Le cifre del picco di flusso confrontate ai valori di referenza, o ancor meglio ai migliori valori del paziente, permettono di mettere insieme uno score funzionale che dà un apprezzamento quantitativo del carattere evolutivo dell'asma. Gli score più frequentemente studiati, cioè score sintomi, score farmaci, score funzionale, devono essere associati e lo studio di tutti e tre questi score rappresenta oggi il mezzo più attendibile per l'analisi delle modifiche della sintomatologia (9). STUDIO DELLE MODIFICHE DEI TEST DI PROVOCAZIONE PRIMA E DOPO DESENSIBILIZZAZIONE E' stato Noon a proporre il primo test di controllo dell'efficacia di una desensibilizzazione: egli notò che dopo qualche mese di trattamento, per ottenere una reazione congiuntivale nel pollinosico bisognava usare una soluzione di estratto di Phleum più concentrata rispetto a prima della cura. I test di provocazione a livello congiuntivale e nasale, nonché i test di inalazione con l'allergene si utilizzano per valutare l'efficacia dell'immunoterapia. E' importante che la stessa 12 Page 12 metodologia sia usata in tutte le fasi dello studio: lo stato basale del soggetto deve essere identico, gli estratti allergenici devono essere della stessa forza (lo stesso lotto di una soluzione standardizzata di allergene, o meglio ancora un estratto il cui contenuto in allergene maggiore è perfettamente determinato), instillazione nasale o inalazione di una soluzione di controllo prima del test di provocazione con l'allergene effettivo, esigenza di una modificazione significativa della soglia di sensibilità congiuntivale, nasale, bronchiale. PROBLEMI RELATIVI ALLE MODALITÀ DEL TRATTAMENTO IMMUNOTERAPICO Le ricerche cliniche vanno condotte con allergeni standardizzati a contenuto in allergene maggiore noto. Questa regola non è stata mai seguita, in pratica, nelle ricerche fatte prima degli anni 90 e certi lavori che infirmavano l'efficacia dell'immunoterapia sono stati condotti con dosi deboli di allergene o con un numero insufficiente di iniezioni. I lavori che miravano a dimostrare l'efficacia della desensibilizzazione sono stati in maggioranza condotti con estratti totali di allergene, mentre raramente sono stati usati soltanto gli allergeni maggiori. Per di più, non abbiamo ancora determinato lo spettrotipo di riconoscimento delle IgE specifiche e non dobbiamo meravigliarci, in base alle conoscenze attuali, se abbiamo, secondo gli allergeni che utilizziamo, dei risultati talvolta insufficienti. Oggi conosciamo meglio le prevalenze di sensibilizzazione nei confronti degli allergeni maggiori e l'avvenire dovrebbe finalmente portarci dei trattamenti più mirati (3). Il progresso delle nostre conoscenze sugli allergeni ci debbono far riconsiderare certe conclusioni negative sull'immunoterapia tratte da prove cliniche fatte con miscele ricavate da parecchie fonti allergeniche. Sulla scorta di studi controllati con gli allergeni inalabili più comuni, si è potuto stabilire che per l'ambrosia, le Graminacee, gli acari ed il gatto, la dose di mantenimento deve situarsi tra i 5 ed i 20 µg di allergene maggiore per iniezione (1). Secondo la tolleranza individuale evidenziata da reazioni locale o sistemiche, non è detto che queste dosi siano raggiunte da tutti i pazienti. Tutte queste variabili, come anche la durata del trattamento desensibilizzante, sono parametri di cui bisogna tener conto quando si viene alla valutazione dell'effetto clinico di un trattamento di immunoterapia specifica. STUDIO DELLE MODIFICHE IMMUNOLOGICHE Numerosi lavori di ricerca sull'immunoterapia sono stati dedicati allo studio delle modificazioni immunologiche che essa induce (10). Però, in pratica, non esistono ancora dei dati sufficienti per introdurre la misura dei parametri immunologici nella sorveglianza e nella valutazione dell'efficacia dell'immunoterapia stessa. Modifiche delle immunoglobuline: per quel che riguarda il dosaggio delle IgE specifiche, soltanto la soppressione della loro elevazione indotta dalla stagione pollinica è un dato acquisito. L'aumento delle IgG1 non è stato dimostrato e IgG4 (%) •• Expressions ITAL 16/ok 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 placebo ITS * P < 0.001 * * TO T1 T2 Curva immunoglobulinica sembra transitorio, non in rapporto con il miglioramento clinico. Circa le IgG4, numerose pubblicazioni menzionano un loro aumento in corso di immunoterapia, aumento che soltanto in certi lavori andrebbe in parallelo con il miglioramento clinico. Parecchi meccanismi fisiopatologici sono stati proposti: specifiche di fissarsi sui loro epitopi; • l'induzione di segnali inibitori dopo fissazione sulla membrana dei basofili e dei mastociti. Modifiche della risposta Th1 e Th2 verso gli allergeni: vari studi hanno dimostrato che la desensibilizzazione comporta una selettiva modifica della secrezione