l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIV n. 17 (46.559) Città del Vaticano giovedì 23 gennaio 2014 . Nuovo appello di Papa Francesco per l’inizio dei negoziati sulla Siria Messaggio per il summit di Davos L’urgenza della pace Ricchezza al servizio di tutti Preghiera e conversione per porre fine alla divisione dei cristiani Papa Francesco non ha voluto far mancare il suo personale sostegno al faticoso impegno della comunità internazionale per costruire la pace in Siria. Così durante l’udienza generale di questa mattina, mercoledì 22 gennaio, mentre a Montreux iniziava la conferenza internazionale per il Paese mediorientale — un prologo ai negoziati che dal prossimo 24 gennaio si svolgono a Ginevra e ai quali partecipa una delegazione della Santa Sede composta dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istitu- zioni specializzate a Ginevra, e monsignor Alberto Ortega Martín, officiale della Segreteria di Stato — il Pontefice ha rinnovato il suo invito affinché non sia risparmiato «alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della violenza e alla fine del conflitto». Papa Francesco ha poi auspicato «un cammino deciso di riconciliazione, di concordia e di ricostruzione con la partecipazione di tutti i cittadini», invitandoli a vedere nell’altro «non un nemico, non un concorrente ma un fratello da accogliere e abbracciare». Poco prima Papa Francesco aveva proposto ai fedeli presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale, una riflessione sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata sabato scorso 18 gennaio. Spiegate le origini di questa «iniziativa spirituale, quanto mai preziosa», capace ormai di coinvolgere tutte le comunità cristiane, il Pontefice ha denunciato «lo scandalo delle divisioni» che ancora permangono. «Il nome di Cristo — ha detto con vigore — crea comunione e unità, non divisione! Lui è venuto per fare comunione tra noi, non per dividerci». Anche perché le divisioni, ha aggiunto, «indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza». Per raggiungere il dono dell’unità, ha concluso, occorre molta preghiera, umiltà, riflessione e continua conversione. PAGINA 8 Dopo tre anni di guerra iniziano a Montreux i lavori della conferenza internazionale Il futuro in gioco MONTREUX, 22. Tre anni di guerra, un’emergenza umanitaria senza precedenti e otto mesi di faticosi negoziati. Non sarà un compito facile quello dei rappresentanti delle grandi potenze mondiali, dell’O nu, del regime di Damasco e di parti dell’opposizione siriana riuniti oggi a Montreux, in Svizzera, per cercare di porre fine al conflitto che ha causato finora 130.000 morti e almeno un milione di sfollati. La posta in gioco è alta, tanto che la conferenza è stata al centro, ieri, di un colloquio telefonico tra il presidente americano, Barack Obama, e il leader del Cremlino, Vladimir Putin. Un colloquio che Mosca ha definito «costruttivo», malgrado le riserve avanzate sulla mancata partecipazione dell’Iran, e che apre qualche spiraglio di dialogo in vista di una buona riuscita del vertice. I negoziati «non saranno né semplici né rapidi», ma sulla conferenza pesa una «responsabilità storica» ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov. L’obiettivo comune — ha aggiunto — «è quello di mettere fine al tragico conflitto siriano». Una delle questioni centrali sul tavolo è quella del futuro politico del presidente siriano, Bashar Assad, e dei suoi uomini. «Dobbiamo affrontare la realtà — ha detto John Kerry — Assad non farà parte di questa transizione politica in Siria perché un uomo non può tenere un Paese e l’intera regione in ostaggio». Kerry e Lavrov hanno avuto ieri sera un incontro preparatorio con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. E proprio Ban Ki-moon, aprendo stamane i lavori della conferenza, ha voluto porre l’accento sull’emergenza umanitaria in Siria. Il segretario generale ha lanciato un appello urgente per un accesso umanitario alle centinaia di migliaia di persone che sono da mesi senza assistenza e in gravissime difficoltà. Ban Ki-moon ha quindi auspicato che le delegazioni possano lavorare «seriamente e costruttivamente nel trovare una soluzione alla crisi». La lista dei partecipanti alla conferenza, chiamata anche Ginevra 2, è lunga, ma molte sono le assenze. A sedersi al tavolo del negoziato sono i rappresentanti dell’O nu, dell’Unione europea, dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Cina), della Siria e di altri soggetti internazionali. Nel complesso, sono presenti le delegazioni di circa quaranta Paesi. Per quanto riguarda l’opposizione siriana, il Consiglio nazionale all’ultimo si è tirato indietro, ieri, uscendo dalla Coalizione nazionale, l’organizzazione più grande, che raccoglie diversi gruppi dell’opposizione. Non sarà dunque, quella della Coalizione, una rappresentanza completa. Resterà fuori — come sottolineano molti analisti — anche tutta una galassia di gruppi dell’opposizione attivi sul terreno, ma che non si riconoscono nel Consiglio nazionale. Tra le assenze più significative c’è quella del Governo iraniano, uno dei principali alleati del regime siriano. La cancellazione dell’invito a Teheran da parte di Ban Ki-moon ha suscitato non poche polemiche, anzitutto da Mosca, che l’ha definita «un errore». Da parte sua, il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha detto oggi che «ci sono poche speranze che la Conferenza porti a una soluzione per il popolo siriano e contro il flagello del terrorismo». È una riunione «che è già fallita senza nemmeno essere iniziata». Il Governo iraniano si è rifiutato di accettare come base delle trattative le decisioni della precedente conferenza internazionale sulla Siria tenutasi nel giugno 2012, la cosiddetta Ginevra 1, che prevedevano l’uscita di scena di Assad. Per l’apertura del 44° incontro annuale del World Economic Forum, in programma in questi giorni a Davos-Klosters, in Svizzera, il Papa ha inviato — tramite il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace — il messaggio che pubblichiamo in una traduzione italiana. Al Professor Klaus SCHWAB Presidente esecutivo del World Economic Forum La ringrazio vivamente per il Suo cortese invito a rivolgermi all’incontro annuale del World Economic Forum, che, come al solito, si terrà a Davos-Klosters alla fine del mese corrente. Confidando che l’incontro sarà un’occasione per una più approfondita riflessione sulle cause della crisi economica che ha interessato tutto il mondo negli ultimi anni, vorrei offrire alcune considerazioni nella speranza che possano arricchire i dibattiti del Forum e fornire un utile contributo al suo importante lavoro. Il nostro è un tempo caratterizzato da notevoli cambiamenti e da significativi progressi in diversi campi, con importanti conseguenze per la vita degli uomini. In effetti, «si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione» (Evangelii gaudium, 52), come pure in tanti altri campi dell’agire umano, e occorre riconoscere il ruolo fondamentale che l’imprenditoria moderna ha avuto in tali cambiamenti epocali, stimolando e sviluppando le immense risorse dell’intelligenza umana. Tuttavia, i successi raggiunti, pur avendo ridotto la povertà per un grande numero di persone, non di rado hanno portato anche ad una diffusa esclusione sociale. Infatti, la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continua a vivere ancora una quotidiana precarietà, con conseguenze spesso drammatiche. In questa sede, desidero richiamare l’importanza che hanno le diverse istanze politiche ed economiche nella promozione di un approccio inclusivo, che tenga in considerazione la dignità di ogni persona umana e il bene comune. Si tratta di una preoccu- Nel 2014 previsto il rimpatrio di ventiseimila angolani Profughi che tornano pazione che dovrebbe improntare ogni scelta politica ed economica, ma a volte sembra solo un’aggiunta per completare un discorso. Coloro che hanno incombenze in tali ambiti hanno una precisa responsabilità nei confronti degli altri, particolarmente di coloro che sono più fragili, deboli e indifesi. Non si può tollerare che migliaia di persone muoiano ogni giorno di fame, pur essendo disponibili ingenti quantità di cibo, che spesso vengono semplicemente sprecate. Parimenti, non possono lasciare indifferenti i numerosi profughi in cerca di condizioni di vita minimamente degne, che non solo non trovano accoglienza, ma non di rado vanno incontro alla morte in viaggi disumani. Sono consapevole che queste parole sono forti, persino drammatiche, tuttavia esse intendono sottolineare, ma anche sfidare, la capacità di influire di codesto uditorio. Infatti, coloro che, con il loro ingegno e la loro abilità professionale, sono stati capaci di creare innovazione e favorire il benessere di molte persone, possono dare un ulteriore contributo, mettendo la propria competenza al servizio di quanti sono tuttora nell’indigenza. Occorre, perciò, un rinnovato, profondo ed esteso senso di responsabilità da parte di tutti. «La vocazione di un imprenditore è — infatti — un nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio della vita» (Evangelii gaudium, 203). Ciò consente a tanti uomini e donne di servire con più efficacia il bene comune e di rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo. Tuttavia, la crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga. Essa esige anzitutto «una visione trascendente della persona» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 11), poiché «senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro» (ibid.). Parimenti, richiede decisioni, meccanismi e processi volti a una più equa distribuzione delle ricchezze, alla creazione di opportunità di lavoro e a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo. Sono convinto che a partire da tale apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed imprenditoriale, capace di guidare tutte le azioni economiche e finanziarie nell’ottica di un’etica veramente umana. La comunità imprenditoriale internazionale può contare su molti uomini e donne di grande onestà e integrità personale, il cui lavoro è ispirato e guidato da alti ideali di giustizia, generosità e preoccupazione per l’autentico sviluppo della famiglia umana. Vi esorto, perciò, ad attingere a queste grandi risorse morali e umane, e ad affrontare tale sfida con determinazione e con lungimiranza. Senza ignorare, naturalmente, la specificità scientifica e professionale di ogni contesto, vi chiedo di fare in modo che la ricchezza sia al servizio dell’umanità e non la governi. Signor Presidente, cari amici, Confidando che in queste mie brevi parole possiate scorgere un segno di sollecitudine pastorale e un contributo costruttivo affinché le Vostre attività siano sempre più nobili e feconde, desidero rinnovare il mio augurio per il felice esito dell’incontro, mentre invoco la benedizione divina su di Lei, sui partecipanti al Forum, come pure sulle Vostre famiglie e attività. Vaticano, 17 Gennaio 2014 Le relazioni con la Comunione anglicana e il Consiglio metodista mondiale Coincidenze e priorità in comune y(7HA3J1*QSSKKM( +[!"!#!?!%! ANTHONY CURRER A PAGINA 6 Una metafora musulmana che parla a tutti i cristiani Quel lembo di terra chiamato ecumenismo Ban Ki-moon alla conferenza di Montreux (LaPresse/Ap) ALBERTO FABIO AMBROSIO A PAGINA 7 LUANDA, 22. Oltre ventiseimila rifugiati angolani, fuggiti in Zambia, Sud Africa, Repubblica Democratica del Congo e Botswana durante la guerra, torneranno a casa nel 2014. Lo ha reso noto oggi l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che sta lavorando in stretta collaborazione con il Governo dell’Angola per sostenere il rimpatrio volontario. Si stima che ogni settimana si registrerà il rimpatrio di 1.200 angolani: rimpatrio che interessa, anzitutto, la provincia settentrionale dell’Uige. «Chi vorrà restare nel Paese di accoglienza potrà farlo e otterrà lo status di residente, ma chi vorrà tornare sarà rimpatriato in forma organizzata e volontaria» ha spiegato Hans Lunshof, rappresentante dell’Unhcr. I conflitti che si sono susseguiti in Angola tra il 1961 e il 2002 hanno provocato la fuga di quattro milioni di persone e l’esilio di altre seicentomila. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto in udienza, nel pomeriggio di martedì 21, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Nunzio Galantino, Vescovo di Cassano all’Ionio, e Segretario Generale «ad interim» della Conferenza Episcopale Italiana. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 23 gennaio 2014 L’Unione europea condanna l’uso della forza e chiede di porre immediatamente fine alle violenze Visita a Bruxelles del premier turco Tre manifestanti muoiono negli scontri con la polizia a Kiev Erdoğan rassicura l’Ue sulle riforme KIEV, 22. Si aggrava la crisi in Ucraina: sono almeno tre i manifestanti morti — due dei quali per ferite d’arma da fuoco — nei violenti scontri con le forze di sicurezza iniziati questa notte e proseguiti in giornata a Kiev. A comunicarlo è stata la procura generale in una nota. Due dimostranti hanno riportato ferite di arma da fuoco al torace e alla testa. Un terzo è invece deceduto dopo essere caduto dalla colonnata all’ingresso dello stadio della Dinamo. La battaglia nel cuore di Kiev tra migliaia di manifestanti antigovernativi e le unità speciali della Berkut, la polizia anti-sommossa, dura da diverse ore. La polizia ha smantellato le barricate erette dai dimostranti europeisti lungo la strada che conduce alla sede della Rada, il Parlamento ucraino. La folla — migliaia di dimostranti — non è rimasta inerte e, proteggendosi ancora una volta dietro alle carcasse carbonizzate degli autobus dati alle fiamme, ha reagito dando vita a ulteriori disordini e bersagliando con pietre e bottiglie incendiarie gli agenti. L’Unione europea ha intanto chiesto al Governo ucraino di porre immediatamente fine alle violenze che stanno causando vittime nel Paese. «Tutti gli atti di violenza devono cessare immediatamente, devono essere avviate subito indagini sull’accaduto e i responsabili ne dovranno rispondere», ha scritto oggi in una nota l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Catherine Ashton. Le notizie provenienti da Kiev sulle vittime degli incidenti di piazza è fonte di «grande preoccupazione», ha sottolineato Ashton la quale «condanna con forza» l’escalation nella capitale ucraina. «L’uso della forza non è una risposta alla crisi politica. Il diritto di riunione dei cittadini ucraini e le libertà d’espressione e di stampa devono essere pienamente rispettate e protette». Sono molto preoccupata — ha aggiunto Ashton — «dalle notizie di attacchi ai giornalisti e di quelle relative alla scomparsa di alcune persone». Il capo della diplomazia dell’Ue ha concluso lanciando un appello al Go- Guerriglia urbana nella capitale ucraina (Afp) verno e all’opposizione affinché intraprendano un «vero dialogo» ai massimi livelli al fine di trovare una soluzione alla crisi che «risponda alle aspirazioni» della popolazione. «Siamo scioccati per la morte dei manifestanti in Ucraina». Alla luce degli ultimi avvenimenti «stiamo