l`osservatore romano

Transcript

l`osservatore romano
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLIV n. 17 (46.559)
Città del Vaticano
giovedì 23 gennaio 2014
.
Nuovo appello di Papa Francesco per l’inizio dei negoziati sulla Siria
Messaggio per il summit di Davos
L’urgenza della pace
Ricchezza
al servizio di tutti
Preghiera e conversione per porre fine alla divisione dei cristiani
Papa Francesco non ha voluto far
mancare il suo personale sostegno
al faticoso impegno della comunità
internazionale per costruire la pace
in Siria. Così durante l’udienza generale di questa mattina, mercoledì
22 gennaio, mentre a Montreux iniziava la conferenza internazionale
per il Paese mediorientale — un
prologo ai negoziati che dal prossimo 24 gennaio si svolgono a Ginevra e ai quali partecipa una delegazione della Santa Sede composta
dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi,
osservatore permanente presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istitu-
zioni specializzate a Ginevra, e
monsignor Alberto Ortega Martín,
officiale della Segreteria di Stato —
il Pontefice ha rinnovato il suo invito affinché non sia risparmiato
«alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della violenza
e alla fine del conflitto». Papa
Francesco ha poi auspicato «un
cammino deciso di riconciliazione,
di concordia e di ricostruzione con
la partecipazione di tutti i cittadini», invitandoli a vedere nell’altro
«non un nemico, non un concorrente ma un fratello da accogliere e
abbracciare».
Poco prima Papa Francesco aveva proposto ai fedeli presenti in
piazza San Pietro per l’udienza generale, una riflessione sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata sabato scorso 18 gennaio.
Spiegate le origini di questa «iniziativa spirituale, quanto mai preziosa», capace ormai di coinvolgere
tutte le comunità cristiane, il Pontefice ha denunciato «lo scandalo
delle divisioni» che ancora permangono. «Il nome di Cristo — ha detto con vigore — crea comunione e
unità, non divisione! Lui è venuto
per fare comunione tra noi, non per
dividerci». Anche perché le divisioni, ha aggiunto, «indeboliscono la
credibilità e l’efficacia del nostro
impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della
sua potenza». Per raggiungere il
dono dell’unità, ha concluso, occorre molta preghiera, umiltà, riflessione e continua conversione.
PAGINA 8
Dopo tre anni di guerra iniziano a Montreux i lavori della conferenza internazionale
Il futuro in gioco
MONTREUX, 22. Tre anni di guerra,
un’emergenza umanitaria senza precedenti e otto mesi di faticosi negoziati. Non sarà un compito facile
quello dei rappresentanti delle
grandi potenze mondiali, dell’O nu,
del regime di Damasco e di parti
dell’opposizione siriana riuniti oggi
a Montreux, in Svizzera, per cercare di porre fine al conflitto che ha
causato finora 130.000 morti e almeno un milione di sfollati. La posta in gioco è alta, tanto che la conferenza è stata al centro, ieri, di un
colloquio telefonico tra il presidente
americano, Barack Obama, e il leader del Cremlino, Vladimir Putin.
Un colloquio che Mosca ha definito «costruttivo», malgrado le riserve avanzate sulla mancata partecipazione dell’Iran, e che apre qualche spiraglio di dialogo in vista di
una buona riuscita del vertice.
I negoziati «non saranno né semplici né rapidi», ma sulla conferenza pesa una «responsabilità storica»
ha dichiarato oggi il ministro degli
Esteri russo, Serghiei Lavrov.
L’obiettivo comune — ha aggiunto
— «è quello di mettere fine al tragico conflitto siriano». Una delle
questioni centrali sul tavolo è quella
del futuro politico del presidente siriano, Bashar Assad, e dei suoi uomini. «Dobbiamo affrontare la realtà — ha detto John Kerry — Assad
non farà parte di questa transizione
politica in Siria perché un uomo
non può tenere un Paese e l’intera
regione in ostaggio». Kerry e
Lavrov hanno avuto ieri sera un incontro preparatorio con il segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-moon.
E proprio Ban Ki-moon, aprendo
stamane i lavori della conferenza,
ha voluto porre l’accento sull’emergenza umanitaria in Siria. Il segretario generale ha lanciato un appello urgente per un accesso umanitario alle centinaia di migliaia di persone che sono da mesi senza assistenza e in gravissime difficoltà.
Ban Ki-moon ha quindi auspicato
che le delegazioni possano lavorare
«seriamente e costruttivamente nel
trovare una soluzione alla crisi».
La lista dei partecipanti alla conferenza, chiamata anche Ginevra 2,
è lunga, ma molte sono le assenze.
A sedersi al tavolo del negoziato
sono i rappresentanti dell’O nu,
dell’Unione europea, dei cinque
membri permanenti del Consiglio
di Sicurezza (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Cina),
della Siria e di altri soggetti internazionali. Nel complesso, sono presenti le delegazioni di circa quaranta Paesi. Per quanto riguarda l’opposizione siriana, il Consiglio nazionale all’ultimo si è tirato indietro, ieri, uscendo dalla Coalizione
nazionale,
l’organizzazione
più
grande, che raccoglie diversi gruppi
dell’opposizione. Non sarà dunque,
quella della Coalizione, una rappresentanza completa. Resterà fuori —
come sottolineano molti analisti —
anche tutta una galassia di gruppi
dell’opposizione attivi sul terreno,
ma che non si riconoscono nel
Consiglio nazionale.
