Studio di una funzione ad una variabile

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Studio di una funzione ad una variabile
Studio di una funzione ad una variabile
Lo studio di una funzione ad una variabile ha come scopo ultimo quello di pervenire a un grafico
della funzione assegnata.
Questo grafico non dovrà essere preciso in senso stretto ma dovrà avere quelle caratteristiche che lo
studio stesso avrà evidenziato.
Per raggiungere questo scopo, si sviluppa un'analisi articolata in più passi.
Data y = f(x) una possibile sequenza da seguire è la seguente:
• Determinazione del dominio di f(x)
• Studio del segno di f(x)
• Ricerca degli eventuali asintoti (verticali e/o orizzontali e/o obliqui)
• Calcolo della derivata prima; studio del suo segno e ricerca dei punti di massimo e minimo
relativi e dei punti di flesso a tangente orizzontale.
• Calcolo della derivata seconda; studio del suo segno e ricerca dei punti di flesso a tangente
obliqua.
• Disegno del grafico sulla base delle informazioni raccolte nei punti precedenti
Procedura
1) Determinazione del dominio di f(x)
Consente di fissare in corrispondenza di quali valori di x si deve tracciare il grafico.
Questo primo passo richiede di determinare quello che viene anche detto campo di esistenza della
funzione, ovvero l'insieme di valori che è possibile assegnare alla x nell'espressione di f(x) affinché
le operazioni in esse contenute abbiano senso.
E' di fondamentale importanza questo primo passo.
Per “avere senso” si intende che non si può fare una divisione per zero, non si può calcolare la
radice quadrata di un numero negativo e non si può calcolare il logaritmo di un numero negativo.
Bisogna chiedersi se:
-Ci sono denominatori
-Ci sono logaritmi
-Ci sono radici di indice pari
In caso positivo bisogna porre delle condizioni: per ciascuna operazione “a rischio” di perdita di
significato.
Importante!
Le condizioni si dovranno porre soltanto se nell'argomento del denominatore/radice/logaritmo
compare l'incognita (x); se non compare non ci sono problemi e, quindi, non bisogna porre
condizioni. Ad esempio: log(3) è un numero reale ben preciso; invece, log(x) rappresenta sempre un
numero reale, ma l'operazione ha senso solamente se alla variabile diamo valori strettamente
positivi: per cui, se compare log(x) nella nostra funzione, dovremo immediatamente porre x>0.
Vediamo, quindi, di stabilire una regola di comportamento generale nell'ambito di questo primo
passo: dominio della funzione.
In questo “schema”, indicheremo in maniera generalissima come argomento una qualsiasi
espressione contenente l'incognita.
Per ciascun denominatore contenente l'incognita si pone: Denominatore 0
Per ciascun logaritmo il cui argomento contiene la x, si pone: argomento>0
Per ciascuna radice di indice pari il cui argomento contiene la x, si pone: argomento=0
Si studiano, quindi, le disequazioni mettendole a sistema: infatti, quello che ci serve è un insieme di
valori che soddisfino contemporaneamente tutte le condizioni poste, ovvero un insieme di valori
che non faccia perdere significato a nessuna delle operazioni coinvolte nella funzione.
L'insieme di soluzioni che si trova è il nostro dominio (o campo di esistenza).
Nota: qualora si trovasse una radice di indice pari a denominatore oppure come unico argomento di
un logaritmo, si può porre in un'unica disequazione: argomento della radice>0.
Nota: la condizione Denominatore a equazione, di qualsiasi tipo e grado. L'unica differenza,
ovviamente, sta nel fatto che le soluzioni non saranno nella forma x = a, ma nella forma x a.
2) Studio del segno di f(x)
Consente di fissare in corrispondenza di quali valori di x il grafico sta al di sopra dell'asse delle
ascisse (ovvero, dove la funzione assume valori positivi) e in corrispondenza di quali al di sotto
(ovvero, dove la funzione è negativa)
In questo caso si tratta semplicemente di impostare e risolvere la disequazione: f(x) =0.
L'insieme di soluzioni che si trova rappresenta l'intervallo (o gli intervalli) in cui la funzione sta
sopra l'asse delle x.
Gli intervalli complementari saranno quelli in cui la funzione sta sotto (è negativa).
) Studio della continuità e ricerca degli asintoti (verticali e/o orizzontali e/o obliqui)
A questo punto, è possibile studiare il comportamento della funzione nei punti “critici” e all'infinito.
Talvolta si parla più correttamente di “calcolo dei limiti agli estremi del dominio”.
Importante: questo passaggio dipende da quello che si è trovato nel punto 1).
Infatti se la funzione è definita, ad esempio, in un intervallo limitato, non si deve andare a
calcolare il limite all'infinito.
Così come, se la funzione è definita su tutto l'asse reale, non si deve andare a calcolare nessun
limite in punti interni, ma solo all'infinito.
Ecco perché è fondamentale lo studio al punto 1).
Da questo studio emerge la presenza (eventuale) di asintoti di vario tipo.
Un asintoto non è altro che una retta “tangente all'infinito” (definizione impropria).
In questa sezione introdurremo anche il concetto di asintoto obliquo.