valutando la possibilità di azioni da intraprendere come Ue e le conseguenze che queste avrebbero nelle CITTÀ DEL MESSICO, 22. L’Esecutivo messicano ha definito insieme ai governatori di sei Stati limitrofi a quello di Michoacán (Jalisco, Guerrero, Guanajuato, México, Colima e Querétaro) un piano per fronteggiare la violenza. L’accordo prevede operazioni coordinate delle forze di sicurezza locali, con l’appoggio della polizia federale, la marina e l’esercito — che includono un rafforzamento della vigilanza aerea e terrestre — con l’obbiettivo di evitare che le bande di narcotrafficanti del Michoacán estendano le loro attività a zone vicine. NEW YORK, 22. L’epidemia di colera rischia di peggiorare e di diffondersi ad altri Paesi se non si stanziano dei fondi supplementari per la prevenzione. Lo ha affermato il coordinatore delle Nazioni Unite per la lotta contro il colera ad Haiti, Pedro Medrano. In un colloquio con l’Afp, Medrano ha sottolineato che «la situazione è molto grave ed Tolima, circa 250 chilometri a sudovest della capitale, Bogotá. Lo hanno confermato alla stampa fonti del Comando generale delle forze armate. «L’operazione è stata condotta dopo un intenso lavoro di intelligence da parte della polizia nazionale, che ha permesso di stabilire la presenza di una concentrazione di terroristi delle Farc», si legge nel comunicato, nel quale si precisa che altri cinque guerriglieri sono stati catturati dai soldati. Secondo i militari, i guerriglieri delle Farc appartenevano a due unità del gruppo armato (le colonne di Marquetalia e di Alfredo Gonzáles), che si apprestavano a lanciare azioni terroristiche nella regione di Toliba. Altri guerriglieri sono stati uccisi nei giorni scorsi, nell’ambito di una più vasta offensiva dell’esercito di Bogotá nel dipartimento orientale di Arauca. Nonostante tutto, il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, si è detto ottimista sulle prospettive dei colloqui con i ribelli delle Farc, in corso di svolgimento a Cuba. «Ritengo che la pace si firmerà quest’anno. Abbiamo fatto progressi su due punti cruciali, molto complessi, e stiamo andando avanti sul terzo» ha precisato Santos — in lizza alle presidenziali in programma il 25 maggio prossimo — in un’intervista rilasciata all’emittente locale Caracol Tv. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va dettagliate sui nostri suggerimenti alla bozza di legge». Le modifiche sulla base delle raccomandazioni dell’Ue «sono state già apportate», ha dal canto suo garantito Erdoğan, assicurando l’apertura a nuovi cambiamenti del testo. Il premier sarà ora impegnato a fare opera di convincimento nei confronti di Francia e Germania. La prima tappa è la visita ad Ankara del presidente francese, François Hollande, la prossima settimana, a distanza di 22 anni dall’ultima visita di un capo di Stato francese. A febbraio sarà invece Erdoğan a recarsi in Germania. Rischia di diffondersi l’epidemia di colera ad Haiti Guerriglieri delle Farc uccisi in Colombia Piano contro la violenza in Messico BRUXELLES, 22. Il premier turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha incontrato ieri a Bruxelles tutti i leader delle istituzioni dell’Ue e li ha rassicurati sulle riforme politiche che Ankara intende portare avanti per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea. «I progressi nei negoziati di adesione e i progressi nelle riforme politiche in Turchia sono due facce della stessa medaglia», ha avvertito il presidente dell’Ue, Herman Van Rompuy, dopo l’incontro con Erdoğan. «Le preoccupazioni ci sono sempre, ma abbiamo avuto rassicurazioni», riferiscono fonti comunitarie, che ora attendono di vedere i prossimi sviluppi. In particolare Bruxelles sta monitorando il disegno di legge sulla giustizia presentato al Parlamento di Ankara subito dopo lo scandalo sulla corruzione che ha toccato il Governo turco. L’Unione europea ritiene che la Turchia abbia apportato miglioramenti, ma «c’è ancora spazio per farne altri» ha detto Van Rompuy. Non a caso il commissario europeo all’Allargamento, Stefan Füle, incontra oggi, per la seconda volta in 24 ore, il ministro turco agli Affari europei, Mevlüt Çavuşoğlu, «per discussioni più L’Onu chiede fondi supplementari per la prevenzione Ma per Santos pace possibile entro l’anno BO GOTÁ, 22. Almeno sette guerriglieri delle milizie marxiste delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) sono morti ieri in un bombardamento condotto dall’esercito colombiano nel comune di Planadas, nella regione andina di relazioni con il Paese». Lo ha annunciato oggi il presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, in una conferenza stampa a Bruxelles. «La situazione in Ucraina è peggiorata, ed è responsabilità del Governo nazionale risolvere questa crisi e avviare un dialogo con la società civile». I sanguinosi disordini delle ultime ore a Kiev giungono dopo una bre- ve tregua e l’avvertimento minaccioso giunto ieri sera da parte dal premier ucraino, Mikola Azarov, ai manifestanti: basta «provocazioni o saremo costretti a usare la forza». A dispetto dei tentativi di dialogo e dei contatti degli ultimi giorni con esponenti dell’opposizioni, la situazione appariva ieri sera molto tesa. «Se i provocatori non si fermano — aveva sottolineato a fine giornata Azarov — le autorità non avranno altra scelta che utilizzare la forza nell’ambito della legge per garantire la sicurezza della popolazione». Il presidente ucraino, Viktor Ianukovich, ha in queste ore convocato per un colloquio sulla crisi i tre principali leader delle forze di opposizione: lo ha annunciato Arseniy Yatsenyuk, già ministro dell’Economia e ora alla testa del partito Patria, dell’ex premier Yulia Tymoshenko, attualmente in carcere. Con lui ci saranno anche Vitaly Klitschko, dell’Alleanza democratica Ucraina per le Riforme, e Oleh Tiahnybok dei nazionalisti di Svoboda. Lo stesso presidente frattanto ha esortato i manifestanti a non seguire i «politici radicali», esprimendo al contempo le proprie condoglianze ai familiari dei tre dimostranti che hanno perso la vita nelle ultime ore nei violenti scontri con la polizia a Kiev. è urgente trovare finanziamenti prima dell’inizio della stagione delle piogge, in maggio, per acquistare antibiotici e depuratori e per assumere del personale». L’epidemia ha fatto più di 8.300 morti dall’ottobre del 2010 e infettato più di 680.000 persone. Un’inchiesta del Centro americano di prevenzione e di controllo delle malattie ha concluso che il colera — per cento anni, prima del 2010, nessuna epidemia del genere era stata registrata ad Haiti — era stato introdotto dai caschi blu nepalesi. L’epidemia si è diffusa molto velocemente a causa delle precarie condizioni in cui la popolazione vive in seguito al terremoto, molte persone sono infatti ancora costrette a vivere nei campi di accoglienza, dove le carenze di adeguati servizi igienico-sanitari e l’inquinamento dell’acqua favoriscono la diffusione del colera. Purtroppo molti decessi avvengono anche negli ospedali, perché il servizio sanitario nazionale non è in grado di rispondere all’emergenza, a causa della carenza di strumenti adeguati. L’anno scorso si sono registrati più di 65.000 casi e 550 persone sono morte. Secondo Medrano, se non aumenteranno i finanziamenti il numero dei casi potrebbe raddoppiare quest’anno e il bilancio delle vittime quadruplicare. Stati Uniti ghiacciati TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Una donna rovista tra i rifiuti a Port-au-Prince (LaPresse/Ap) WASHINGTON, 22. Una nuova ondata di gelo sta investendo gran parte degli Stati Uniti. Con ancora vivo il ricordo delle conseguenze del Polar Vortex, che ha colpito il Paese all’inizio del mese, ora è arrivato il Polar Blast, pronto a flagellare il Midwest e la costa orientale. La colonnina di mercurio dovrebbe scendere fino a quaranta gradi sotto zero in molte aree urbane. Abbondanti nevicate si sono già verificate in molte città. Fra queste New York, dove il traffico è andato in tilt. Anche l’attività pubblica è stata paralizzata: in numerosi centri uffici e scuole hanno direttore responsabile direttore generale dovuto chiudere. Si stima che i voli cancellati siano già oltre 2.30o, e per i prossimi giorni si prevedono pesanti disagi per chi viaggia. Intanto in diciassette Stati è emergenza riscaldamento, con i rifornimenti di gas resi difficili dalle strade ghiacciate e innevate. Le autorità hanno quindi invitato la popolazione a limitare l’uso del riscaldamento, come in Ohio. Il gelo che, come hanno annunciato i metereologi, non risparmierà nemmeno la Florida, rischia di durare a New York per molti giorni. E a Washington si prevede la peggior tempesta di neve Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] BUDAPEST, 22. La propaganda elettorale in Ungheria sarà limitata. Lo prevede la nuova legge approvata in vista delle legislative del prossimo arile. Parallelamente anche il codice della strada limita l’affissione di manifesti e cartelli elettorali sulle grandi arterie, manifesti che, secondo gli autori della nuova normativa, potrebbero distogliere gli autisti dalla guida. Tutti i media che vorranno pubblicare materiale elettorale dovranno mettersi in lista per l’autorizzazione presso la commissione nazionale elettorale. La propaganda elettorale potrà essere vietata o sanzionata se presentata oltre i termini della registrazione, previsti per venerdì prossimo. Le lezioni in Ungheria sono state convocate dal presidente János Áder per il 6 aprile. In gioco è la riconferma o meno della politica del premier, Viktor Orbán, favorito nei sondaggi. Il principale sfidante sarà il socialista Attila Mesterhazy scelto da una lista composta da forze dell’opposizione: socialisti, centristi, liberali e parte dei verdi. Il Senato italiano cancella il reato di clandestinità Temperature fino a quaranta gradi sotto zero GIOVANNI MARIA VIAN Nuova legge sulla propaganda elettorale in Ungheria Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va dal 2001, quando il manto nevoso raggiunse i tredici centimetri di altezza. Secondo il servizio metereologico nazionale, la neve di queste ore sarà seguita da un fronte di aria gelida proveniente dall’Artico, che porterà venti eccezionalmente freddi. E mentre una parte del Paese è alle prese con un’eccezionale ondata di maltempo e temperature ben al di sotto della media stagionale, l’altra parte, la West Coast, ha invece il problema opposto, quello delle temperature al di sopra della media invernale, con notevoli disagi per la siccità e gli incendi in diverse zone. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 ROMA, 22. L’immigrazione clandestina sarà reato solo se recidiva. Passa al Senato il disegno di legge delega sulle misure alternative che comprende anche la cancellazione del reato di clandestinità. A favore hanno votato, ieri, 182 senatori, 16 i contrari e sette gli astenuti. Viene così abrogato il carattere penale del reato di immigrazione clandestina, che si trasforma in un illecito amministrativo. Ora il disegno di legge dovrà tornare alla Camera. Soddisfazione del ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, secondo la quale «l’ampia maggioranza espressa al Senato è indice di civiltà e rispetto delle diversità: un ulteriore passo in avanti che ci avvicina all’Europa». E sempre in tema di immigrazione, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, è intervenuto ieri in commissione al Senato. «Dobbiamo impegnarci — ha detto — perché il 2014 sia l’anno del Mediterraneo, la necessità nasce da un Mediterraneo in fiamme, con la situazione libica sempre più compromessa, senza ormai controllo del territorio», oltre alla questione siriana. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 23 gennaio 2014 pagina 3 Situazione tesa in vista del voto del 2 febbraio Ma la protesta dell’opposizione non si ferma Stato di emergenza a Bangkok Arresti in Cambogia BANGKOK, 22. Per garantire l’ordine pubblico in vista delle elezioni anticipate del 2 febbraio, il Governo thailandese ha decretato sessanta giorni di stato di emergenza a Bangkok e nelle zone limitrofe, con l’obiettivo di fermare l’ondata di proteste che sta invadendo le strade della capitale da settimane. Lo ha annunciato il vice premier, Surapong Tovichakchaikul. Il provvedimento — che fa seguito alle proteste di piazza in corso da novembre, spesso degenerate in vio- Rapporti più stretti tra Arabia Saudita e Pakistan ISLAMABAD, 22. Il primo ministro pakistano, Nawaz Sharif ha auspicato ieri relazioni sempre più strette con l’Arabia Saudita, nella consapevolezza che il Pakistan può ricavare da questa intesa benefici sul piano politico e sociale. Durante un incontro, a Islamabad, con il principe Suleman bin Sultan bin Abdul Aziz, viceministro della Difesa, il premier pakistano ha sottolineato che i due Paesi sono uniti da legami storici, nonché da mutua fiducia e rispetto. Quando assunse la carica di primo ministro, nel maggio scorso, Sharif aveva messo subito in chiaro che fra le priorità del Governo figura la politica estera. L’obiettivo è quello di promuovere il ruolo del Pakistan come interlocutore affidabile nello scenario internazionale, ben sapendo l’importanza strategica che Islamabad riveste anzitutto nella regione. E nell’incontro con il viceministro della Difesa, Sharif ha elogiato l’impegno dell’Arabia Saudita nella lotta al terrorismo. E in merito il premier ha evidenziato l’urgenza di intensificare la lotta al terrorismo nel proprio Paese. Di fronte ai ripetuti attacchi compiuti dai talebani con il dichiarato proposito di destablizzare il territorio, Sharif ha affermato che il Paese deve essere unito in modo da porsi come baluardo contro l’azione condotta dai miliziani. Sharif ha quindi ribadito un concetto già espresso più volte in passato, cioè che nell’agenda del Governo la lotta contro il terrorismo riveste sempre la massima priorità. Il premier ha poi rivolto un’invito ai partiti a creare un fronte comune nell’ambito di questa lotta, perché, ha sottolineato, occorre lanciare ai talebani un messaggio chiaro in termini di coesione e cooperazione anche a livello strettamente politico. Tuttavia anche oggi il territorio pakistano è stato segnato dalle violenze. Cinque poliziotti e un bambino sono morti in seguito all’esplosione di un ordigno, sul ciglio della strada, nella città di Charsadda. lenti scontri con le forze dell’ordine e a blocchi stradali nella capitale — garantisce maggiori poteri alle forze di sicurezza, come quello di imporre dei coprifuoco, censurare i media o impedire gli assembramenti di più di cinque persone. La premier, Yingluck Shinawatra, è contestata dai manifestanti, che hanno l’appoggio dell’establishment, nonostante abbia convocato le elezioni anticipate. Dal 13 gennaio scorso, le opposizioni hanno organizzato manifestazioni in serie, causando spesso la paralisi nella capitale. La grave crisi politico-istituzionale ha provocato finora nove morti e oltre 500 feriti. I manifestanti — che tuttora occupano diversi incroci chiave di Bangkok — chiedono le dimissioni della premier (sorella del magnate Thaksin, in esilio all’estero dopo