Tra le assenze più significative c’è
quella del Governo iraniano, uno
dei principali alleati del regime siriano. La cancellazione dell’invito a
Teheran da parte di Ban Ki-moon
ha suscitato non poche polemiche,
anzitutto da Mosca, che l’ha definita «un errore». Da parte sua, il presidente iraniano, Hassan Rohani,
ha detto oggi che «ci sono poche
speranze che la Conferenza porti a
una soluzione per il popolo siriano
e contro il flagello del terrorismo».
È una riunione «che è già fallita
senza nemmeno essere iniziata». Il
Governo iraniano si è rifiutato di
accettare come base delle trattative
le decisioni della precedente conferenza internazionale sulla Siria tenutasi nel giugno 2012, la cosiddetta Ginevra 1, che prevedevano
l’uscita di scena di Assad.
Per l’apertura del 44° incontro annuale
del World Economic Forum,
in programma in questi giorni
a Davos-Klosters, in Svizzera, il Papa
ha inviato — tramite il cardinale Peter
Kodwo Appiah Turkson, presidente
del Pontificio Consiglio della giustizia
e della pace — il messaggio che
pubblichiamo in una traduzione italiana.
Al Professor Klaus SCHWAB
Presidente esecutivo
del World Economic Forum
La ringrazio vivamente per il Suo
cortese invito a rivolgermi all’incontro annuale del World Economic Forum, che, come al solito, si terrà a
Davos-Klosters alla fine del mese
corrente. Confidando che l’incontro
sarà un’occasione per una più approfondita riflessione sulle cause della
crisi economica che ha interessato
tutto il mondo negli ultimi anni, vorrei offrire alcune considerazioni nella
speranza che possano arricchire i dibattiti del Forum e fornire un utile
contributo al suo importante lavoro.
Il nostro è un tempo caratterizzato
da notevoli cambiamenti e da significativi progressi in diversi campi, con
importanti conseguenze per la vita
degli uomini. In effetti, «si devono
lodare i successi che contribuiscono
al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione»
(Evangelii gaudium, 52), come pure in
tanti altri campi dell’agire umano, e
occorre riconoscere il ruolo fondamentale che l’imprenditoria moderna
ha avuto in tali cambiamenti epocali,
stimolando e sviluppando le immense
risorse dell’intelligenza umana. Tuttavia, i successi raggiunti, pur avendo
ridotto la povertà per un grande numero di persone, non di rado hanno
portato anche ad una diffusa esclusione sociale. Infatti, la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continua a vivere ancora
una quotidiana precarietà, con conseguenze spesso drammatiche.
In questa sede, desidero richiamare
l’importanza che hanno le diverse
istanze politiche ed economiche nella
promozione di un approccio inclusivo, che tenga in considerazione la dignità di ogni persona umana e il bene comune. Si tratta di una preoccu-
Nel 2014 previsto il rimpatrio di ventiseimila angolani
Profughi che tornano
pazione che dovrebbe improntare
ogni scelta politica ed economica, ma
a volte sembra solo un’aggiunta per
completare un discorso. Coloro che
hanno incombenze in tali ambiti hanno una precisa responsabilità nei confronti degli altri, particolarmente di
coloro che sono più fragili, deboli e
indifesi. Non si può tollerare che migliaia di persone muoiano ogni giorno di fame, pur essendo disponibili
ingenti quantità di cibo, che spesso
vengono semplicemente sprecate. Parimenti, non possono lasciare indifferenti i numerosi profughi in cerca di
condizioni di vita minimamente degne, che non solo non trovano accoglienza, ma non di rado vanno incontro alla morte in viaggi disumani. Sono consapevole che queste parole sono forti, persino drammatiche, tuttavia esse intendono sottolineare, ma
anche sfidare, la capacità di influire
di codesto uditorio. Infatti, coloro
che, con il loro ingegno e la loro abilità professionale, sono stati capaci di
creare innovazione e favorire il benessere di molte persone, possono dare
un ulteriore contributo, mettendo la
propria competenza al servizio di
quanti sono tuttora nell’indigenza.
Occorre, perciò, un rinnovato, profondo ed esteso senso di responsabilità da parte di tutti. «La vocazione
di un imprenditore è — infatti — un
nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio
della vita» (Evangelii gaudium, 203).
Ciò consente a tanti uomini e donne
di servire con più efficacia il bene comune e di rendere più accessibili per
tutti i beni di questo mondo. Tuttavia, la crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica,
benché la presupponga. Essa esige
anzitutto «una visione trascendente
della persona» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 11), poiché «senza la
prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro» (ibid.). Parimenti, richiede decisioni, meccanismi e
processi volti a una più equa distribuzione delle ricchezze, alla creazione di opportunità di lavoro e a una
promozione integrale dei poveri che
superi il mero assistenzialismo.
Sono convinto che a partire da tale
apertura alla trascendenza potrebbe
formarsi una nuova mentalità politica
ed imprenditoriale, capace di guidare
tutte le azioni economiche e finanziarie nell’ottica di un’etica veramente
umana. La comunità imprenditoriale
internazionale può contare su molti
uomini e donne di grande onestà e
integrità personale, il cui lavoro è
ispirato e guidato da alti ideali di
giustizia, generosità e preoccupazione
per l’autentico sviluppo della famiglia umana. Vi esorto, perciò, ad attingere a queste grandi risorse morali
e umane, e ad affrontare tale sfida
con determinazione e con lungimiranza. Senza ignorare, naturalmente,
la specificità scientifica e professionale di ogni contesto, vi chiedo di fare
in modo che la ricchezza sia al servizio dell’umanità e non la governi.