Si distinguono tre tipi di asintoto: verticale, orizzontale e obliquo.
a) Asintoti verticali (e discontinuità)
Gli asintoti verticali sono rette del tipo x=x0, dove x0 è un punto che “manda all'infinito” la
funzione.
Cioè, in corrispondenza di x0, accade che:
Il risultato di questo limite può venire infinito (con qualsiasi segno) sia da destra che da sinistra con
lo stesso segno oppure con un segno da una parte e con il segno opposto dall'altra. In tutti i casi, si
ha un asintoto verticale (la retta x=x0).
Per determinare gli asintoti verticali:
Si calcola il limite in corrispondenza dei punti critici presi dal dominio, se non ci sono si conclude
che non ci sono asintoti verticali, né punti di discontinuità di alcun tipo.
Se il calcolo del limite fornisce come risultato, allora la retta x=x0 è asintoto verticale per la
funzione (x0 è il punto in corrispondenza del quale ho calcolato il limite).
Se, invece, il calcolo del limite:
- dà per risultato, sia da destra che da sinistra, un valore finito (chiamiamolo l), allora in x0 c'è un
punto di discontinuità eliminabile.
-dà come risultato due valori finiti diversi tra loro per il limite destro e il limite sinistro, allora in x0
c'è un salto (discontinuità di prima specie).
Naturalmente, c'è anche la possibilità che il limite non esista [si veda ancora la sezione sulla
continuità].
Note
Il calcolo del limite va fatto in corrispondenza di tutti i punti “critici”.
E' possibile che si abbiano infiniti asintoti verticali (si pensi alla funzione f(x)= tg(x)). In casi più
“normali”, è comunque possibile che se ne abbia più di uno.
b) Asintoti orizzontali
Nell'ambito di uno studio di funzioni, si procede in questo modo.
Se il dominio della funzione è illimitato, si calcolano i limiti all'infinito.
Per essere precisi, se è illimitato sia superiormente che inferiormente, si calcoleranno sia il limite
per
che il limite per
.
Se è illimitato solo superiormente, si calcolerà solo il primo; se è illimitato solo inferiormente, si
calcolerà solo il secondo.
Se è limitato, non ha senso calcolare i limiti all'infinito (la funzione non è definita né per valori
infinitamente grandi, né per valori infinitamente piccoli): si conclude dicendo che non esistono
asintoti orizzontali/obliqui.
Se dal calcolo dei limiti, si ottiene una situazione di questo tipo:
e/o
si dirà che la retta y= l1 è asintoto orizzontale per
e/o che la retta
y= l2 è asintoto orizzontale per
.
Se questi due limiti danno lo stesso risultato, si dice semplicemente che la retta y= l è asintoto
orizzontale (l è il risultato comune di entrambi i limiti), senza specificare nient'altro.
c) Asintoti obliqui
Dopo aver accertato la presenza degli asintoti orizzontali, si potrà passare alla ricerca degli asintoti
obliqui.
Gli asintoti obliqui sono rette di equazione y=mx+q, con m 0 (altrimenti sarebbe orizzontale…) a
cui la funzione tende ad “accostarsi” al crescere dei valori assunti dalla variabile x.
Attenzione!
La ricerca degli asintoti obliqui è subordinata alla presenza di eventuali asintoti orizzontali.
Se la funzione ha un asintoto orizzontale, allora non ci può essere asintoto obliquo.
Se, invece, non ci sono asintoti orizzontali , allora possiamo procedere con la ricerca di un
eventuale asintoto obliquo.
Tale ricerca darà esito positivo se e soltanto se si verificano le due seguenti condizioni, che ci
consentono di determinare il valore dei parametri, m e q, della retta y=mx+q, che sarà appunto il
nostro asintoto obliquo per:
m
e m
0
q
Trovati m e q, con i calcoli indicati sopra, si conclude che per
obliquo di equazione y = mx + q.
la funzione ha un asintoto
Nota
Le due condizioni si devono verificare contemporaneamente.
Si noti che q può venire uguale a zero: l'asintoto obliquo passerà per l'origine.
Note
Se non trovo asintoto orizzontale (a +∞ ad esempio), non è detto che ci debba essere quello obliquo:
saranno i limiti del punto c) a stabilirlo.
Se la funzione non ammette neanche l'asintoto obliquo, vuol dire semplicemente che all'infinito la
funzione non si “accosta” ad alcuna retta.
Infine, si ricordi che uno (o entrambi) di questi due limiti
potrebbe non esistere: anche in questo caso la funzione, nella “zona” in cui questo accade, non ha
né asintoto orizzontale né obliquo (si pensi, al solito, alla funzione f(x)= sen(x)).
4) Calcolo della derivata prima; studio del suo segno e ricerca dei punti di massimo e minimo
relativi e dei punti di flesso.
Si calcola la derivata prima, f' (x), e si imposta la disequazione f' (x)=0 [segno della derivata].
I punti in cui si annulla la derivata sono da studiare con particolare attenzione: infatti, potrebbero
rivelarsi punti di massimo/minimo relativo o di flesso.