una condanna per corruzione sette anni fa) e l’istituzione di un Consiglio del popolo nominato dall’alto, con il compito di attuare riforme. Yingluck ha sempre respinto l’ipotesi di rassegnare le dimissioni, offrendo invece nuove elezioni anticipate, che saranno però boicottate dal principale partito di opposizione. Chalerm Yubamrung, il ministro a cui è stata assegnata la supervisione dello stato di emergenza, ha specificato che il Governo non intende Una manifestante fermata dalla polizia a Phnom Penh (Reuters) PHNOM PENH, 22. Undici persone sono state arrestate ieri in Cambogia mentre cercavano di consegnare ad alcune ambasciate straniere a Phnom Penh una petizione per chiedere il sostegno delle diplomazie internazionali alla scarcerazione di ventitré oppositori, arrestati di recente durante le proteste anti-governative. Tra le ambasciate che il gruppo ha cercato di raggiungere, anche quelle statunitense e francese. Le proteste vanno avanti da settimane con l’obiettivo di convincere il premier, Hun Sen, alle dimissioni. Alle dimostrazioni si sono aggiunte quelle dei lavoratori del tessile, in agitazione da quando sono stati diffusi i risultati delle elezioni di luglio, favorevoli ancora una volta al premier, ma il cui risultato è stato — per le opposizioni — dettato da brogli e intimidazioni. In base a quel voto, il Partito del popolo cambogiano del primo ministro detiene ora 68 seggi, contro i 55 del principale movimento di opposizione, il Partito per la salvezza nazionale della Cambogia, guidato da Sam Rainsy. Per il premier, si tratta di una maggioranza più ridotta del solito nei suoi 28 anni al Governo. Il rappresentante delle Nazioni Unite denuncia torture e maltrattamenti per i prigionieri Cinquemila detenuti nelle mani delle milizie libiche Un miliziano in un carcere a Tripoli (LaPresse/Ap) Il Governo somalo ottiene la fiducia del Parlamento MO GADISCIO, 22. Con 186 voti a favore e 46 contrari, il nuovo Governo della Somalia, guidato dal premier, Abdiweli Ahmed, ha ottenuto ieri la fiducia del Parlamento. I deputati — informano fonti giornalistiche — hanno espresso il proprio sostegno all’Esecutivo dopo che Ahmed, nel suo discorso programmatico, aveva sottolineato di ritenere la sicurezza ancora la questione prioritaria per la Somalia. Il voto del Parlamento è stato definito un segno di maturità e responsabilità dal presidente della Repubblica, Hassan Mohamud. Secondo il capo dello Stato, il nuovo Governo — 25 ministri, 25 sottosegretari e cinque personalità di spicco con incarichi speciali — dovrà riformare la finanza pubblica e avviare la raccolta delle imposte, «un passaggio decisivo — ha preci- usare la forza: «Non abbiamo una politica di dispersione dei manifestanti» ha dichiarato. Il leader della protesta, Suthep Thaugsuban, ha reagito aspramente alla decisione, minacciando di togliere le forniture di acqua ed elettricità ai ministeri. L’ultimo stato di emergenza a Bangkok fu proclamato nel 2010, quando Suthep era vice premier e le strade della capitale occupate dalle camicie rosse del nord-est rurale, che sostenevano Thaksin. La crisi si risolse dopo molte settimane, con 91 morti e 2.000 feriti. Ma stavolta, Yingluck ha già detto che alle forze armate — per quanto divise e sospettate di pendere dalla parte dei manifestanti — non verranno dati maggiori poteri. È possibile che la proclamazione dello stato di emergenza non cambi di molto lo stallo sul campo. L’impressione è che le parti in causa stiano attendendo che qualche decisione possa sbloccare l’impasse. Uno sviluppo messo in conto è quello di un rinvio delle elezioni, proprio in ragione dello stato di emergenza. La Commissione elettorale propone da tempo tale soluzione, trovandosi però di fronte un Governo che vuole andare al voto perché ritiene di poterlo vincere, specie alla luce del boicottaggio dell’opposizione. sato Mohamud — per la piena ripresa e lo sviluppo economico». Secondo alcuni osservatori internazionali, il Governo è stato ampliato rispetto a quello precedente di Abdi Farah Shirdon (sfiduciato dal Parlamento di Mogadiscio agli inizi di dicembre dello scorso anno) con l’intenzione di bilanciare gli interessi e la rappresentanza dei principali clan del Paese africano. Nel ribadire l’impegno di Roma a favore della Somalia e imprimere nuovo slancio al processo di stabilizzazione, il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, ha chiesto che presidente e primo ministro lavorino insieme per rafforzare le condizioni di sicurezza nel Paese e favorire il dialogo, ponendo le basi per istituire un efficace sistema federale e garantire la piena tutela dei diritti umani. L’Africa invitata alla Casa Bianca WASHINGTON, 22. Il presidente statunitense, Barack Obama, ha invitato i leader africani a partecipare a un vertice fra Stati Uniti e Africa che si terrà a Washington il 5 e 6 agosto. Lo ha annunciato ieri la Casa Bianca. L’obiettivo del summit — si legge in una nota — è quello di rafforzare ulteriormente i legami tra Stati Uniti e Africa, che viene definita «una delle regioni del mondo più dinamiche e in rapida crescita». Durante il vertice, spiega sempre la nota, si partirà dai progressi fatti durante il viaggio di Obama in Africa la scorsa estate, approfondendo in particolare i temi del commercio e degli investimenti nel continente. La Casa Bianca conferma poi l’impegno degli Stati Uniti sul fronte della sicurezza in Africa. TRIPOLI, 22. Sono ancora ottomila le persone detenute in Libia dalla rivolta contro Gheddafi nel 2011: lo stima Human Rights Watch nel suo rapporto annuale pubblicato ieri. «Tremila persone sono in custodia del Governo, altre cinquemila nelle mani delle milizie, in carceri dove continuano abusi e morti sospette», si legge nel testo, che denuncia come oltre trentamila persone di Tawergha «siano impedite a far rientro nelle proprie case dalle milizie armate di Misurata». Già nelle scorse settimane l’inviato delle Nazioni Unite in Libia, Tareq Metri, aveva affermato come «la condizione dei detenuti nelle carceri libiche è fonte di grande preoccupazione». In un recente rapporto reso noto dalla commissione Onu presieduta dallo stesso Tareq Metri, emerge che «la maggior parte di questi prigionieri sono detenuti dalle milizie armate e attendono di sapere di cosa sono accusati in assenza di un processo o regolari interrogatori a causa del mancato controllo da parte dello Stato». Nel rapporto delle Nazioni Unite emerge anche l’esistenza di «prove inconfutabili» di torture o maltrattamenti che avrebbero causato la morte in prigione di almeno 27 persone. Da parte sua, il Governo di Tripoli ha accolto positivamente il rapporto della commissione dell’O nu. Oltre alla mancanza di sicurezza in Libia — è di almeno cinque morti e oltre venti feriti il bilancio degli scontri di ieri a ovest di Tripoli tra ex tuwar (ribelli) e nostalgici di Gheddafi — resta endemica l’instabilità politica. Una mozione di sfiducia al premier, Ali Zeidan, ha ieri ottenuto solo 99 firme, al di sotto delle 120 che rappresentano il quorum necessario, ma il partito per la Giustizia e lo Sviluppo, braccio politico dei Fratelli musulmani, ha annunciato le dimissioni dei propri 5 ministri, tra i quali quello del Petrolio. Zeidan può contare ora solo su 66 voti in Parlamento su 194, il che rende impossibile l’azione di Governo. L’instabilità ha lasciato mano libera a vendette personali e politiche dal sapore ideologico e le autorità sono incapaci di imporre l’ordine con la forza, anche nella Cirenaica che reclama il federalismo. Il premier ha infatti spiegato che un’azione di forza contro le milizie di Bengasi, che rivendicano il diritto di gestire autonomamente le importanti ricchezze petrolifere della regione, è rimandata perché lo chiede Abdul Jalil, presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) che guidò alla vittoria i ribelli libici nel 2011. Secondo gli osservatori è un tentativo di sviare l’attenzione dall’incapacità del Governo di riprendere il controllo della situazione. Il quadro è quello di un Paese sempre più frammentato, che rischia di scivolare verso una condizione di instabilità non più controllabile. Approvato l’invio di truppe in Sud Sudan JUBA, 22. L’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), che raggruppa sette Paesi dell’Africa dell’est, ha approvato oggi l’invio di truppe in Sud Sudan, dove infuria la guerra, ad appena sei anni e mezzo dall’ultraventennale conflitto con Khartoum e due anni e mezzo dall’indipendenza proclamata nel luglio del 2011. In un comunicato diffuso dall’Igad si legge che è stata adottata una risoluzione che autorizza l’invio di 5.500 soldati in Sud Sudan. Non si esclude che nelle prossime settimane possa essere adottata un’altra risoluzione per il via libera all’invio di un altro, robusto nucleo di militari. La situazione nel Paese, del resto, rende necessario un aiuto esterno, in modo da scongiurare un aggravamento della crisi. La guerra civile, scoppiata a metà dicembre tra i reparti dell’esercito fedeli al Governo del presidente Salva Kiir Mayardit e quelli che fanno riferimento all’ex vicepresidente, Rijek Machar, sta avendo ripercussioni drammatiche. Si stima infatti che siano oltre mezzo milione gli sfollati. Inoltre, con il conflitto in corso è assai arduo per le agenzie dell’Onu e per le organizzazioni umanitarie prestare soccorso alla popolazione. Molti hanno trovato rifugio nelle basi delle Nazioni Unite, ma i campi profughi sono ormai allo stremo a causa del continuo afflusso di persone. Non mancano poi i saccheggi ai depositi di cibo. Si lavora nel frattempo sul piano negoziale per tentare di fermare il conflitto. Da Addis Abeba, dove da due settimane è stato convocato un negoziato, sono anche giunte dichiarazioni improntate a un cauto ottimismo: ma, al momento, le parti non pensano a deporre le armi. Raid israeliano sulla Striscia di Gaza TEL AVIV, 22. Nuovo raid aereo israeliano sulla Striscia di Gaza. Questa mattina due palestinesi sono rimasti uccisi quando un missile israeliano ha centrato la loro auto parcheggiata nei pressi di Beit Hanoun, nel settore orientale della Striscia. Ne ha dato conferma la radio militare israeliana. Le vittime militavano nei ranghi della Jihad Islamica e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Secondo l’esercito israeliano, sarebbero stati autori di numerosi attacchi con razzi contro il territorio d’Israele, in particolare il Neghev. Il clima al confine tra la Striscia di Gaza e Israele è tornato a essere incandescente da alcuni giorni. Ieri due missili sono stati lanciati contro la località israeliana di Eilat sul mar Rosso, colpendo un’area desertica e senza provocare danni o vittime. E sempre ieri una bomba è esplosa nei pressi della frontiera, vicino a una pattuglia israeliana. Il premier Benyamin Netanyahu ha ammonito Hamas — la fazione palestinese che controlla la Striscia di Gaza dal giugno del 2006 — e le altre organizzazioni attive nel territorio, minacciando nuove azioni militari. «Se hanno dimenticato la lezione — ha detto il leader del Likud — gliela ricorderemo molto duramente e molto presto». I servizi di sicurezza di Hamas hanno dispiegato forze lungo le maggiori arterie stradali al confine con Israele nel tentativo di prevenire un’escalation delle violenze. Centinaia di uomini sono stati schierati nell’area in modo da evitare possibili scontri. La tensione tra Gaza e Israele rischia di creare nuove ombre sui negoziati di pace mediati dagli Stati Uniti. E sempre ieri è giunta la decisione del Governo Netanyahu di approvare un piano per la costruzione di altri 381 nuovi alloggi israeliani a Givat Zeev, in Cisgiordania, non lontano da Ramallah. Una mossa subito condannata dal negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, secondo il quale i palestinesi non accetteranno mai di sedersi al tavolo delle trattative fino a quando Israele porterà avanti i suoi progetti edilizi in Cisgiordania e a Gerusalemme est. La questione degli insediamenti è uno dei punti nodali del contenzioso tra israeliani e palestinesi: su questo nodo si concentrerà l’azione diplomatica del segretario di Stato americano, John Kerry, che a breve tornerà nella regione. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 23 gennaio 2014 Quando Dio irrompe nella vita di un uomo Troppa luce di GIANFRANCO RAVASI gni volta che sento squillare il telefono, corro con la speranza, ogni volta delusa, che possa essere Dio a telefonarmi o almeno uno dei suoi angeli di segreteria». Così rispondeva con candore e ironia Ionesco a un giornalista che lo interrogava sul suo rapporto con la fede. D’altronde, negli ultimi anni della sua vita egli si era lasciato conquistare dai temi religiosi, al punto tale che uno storico francese suo amico mi confessava che, quando entrava nella biblioteca «O Chateaubriand descriveva l’esperienza della sua conversione con due soli verbi «Ho pianto e ho creduto» del celebre drammaturgo, gli sembrava di essere nella stanza più di un teologo o mistico che non di un letterato. In un suo saggio su Kafka aveva scritto: «Tagliato fuori dalle sue radici religiose e trascendenti, l’uomo è perduto, tutte le sue azioni diventano senza senso, assurde, inutili». L’ultima riga che egli scrisse nel suo diario il giorno prima della morte suonava così: «Pregare. Non so Chi. Spero Gesù Cristo». Abbiamo voluto introdurre questa sorprendente testimonianza di colui che è considerato come l’artefice principe del “teatro dell’assurdo” per far balenare qualche aspetto di un binomio capitale nel discorso sulla fede, quello che la unisce alla grazia divina la chàris paolina che è anche caritas, amore. Dio irrompe segretamente o epifanicamente nella vita anche di coloro che non lo cercano: è ciò che accadde all’apostolo Paolo sulla via di Damasco, allorché, come egli confessava, «fu impugnato, conquistato» da Cristo (Filippesi, 3, 12). Dietro lui una lunga scia di convertiti hanno spesso ripetuto la stessa confessione, come ad esempio lo scrittore francese François-René de Chateaubriand che nel suo Génie du christianisme descriveva quell’esperienza con due soli verbi: J’ai pleuré et j’ai cru, ho pianto e ho creduto. È evidente che — proprio perché la creatura umana non è riducibile a un essere inanimato e regolato solo da leggi meccaniche — accanto al tema della grazia dovrà essere collocato in dittico necessario il tema della libertà. Grazia divina e adesione libera umana costituiscono il cuore della fede. Noi ora, seguendo in modo libero la ricerca della cultura attorno al primo polo, quello appunto della grazia e della teofania, introdurremo subito una forte e intensa testimonianza. Simone Weil, di famiglia ebraica francese, avvicinatasi al socialismo militante, morta a 34 anni nel 1943 per tubercolosi in Inghilterra, fu conquistata dal cristianesimo, anche se non abbandonò mai la fede dei suoi padri. In una delle sue opere più intense a livello teologico-mistico, L’attesa di Dio (1950), coglie in modo suggestivo il primato dell’azione divina nel credere. Scrive infatti: «Ci sono individui che cercano di elevare la loro anima come un uomo che salti continuamente a piedi uniti, nella