Signor Presidente, cari amici,
Confidando che in queste mie brevi parole possiate scorgere un segno
di sollecitudine pastorale e un contributo costruttivo affinché le Vostre attività siano sempre più nobili e feconde, desidero rinnovare il mio augurio
per il felice esito dell’incontro, mentre
invoco la benedizione divina su di
Lei, sui partecipanti al Forum, come
pure sulle Vostre famiglie e attività.
Vaticano, 17 Gennaio 2014
Le relazioni
con la Comunione anglicana
e il Consiglio metodista mondiale
Coincidenze
e priorità in comune
y(7HA3J1*QSSKKM( +[!"!#!?!%!
ANTHONY CURRER
A PAGINA
6
Una metafora musulmana
che parla a tutti i cristiani
Quel lembo di terra
chiamato ecumenismo
Ban Ki-moon alla conferenza di Montreux (LaPresse/Ap)
ALBERTO FABIO AMBROSIO
A PAGINA
7
LUANDA, 22. Oltre ventiseimila rifugiati angolani, fuggiti in Zambia,
Sud Africa, Repubblica Democratica del Congo e Botswana durante la guerra, torneranno a casa nel
2014. Lo ha reso noto oggi l’Alto
commissariato Onu per i rifugiati
(Unhcr), che sta lavorando in
stretta collaborazione con il Governo dell’Angola per sostenere il
rimpatrio volontario. Si stima che
ogni settimana si registrerà il rimpatrio di 1.200 angolani: rimpatrio
che interessa, anzitutto, la provincia settentrionale dell’Uige. «Chi
vorrà restare nel Paese di accoglienza potrà farlo e otterrà lo status di residente, ma chi vorrà tornare sarà rimpatriato in forma organizzata e volontaria» ha spiegato
Hans
Lunshof,
rappresentante
dell’Unhcr. I conflitti che si sono
susseguiti in Angola tra il 1961 e il
2002 hanno provocato la fuga di
quattro milioni di persone e l’esilio
di altre seicentomila.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto in
udienza, nel pomeriggio di martedì
21, Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor Nunzio Galantino, Vescovo di Cassano all’Ionio, e Segretario Generale «ad interim» della Conferenza Episcopale Italiana.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
giovedì 23 gennaio 2014
L’Unione europea condanna l’uso della forza e chiede di porre immediatamente fine alle violenze
Visita a Bruxelles del premier turco
Tre manifestanti muoiono
negli scontri con la polizia a Kiev
Erdoğan rassicura
l’Ue
sulle riforme
KIEV, 22. Si aggrava la crisi in
Ucraina: sono almeno tre i manifestanti morti — due dei quali per ferite d’arma da fuoco — nei violenti
scontri con le forze di sicurezza iniziati questa notte e proseguiti in
giornata a Kiev. A comunicarlo è
stata la procura generale in una nota. Due dimostranti hanno riportato
ferite di arma da fuoco al torace e
alla testa. Un terzo è invece deceduto dopo essere caduto dalla colonnata all’ingresso dello stadio della Dinamo.
La battaglia nel cuore di Kiev tra
migliaia di manifestanti antigovernativi e le unità speciali della Berkut,
la polizia anti-sommossa, dura da
diverse ore. La polizia ha smantellato le barricate erette dai dimostranti
europeisti lungo la strada che conduce alla sede della Rada, il Parlamento ucraino. La folla — migliaia
di dimostranti — non è rimasta inerte e, proteggendosi ancora una volta
dietro alle carcasse carbonizzate degli autobus dati alle fiamme, ha reagito dando vita a ulteriori disordini
e bersagliando con pietre e bottiglie
incendiarie gli agenti.
L’Unione europea ha intanto chiesto al Governo ucraino di porre immediatamente fine alle violenze che
stanno causando vittime nel Paese.
«Tutti gli atti di violenza devono
cessare immediatamente, devono essere avviate subito indagini sull’accaduto e i responsabili ne dovranno rispondere», ha scritto oggi in una
nota l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune
dell’Ue, Catherine Ashton.
Le notizie provenienti da Kiev
sulle vittime degli incidenti di piazza
è fonte di «grande preoccupazione»,
ha sottolineato Ashton la quale
«condanna con forza» l’escalation
nella capitale ucraina. «L’uso della
forza non è una risposta alla crisi
politica. Il diritto di riunione dei cittadini ucraini e le libertà d’espressione e di stampa devono essere pienamente rispettate e protette». Sono
molto preoccupata — ha aggiunto
Ashton — «dalle notizie di attacchi
ai giornalisti e di quelle relative alla
scomparsa di alcune persone». Il capo della diplomazia dell’Ue ha concluso lanciando un appello al Go-
Guerriglia urbana nella capitale ucraina (Afp)
verno e all’opposizione affinché intraprendano un «vero dialogo» ai
massimi livelli al fine di trovare una
soluzione alla crisi che «risponda alle aspirazioni» della popolazione.