delle citochine, in particolare una diminuzione dell'IL-5, la cui produzione è aumentata naturalmente negli allergici, oltre che una produzione di IL-12 induttrice di una risposta Th1. Del pari, a livello della mucosa nasale, si è ravvisata una soppressione della risposta infiammatoria tardiva con un parallelo aumento del numero di cellule esprimenti l'interferonegamma. Modifiche cellulari e tessutali: la diminuzione della risposta cutanea all'allergene specifico dopo desensibilizzazione è stata dimostrata sia per la reazione pronta che per quella ritardata; essa potrebbe essere piuttosto in rapporto con una diminuzione dei mastociti cutanei che con una diminuzione delle IgE specifiche che raramente è osservata (11). La reattività e la sensibilità cellulare dei basofili del sangue circolante sono parametri stati largamente studiati nel caso delle immunoterapie agli allergeni pollinici. I risultati di questi studi hanno evidenziato numerose variazioni individuali e la diminuzione della sensibilità cellulare dei basofili non è osservata regolarmente in tutti i pazienti desensibilizzati. Dei metodi di indagine più invasivi, come biopsie cutanee, nasali e bronchiali parlano in favore non soltanto di una diminuzione dei mastociti tessutali, ma anche di una diminuita eosinofilia tessutale, correlata con il miglioramento indotto dall'immunoterapia (12). CONCLUSIONE • fissazione delle IgG4 sugli epitopi riconosciuti dalle IgE specifiche, da cui il termine di anticorpi bloccanti; In conclusione, ogni nuova indagine sull'immunoterapia abbisogna di • fissazione delle IgG su epitopi distinti non riconosciuti dalle IgE, comportanti delle modifiche spaziali che non permettono più alle IgE raccolti col massimo rigore possibile presso pazienti accuratamente criteri obbiettivi in grado di affermare la sua efficacia e la sua utilità. Tali criteri sono prima di tutto basati sui dati clinici, i quali vanno selezionati, dato che per ora mancano dei marcatori immunologici che siano agevolmente disponibili e scientificamente convalidati. BIBLIOGRAFIA: 1. Bousquet J, Lockey RF, Malling HJ. Allergen immunotherapy – therapeutic vaccines for allergic diseases. Allergy 1998; 53 Suppl, 44: 4-42. 2. Bessot JC, Stenger R, de Blay F, Pauli G. Evaluation des nouvelles voies d’administration de la désensibilisation. 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D Dina (USA) chiude il simposio presentando il concetto di una vaccinazione allergenica con il coniugato allergene-nucleotidi ISS nonché i risultati di studi clinici di fase II realizzati negli USA e in Canadà. I risultati mostrano che il coniugato ISS-Amb a 1 del ragweed utilizzato come ITS iniettabile è ben tollerato, non comporta effetti secondari (nessun sviluppo di anticorpi anti-DNA) ed induce un'importante reattività immunologica con produzione di IgG. I risultati di efficacia sono attesi da studi oggi in corso. Il congresso di Napoli si è distinto per un'abbondante produzione di poster sull'ITS. Qui di seguito qualche segnalazione scelta. L'efficacia dell'ITS sublinguale a forti dosi è stata dimostrata da C André (Francia) mediante uno studio controllato contro placebo su pazienti con allergia all'ambrosia della regione di Lione. Dopo 7 mesi di trattamento il sottogruppo trattato con ITS sublinguale a forti dosi (Staloral ®) evidenziava un miglioramento clinico più elevato di quelli del sottogruppo trattato a dosi deboli. per due anni mostravano invece una riduzione significativa dei sintomi di rinite (rinorrea, starnuti) a fronte del gruppo placebo. Dopo due anni il gruppo dei pazienti trattati per un anno avevano uno score sintomatico migliore rispetto ai placebo, ma non a livello significativo. In conclusione, per ottenere risultati efficaci nella rinite stagionale da Graminacee sono necessari due anni di ITS sublinguale. H Smith (Inghilterra) ha presentato uno studio controllato di ITS sublinguale in rinite da polline di Graminacee realizzato su 140 pazienti. Un gruppo di questi è stato trattato con Staloral® per la durata di un anno, un secondo gruppo per 2 anni, mentre il 3° gruppo ha ricevuto il placebo. Dopo un anno di trattamento non risultava una differenza significativa fra i 3 gruppi di pazienti. I pazienti trattati L'ITS sublinguale è stata di recente convalidata dal Consenso ARIA nell'indicazione dei bambini e negli adolescenti. In uno studio aperto realizzato su 86 pazienti in età da 6 a 16 anni portatori di una rinite agli acari, J Ferres (Spagna) mostra un miglioramento significativo dello score sintomi ed una riduzione del consumo di corticosteroidi intranasali e di antiistaminici H1 dopo un anno di ITS sublinguale con 14 Staloral®. Buona la tollerabilità del trattamento: un solo paziente ha lasciato lo studio per intolleranza. In uno studio effettuato su 37 pazienti, PN Black (Nuova Zelanda) ha