speranza che a forza di saltare sempre più in alto, un giorno, invece di ricadere, riuscirà a salire fino in cielo (...) Noi non possiamo da soli fare passi verso il cielo. Ma se guardiamo a lungo il cielo, Dio discende e ci rapisce facilmente. Come dice Eschilo, ciò che è divino è senza sforzo». È questa una bella parabola della grazia (a cui, tra l’altro, la Weil aveva dedicato già un’altra opera importante, L’ombra e la grazia del 1947). È anche una rappresentazione simbolica del centro stesso del pensiero paolino nel quale domina l’“essere salvati” rispetto al “salvarsi”. Il centro operante della salvezza è Dio, non l’uomo. Certo, il creatore non violenta la libertà della sua creatura, ma invano salteremmo verso l’alto se non ci fosse quella mano che ci afferra e che dobbiamo afferrare. Continuava Simone: «I beni più preziosi non devono essere cercati, ma attesi. L’uomo, infatti, non può trovarli con le sue sole forze e se si mette a cercarli, troverà al loro posto dei falsi beni di cui non saprà neppure riconoscere la falsità». Credere è appunto sperare il dono della salvezza, quella “vita eterna” che significa la stessa vita divina, un dono che non può essere creato o conquistato con le proprie mani. Se ti affidi a Dio, tu sei tratto verso l’infinito, la pienezza, l’oltre te stesso. La fede è apertura verso l’eterno, è simile a braccia levate che attendono di essere attirate a sé da Dio. È bella un’espressione dei Miserabili di Victor Hugo: «Ci sono momenti in cui, quale che sia l’atteggiamento esteriore del corpo, l’anima è in ginocchio». È l’istante dell’adorazione interiore che vede in Dio la sorgente ultima di attrazione vitale, di salvezza, di liberazione. In questo stato si compie per analogia una delle folgoranti Massime e riflessioni di Goethe: «La felicità suprema del pensatore è sondare il sondabile e venerare in pace l’insondabile». È, questa, anche l’attitudine del credente. La via della ragione non è esclusa, anzi, si spalanca verso grandi orizzonti “sondabili” nei quali si scoprono sempre nuovi ambiti e meraviglie. Ma giunge il momento in cui il mistero si fa troppo luminoso e su quella frontiera l’uomo attende la rivelazione che rende accessibile l’insondabile in una sorta di bagliore. È il tempo dell’adorazione, che è la fede: non un semplice chiudere gli oc- chi ma ricevere una nuova vista, mentre si è condotti per mano verso gli altri orizzonti, quelli “insondabili” alla ragione. Alexandre Dumas padre esortava così il discepolo: «Comincia ad ammirare ciò che Dio ti mostra. Non avrai tempo di cercare ciò che ti nasconde». In realtà, la grazia ti guida anche dietro il velo, come si è proposto di fare lo stesso Cristo secondo le parole finali del prologo del quarto Vangelo: «Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1, 18). Teologia ed esperienza giuridica Per interpretare l’uomo di VELASIO DE PAOLIS Se volessimo indicare concretamente alcuni temi specifici sui quali la Chiesa può svolgere e svolge di fatto la sua azione evangelizzatrice nel campo della interpretazione della esperienza giuridica, a livello generale si può affermare che la Chiesa può offrire un contributo validissimo e indispensabile anzitutto per quanto riguarda la visione antropologica, che permette di superare la visione secolarizzata odierna. Tutto dipende dall’interpretazione che si dà dell’uomo. L’interpretazione seco- Giotto, «La Giustizia» (1306, Padova, Cappella degli Scrovegni) larizzata dell’uomo porta a un vicolo cieco e non permette di dire nulla che offra una speranza positiva. A questo proposito si sa che il concilio Vaticano II, particolarmente nella costituzione Gaudium et spes, ha creduto necessario dedicare un capitolo intero all’uomo e alla sua attività, additando a conclusione di esso il mistero del Verbo incarnato come punto di riferimento. Nella visione che abbiamo dell’uomo e dalla interpretazione che diamo alla sua intelligenza e alla sua libertà e alla sua coscienza, come pure alla vita e alla morte, il significato del diritto non può essere estraneo. Di fatto proprio nella visione secolarizzata ed immanentista dell’uomo, si perde il senso del diritto e della morale. La Chiesa ha ripreso questo discorso particolarmente nella enciclica Veritatis splendor, sulle basi della teologia morale e quindi anche del diritto naturale, particolarmente circa il rapporto tra legge e libertà; tra legge e coscienza; tra opzione fondamentale e singoli atti, come pure l’esistenza di atti intrinsecamente immorali, perché i fondamenti della morale sono prima di tutto l’oggetto stesso, oltre all’intenzione e alle circostanze. Lo stesso discorso è stato ripreso e sviluppato sul tema della vita nell’enciclica Evangelium vitae, che risulta un completo trattato sul diritto della vita nel suo sorgere e nel suo tramonto. Dall’analisi della dignità della persona umana fin dal grembo materno e fino alla A cinquant’anni dalla morte di Benedetta Bianchi Porro Dostoevskij e il proprietario della gioia di ANGELO COMASTRI Nell’ode In una chiesa gotica Giosuè Carducci scrive parole velenose rivolgendosi a Cristo: «Cruciato martire, tu cruci gli uomini... Tu di tristezza l’aer contamini». Cioè: o Cristo crocifisso, tu ora crocifiggi noi uomini e ci riempi l’anima con l’infezione della tristezza. La testimonianza di Benedetta Bianchi Porro smentisce l’accusa di Carducci. Benedetta, infatti, è un canto di gioia, è un inno alla vita, è un magnificat intonato nello sfacelo del corpo devastato dalla malattia. La spiegazione è una sola. Accostando- Il ricordo a Dovadola Pubblichiamo parte dell’omelia che il cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica papale di San Pietro in Vaticano, pronuncerà il 23 gennaio a Dovadola, in Romagna, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte della serva di Dio, Benedetta Bianchi Porro. ci a Benedetta, afferriamo la distinzione tra il piacere e la felicità: il piacere solletica la pelle e, pertanto, dura poco; la felicità, invece, entra nella profondità dell’anima e nessuno e niente può rapirla dall’esterno. La felicità può darla soltanto Dio, in quanto «Dio — secondo Dovstoevskji — è l’esclusivo proprietario della gioia». Mentre Benedetta avanza nella malattia, c’è un giro di boa nella sua vita: dalla sua anima cominciano a uscire le note di un canto gioioso e umanamente inspiegabile. Il 9 luglio 1949, a tredici anni, scrive nel diario: «Stamattina ho messo per la prima volta il busto: che pianto! Mi stringe forte forte sotto le ascelle ... Quanti Parmigianino, «Conversione di Saulo» (1527, particolare) sogni, quante lacrime, quanta nostalgia e malinconia ... povera Benedetta». Passano gli anni e Benedetta entra sempre di più nel buio della prova. Il 26 gennaio 1953, scrive all’amica Anna: «Sono assetata di pace e desidero abbandonare le onde del mare per rifugiarmi nella quiete di un porto. Ma la mia barca è fragile, le mie vele sono squarciate dal fulmine, i remi spezzati, e la corrente mi trascina lontano. Mi sembra di essere in una palude infinita e monotona e di sprofondare lentamente, lentamente». La situazione di Benedetta poteva precipitare, invece, approda nel regno della gioia. Inizialmente colleziona un’umiliazione dietro l’altra. E l’umiltà la rende vittoriosa. Significativo è l’episodio dell’esame di anatomia. Benedetta, a causa della malattia, non sente le domande del professore e chiede che le vengano proposte per iscritto. Il professore si rifiuta e la offende dicendo: «Non si è mai visto un medico sordo». E scaglia il libretto universitario verso la porta. L’orgoglio di Benedetta è ferito, ma vince l’umiltà. Ella chiede scusa e, mentre torna a casa, prega l’amica Anna di non dire niente alla mamma. L’umiltà apre alla carità il cuore di Benedetta che comincia a preoccuparsi degli altri. Il 19 aprile 1958 scrive all’amica Maria Grazia: «Per quello che riguarda lo spirito, sono serena, perfettamente, anzi sono molto di più: felice sono; non credere che io esageri». Alla mamma che è andata a Milano, Benedetta scrive: «Cara mamma, da quando so che c’è chi mi guarda lottare, cerco di farmi forte: com’è bello così, mamma! Io credo all’amore disceso dal cielo, a Gesù Cristo e alla sua croce gloriosa. Sì, io credo all’amore». Nel 1963, già cieca, detta alla mamma una meravigliosa lettera per aiutare un giovane disperato. «Caro Natalino, prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sa- pienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza fino alla consumazione dei secoli». E la gioia del cuore di Benedetta contagia il cuore di Natalino e guarisce la sua disperazione. Egli, alla fine, scrive così a Benedetta: «Prima mi lamentavo perché ogni rosa ha la sua spina, ora invece ringrazio il Signore perché ogni spina ha la sua rosa». Il 24 maggio 1963 la mamma scrive a suor Alberta Simionato, già insegnante di Benedetta, e le confida: «Benedetta è serena nel Signore. Vive pregando, cantando, dettando lettere agli amici, vive in maniera più angelica che umana. Ringrazia ogni sera Dio per i mali che le ha dato. È felice di poter morire senza un peccato mortale, ma anche in questo caso dice di amare la vita con il suo sole, con i suoi fiori, con la sua pioggia. È di un’obbedienza e di una umiltà che sconcerta, che edifica. È forte, dolce, sicura. D ov’è passata, lascia un ricordo di sé che impressiona. Ma non vuole sentire dirlo, perché dice che le lodi sono solo tentazioni. Io non sono più addolorata per questo stato di salute di mia figlia. Ma la guardo umilmente, inadeguatamente come si guardano i santi in chiesa». Ma questo disegno è ancora più luminoso agli occhi dell’ebreo credente nel Dio creatore. Effettivamente la categoria “creazione” è fondamentale per la interpretazione del diritto. Essa non è tanto lontana dal concetto di natura. Anzi questo si regge proprio sull’idea della creazione. Esiste un principio di diritto naturale che regge le cose proprio perché esse rispondono ad un disegno divino. Questo principio naturale, nelle cose le Il 23 gennaio a Roma, alla Pontificia leggi fisiche, nell’uomo Università Urbaniana, viene presentato è la sua libertà a comil libro Note di teologia del diritto portarsi secondo il di(Venezia, Marcianum Press, 2013) scritto segno di Dio. Di fatto, dal cardinale diacono di Gesù Buon ci dice la Bibbia, l’uoPastore alla Montagnola. Ne mo è padrone di ogni pubblichiamo un estratto. cosa, purché egli rimanga nel principio del rispetto del diseNessun percorso è valido neppure gno di Dio, nel non toccare l’albequello della carità se esso non pas- ro della conoscenza del bene e del sa attraverso il cammino della veri- male, che è riservato al Creatore tà sull’uomo, sull’uomo integrale stesso. È stato detto che la storia che ha nel messaggio cristiano il della filosofia del diritto, che ha suo centro nella persona di nostro avuto nel diritto naturale la sua Signore Gesù Cristo. Cammino base, potrebbe fare un vero salto che si può percorrere solo con una di qualità con la categoria di creasana visione antropologica, con un zione, che recupera e approfondiretto uso della ragione e con l’aiu- sce anche quello di natura. Il secondo principio che potrebto della luce della fede. In ogni caso non è sufficiente la be essere utile per l’interpretazione visione tecnicistica e scientista dell’esperienza giuridica è quello dell’uomo e della conoscenza. È di peccato originale. È l’esperienza necessaria un’apertura verso la tra- comune che risale ai primordi scendenza, recuperando il concet- dell’umanità quella che l’uomo fa to di speranza e di vita eterna, co- della propria fragilità, del divario me insegna ancora lo stesso Bene- tra visione ed esecuzione, tra bene detto XVI nell’enciclica Spe salvi. veduto e bene realizzato. Si conoLa crisi moderna dell’uomo coin- sce il detto che sintetizza questa cide anche con la crisi del diritto; esperienza: Video bona proboque, e si ha l’inizio quando la speranza deteriora sequor. Come mai questa cristiana viene resa immanente e frattura nell’uomo, che fa pensare viene identificata con la ragione ad un soggetto ferito, che non rieumana negli ideali di fraternità, sce ad essere quello che vorrebbe uguaglianza e libertà proclamati essere e si smarrisce nel cammino dalla rivoluzione francese e fatti della vita? Questa esperienza se propri poi dalla mentalità progres- non interpretata bene corre il risista scientista positivista e imma- schio di indurre a legittimare ogni nentista. Per ridare verità e certez- passione umana, trasformando il za al diritto è necessario fare respi- vizio in virtù in quanto proviene rare l’uomo nella sua verità e inte- proprio dalla natura umana. Non gralità. mancano infatti teorici che arrivaÈ stato fatto osservare che il se- no proprio a questa conclusione: colo appena trascorso è stato quel- se questa è la mia inclinazione nalo che meno ha saputo parlare turale, vuol dire che questo è il dell’uomo e che ha saputo dire bene della mia natura! tanto poco su di lui, nonostante i Non si presta sufficiente attenprogressi scientifici. Ma è anche il zione al fatto che tali inclinazioni secolo nel quale il diritto si è per- sono sentite dall’uomo stesso coduto nel positivismo più rigido: la me frutto di una sua ferita, non verità sta semplicemente nella leg- frutto della sua natura. Sotto quege fatta dall’uomo secondo le sue sto profilo aveva ragione Pascal leggi. In un’epoca di diffuso e quando diceva: «Se l’uomo non grave relativismo morale gli Stati sapesse per rivelazione dell’esistensi sono assunti il compito di legi- za del peccato originale, dovrebbe ferare sulla morale e di proclamare inventarselo». diritti umani a loro beneplacito. Ma dalla rivelazione emerge alOltre a questi aspetti generali lora una terza categoria, quella sulla visione antropologica, può della grazia sanante. L’uomo è feessere utile fare qualche accenno rito; da solo non può risorgere. La più specifico e preciso, a partire Chiesa parla di una redenzione e dalla riflessione biblica e dall’inse- di una salvezza offerta all’uomo. gnamento della Chiesa. Il primo Non basta la legge. Occorre sanapunto da sottolineare e indicare re l’uomo dal di dentro. Questa per il dialogo potrebbe essere il salvezza è offerta da Dio in Cristo concetto di creazione. La Sacra Gesù Salvatore dell’uomo. Non è Scrittura rimprovera gli uomini la legge che salva, ma la grazia. perché non hanno saputo risalire Ma la grazia non dispensa dalla dalle opere della creazione al loro legge, sana l’uomo perché possa creatore, quando, sempre secondo osservare la legge, secondo la mila scrittura, avrebbero potuto farlo rabile sintesi paolina: «Compiere appena non fossero stati ingannati le opere della legge mediante la dalle loro passioni. Di fatto gli uo- carità». L’analisi dell’esperienza mini hanno ammirato le opere giuridica compiuta con la ragione della creazione, al punto che si so- e con la fede ci porta al cuore del no fermati ad essa e ne hanno fat- messaggio cristiano. Anche il giuto degli idoli. L’idea di un mondo rista e il canonista sono chiamati a armonico e grandioso rispondente partecipare alla nuova evangelizzaad un disegno intelligente, tanto zione