«Siamo scioccati per la morte dei
manifestanti in Ucraina». Alla luce
degli ultimi avvenimenti «stiamo valutando la possibilità di azioni da
intraprendere come Ue e le conseguenze che queste avrebbero nelle
CITTÀ DEL MESSICO, 22. L’Esecutivo messicano ha definito insieme ai governatori di sei Stati limitrofi a quello di Michoacán
(Jalisco, Guerrero, Guanajuato,
México, Colima e Querétaro) un
piano per fronteggiare la violenza. L’accordo prevede operazioni
coordinate delle forze di sicurezza locali, con l’appoggio della
polizia federale, la marina e
l’esercito — che includono un rafforzamento della vigilanza aerea e
terrestre — con l’obbiettivo di evitare che le bande di narcotrafficanti del Michoacán estendano le
loro attività a zone vicine.
NEW YORK, 22. L’epidemia di colera rischia di peggiorare e di diffondersi ad altri Paesi se non si stanziano dei fondi supplementari per la
prevenzione. Lo ha affermato il
coordinatore delle Nazioni Unite
per la lotta contro il colera ad Haiti,
Pedro Medrano. In un colloquio
con l’Afp, Medrano ha sottolineato
che «la situazione è molto grave ed
Tolima, circa 250 chilometri a sudovest della capitale, Bogotá.
Lo hanno confermato alla stampa
fonti del Comando generale delle
forze armate. «L’operazione è stata
condotta dopo un intenso lavoro di
intelligence da parte della polizia
nazionale, che ha permesso di stabilire la presenza di una concentrazione di terroristi delle Farc», si legge
nel comunicato, nel quale si precisa
che altri cinque guerriglieri sono stati catturati dai soldati.
Secondo i militari, i guerriglieri
delle Farc appartenevano a due unità del gruppo armato (le colonne di
Marquetalia e di Alfredo Gonzáles),
che si apprestavano a lanciare azioni
terroristiche nella regione di Toliba.
Altri guerriglieri sono stati uccisi nei
giorni scorsi, nell’ambito di una più
vasta offensiva dell’esercito di
Bogotá nel dipartimento orientale di
Arauca. Nonostante tutto, il presidente colombiano, Juan Manuel
Santos, si è detto ottimista sulle prospettive dei colloqui con i ribelli
delle Farc, in corso di svolgimento a
Cuba. «Ritengo che la pace si firmerà quest’anno. Abbiamo fatto progressi su due punti cruciali, molto
complessi, e stiamo andando avanti
sul terzo» ha precisato Santos — in
lizza alle presidenziali in programma
il 25 maggio prossimo — in un’intervista rilasciata all’emittente locale
Caracol Tv.
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
00120 Città del Vaticano
[email protected]
http://www.osservatoreromano.va
dettagliate sui nostri suggerimenti
alla bozza di legge».
Le modifiche sulla base delle
raccomandazioni dell’Ue «sono
state già apportate», ha dal canto
suo garantito Erdoğan, assicurando
l’apertura a nuovi cambiamenti del
testo. Il premier sarà ora impegnato a fare opera di convincimento
nei confronti di Francia e Germania. La prima tappa è la visita ad
Ankara del presidente francese,
François Hollande, la prossima settimana, a distanza di 22 anni
dall’ultima visita di un capo di Stato francese. A febbraio sarà invece
Erdoğan a recarsi in Germania.
Rischia di diffondersi
l’epidemia di colera ad Haiti
Guerriglieri delle Farc
uccisi in Colombia
Piano
contro la violenza
in Messico
BRUXELLES, 22. Il premier turco,
Recep Tayyip Erdoğan, ha incontrato ieri a Bruxelles tutti i leader
delle istituzioni dell’Ue e li ha rassicurati sulle riforme politiche che
Ankara intende portare avanti per
l’ingresso della Turchia nell’Unione
europea.
«I progressi nei negoziati di adesione e i progressi nelle riforme politiche in Turchia sono due facce
della stessa medaglia», ha avvertito
il presidente dell’Ue, Herman Van
Rompuy, dopo l’incontro con
Erdoğan. «Le preoccupazioni ci
sono sempre, ma abbiamo avuto
rassicurazioni», riferiscono fonti
comunitarie, che ora attendono di
vedere i prossimi sviluppi.
In particolare Bruxelles sta monitorando il disegno di legge sulla
giustizia presentato al Parlamento
di Ankara subito dopo lo scandalo
sulla corruzione che ha toccato il
Governo turco. L’Unione europea
ritiene che la Turchia abbia apportato miglioramenti, ma «c’è ancora
spazio per farne altri» ha detto
Van Rompuy. Non a caso il commissario europeo all’Allargamento,
Stefan Füle, incontra oggi, per la
seconda volta in 24 ore, il ministro
turco agli Affari europei, Mevlüt
Çavuşoğlu, «per discussioni più
L’Onu chiede fondi supplementari per la prevenzione
Ma per Santos pace possibile entro l’anno
BO GOTÁ, 22. Almeno sette guerriglieri delle milizie marxiste delle
Forze armate rivoluzionarie della
Colombia (Farc) sono morti ieri in
un bombardamento condotto dall’esercito colombiano nel comune di
Planadas, nella regione andina di
relazioni con il Paese». Lo ha annunciato oggi il presidente della
Commissione europea, José Manuel
Durão Barroso, in una conferenza
stampa a Bruxelles. «La situazione
in Ucraina è peggiorata, ed è responsabilità del Governo nazionale
risolvere questa crisi e avviare un
dialogo con la società civile».