confrontato l'ITS sublinguale con un allergoide di polline di Graminacee contro un placebo. La durata del trattamento è stata di 4 mesi con dose di mantenimento di 5000 PNU/ml. Gli Autori non hanno trovato una differenza significativa fra i due gruppi relativamente ai sintomi di rinocongiuntivite. Le deboli dosi (5000 PNU/ml) potrebbero spiegare l'assenza di efficacia osservata in questo studio. M Mauro (Italia) ha confrontato tollerabilità dell'ITS sublinguale e dell'ITS iniettabile in 47 pazienti con rinocongiuntivite da polline di Betulacee. Durante la fase di induzione, i pazienti trattati con ITS iniettabile, via Phostal® e quelli trattati con ITS sublinguale, via Staloral®, avevano ricevuto rispettivamente delle dosi cumulative di 22,6 IR e di 333 IR. Nel corso dell'ITS iniettabile la frequenza delle reazioni secondarie, locali e sistemiche, risultò del 12,5% per paziente e dello 0,9% per iniezione. Nel corso dell'ITS sublinguale la frequenza delle reazioni locali risultò del 13% per paziente e delle 0,04% pro dose. Nessuna reazione sistemica è stata osservata nel corso dell'ITS sublinguale. Lo studio conferma l'ottima tollerabilità dell'ITS sublinguale. Non ancora perfettamente noto il meccanismo dell'ITS sublinguale. UR Markert (Germania) mostra che presso 53 pazienti trattati con ITS sublinguale il numero dei recettori IgE a debole affinità (CD23) espressi alla superficie dei linfociti B aumenta nel corso del primo anno di trattamento, diminuendo significativamente dopo il 2° anno di trattamento. Il risultato suggerisce un ruolo regolatore dei recettori CD23 nel corso dell'ITS sublinguale. Da parte sua, C Arikan (Turchia) cerca di valutare le modifiche della risposta immunitaria IgA durante l'ITS sublinguale effettuata su pazienti con sensibilità agli acari. Risulta che il tasso sierico delle IgA1 specifiche aumenta significativamente dopo 1 e 2 anni di trattamento. Resta da dimostrare il ruolo delle IgA1 nel contesto dell'efficacia clinica dell'ITSL. L'ITS ai pollini è in grado di modificare la reattività agli alimenti che hanno una reattività crociata? L Winther (Danimarca) mostra che dopo ITS ai pollini di Graminacee e di betulla presso pazienti portatori di una sindrome di allergia orale (OAS), il 37% dei pazienti non presentavano miglioramento dei sintomi orali, il 33% avevano un miglioramento compreso fra 25 e 67%, mentre il 30% presentava una remissione completa della sindrome orale. Per concludere che l'ITS ai pollini non comporta un miglioramento significativo dei sintomi di OAS verso gli alimenti aventi reattività crociata con quei pollini. In un'interessante presentazione R Moverare (Svezia) mostra che in pazienti trattati con ITS al polline di betulla per 3 anni, il 65% di essi aveva sviluppato IgE specifiche a Bet v 2 e Bet v 4 dopo un anno di ITS, mentre tutti i pazienti avevano soltanto IgE specifiche per Bet v 1 prima dell'ITS. Deboli peraltro i tassi delle IgE contro Bet v 2 e Bet v 4 (< 1kUA/L). La loro pertinenza clinica non è nota. U n'analisi farmaco-economica costo/efficacia dell'ITS è stata presentata da VS Garris (Grecia). In uno studio prospettico aperto gli Autori confrontano il costo del trattamento in un gruppo trattato con ITS per due anni ed in gruppo di controllo. Il costo medio/paziente dell'ITS era di 2905 euro, mentre la farmacoterapia passava da 145 euro (media) all'inizio delle'ITS a 20 euro dopo 2 anni di ITS, ciò che dimostra che quest'ultima, ad onta di un costo proprio elevato, comporta una riduzione significativa dei costi di presa in carico di lungo termine. In un modello sperimentale animale K Hufnagl (Austria) ha trattato topi polisensibilizzati con applicazioni intranasali di allergene ricombinante di Bet v 1 (betulla), Phl p 1 e Phl p 5, sia simultaneamente che separatamente, coll'intento di indurre una tolleranza immunitaria. Il trattamento cogli allergeni ricombinanti singoli (rBet v 1 o rPhl p 1 oppure 5) ha indotto una diminuzione di produzione di IL-4; di IL-5 e di IFN-γ, oltre che una riduzione della proliferazione linfocitaria. Meno efficace è risultato il trattamento simultaneo con i tre diversi ricombinanti. L'utilizzo di allergeni ricombinanti modificati per mutagenesi al fine di ridurre il loro potenziale anafilattogeno è una via di ricerca molto attiva per l'ITS del futuro. US Lepp (Germania) testa in prick test su 33 pazienti degli estratti naturali di polline di Graminacee, un ricombinante Phl p 5 e un ricombinante mutato dello stesso Phl p 5 (DM4). I risultati indicano che l'attività del ricombinante mutato è significativamente più debole rispetto a quella indotta dal ricombinante rPhl p 5 e dall'allergene nativo. La natura ipoallergenica del ricombinante mutato Phl p 5 ne fa un candidato all'utilizzo nell'ITS. L’ITS del futuro si baserà probabilmente sugli allergeni ricombinanti. 15