mediante il dialogo tra rada divinizzarlo, è già indicativa. gione e fede. morte naturale, emergono il significato del corpo, della sessualità, della libertà, della legge morale, della legge civile, del rispetto del diritto naturale, e così via. Per trattare qualsiasi problema è necessario sempre partire dalla verità dell’uomo. Tema sul quale ama tornare Papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate. All’Urbaniana L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 23 gennaio 2014 pagina 5 Madri in affitto Paolo Pellegrin «Jenin, Palestina» (2002) Ma ogni desiderio va esaudito? fessa: «Cosa c’è di più significativo che donare una vita a chi la desidera e non può averla?». Infine Boersma casalinga e già madre di due bambini di 4 e 6 anni: «Alcune persone possono desiderare una carriera di successo, ma questo per me non significa niente, io voglio veramente fare la differenza per qualcun altro». Insomma quello che in apparenza spingerebbe queste donne a farsi carico di una gravidanza per conto terzi — e a favore di totali sconosciuti — sarebbe la gratificazione che deriva da un gratuito atto di bontà. Le madri surrogate sarebbero insomma, secondo questa tesi, la prova che l’idea che questa società contemporanea sia malata di individualismo, edonismo e capace di esprimere solo desideri materiali è del tutto campata in aria. Ma se tutto questo è vero allora ci si domanda perché mai Leslie Morgan Steiner — autrice del libro pro-surrogacy dal titolo The Baby Chase: How Surrogacy is Transforming the American Family — su un articolo apparso sul «New York Post» afferma che legalizzare la maternità surrogata a pagamento nello Stato di New York permetterebbe anche di rendere la pratica meno costosa, perSecondo alcuni la maternità surrogata ché ora solo i ricchi se lo possono perdovrebbe essere legalizzata mettere andando a Si afferma il principio cercare il servizio in quegli Stati dove la che chiunque desideri un bambino pratica è legale. Indebba avere il diritto d’averlo somma occorrerebbero, secondo la zione difatti quella che viene de- Steiner, molte più generose finita la maternità in affitto sta mamme pro tempore perché, si sa, diventando sempre più un busi- un mercato liberalizzato è molto ness globalizzato: chiunque oggi più competitivo e porta i prezzi può accedere all’offerta di mater- a scendere. Queste ragazze, va infatti detnità surrogata proveniente da qualunque parte del globo. Anzi, to, percepiscono un centinaio di più remota è la provenienza del- migliaia di dollari per le loro la potenziale madre surrogata — prestazioni. Ma chi pensasse che in qualche Paese del terzo mon- quello dell’accessibilità economido o in uno in via di sviluppo — ca sia l’unico argomento della e meno costoso sarà l’onere Steiner a sostegno dell’utero in d’“affitto”. Ma questi “scambi”, affitto si sbaglia. Ecco infatti che come era facile prevedere, sono l’autrice conclude il suo pezzo sempre a senso unico: non sono con un capolavoro di retorica infatti indigenti e sterili coppie che ne palesa — forse involontaindiane che volano a San Franci- riamente — il vero movente ideosco alla disperata ricerca di un logico: la maternità surrogata adolescente adatto a “covare” i dovrebbe essere legalizzata per propri embrioni. Ma è vero il una sola ragione, le madri surrocontrario. Sono infatti i bene- gate credono in una sola e semstanti che non rinunciano a plice verità: che chiunque voglia sfruttare l’offerta di una presta- un bambino debba avere il diritzione di gravidanza da parte di to d’averlo. disperati alla ricerca di soldi “faAltro che bontà e filantropica cili”. dedizione insomma. Qui si tratta Eppure coloro che sostengono di una battaglia per difendere la legalizzazione di questa prati- quella che sembra essere l’unica ca si smarcano dalle critiche sul vera sacralità riconosciuta rischio di sfruttamento classista dall’umanità moderna: quella che questa pratica di fatto gene- che ogni desiderio individuale (o ra, e avanzano un argomento che di coppia va da sé) debba essere soddisfatto, neppure Boulding avrebbe potu- immediatamente to prevedere: le madri surrogate perché solo appagando ogni nosarebbero infatti indotte a com- stro piacere, voglia o fantasia popiere questo gesto (ci dicono) tremmo finalmente ottenere la per puro altruismo. «Essere una felicità che tanto bramiamo. Per madre surrogata è come donare la società del benessere che vive un organo a qualcuno», dice di consumo perpetuo l’unica imJennifer, una delle madri surro- moralità è la rinuncia, la rinungate intervistate da «Newsweek», cia è il vero peccato, anzi come è «una gioia vedere la felicità di- dicono molto più laicamente nepinta sul volto di queste cop- gli States, è roba da looser, da pie». E Amber di trent’anni con- perdenti. di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI egli anni Sessanta Kenneth Boulding, un economista, propose di risolvere il problema della sovrappopolazione attraverso un sistema di licenze per la procreazione: ogni donna avrebbe ricevuto un certificato che l’autorizzava ad avere uno o più figli (a seconda della politica che si pensava di adottare). Ma la donna avrebbe anche potuto decidere di rivendere a terzi quel certificato, ovvero monetizzarlo, dando vita di fatto a un mercato globalizzato di permessi di procreazione in cui i più ricchi e desiderosi di avere figli avrebbero potuto comprare al prezzo corrente — si immagina altissimo — la possibilità di avere bambini da coloro che si trovavano in condizioni disagiate o comunque che sceglievano di rinunciare alla possibilità di avere un bambino ottenendo in cambio una contropartita economica. Allora la proposta poteva sembrare fantascienza ma oggi la realtà non è poi tanto distante da come Boulding l’aveva immaginata. Grazie alle nuove tecnologie nel campo della comunica- N In un libro di Mario Calabresi Quando il fotografo riconosce la storia di GAETANO VALLINI he Mario Calabresi fosse un appassionato di fotografia i lettori de «La Stampa» l’avevano capito da subito, cioè da quando, con lui direttore, avevano visto aumentare sul loro giornale gli articoli dedicati a mostre e libri di grandi fotografi. Una passione nata da ragazzo, quando a dodici anni, ebbe in regalo la sua prima macchinetta e coltivata con la complicità di uno zio fotografo di professione che, oltre a mostrargli volumi e riviste, lo portava con sé insegnandogli tecnica e trucchi del mestiere. Un amore mai affievolitosi, quello di Calabresi, che ora trova compimento attraverso il libro A occhi aperti (Roma, Contrasto, 2013, C Fotografai la gente accanto ai binari per otto ore Un milione di persone aspettavano lungo il tragitto Fu quello il vero funerale di Robert Kennedy pagine 207, euro 19,90), dedicato ai fotoreporter che più l’hanno colpito. Alcuni li ha incontrati nel suo lavoro di giornalista, altri appositamente per quest’opera. Ma per chiarire subito il punto di vista, nella prefazione Calabresi afferma che «non è un libro sulla fotografia ma sul giornalismo, sull’essenza del giornalismo: andare a vedere, capire e testimoniare». Anche perché, spiega, «ci sono fatti, pezzi di storia, che esistono solo perché c’è una fotografia che li racconta. Un’immagine talmente forte da riuscire a muovere sensibilità e coscienze pubbliche». Come avvenne per un reportage di Sebastião Salgado. È il 1984 e il giovane fotografo porta al quotidiano francese «Liberation» gli scatti in bianco e nero sugli effetti della carestia in Sahel. «Un racconto sconvolgente nella sua forza, che obbliga l’Occidente a fermarsi e im- Illustratori a Padova Sacro dai mille colori Il viaggio sarà il tema della settima edizione de «I colori del Sacro», la mostra di illustrazioni e illustratori che espongono a cadenza biennale le loro tavole al Museo diocesano di Padova. Per l’edizione 2014 (che si svolgerà dal 25 gennaio al 2 giugno) il tema è tra i più affascinanti. Il viaggio viene inteso nel senso più ampio del termine: dall’avventura di Ulisse all’esilio di Dante, dalla meraviglia di Alice, al fascino dell’Oriente negli occhi di Marco Polo. È anche lo scoprire la terra delle Scritture e il pellegrinaggio in Terra Santa, il cammino di Santiago, la salita alla Città Santa, la visita a Roma, sede di Pietro, come anche il sibbab, il viaggio a Gerusalemme degli ebrei. Per tutti è attesa e speranza, desiderio e irrequietezza, ricerca e scoperta: «Si viaggia per imparare ad amare o per essere amati — scrivono gli organizzatori — per lenire un dolore o per dare sfogo alla rabbia, per fede o perché non si ha più nulla in cui credere. Si viaggia per non saper attendere o perché abbiamo atteso troppo». Giuliano Ferri, «Il passaggio del Mar Rosso» (particolare) pone di non voltare la testa dall’altra parte» scrive Calabresi, che aggiunge: «Queste foto, che hanno plasmato il nostro immaginario collettivo, mi hanno spinto ad andare a cercare i loro autori, per farmi raccontare il momento in cui hanno incontrato la Storia e hanno saputo riconoscerla». E in effetti A occhi aperti è come una finestra aperta sulla storia, raccontata non solo con le immagini, ma soprattutto attraverso i ricordi di coloro che le hanno riprese attraverso l’obiettivo della loro macchina fotografica; testimoni di momenti, spesso drammatici, che hanno segnato il nostro recente passato. Con lo scopo di scoprire «cosa era successo un attimo prima e un attimo dopo» gli scatti più significativi dei grandi maestri, Calabresi nel suo viaggio appassionato e appassionante svela vicende note e meno note, retroscena che possono offrire prospettive di lettura nuove a immagini già viste. Così si potrà conoscere il nome dell’«anonimo fotografo praghese» — Josef Koudelka — che per primo raccontò al mondo l’invasione della capitale cecoslovacca da parte delle truppe dell’Armata Rossa nell’agosto del 1968. Indimenticabile la foto dell’anziano ripreso di spalle, basco in testa e cartella in mano, mentre con l’altra lancia un sasso contro i carri armati sovietici. «Quanta giustizia hanno fatto quelle foto, capaci di raccontare al mondo la freschezza e l’idealismo di una primavera di libertà», sottolinea Calabresi, per il quale non c’è alternativa: per raccontare bisogna esserci. Non a caso Robert Capa sosteneva che «se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete abbastanza vicino». Lo spiega bene Steve McCurry: «Se la gente è sommersa fino al collo devi essere dentro con loro, non c’è separazione, non puoi stare sulla sponda e guardare ma devi diventare parte della storia e abbracciarla fino in fondo». Autore del celebre ritratto della giovane afghana dagli occhi verdi finita sulla copertina di «National Geographic», McCurry impara questa importante lezione nel 1983, durante un reportage sui monsoni in India, Nepal e Bangladesh. Lì capisce che deve letteralmente sporcarsi, rischiando di persona, per raccontare una storia. E così s’immerge in quell’acqua lurida, tra rifiuti e carcasse di animali. Per quelle foto — l’immagine dell’anziano sarto indiano con l’acqua alla gola e una macchina da cucire in spalla è diventata un’altra celebre copertina — vincerà quattro World Press Photo Awards. Pagina dopo pagina, Calabresi racconta l’emozione dello scatto perfetto. Si passa così dall’istantanea ripresa da Gabriele Basilico, da poco scomparso, in cui da una immensa terrazza coperta di detriti si vede il panorama della Beirut distrutta alla fine della lunga guerra civile libanese, allo sguardo, immortalato da Alex Webb, di un uomo nel momento in cui viene arrestato e vede svanire il suo sogno di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti. E ancora, dalla foto di Salgado della donna smagrita con i suoi due scheletriti bambini in marcia come spettri nel deserto del Sahel, a quella scattata da Don McCullin in Vietnam nel 1968 col primo piano del marine sotto choc, gli occhi persi nel vuoto e le mani strette sulla canna del fucile, «simbolo di un Paese che si sarebbe perso nella giungla indocinese». Senza dimenticare Elliot Erwitt, famoso, tra l’altro, per le fotografie del funerale di John Kennedy, ma autore di una delle immagini più trent’anni: la rabbia antiamericana dei giovani barbuti, gli slogan gridati ossessivamente, i pugni chiusi e i giovani armati». Ma ci sono anche immagini che per vedere la luce e trovare la loro giusta collocazione nella storia hanno dovuto aspettare anni. Come quelle di Paul Fusco, che raccontano il lungo addio che il popolo americano tributò per 328 chilometri — quelli che separano la Penn Station di New York dalla Union Station di Washington — al feretro di Robert Kennedy nel giugno del 1968. Inviato da «Look Magazine», Webb salì sul treno consapevole che all’arrivo al cimitero di Arlington avrebbe trovato decine di colleghi e telecamere a immortalare l’evento. Aveva bisogno di un’idea. «Ero pieno d’ansia — racconta — ma mi bastò guardare fuori dal finestrino per capire: vidi la folla e tutto fu chiaro. Abbassai il vetro, allora si poteva fare, e cominciai a scattare. Rimasi nella stessa posizione per otto ore a fotografare la gente accanto ai binari. Quella era la storia». Un milione di persone aspettavano lungo il tragitto. Fu quello il vero funerale, quello dell’America. Fusco scattò quasi duemila fotografie. Il suo giornale non le pubblicò: erano belle, disse il direttore, ma «Life» uscì prima con le immagini della morte e del funerale del senatore. Il reportage finì così in archivio e vi rimase per tre anni, ovvero fino alla chiusura della rivista. Il reporter si portò a casa un centinaio di stampe, senza darsi pace per il fatto che nessuno le avesse volute. Rimasero in un cassetto, fino a quando, nel trentesimo anniversario, una giovane editor dell’agenzia Magnum, alla quale nel frattempo Fu- Paul Fusco, «Funeral Train» (1968) emblematiche sulla segregazione razziale ripresa nel 1950 in Nord Carolina: un ragazzo nero che beve da un rubinetto con la scritta coloured mentre a fianco si vede un altro rubinetto con la scritta white. E neppure Paolo Pellegrin, reporter di guerra, cui si deve uno degli scatti simbolo del conflitto israelo-palestinese: lo straziante dolore di una donna sorretta dalla folla durante il funerale del figlio ucciso in un raid israeliano a Jenin, Cisgiordania, nel 2002. Così come non si può dimenticare la foto scattata da Abbas a Teheran nel novembre del 1979 davanti all’ambasciata americana poco prima che gli studenti la occupassero prendendo in ostaggio 52 persone: «Una foto — scrive Calabresi — capace di definire l’immagine dell’Iran rivoluzionario per oltre sco era approdato, ne colse il valore e trovò il modo di farle pubblicare. Con maestria Calabresi unisce i racconti personali dei fotografi alla grande storia, regalando ai lettori un testo che sarà apprezzato sia dagli amanti della fotografia, perché ha le risposte alle domande che forse ciascuno avrebbe posto agli autori, sia dai più profani, che saranno aiutati a comprendere meglio come nasce uno scatto senza tempo. Ma soprattutto, nell’epoca in cui tutti possono fotografare qualsiasi cosa in ogni istante e condividerla immediatamente in rete, A occhi aperti si propone sicuramente come un importante contributo all’educazione dello sguardo. Unica nota stonata la qualità di stampa, che non rende giustizia alla bellezza delle immagini. «Pagine Ebraiche» e il dibattito sul 27 gennaio Il rischio della retorica Il titolo dell’ultimo libro di Elena Loewenthal è decisamente provocatorio: Contro la giornata della memoria (Torino, Add Editore, 2014, pagine 93, euro 10). E confermandosi uno spazio culturale aperto al dialogo, il mensile «Pagine Ebraiche», sul numero di febbraio, pubblica un’intervista del direttore Guido Vitale alla scrittrice che spiega le ragioni del suo appello: «Siamo nel pieno di un fenomeno ipercelebrativo che non favorisce una crescita» e in ossequio «alle norme di una società dove conta solo l’evento e tutto, dal contenuto dei giornali alle uscite in libreria, deve obbedire alla logica dell’evento. Il mercato editoriale passa direttamente dalla stagione delle strenne di dicembre alla stagione della memoria. Rendere per esempio la produzione letteraria un fatto eventuale significa perdere il senso della letteratura come creazione fine a se stessa, svincolata dal gusto per la scoperta e per il mistero». Ma — chiede Vitale — cosa vuole ottenere Loewenthal con questo libro? «Fare della Memoria un’esperienza viva e non un esercizio di retorica». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 23 gennaio 2014 Le relazioni con la Comunione anglicana e il Consiglio metodista mondiale Coincidenze e priorità in comune di ANTHONY CURRER* Il 2013 è stato un anno importante per le relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana mondiale. Vi è stato un duplice cambiamento ai vertici, con l’elezione di un nuovo Papa e di un nuovo arcivescovo di Canterbury. Un cambiamento, nel secondo caso, anticipato da tempo; nel primo, alquanto a sorpresa. Sia Papa Francesco che l’arcivescovo Justin Welby hanno apportato grandi doni al loro nuovo ministero, come pure una nuova enfasi nelle relazioni tra le due comunità. La coincidenza di questo duplice cambiamento è stata evidenziata ancora di più dal fatto che l’arcivescovo Welby è stato intronizzato due giorni appena dopo la messa di inaugurazione del pontificato di Papa Francesco. La cerimonia di intronizzazione nella cattedrale di Canterbury ha ben riassunto alcune caratteristiche della Comunione anglicana, che conta attualmente ottantacinque milioni di fedeli. La presenza di elementi tradizionali ha ricordato la lunga storia della cristianità in Gran Bretagna: l’arcivescovo è stato intronizzato sulla cattedra di sant’Agostino a Canterbury, usata per tali occasioni almeno dal XIII secolo, e ha baciato i Vangeli di Canterbury, scritti nel VI secolo in Italia e ritenuti essere quelli donati a sant’Agostino da Papa Gregorio. Non sono mancati neanche aspetti — quali musica e danze indiane e africane — che riflettevano la dimensione mondiale della Comunione anglicana, presente in centosessantacinque Paesi, e la sua crescita soprattutto in Africa. La cerimonia ha lasciato intuire anche alcuni tratti dello stesso arcivescovo Welby. L’intronizzazione ha avuto luogo il 21 marzo, l’antica data della festa di san Benedetto (data mantenuta dagli anglicani). Una nuova composizione musicale, commissionata per l’occasione dalla famiglia dell’arcivescovo, ha fatto da cornice alle parole introduttive della Regola di san Benedetto: «Ascolta, ascolta, figlio mio». L’arcivescovo Welby è un oblato dell’ordine di san Benedetto e ha più volte parlato dell’influenza, sulla sua spiritualità, di sant’Ignazio di Loyola e delle nuove comunità cattoliche francesi. Nel novembre 2013, ha invitato quattro membri della comunità di Chemin Neuf a risiedere presso il Lambeth Palace e a pregare ogni giorno insieme a lui. La forte presenza della Chiesa africana ha ricordato anche due momenti della vita passata dell’arcivescovo: la prima, al tempo in cui rivestiva funzioni dirigenziali nel settore petrolifero, incaricato dello sviluppo dell’Africa occidentale; la seconda quando, come canonico della cattedrale di Coventry, era responsabile dell’International Centre for Reconciliation e si occupava di progetti di promozione della pace principalmente in Nigeria. Già nella sua esperienza passata di uomo d’affari, egli ha fatto sentire la sua voce in difesa delle categorie più deboli della società, non esitando a criticare le pratiche più spregiudicate dell’economia e della finanza. Infine, apprezzabile è stata la nota ecumenica dell’intronizzazione dell’arcivescovo Welby. Innovando rispetto al passato, l’arcivescovo ha firmato una convenzione durante la cerimonia, concordando di collaborare con gli altri presidenti di Churches Together in Inghilterra. Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e monsignor Mark Langham, officiale dello stesso dicastero, erano tra gli ospiti ecumenici, insieme a molti membri della gerarchia cattolica dell’Inghilterra e del Galles. Papa Francesco, nel suo messaggio augurale rivolto all’arcivescovo Welby, si era espresso con le seguenti parole: «Il ministero pastorale è una chiamata a camminare nella fedeltà al Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. La assicuro delle mie preghiere mentre assume le sue nuove responsabilità e le chiedo di pregare per me mentre rispondo alla nuova chiamata che il Signore mi ha rivolto». Evidente è la somiglianza tra le priorità del nuovo arcivescovo e le coraggiose dichiarazioni di Papa Francesco. Il Pontefice è famoso per il suo appello a «una Chiesa povera per i poveri» e per la sua critica a quelle strutture e a quelle politiche che promettono benessere per tutti ma che poi non lo realizzano: «Gli esclusi continuano ad aspettare» (Evangelii gaudium, n. 54). Come ha fatto a Lampedusa, quando ha voluto richiamare l’attenzione sulla tragedia dei migranti, il Santo Padre continua a ricordarci la sofferenza presente nel mondo, in una «globalizzazione dell’indifferenza». La sinergia tra il nuovo Pontefice e il nuovo primate della Comunità anglicana è apparsa chiaramente quando, il 14 giugno 2013, l’arcivescovo Welby è venuto in visita a Roma per la prima volta come arcivescovo di Canterbury. In tale occasione, accompagnato da monsignor Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster, egli ha voluto recarsi innanzitutto alla tomba di san Pietro e a quella del beato Giovanni XXIII per raccogliersi in preghiera prima di visitare il cardinale Koch presso il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. L’arcivescovo Welby ha avuto una conversazione privata con Papa Francesco nella biblioteca del Santo Padre. Rivolgendosi all’arcivescovo, il Papa lo ha salutato con le parole usate da Paolo VI davanti all’arcivescovo Michael Ramsey: «Noi siamo lieti di aprirLe le porte e, con le porte, il Nostro cuore; perché Noi siamo contenti ed onorati (…) di accoglierla “non come ospite e forestiero, ma come concittadino dei santi e della famiglia di Dio” (cfr. Efesini, 2, 19-20)». Il Santo Padre ha poi espresso il suo apprezzamento sia per il lavoro teologico portato avanti dalla Commissione internazionale anglicano-cattolica che per la collaborazione in atto a tutti i livelli, ha ricordato la recente presa di posizione dell’arcivescovo in difesa dell’istituzione della famiglia basata sul matrimonio e ha menzionato il loro comune impegno nella promozione della pace, in particolare in Siria, e della giustizia economica e sociale, per «dare voce al grido dei poveri». In risposta, Welby ha riconosciuto il suo debito nei confronti sia dell’insegnamento sociale cattolico che della spiritualità dei nuovi ordini della Chiesa cattolica in Francia. Venendo in visita a Roma, egli ha detto «mi posso sentire a casa». Si è richiamato a molte delle tematiche menzionate dal Santo Padre, sottolineando in particolare l’importanza, da parte di entrambe le comunioni, di agire in difesa dei poveri e dei sofferenti e ha collegato l’impegno ecumenico alla promozione della pace nell’affermare: «È soltanto se il mondo vedrà che i cristiani crescono visibilmente nell’unità che accetterà, tramite noi, il messaggio divino di pace e di riconciliazione». Durante il pranzo alla Domus Sanctae Marthae, dopo aver celebrato la preghiera di mezzogiorno, Papa Francesco e l’arcivescovo Welby hanno continua- to a discutere delle loro comuni priorità. Il Santo Padre ha menzionato il dramma della tratta delle donne e dei bambini e ha suggerito una possibile collaborazione futura in questo campo. La Commissione internazionale anglicano-cattolica (Anglican-Roman Catholic International Commission — Arcic), che è l’organo ufficiale nominato dalle due comunioni per portare avanti il dialogo teologico, ha tenuto il terzo incontro della sua terza fase (Arcic III) presso il monastero di São Bento, a Rio de Janeiro, in Brasile, dal 29 aprile al 7 maggio 2013, sotto la co-presidenza dell’arcivescovo di Birmingham, Bernard Longley, da parte cattolica, e dell’arcivescovo David Moxon, da parte anglicana. Dietro mandato affidatole da Papa Benedetto XVI e dall’arcivescovo Rowan Williams nel 2006, la Commissione ha esaminato vari casi specifici per analizzare come le strutture delle rispettive comunità operano nell’ambito del discernimento dell’insegnamento etico. Considerando le convergenze esistenti tra Papa Francesco e l’arcivescovo Welby intorno a temi riguardanti la dottrina sociale della Chiesa e la tratta di esseri umani, è interessante notare che i primi casi studiati vertevano sulla teologia del lavoro e sull’insegnamento della Chiesa relativo alla schiavitù. Il secondo ambito di studio comprendeva questioni che saranno esaminate nel corso del prossimo Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia. In particolare, la Commissione si è occupata del tema del divorzio e dei secondi matrimoni. È importante sottolineare che, nel riflettere su queste tematiche, la Commissione ha voluto esaminare i rispettivi processi di discernimento ecclesiale e i rispettivi processi decisionali, piuttosto che tentare di fornire una risposta alle varie questioni etiche. Nel far ciò, la Commissione ha deliberatamente scelto casi specifici che esemplificano sia la convergenza che la divergenza tra le due tradizioni. Uno dei compiti di Arcic III è preparare i documenti della precedente riunione (Arcic II) affinché vengano presentati alle rispettive autorità. Durante l’incontro di Rio de Janeiro, molto tempo è stato dedicato proprio a questo fine e buoni sono stati i risultati. Il tema della recezione del lavoro dell’Arcic figurava anche all’ordine del giorno delle conversazioni informali annuali tra il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e la Comunione anglicana che hanno avuto luogo nel mese di novembre 2013 presso il Centro anglicano di Roma. Queste conversazioni offrono l’opportunità a importanti rappresentanti di entrambe le tradizioni di scambiarsi informazioni e parlare degli sviluppi piu recenti in un’atmosfera positiva, trasparente e informale. L’incontro di novembre è stato presieduto dal vescovo segretario del Pontificio Consiglio, Brian Farrell. Erano presenti anche il cardinale Koch, alcuni rappresentanti dell’Anglican Communion Office e i presidenti delle due Commissioni internazionali, Arcic e International Anglican-Roman Catholic Commission on Unity and Mission (Iarccum). Quest’ultimo organo, la Commissione internazionale anglicano-cattolica sull’unità e la missione, ha presentato un progetto per lanciare un sito web sul quale pubblicare materiale d’archivio dell’Arcic. Tramite questo sito, Iarccum intende fornire un ulteriore strumento alla promozione delle migliori pratiche di collaborazione ecumenica e alla promozione della recezione del lavoro del dialogo internazionale. Nel 2013, inoltre, il reverendo David Richardson è andato in pensione, terminando, dopo cinque anni, il suo incarico di direttore del Centro anglicano e di rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede. Richardson è stato un amico e un valido collaboratore per il Pontificio Consiglio con il quale ha mantenuto un costante contatto, contribuendo alla pianificazione di eventi, partecipando allo scambio di informazioni, fornendo un utile aggiornamento sugli sviluppi all’interno della Comunione anglicana. Al momento del suo congedo, sono stati celebrati in suo onore, presso l’Oratorio di San Francesco Saverio di Roma, dei vespri presieduti dal cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio. La predica è stata tenuta dallo stesso reverendo Richardson e monsignor Mark Langham ha espresso parole di apprezzamento per il suo ministero. Il successore del reverendo Richardson, sia come direttore del Centro anglicano di Roma che come rappresentante ufficiale dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede, è l’arcivescovo David Moxon, della Nuova Zelanda. Moxon è anche il co-presidente anglicano di Arcic, avendo assunto tale funzione nella terza fase delle conversazioni. Per l’arcivescovo Moxon sono stati celebrati dei vespri il 23 maggio 2013, sempre all’Oratorio di San Francesco Saverio, ai quali hanno partecipato il vescovo Farrell e monsignor Langham. Verso la fine del 2013 sono affiorate due questioni di considerevole rilievo per le nostre relazioni ecumeniche. Nel mese di novembre, il sinodo generale della Church of England ha chiesto alla Camera dei vescovi di preparare la strada a un voto sull’ordinazione episcopale delle donne nel luglio del 2014. Nello stesso mese di novembre, l’arcivescovo di Canterbury e l’arcivescovo di York hanno pubblicato il «Rapporto del gruppo di lavoro della Camera dei vescovi sulla sessualità umana», conosciuto con il nome di Pilling Report. È stato sottolineato che il rapporto non è una nuova posizione della Church of England. Il testo presenta comunque diciotto raccomandazioni, tra cui una delle principali è una proposta per «conversazioni facilitate» per un arco di tempo di due anni, così che, come afferma il comunicato stampa ufficiale, «i cristiani che sono in profondo disaccordo sul significato della Scrittura su questioni relative alla sessualità e sulla chiamata a vivere nella santità per persone omosessuali dovrebbero capire più chiaramente le rispettive preoccupazioni e dovrebbero tentare di percepirsi gli uni gli altri come autentici discepoli cristiani». Nonostante le difficoltà comportate da tali questioni, l’anno si è concluso con due importanti segni di intesa e di collaborazione, entrambi trasmessi dall’arcivescovo di Canterbury. Nel suo sermone natalizio, l’arcivescovo ha affermato: «Anche in un’economia che si sta riprendendo, i cristiani, i servitori di un Salvatore povero e vulnerabile, devono agire per servire e amare i poveri, come ci ha ricordato nell’anno passato Papa Francesco». E, in un’intervista rilasciata alla vigilia del nuovo anno, l’arcivescovo di Canterbury ha descritto Papa Francesco come un «uomo straordinario», aggiungendo: «Il Papa è stato eccezionalmente efficace. Lo sceglierei di certo come la personalità dell’anno». Quanto alle relazioni tra il Consiglio metodista mondiale e la Chiesa cattolica, esse rimangono forti. Il Pontificio Consiglio ha potuto avvalersi della preziosa assistenza del ministro metodista di