I sanguinosi disordini delle ultime
ore a Kiev giungono dopo una bre-
ve tregua e l’avvertimento minaccioso giunto ieri sera da parte dal premier ucraino, Mikola Azarov, ai manifestanti: basta «provocazioni o saremo costretti a usare la forza». A
dispetto dei tentativi di dialogo e
dei contatti degli ultimi giorni con
esponenti dell’opposizioni, la situazione appariva ieri sera molto tesa.
«Se i provocatori non si fermano —
aveva sottolineato a fine giornata
Azarov — le autorità non avranno altra scelta che utilizzare la forza
nell’ambito della legge per garantire
la sicurezza della popolazione».
Il presidente ucraino, Viktor
Ianukovich, ha in queste ore convocato per un colloquio sulla crisi i tre
principali leader delle forze di opposizione: lo ha annunciato Arseniy
Yatsenyuk, già ministro dell’Economia e ora alla testa del partito Patria, dell’ex premier Yulia Tymoshenko, attualmente in carcere. Con lui
ci saranno anche Vitaly Klitschko,
dell’Alleanza democratica Ucraina
per le Riforme, e Oleh Tiahnybok
dei nazionalisti di Svoboda. Lo stesso presidente frattanto ha esortato i
manifestanti a non seguire i «politici
radicali», esprimendo al contempo le
proprie condoglianze ai familiari dei
tre dimostranti che hanno perso la
vita nelle ultime ore nei violenti
scontri con la polizia a Kiev.
è urgente trovare finanziamenti prima dell’inizio della stagione delle
piogge, in maggio, per acquistare
antibiotici e depuratori e per assumere del personale».
L’epidemia ha fatto più di 8.300
morti dall’ottobre del 2010 e infettato più di 680.000 persone. Un’inchiesta del Centro americano di prevenzione e di controllo delle malattie ha concluso che il colera — per
cento anni, prima del 2010, nessuna
epidemia del genere era stata registrata ad Haiti — era stato introdotto dai caschi blu nepalesi.
L’epidemia si è diffusa molto velocemente a causa delle precarie
condizioni in cui la popolazione vive in seguito al terremoto, molte
persone sono infatti ancora costrette
a vivere nei campi di accoglienza,
dove le carenze di adeguati servizi
igienico-sanitari e l’inquinamento
dell’acqua favoriscono la diffusione
del colera. Purtroppo molti decessi
avvengono anche negli ospedali,
perché il servizio sanitario nazionale
non è in grado di rispondere
all’emergenza, a causa della carenza
di strumenti adeguati.
L’anno scorso si sono registrati
più di 65.000 casi e 550 persone sono morte. Secondo Medrano, se
non aumenteranno i finanziamenti il
numero dei casi potrebbe raddoppiare quest’anno e il bilancio delle
vittime quadruplicare.
Stati Uniti ghiacciati
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Una donna rovista tra i rifiuti a Port-au-Prince (LaPresse/Ap)
WASHINGTON, 22. Una nuova ondata di gelo sta investendo gran parte
degli Stati Uniti. Con ancora vivo il
ricordo delle conseguenze del Polar
Vortex, che ha colpito il Paese all’inizio del mese, ora è arrivato il Polar
Blast, pronto a flagellare il Midwest
e la costa orientale. La colonnina di
mercurio dovrebbe scendere fino a
quaranta gradi sotto zero in molte
aree urbane. Abbondanti nevicate si
sono già verificate in molte città.
Fra queste New York, dove il traffico è andato in tilt. Anche l’attività
pubblica è stata paralizzata: in numerosi centri uffici e scuole hanno
direttore responsabile
direttore generale
dovuto chiudere. Si stima che i voli
cancellati siano già oltre 2.30o, e per
i prossimi giorni si prevedono pesanti disagi per chi viaggia. Intanto
in diciassette Stati è emergenza riscaldamento, con i rifornimenti di
gas resi difficili dalle strade ghiacciate e innevate. Le autorità hanno
quindi invitato la popolazione a limitare l’uso del riscaldamento, come
in Ohio. Il gelo che, come hanno
annunciato i metereologi, non risparmierà nemmeno la Florida, rischia di durare a New York per
molti giorni. E a Washington si prevede la peggior tempesta di neve
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
BUDAPEST, 22. La propaganda
elettorale in Ungheria sarà limitata. Lo prevede la nuova legge
approvata in vista delle legislative del prossimo arile. Parallelamente anche il codice della strada limita l’affissione di manifesti
e cartelli elettorali sulle grandi
arterie, manifesti che, secondo
gli autori della nuova normativa,
potrebbero distogliere gli autisti
dalla guida. Tutti i media che
vorranno pubblicare materiale
elettorale dovranno mettersi in
lista per l’autorizzazione presso
la commissione nazionale elettorale. La propaganda elettorale
potrà essere vietata o sanzionata
se presentata oltre i termini della registrazione, previsti per venerdì prossimo. Le lezioni in
Ungheria sono state convocate
dal presidente János Áder per il
6 aprile. In gioco è la riconferma o meno della politica del
premier, Viktor Orbán, favorito
nei sondaggi. Il principale sfidante sarà il socialista Attila
Mesterhazy scelto da una lista
composta da forze dell’opposizione: socialisti, centristi, liberali
e parte dei verdi.