Dallo studio del segno della derivata prima, i punti di massimo e minimo relativo sono individuati
facendo le seguenti considerazioni.
Evidenzio i punti in cui la derivata prima si annulla, e li analizzo uno alla volta. Se in
corrispondenza di un punto la derivata prima cambia segno, allora si tratta di un massimo oppure
di un minimo.
Quello che si deve verificare, quindi, è che a destra e a sinistra del punto individuato il grafico del
segno della derivata presenta segni opposti (prima + e poi -, o viceversa).
Se prima del punto X0 c'è + e dopo c'è -, è un punto di massimo relativo.
Infatti,la funzione f(x), prima del punto cresce , nel punto x0 è stazionaria, dopo il punto decresce.
Al contrario, se prima del punto c'è - e dopo c'è +, è un punto di minimo relativo.
Infatti,la funzione f(x), prima del punto decresce, nel punto x0è stazionaria, dopo il punto cresce.
Se in corrispondenza di un punto che annulla la derivata prima, non si ha cambio di segno, la
funzione ha un flesso in quel punto.
In particolare, lo chiameremo flesso ascendente se prima e dopo il punto la derivata prima è
positiva; lo chiameremo, invece, flesso discendente se prima e dopo il punto la derivata prima è
negativa.
Infine, evidenzio i punti in cui la derivata prima va all'infinito. Sono punti di continuità, ma di
non derivabilità di un tipo molto particolare. A seconda dei casi, si tratterà di una cuspide o di un
flesso. Ricordiamo che punti in cui la funzione è continua ma non derivabile sono i “classici” punti
angolosi.
Conclusione del punto 4)
Al termine di questa fase, si elencano i punti trovati (massimi, minimi, flessi) andando anche a
determinare la loro rispettiva ordinata (basterà sostituire l'ascissa nell'espressione della funzione di
partenza, f(x)) e specificando la loro natura (massimo, minimo, tipo di flesso).
5) Calcolo della derivata seconda; studio del suo segno e ricerca dei punti di flesso:
Questo passo è formalmente identico a quello precedente.
Si tratta di calcolare la derivata seconda (ovvero, la derivata della derivata), e studiarne il segno,
ovvero impostare la disequazione: f'' (x)=0.
L'insieme delle soluzioni rappresenta gli intervalli in cui la funzione (il suo grafico) volge la
concavità verso l'alto:
Ecco un esempio:
Da ricordare:
La derivata seconda fornisce informazioni sulla concavità e sui flessi.
Cos'è un flesso? Un flesso è un punto in corrispondenza del quale la funzione cambia concavità.
Ricordiamo che tutto quello che abbiamo detto sui punti di flesso fino a qui è relativo punti che
annullano la derivata seconda e in corrispondenza dei quali si ha un cambio di segno della derivata
seconda stessa (cui corrisponde, come detto, un cambio di concavità del grafico di f(x)).
Nei punti che mandano all' infinito la derivata prima abbiamo individuato una cuspide o un flesso
a tangente verticale.
Questi punti devono “tornare” anche nel grafico del segno della derivata seconda.
Per prima cosa, tali punti saranno “non accettabili” e questo fatto deve essere opportunamente
evidenziato nel grafico del segno della derivata seconda.
In secondo luogo,
in corrispondenza di un flesso a tangente verticale, ci dovrà essere un cambio di segno (cioè, di
concavità).
in corrispondenza di una cuspide, non ci sarà cambio di segno (la concavità rimane sempre la
stessa, prima e dopo la cuspide).
Attenzione:
Come si è visto, dunque, anche in corrispondenza del flesso a tangente verticale si ha un cambio di
segno (concavità).
Al termine di questa fase, si elencano i punti trovati (flessi) andando anche a determinare la loro
rispettiva ordinata (basterà sostituire l'ascissa nell'espressione della funzione di partenza, f(x)).
6) Disegno del grafico sulla base delle informazioni raccolte nei punti precedenti
Una volta completato lo studio analitico si può procedere con il disegno del grafico, in cui verranno
riportati tutti gli elementi raccolti: campo di esistenza, intervalli di positività/negatività, asintoti,
massimi/minimi e flessi.
1° Esempio
Si studi la funzione:
Il dominio della funzione è dato da
Risulta y>0 per x>0
-
Asintoti verticali:
la retta x = è asintoto verticale
Invece, da sinistra il limite è finito:
Asintoti orizzontali:
Asintoti obliqui:
in base al teorema di De L’Hospital
la retta y = x +1 è asintoto obliquo.
La derivata prima della funzione è
e quest’ultima relazione è verificata per x<0 e x >1.
La funzione cresce per x<0 e per x >1, mentre decresce per 0<x<1.
Nel punto x=0 si inverte la monotonia della funzione, ma tale punto non è accettabile come max
relativo perché non appartiene al dominio, mentre per x=1 si ha un min relativo di ordinata f(1)= e.
La derivata seconda della funzione è
e quest'ultima relazione è verificata per x>0.
La funzione è concava per x<0 e convessa per x>0, x=0 non è accettabile come flesso perché non
appartiene al dominio.
Possiamo, quindi, tracciare il grafico:
Grafico di