Roma, il reverendo Kenneth Howcroft, con il quale hanno avuto luogo regolari consultazioni e scambi di informazioni. Nel mese di luglio, egli è stato tuttavia eletto presidente della Conferenza metodista e dovrà lasciare il suo incarico a Roma. Gli succederà il reverendo Timothy Macquibban, attualmente ministro principale del Cambridge Methodist Circuit e co-presidente dell’Oxford Institute for Methodist Theological Studies. In occasione dell’elezione di Papa Francesco, il vescovo Paulo de Tarso Oliveira Lockmann e il vescovo Ivan Abrahams, rispettivamente presidente e segretario generale del Consiglio metodista mondiale, hanno indirizzato al Santo Padre una lettera di felicitazioni, assicurando il nuovo Papa delle loro preghiere: «Grazie al nostro dialogo teologico in corso da circa quarantacinque anni, abbiamo scoperto quanto condividiamo “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti” (Efesini, 4, 5). Siamo lieti del nome che ha scelto, poiché tutti i cristiani onorano il nome di Francesco, un santo che abbiamo in comune da prima delle divisioni della Chiesa occidentale. Ricordando questo apostolo dei poveri, ci troviamo in compagnia di John Wesley, il nostro fondatore, con la sua passione per la santità del cuore e della vita e per la santità sociale, che va incontro ai bisognosi». Dal 12 al 18 ottobre 2013 si è riunito il Dialogo internazionale metodista-cattolico presso il Simpsonwood Conference Center a Norcross, in Georgia, negli Stati Uniti, per il terzo incontro della sua decima fase, sotto la co-presidenza del reverendo David Chapman da parte metodista e, da parte cattolica, del vescovo di Saskatoon, Donald Joseph Bolen, il quale ha sostituito Michael Ernest Putney, vescovo di Townsville, che si è dovuto ritirare dalle sue funzioni per motivi di salute. Il tema della fase attuale è «La chiamata universale alla santità». I vari contributi hanno esaminato il punto di vista cattolico e metodista sull’antropologia, sulla grazia, sull’escatologia e sui santi. A testimonianza dell’approccio cordiale e amichevole che caratterizza questi incontri, la Commissione di dialogo ha accolto nuovamente Geoffrey Wainwright, ex co-presidente metodista, e si è avvalsa della sua esperienza durante le varie sessioni. Nonostante le sue condizioni di salute, l’ex co-presidente cattolico, monsignor Putney, ha potuto rivolgersi dall’Australia ai membri della Commissione attraverso una video conferenza. Egli ha parlato in tono personale del suo modo di affrontare la malattia e ha assicurato le sue preghiere per il buon esito del dialogo. Il vescovo Putney è a sua volta presente nelle intenzioni dei membri della Commissione. Toccante è stata la lettera da lui indirizzata ai sacerdoti della sua diocesi, che si conclude con le parole: «Come sempre, sono felice di affidare la mia vita interamente nelle mani di Dio, che scopro amare me e tutti ogni giorno di più, e più di quanto avessi potuto immaginare». *Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 23 gennaio 2014 pagina 7 Una metafora musulmana che parla a tutti i cristiani Il patriarca di Mosca ai partecipanti alla conferenza sulla Siria Quel lembo di terra chiamato ecumenismo Ogni sforzo possibile di ALBERTO FABIO AMBROSIO Siamo nella chiesa evangelica di Istanbul, per una preghiera officiata da una donna, probabilmente la prima a guidare una comunità cristiana in questa città a maggioranza musulmana. È la settimana dedicata all’unità dei cristiani e il mio pensiero va a una metafora dell’ecumenismo un po’ bizzarra. Come di consueto a Istanbul, per antonomasia città della presenza storica delle diverse Chiese e quindi dalla valenza ecumenica fondamentale, la settimana per l’unità dei cristiani si realizza nell’accoglienza reciproca nelle chiese delle differenti confessioni e nella preghiera per l’unità insieme a tutte i cristiani nel mondo. Nell’antica Costantinopoli la grandezza di questa esperienza, che si ripete di anno in anno, risiede nel fatto che in ogni chiesa si respira, si sente quasi a fior di pelle, si sperimenta la tradizione cristiana, antica o recente che sia. Sì, perché quando ti trovi in un’assemblea di cristiani siro-ortodossi percepisci una lingua e una ritualità che affondano le radici nell’antichità cristiana. Quando sei tra gli armeni, c’è tutta l’essenza di un oriente dalle sonorità che lasciano sognare l’Ararat (Masis per gli armeni), montagna sacra dell’antica Armenia. In casa dei greci ortodossi, tra l’incenso che s’innalza come la preghiera e le meravigliose iconostasi, si ascolta la rotonda bellezza del greco, lingua grazie alla quale conosciamo il Vangelo e il messaggio del Nuovo Testamento. E tra i protestanti residenti a Istanbul sperimenti la ricerca dell’essenzialità, tanto del messaggio che nella ritualità, ma non a scapito della profondità dei valori cristiani e dell’accoglienza. Il pastore della più antica comunità protestante della città accoglie come in un abbraccio i cristiani che vengono da tutte le chiese per questa occasione. La sua cappella assomiglia a un’arca rovesciata e ti fa pensare a quell’arca che è la Chiesa intera, la riunione di tutti gli uomini riconciliati con Dio, tra di loro e con il creato, grazie all’opera redentrice dell’unico Cristo. Nell’andare dei giorni, mi balza questa idea presa a prestito dal mondo musulmano, quello che ci accoglie in questo Paese dalle tante sfaccettature. Nell’islam si parla di araf, cioè del lembo di terra sospeso tra paradiso e inferno nel quale vaga l’anima della persona defunta in attesa di un giudizio. La metafora è quella dell’immaginario di un luogo teso tra la disperazione e la certezza della salvezza. L’ecumenismo è quella strada, quella via stretta nella quale siamo tutti dei viandanti e che ci porta alla salvezza di Cristo. Avanziamo come pellegrini su un cammino voluto da Cristo stesso, ma nella ricchezza delle differenze, sebbene sia un percorso strettissimo. In comune abbiamo tutto, Cristo, ma poi nell’andare dell’esistenza, rischiamo di rimanere con una corda sottilissima tesa sotto i nostri piedi, come di funanboli. Quella è la strada, la porta stretta attraverso cui dobbiamo passare per trovare la salvezza: individuale, certo, ma comune perché l’ha desiderata il nostro Signore Gesù. Quel lembo di terra proteso tra la disperazione della divisione e la speranza esile, ma ben reale, dell’unità è l’ecumenismo. Attraversiamo allora quel sentiero strettissimo con la gioia di chi sa che è già stato salvato. Dal Canada al resto del mondo le iniziative per la Settimana di preghiera Uno in Cristo Nella cattedrale anglicana di Montréal i cristiani del Canada hanno pregato domenica scorsa per chiedere perdono delle divisioni e per proseguire insieme il cammino verso la piena unità. Rappresentanti di nove confessioni hanno rilanciato l’impegno quotidiano per la costruzione visibile dell’unità della Chiesa. Tra gli interventi va ricordato quello di monsignor Christian Lépine, arcivescovo di Montréal, che ha posto l’accento sull’accoglienza cristiana come campo privilegiato dell’azione ecumenica. Questa celebrazione, che è ormai una tradizione consolidata nel cammino ecumenico in Canada, ha assunto un valore particolare quest’anno, dal momento che ai cristiani canadesi è stato chiesto di preparare il sussidio per la Settimana di preghiera del 2014, in modo da presentare anche la propria esperienza di dialogo. Durante l’incontro è stato sottolineato quanto importante sia stato il cammino ecumenico per le singole comunità cristiane e per la società in Canada, soprattutto nella riscoperta delle tradizioni locali come doni da condividere nella prospettiva di vivere l’unità nella diversità. Il tema della condivisione dei doni, accompagnato da un cammino di purificazione della memoria e di riconciliazione, rappresenta un elemento centrale, come ha ricordato monsignor Richard Joseph Gagnon, arcivescovo di Winnipeg. Proprio la dimensione della condivisione e della riconciliazione è presente nelle tante celebrazioni della Settimana di preghiera, che mostrano la vitalità del dialogo ecumenico. Negli Stati Uniti, grazie anche all’azione del Graymoor Ecumenical and Interreligious Institute dei frati francescani dell’Atonement, si sono moltiplicati gli incontri di preghiera e di riflessione a vario livello con la partecipazione di un numero crescente di confessioni cristiane, soprattutto del mondo pentecostale. In Spagna, la Conferenza episcopale ha richiamato l’importanza del dialogo ecumenico. Lo stesso è avvenuto in Irlanda, dove forte è l’impegno per la riconciliazione nella prospettiva dell’unità, e in Portogallo, dove verrà firmato un documento comune sul battesimo. In questo universo di iniziative, che non può essere presentato neanche in modo sintetico, si può notare come, accanto a momenti di riflessione sul recente documento «La Chiesa verso una visione comune» presentato alla X assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese, diffusi siano i momenti di preghiera dedicati a rinnovare l’appello per un impegno dei cristiani in favore della pace come testimonianza della fedeltà alla missione della Chiesa nell’annuncio della buona novella. Da questo punto di vista esemplare può essere considerato il messaggio del Consiglio delle Chiese di Francia che chiede di sostenere, spiritualmente e materialmente, i cristiani d’Egitto nel loro cammino. (riccardo burigana) MOSCA, 22. «Oggi il mondo attende da voi con speranza azioni decisive, volte a risolvere pacificamente il conflitto sanguinoso in Siria. Non si comprenderà mai abbastanza la responsabilità che vi compete. La dimensione della tragedia in corso in Siria ormai da tre anni è enorme: centinaia di migliaia di persone innocenti sono rimaste vittime del conflitto armato e milioni di persone sono state sfollate o sono divenute rifugiati. A nome della Chiesa ortodossa russa, vi esorto a fare ogni sforzo possibile per porre fine alle ostilità immediatamente e incondizionatamente, in modo che possa cominciare un dialogo con tutte le forze politiche siriane e con la partecipazione della società civile». Comincia così il messaggio inviato dal patriarca di Mosca, Cirillo, ai partecipanti alla conferenza internazionale di pace Ginevra 2 che ha preso il via oggi a Montreux, in Svizzera. «Siamo convinti — scrive il primate della Chiesa ortodossa russa — che la Siria debba rimanere uno Stato in cui sono rispettati i diritti e la dignità delle persone di tutti i gruppi nazionali, etnici e religiosi. La sicurezza e la libertà religiosa dei cristiani, che hanno vissuto in Medio Oriente per oltre duemila anni e che sono parte integrante della società siriana, devono essere garantite, insieme alla sicurezza e alla libertà religiosa di tutti gli altri cittadini». Il primo e più importante passo verso la pace e la stabilità, «deve essere la liberazione degli ostaggi e l’impedimento della profanazione di santuari e oggetti del patrimonio storico, culturale e religioso». Cirillo ricorda i due rappresentanti ortodossi, i metropoliti Paulos e Yohanna Ibrahim, rapiti nei pressi di Aleppo nel mese di aprile 2013, della cui sorte «finora non si ha alcuna notizia», e la madre superiora e le sorelle del monastero di Santa Tecla in Maalula «tuttora tenute prigioniere». La loro immediata liberazione «sarà la prova visibile che l’opposizione è pronta a lavorare per la ricerca della pace e dell’accordo in terra siriana». La Chiesa ortodossa russa «eleva le sue preghiere per la pace in Siria e compie ogni sforzo possibile per fornire assistenza efficace alle persone che soffrono in Siria, indipendentemente dalle loro origini etniche o appartenenza religiosa». Tuttavia — sottolinea il patriarca di Mosca nel messaggio — la grave situazione di centinaia di migliaia di persone all’interno del Paese, così come quella dei rifugiati che sono fuggiti nelle nazioni vicine, «esige nuove azioni su vasta scala da parte dell’intera comunità mondiale, al fine di prestare aiuto umanitario immediato alle vittime del conflitto armato». Cirillo esorta le persone di buona volontà a fare tutto quanto è in loro potere per fermare l’escalation di violenza in Siria e porre fine alle azioni dei gruppi terroristici ed estremisti, «impedendo loro di ricevere sostegno finanziario o armamenti dall’esterno, e per dare al popolo della Siria la possibilità di scegliere da sé la strada da seguire». Segue poi un appello «alle persone le cui mani si sono macchiate del sangue di civili», affinché si ravvedano e smettano «di commettere iniquità. Ricordate che rovinare la pace è facile, ma per sanare le ferite della guerra occorrono decenni, ed è impossibile riportare i caduti in vita. Qualsiasi passo verso la riconciliazione e il ristabilimento dell’ordine e del benessere delle persone sarà benedetto da Dio. La mia preghiera oggi — conclude il primate ortodosso russo — è che il seme della pace, che i partecipanti alla conferenza sono chiamati a piantare, possa portare buoni frutti per ogni abitante della Siria». In piazza San Pietro per l’udienza generale diecezji bielsko-żywieckiej; pielgrzymi indywidualni. All’udienza generale di mercoledì 22 gennaio, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi. From various Countries: Students and faculty from Bossey Ecumenical Institute, Switzerland. Da diversi Paesi: Partecipanti all’Incontro dei Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare, con il Cardinale Antonio Maria Vegliò; Suore di Santa Elisabetta; Suore Missionarie dell’Apostolato Cattolico Pallottine. Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Sant’Ambrogio, in Castel del Rio; Sant’Agostino, in Modena; Beata Vergine Maria del Rosario, in Centoia; Maria Santissima Assunta, in Paglieta; San Panfilo, in Spoltore; Sant’Eustachio, in Tocco a Casauria; Gesù Crocifisso, in Andria; Santissimo Rosario di Pompei, in Altamura; San Giuseppe Moscati, in Triggiano; Santi Martiri, in Otranto; Santa Maria del bosco, in Paupisi; San Felicissimo, Santa Maria della Misericordia, San Nicola, in Forino; San Pietro, in Scafati; Santa Teresa di Gesù Bambino, in Giovino di Catanzaro Lido; San Dionigi, in Crotone; Natività di Maria Vergine, in Castelbuono. Pensionati della Coldiretti; Ufficiali e Personale della Direzione munizionamento e della Stazione aeromobili della Maria Militare di Taranto e Grottaglie; Comunità Amore e Libertà; Arciconfraternita di Maria From Great Britain: A group of British Army Chaplains participating in a retreat following operations in Afghanistan, accompanied by Bishop Richard Moth. From New Zeland: Pilgrims from St John the Evangelist Catholic Parish, Otara, Auckland. Santissima del Monte Carmelo, di Piedimonte Matese; Congregazione del Santissimo Sacramento, di Misilmeri; Gruppo di preghiera Padre Pio, di Gaeta; Gruppo di preghiera l’Addolorata, di Verona; Gruppo di preghiera Regina della Pace, di Napoli; gruppo della Pontificia Università Urbaniana; gruppo della Confagricoltura, di Novara; Associazione Dircredito; Associazione italiana arbitri della Campania; Associazione nazionale Polizia di Stato, di Roma; Associazione Carabinieri in pensione, di Ariano Irpino; Associazione Amac, di Pistoia; Associazione Avulss, di Giarre; Associazione La Fenice, di Taranto; Unione nazionale commercialisti, di Vasto; Unione Giuristi, di Avellino; Gruppo Acli, di Andria; Polizia locale di Macherio, Sovico, e Brianza, con il Cardinale Dionigi Tettamanzi; Soci del Rotary Club, di Lanciano, con l’Arcivescovo Envidio Cipollone; Soci del Rotary Club, di Milano; Gruppo dell’Ospedale di Lavagna; Centro diurno Il pioppo, di Roma; Circolo Salvo D’Acquisto, di Frignano; Corale Alpina Savonese, di Savona; Coro lirico Perla verde, di Riccione; Gruppo I tamburellasti, di Otranto; Banda musicale Rossini, di Frazzanò. Bambini delle Scuole dell’infan- zia, del Comune di Latina. Gruppi di studenti: Liceo Meucci, di Ronciglione; Istituto comprensivo, di Manziana; Istituto Masullo-Theti, di Nola; Istituto Rousseau, di Aversa; Istituto Caetani, di Cisterna di Latina; Istituto Mauro, di Pessano con Mornago; Istituto Majorana, di Milazzo; Istituto Del Giudice, di Rodi Garganico; Istituto De Amicis, di Roma; Scuola Mazzocchi, di Santa Maria Capua Vetere; Scuola Giovanni Paolo II, di Ostia; Scuola Marconi, di Aprilia; Scuola Santa Teresa, di Peretola; Scuola Don Ippolito, di Castel d’Azzano; Asilo nido Lucy May, di Roma. Gruppi di fedeli da: Palagianello, Bevagna, Ardea, Torino, Cava de’ Tirreni, Pietrasanta, Nocera Inferiore, Portico di Caserta, Colle Val d’Elsa, Siena, Roccasecca, Magione, Altopascio, Alessandria, Castiglione delle Stiviere, Bussi sul Tirino, Volla, San Benedetto. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Slovacchia. I polacchi: Pielgrzymi z parafii św. Katarzyny Dziewicy i Męczennicy z Łętowni w diecezji sandomierskiej; grupa dzieci niewidomych z Lasek; grupa osób niepełnosprawnych z From the United States of America: Pilgrims from the Diocese of Houma Thibodaux, Louisiana; a delegation from the Jewish Federation of Metropolitan Chicago, Illinois. Students and faculty from: University of St Thomas, St Paul, Minnesota; St Mary’s College, Moraga, California; St Catherine of Siena High School, Wixom, Michigan. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde; Pastoralverbund Lichtenau; Pilgergruppe aus Giessen. De España: Colegio Santa Teresa, de El Vedat de Torrent; Instituto Maestro Domingo, de Badajoz. Do Brasil: Clero da Diocese de Catanduva. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 23 gennaio 2014 Appello del Pontefice per la fine del conflitto in Siria L’urgenza della pace Un nuovo appello per la pace in Siria è stato lanciato da Papa Francesco al termine dell’udienza generale, prima dei saluti ai gruppi di lingua italiana presenti in piazza San Pietro. In precedenza il Pontefice aveva rivolto, come di consueto, particolari espressioni di benvenuto ai fedeli giunti da diverse parti del mondo. Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese. Cari amici, vi invito a pregare per l’unità dei battezzati e ad accogliere da parte degli altri cristiani ciò che possiamo ricevere come un dono. Buon pellegrinaggio! Papa Francesco all’udienza generale parla della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Lo scandalo della divisione Le divisioni tra i cristiani sono «uno scandalo», perché «indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza». Lo ha detto Papa Francesco ai fedeli presenti all’udienza generale di oggi, mercoledì 22 gennaio, in piazza San Pietro, ricordando la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Sabato scorso è iniziata la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà sabato prossimo, festa della Conversione di san Paolo apostolo. Questa iniziativa spirituale, quanto mai preziosa, coinvolge le comunità cristiane da più di cento anni. Si tratta di un tempo dedicato alla preghiera per l’unità di tutti i battezzati, secondo la volontà di Cristo: «Che tutti siano una sola cosa» (Gv 17, 21). Ogni anno, un gruppo ecumenico di una regione del mondo, sotto la guida del Consiglio Ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio per la Promo- zione dell’Unità dei Cristiani, suggerisce il tema e prepara sussidi per la Settimana di preghiera. Quest’anno tali sussidi provengono dalle Chiese e Comunità ecclesiali del Canada, e fanno riferimento alla domanda rivolta da san Paolo ai cristiani di Corinto: «È forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1, 13). Certamente Cristo non è stato diviso. Ma dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore, che le nostre comunità continuano a vivere divisioni che sono di scandalo. Le divisioni fra noi cristiani sono uno scandalo. Non c’è un’altra parola: uno scandalo. «Ciascuno di voi — scriveva l’Apostolo — dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo”» (1, 12). Anche quelli che professavano Cristo come loro capo non sono applauditi da Paolo, perché usavano il nome di Cristo per separarsi dagli altri all’interno della comunità cristiana. Ma il nome di Cristo crea comunione ed unità, non divisione! Lui è venuto per fare comunione tra noi, non per dividerci. Il Battesimo e la Croce sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza (cfr. 1, 17). Paolo rimprovera i corinzi per le loro dispute, ma anche rende grazie al Signore «a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza» (1, 4-5). Queste parole di Paolo non sono Per il futuro dell’ecumenismo Le forti parole di Papa Francesco sullo «scandalo della divisione dei cristiani» hanno trovato subito eco, in piazza San Pietro, nella «missione sul campo» dei trenta studenti della Graduate School dell’Istituto ecumenico di Bossey, in questi giorni a Roma per una visita di studio. «Il loro presente ma soprattutto il loro futuro è nel servizio attivo ecumenico» spiegano i responsabili dell’Istituto. Gli studenti vengono da tutte le parti del mondo, in rappresentanza di diverse denominazioni cristiane. E «l’incontro con il Papa — dicono — è il punto forte del programma di studio a Roma» che consente loro di conoscere da vicino l’attività e la missione della Chiesa cattolica. La visita è organizzata dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Sabato pomeriggio il gruppo parteciperà ai vespri presieduti dal Papa nella basilica di San Paolo fuori le Mura, a conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. «Una famiglia e una scuola per ogni bambino» è invece lo slogan della campagna sociale di raccolta fondi promossa dalla comunità fiorentina Amore e libertà, in favore dei bambini, dei poveri e delle famiglie in difficoltà in Italia e nella Repubblica Democratica del Congo. In piazza San Pietro le persone assistite hanno portato striscioni e cartelli con il numero telefonico 45507 a cui inviare un sms solidale per la donazione. «Da oltre vent’anni — spiega il fondatore don Matteo Galloni — ci prendiamo cura dei minori senza famiglia». E oggi al Papa ha presentato Alessandro e Stefano, figli di una ragazza accolta in comunità quando aveva quattro anni. Essenza della spiritualità di Amore e libertà è infatti «vivere come una vera famiglia». Con questo spirito, spiega don Galloni, «abbiamo aperto anche una missione a Kinshasa, dove oltre trentamila bambini orfani vivono tra l’immondizia. Abbiamo realizzato una scuola, un’azienda agricola, due case di accoglienza, mentre la chiesa è in costruzione». Insieme alla cofondatrice Francesca Termanini, don Galloni ha illustrato al Pontefice il progetto che anima la comunità: «Fare il possibile perché nessun bambino viva tra i rifiuti, si veda negato il diritto all’istruzione e resti senza il calore della famiglia». Due piantine d’ulivo sono state il dono della Coldiretti a Papa Francesco. Con il presidente nazionale Roberto Moncalvo erano presenti il consigliere ecclesiastico don Paolo Bonetti e ottocento pensionati, con il loro presidente Antonio Mansueto. La Federpensionati Coldiretti, fondata quarantacinque anni fa, con i suoi settecentomila iscritti, è la più grande associazione italiana di pensionati del lavoro autonomo. Tra gli obiettivi c’è quello di «rivalutare il ruolo dei nonni come risorsa della società in questo tempo di crisi, attraverso il sostegno e la formazione delle famiglie». Numerosi anche stamane gli argentini che hanno preso parte all’udienza. «Il Papa argentino è per i suoi connazionali soprattutto motivo di forte responsabilità» dice José Maria Poirier, direttore di «Criterio», storica e prestigiosa rivista mensile d’ispirazione cattolica fondata nel 1928. E spiega: «Jorge Mario Bergoglio non ci appartiene più perché oggi da Papa la sua paternità è universale. Però noi argentini dobbiamo dimostrare di aver compreso il suo insegnamento, la sua grande visione di una società più giusta che mette al primo posto i poveri e gli emarginati». Inés Ordónez de Lanús, fondatrice e responsabile della comunità di spiritualità Santa Maria, sempre a Buenos Aires, parla con emozione della sua antica e solida amicizia personale con Bergoglio: «Ha accompagnato il cammino della nostra comunità, ci è stato sempre molto vicino e ci ha incoraggiato». La donna ricorda bene le telefonate a sorpresa dell’arcivescovo Bergoglio e «le tante e delicate dimostrazioni di attenzione pastorale». Proprio in questi giorni la comunità ha presentato gli statuti internazionali, centrati sull’obiettivo «di accompagnare le persone, soprattutto i più giovani, nella loro vocazione, nella vita quotidiana» attraverso la catechesi. Tra i presenti don Attilio Monge, il paolino che per vent’anni ha curato la regia delle messe trasmesse da Rai Uno. E il Papa ha anche salutato una delegazione di vigili urbani di Macherio, che gli hanno regalato un casco con le insegne della loro divisa. una semplice formalità, ma il segno che egli vede prima di tutto — e di questo si rallegra sinceramente — i doni fatti da Dio alla comunità. Questo atteggiamento dell’Apostolo è un incoraggiamento per noi e per ogni comunità cristiana a riconoscere con gioia i doni di Dio presenti in altre comunità. Malgrado la sofferenza delle divisioni, che purtroppo ancora permangono, accogliamo, le parole di Paolo come un invito a rallegrarci sinceramente delle grazie concesse da Dio ad altri cristiani. Abbiamo lo stesso Battesimo, lo stesso Spirito Santo che ci ha dato la Grazia: riconosciamolo e rallegriamoci. È bello riconoscere la grazia con cui Dio ci benedice e, ancora di più, trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle. Il gruppo canadese che ha preparato i sussidi di questa Settimana di preghiera non ha invitato le comunità a pensare a quello che potrebbero dare ai loro vicini cristiani, ma le ha esortate ad incontrarsi per capire ciò che tutte possono ricevere di volta in volta dalle altre. Questo richiede qualcosa di più. Richiede molta preghiera, richiede umiltà, richiede riflessione e continua conversione. Andiamo avanti su questa strada, pregando per l’unità dei cristiani, perché questo scandalo venga meno e non sia più tra noi. In questa Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani mi è particolarmente gradito poter salutare gli studenti provenienti dall’Istituto Universitario di Bossey. Mi auguro che i vostri studi aiutino a promuovere la comprensione e il dialogo ecumenico. Saluto inoltre il gruppo di Cappellani Militari Britannici e la delegazione della Federazione Ebrea di Chicago. Su tutti i pellegrini di lingua inglese presenti a questa Udienza invoco la gioia e la pace del Signore! Saluto con affetto i pellegrini di lingua tedesca. Carissimi, il Signore Gesù ha detto che dove sono due o tre riuniti nel suo nome, lì è in mezzo a loro (cfr. Mt 18, 20). Prendiamo a cuore le parole del Signore incontrandoci con i nostri fratelli e sorelle delle altre comunità cristiane per la preghiera comune. Lo Spirito Santo vi accompagni nel vostro cammino. Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España, Argentina, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos a que llenos de gozo por el don de la filiación divina que hemos recibido en el bautismo, sepamos reconocer con alegría y humildad los dones que Dios concede a otros cristianos. Que Dios los bendiga. Saluto cordialmente i pellegrini di lingua portoghese, in modo speciale i sacerdoti della diocesi brasiliana di Catanduva: grazie per la vostra presenza e soprattutto per le vostre preghiere! Alla Vergine Maria affido i vostri passi al servizio della crescita verso l’unità del Popolo di Dio. Su di voi e sulle vostre famiglie e parrocchie scenda la Benedizione del Signore. Cari fratelli e sorelle di lingua araba, specialmente i provenienti dall’Egitto: la fede non sia un motivo di divisione ma uno strumento di unità e di comunione con Dio e con i fratelli. L’invocazione del nome del Signore non sia ragione di chiusura ma via per aprire il cuore all’amore che unisce e arricchisce. Preghiamo perché il Signore conceda l’unità ai cristiani vivendo la differenza come ricchezza; vedendo nell’altro un fratello da accogliere con amore. Il Signore vi custodisca e ci guidi tutti verso l’unità! Saluto cordialmente le suore di Santa Elisabetta, i bambini cechi di Laski e tutti i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, mercé la grazia del Battesimo siamo diventati figli di Dio e discepoli di Cristo, chiamati alla santità e arricchiti dei doni dello Spirito. Pertanto rallegriamoci con sincerità di questi doni e preghiamo per l’unità dei cristiani. Vi benedico di cuore. Oggi si apre a Montreux, in Svizzera, una Conferenza internazionale di sostegno alla pace in Siria, alla quale faranno seguito i negoziati che si svolgeranno a Ginevra a partire dal 24 gennaio corrente. Prego il Signore che tocchi il cuori di tutti perché, cercando unicamente il maggior bene del popolo siriano, tanto provato, non risparmino alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della violenza e alla fine del conflitto, che ha causato già troppe sofferenze. Auspico alla cara nazione siriana un cammino deciso di riconciliazione, di concordia e di ricostruzione con la partecipazione di tutti i cittadini, dove ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere e da abbracciare. Porgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti all’incontro dei Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare, con il Cardinale Antonio Maria Vegliò, esortandoli ad essere voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà; i membri della Polizia Locale di Macherio e Sovìco con il Cardinale Dionigi Tettamanzi e il Rotary Club di Lanciano con il Vescovo Emidio Cipollone. Saluto inoltre i membri della Comunità Amore e Libertà, i bambini delle scuole dell’Infanzia di Latina e i numerosi pensionati della Confederazione Coldiretti. Tutti incoraggio ad essere fedeli a Cristo, affinché nella Chiesa possa risplende re la gioia del Vangelo. Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Sabato prossimo celebreremo la Festa della Conversione di San Paolo. Cari giovani, la figura di Paolo sia per tutti voi modello del discepolato missionario. Cari ammalati, offrite le vostre sofferenze per la causa dell’unità della Chiesa di Cristo. E voi, cari sposi novelli, ispiratevi all’esempio dell’Apostolo delle genti, riconoscendo il primato a Dio e al suo amore nella vostra vita familiare.