Il Senato italiano
cancella il reato
di clandestinità
Temperature fino a quaranta gradi sotto zero
GIOVANNI MARIA VIAN
Nuova legge
sulla propaganda
elettorale
in Ungheria
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
dal 2001, quando il manto nevoso
raggiunse i tredici centimetri di altezza. Secondo il servizio metereologico nazionale, la neve di queste ore
sarà seguita da un fronte di aria gelida proveniente dall’Artico, che
porterà venti eccezionalmente freddi. E mentre una parte del Paese è
alle prese con un’eccezionale ondata
di maltempo e temperature ben al
di sotto della media stagionale, l’altra parte, la West Coast, ha invece il
problema opposto, quello delle temperature al di sopra della media invernale, con notevoli disagi per la
siccità e gli incendi in diverse zone.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
ROMA, 22. L’immigrazione clandestina sarà reato solo se recidiva. Passa al Senato il disegno di
legge delega sulle misure alternative che comprende anche la
cancellazione del reato di clandestinità. A favore hanno votato, ieri, 182 senatori, 16 i contrari e sette gli astenuti. Viene così
abrogato il carattere penale del
reato di immigrazione clandestina, che si trasforma in un illecito amministrativo. Ora il disegno di legge dovrà tornare alla
Camera. Soddisfazione del ministro per l’Integrazione, Cécile
Kyenge, secondo la quale «l’ampia maggioranza espressa al Senato è indice di civiltà e rispetto
delle diversità: un ulteriore passo in avanti che ci avvicina
all’Europa». E sempre in tema
di immigrazione, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, è intervenuto ieri in commissione al
Senato. «Dobbiamo impegnarci
— ha detto — perché il 2014 sia
l’anno del Mediterraneo, la necessità nasce da un Mediterraneo in fiamme, con la situazione
libica sempre più compromessa,
senza ormai controllo del territorio», oltre alla questione siriana.
Concessionaria di pubblicità
Il Sole 24 Ore S.p.A
System Comunicazione Pubblicitaria
Aziende promotrici della diffusione de
«L’Osservatore Romano»
Intesa San Paolo
Alfonso Dell’Erario, direttore generale
Romano Ruosi, vicedirettore generale
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
Società Cattolica di Assicurazione
[email protected]
Banca Carige
Credito Valtellinese
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 23 gennaio 2014
pagina 3
Situazione tesa in vista del voto del 2 febbraio
Ma la protesta dell’opposizione non si ferma
Stato di emergenza
a Bangkok
Arresti in Cambogia
BANGKOK, 22. Per garantire l’ordine
pubblico in vista delle elezioni anticipate del 2 febbraio, il Governo
thailandese ha decretato sessanta
giorni di stato di emergenza a
Bangkok e nelle zone limitrofe, con
l’obiettivo di fermare l’ondata di
proteste che sta invadendo le strade
della capitale da settimane. Lo ha
annunciato il vice premier, Surapong Tovichakchaikul.
Il provvedimento — che fa seguito
alle proteste di piazza in corso da
novembre, spesso degenerate in vio-
Rapporti
più stretti
tra Arabia Saudita
e Pakistan
ISLAMABAD, 22. Il primo ministro
pakistano, Nawaz Sharif ha auspicato ieri relazioni sempre più
strette con l’Arabia Saudita, nella
consapevolezza che il Pakistan
può ricavare da questa intesa benefici sul piano politico e sociale.
Durante un incontro, a Islamabad, con il principe Suleman bin
Sultan bin Abdul Aziz, viceministro della Difesa, il premier pakistano ha sottolineato che i due
Paesi sono uniti da legami storici,
nonché da mutua fiducia e rispetto. Quando assunse la carica
di primo ministro, nel maggio
scorso, Sharif aveva messo subito
in chiaro che fra le priorità del
Governo figura la politica estera.
L’obiettivo è quello di promuovere il ruolo del Pakistan come interlocutore affidabile nello scenario internazionale, ben sapendo
l’importanza strategica che Islamabad riveste anzitutto nella regione. E nell’incontro con il viceministro della Difesa, Sharif ha
elogiato l’impegno dell’Arabia
Saudita nella lotta al terrorismo.
E in merito il premier ha evidenziato l’urgenza di intensificare la
lotta al terrorismo nel proprio
Paese. Di fronte ai ripetuti attacchi compiuti dai talebani con il
dichiarato proposito di destablizzare il territorio, Sharif ha affermato che il Paese deve essere
unito in modo da porsi come baluardo contro l’azione condotta
dai miliziani. Sharif ha quindi ribadito un concetto già espresso
più volte in passato, cioè che
nell’agenda del Governo la lotta
contro il terrorismo riveste sempre la massima priorità. Il premier ha poi rivolto un’invito ai
partiti a creare un fronte comune
nell’ambito di questa lotta, perché, ha sottolineato, occorre lanciare ai talebani un messaggio
chiaro in termini di coesione e
cooperazione anche a livello
strettamente politico.
Tuttavia anche oggi il territorio
pakistano è stato segnato dalle
violenze. Cinque poliziotti e un
bambino sono morti in seguito
all’esplosione di un ordigno, sul
ciglio della strada, nella città di
Charsadda.
lenti scontri con le forze dell’ordine
e a blocchi stradali nella capitale —
garantisce maggiori poteri alle forze
di sicurezza, come quello di imporre
dei coprifuoco, censurare i media o
impedire gli assembramenti di più
di cinque persone.
La premier, Yingluck Shinawatra,
è contestata dai manifestanti, che
hanno l’appoggio dell’establishment, nonostante abbia convocato
le elezioni anticipate. Dal 13 gennaio scorso, le opposizioni hanno
organizzato manifestazioni in serie,
causando spesso la paralisi nella capitale. La grave crisi politico-istituzionale ha provocato finora nove
morti e oltre 500 feriti.
I manifestanti — che tuttora occupano diversi incroci chiave di
Bangkok — chiedono le dimissioni
della premier (sorella del magnate
Thaksin, in esilio all’estero dopo
una condanna per corruzione sette
anni fa) e l’istituzione di un Consiglio del popolo nominato dall’alto,
con il compito di attuare riforme.
Yingluck ha sempre respinto l’ipotesi di rassegnare le dimissioni, offrendo invece nuove elezioni anticipate,
che saranno però boicottate dal
principale partito di opposizione.
Chalerm Yubamrung, il ministro
a cui è stata assegnata la supervisione dello stato di emergenza, ha specificato che il Governo non intende
Una manifestante fermata dalla polizia a Phnom Penh (Reuters)
PHNOM PENH, 22. Undici persone sono state arrestate
ieri in Cambogia mentre cercavano di consegnare ad alcune ambasciate straniere a Phnom Penh una petizione
per chiedere il sostegno delle diplomazie internazionali
alla scarcerazione di ventitré oppositori, arrestati di recente durante le proteste anti-governative. Tra le ambasciate che il gruppo ha cercato di raggiungere, anche
quelle statunitense e francese.
Le proteste vanno avanti da settimane con l’obiettivo
di convincere il premier, Hun Sen, alle dimissioni. Alle
dimostrazioni si sono aggiunte quelle dei lavoratori del
tessile, in agitazione da quando sono stati diffusi i risultati delle elezioni di luglio, favorevoli ancora una volta
al premier, ma il cui risultato è stato — per le opposizioni — dettato da brogli e intimidazioni. In base a quel
voto, il Partito del popolo cambogiano del primo ministro detiene ora 68 seggi, contro i 55 del principale movimento di opposizione, il Partito per la salvezza nazionale della Cambogia, guidato da Sam Rainsy. Per il
premier, si tratta di una maggioranza più ridotta del solito nei suoi 28 anni al Governo.
Il rappresentante delle Nazioni Unite denuncia torture e maltrattamenti per i prigionieri
Cinquemila detenuti nelle mani delle milizie libiche
Un miliziano in un carcere a Tripoli (LaPresse/Ap)
Il Governo somalo ottiene
la fiducia del Parlamento
MO GADISCIO, 22. Con 186 voti a
favore e 46 contrari, il nuovo
Governo della Somalia, guidato dal
premier, Abdiweli Ahmed, ha
ottenuto ieri la fiducia del Parlamento.
I deputati — informano fonti
giornalistiche — hanno espresso il
proprio sostegno all’Esecutivo dopo
che Ahmed, nel suo discorso programmatico, aveva sottolineato di
ritenere la sicurezza ancora la questione prioritaria per la Somalia.
Il voto del Parlamento è stato definito un segno di maturità e responsabilità dal presidente della
Repubblica, Hassan Mohamud.
Secondo il capo dello Stato, il
nuovo Governo — 25 ministri, 25
sottosegretari e cinque personalità
di spicco con incarichi speciali —
dovrà riformare la finanza pubblica
e avviare la raccolta delle imposte,
«un passaggio decisivo — ha preci-
usare la forza: «Non abbiamo una
politica di dispersione dei manifestanti» ha dichiarato. Il leader della
protesta, Suthep Thaugsuban, ha
reagito aspramente alla decisione,
minacciando di togliere le forniture
di acqua ed elettricità ai ministeri.
L’ultimo stato di emergenza a
Bangkok fu proclamato nel 2010,
quando Suthep era vice premier e le
strade della capitale occupate dalle
camicie rosse del nord-est rurale,
che sostenevano Thaksin. La crisi si
risolse dopo molte settimane, con 91
morti e 2.000 feriti.
Ma stavolta, Yingluck ha già detto che alle forze armate — per quanto divise e sospettate di pendere
dalla parte dei manifestanti — non
verranno dati maggiori poteri.
È possibile che la proclamazione
dello stato di emergenza non cambi
di molto lo stallo sul campo. L’impressione è che le parti in causa
stiano attendendo che qualche decisione possa sbloccare l’impasse.
Uno sviluppo messo in conto è
quello di un rinvio delle elezioni,
proprio in ragione dello stato di
emergenza.
La Commissione elettorale propone da tempo tale soluzione, trovandosi però di fronte un Governo che
vuole andare al voto perché ritiene
di poterlo vincere, specie alla luce
del boicottaggio dell’opposizione.
sato Mohamud — per la piena ripresa e lo sviluppo economico».
Secondo alcuni osservatori internazionali, il Governo è stato
ampliato rispetto a quello precedente di Abdi Farah Shirdon (sfiduciato dal Parlamento di Mogadiscio agli inizi di dicembre dello
scorso anno) con l’intenzione di bilanciare gli interessi e la rappresentanza dei principali clan del Paese
africano.
Nel ribadire l’impegno di Roma
a favore della Somalia e imprimere
nuovo slancio al processo di stabilizzazione, il ministro degli Esteri
italiano, Emma Bonino, ha chiesto
che presidente e primo ministro lavorino insieme per rafforzare le
condizioni di sicurezza nel Paese e
favorire il dialogo, ponendo le basi
per istituire un efficace sistema federale e garantire la piena tutela dei
diritti umani.
L’Africa
invitata
alla Casa Bianca
WASHINGTON, 22. Il presidente
statunitense, Barack Obama, ha
invitato i leader africani a partecipare a un vertice fra Stati Uniti e
Africa che si terrà a Washington il
5 e 6 agosto. Lo ha annunciato ieri la Casa Bianca. L’obiettivo del
summit — si legge in una nota — è
quello di rafforzare ulteriormente i
legami tra Stati Uniti e Africa, che
viene definita «una delle regioni
del mondo più dinamiche e in rapida crescita». Durante il vertice,
spiega sempre la nota, si partirà
dai progressi fatti durante il viaggio di Obama in Africa la scorsa
estate, approfondendo in particolare i temi del commercio e degli
investimenti nel continente. La
Casa Bianca conferma poi l’impegno degli Stati Uniti sul fronte
della sicurezza in Africa.
TRIPOLI, 22. Sono ancora ottomila le
persone detenute in Libia dalla rivolta contro Gheddafi nel 2011: lo
stima Human Rights Watch nel suo
rapporto annuale pubblicato ieri.
«Tremila persone sono in custodia
del Governo, altre cinquemila nelle
mani delle milizie, in carceri dove
continuano abusi e morti sospette»,
si legge nel testo, che denuncia come oltre trentamila persone di
Tawergha «siano impedite a far rientro nelle proprie case dalle milizie
armate di Misurata».
Già nelle scorse settimane l’inviato
delle Nazioni Unite in Libia, Tareq
Metri, aveva affermato come «la
condizione dei detenuti nelle carceri
libiche è fonte di grande preoccupazione». In un recente rapporto reso
noto dalla commissione Onu presieduta dallo stesso Tareq Metri, emerge che «la maggior parte di questi
prigionieri sono detenuti dalle milizie armate e attendono di sapere di
cosa sono accusati in assenza di un
processo o regolari interrogatori a
causa del mancato controllo da parte
dello Stato». Nel rapporto delle Nazioni Unite emerge anche l’esistenza
di «prove inconfutabili» di torture o
maltrattamenti che avrebbero causato la morte in prigione di almeno 27
persone. Da parte sua, il Governo di
Tripoli ha accolto positivamente il
rapporto della commissione dell’O nu.
Oltre alla mancanza di sicurezza
in Libia — è di almeno cinque morti
e oltre venti feriti il bilancio degli
scontri di ieri a ovest di Tripoli tra
ex tuwar (ribelli) e nostalgici di
Gheddafi — resta endemica l’instabilità politica. Una mozione di sfiducia al premier, Ali Zeidan, ha ieri ottenuto solo 99 firme, al di sotto delle 120 che rappresentano il quorum
necessario, ma il partito per la Giustizia e lo Sviluppo, braccio politico
dei Fratelli musulmani, ha annunciato le dimissioni dei propri 5 ministri,
tra i quali quello del Petrolio.
Zeidan può contare ora solo su 66
voti in Parlamento su 194, il che rende impossibile l’azione di Governo.
L’instabilità ha lasciato mano libera
a vendette personali e politiche dal
sapore ideologico e le autorità sono
incapaci di imporre l’ordine con la
forza, anche nella Cirenaica che reclama il federalismo.
Il premier ha infatti spiegato che
un’azione di forza contro le milizie
di Bengasi, che rivendicano il diritto
di gestire autonomamente le importanti ricchezze petrolifere della regione, è rimandata perché lo chiede
Abdul Jalil, presidente del Consiglio
nazionale di transizione (Cnt) che
guidò alla vittoria i ribelli libici nel
2011. Secondo gli osservatori è un
tentativo di sviare l’attenzione dall’incapacità del Governo di riprendere il controllo della situazione. Il
quadro è quello di un Paese sempre
più frammentato, che rischia di scivolare verso una condizione di instabilità non più controllabile.
Approvato l’invio
di truppe in Sud Sudan
JUBA, 22. L’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), che raggruppa sette Paesi dell’Africa
dell’est, ha approvato oggi l’invio
di truppe in Sud Sudan, dove infuria la guerra, ad appena sei anni e
mezzo dall’ultraventennale conflitto
con Khartoum e due anni e mezzo
dall’indipendenza proclamata nel
luglio del 2011. In un comunicato
diffuso dall’Igad si legge che è stata
adottata una risoluzione che autorizza l’invio di 5.500 soldati in Sud
Sudan. Non si esclude che nelle
prossime settimane possa essere
adottata un’altra risoluzione per il
via libera all’invio di un altro, robusto nucleo di militari.
La situazione nel Paese, del resto,
rende necessario un aiuto esterno,
in modo da scongiurare un aggravamento della crisi. La guerra civile, scoppiata a metà dicembre tra i
reparti dell’esercito fedeli al Governo del presidente Salva Kiir
Mayardit e quelli che fanno riferimento all’ex vicepresidente, Rijek
Machar, sta avendo ripercussioni
drammatiche. Si stima infatti che
siano oltre mezzo milione gli sfollati. Inoltre, con il conflitto in corso
è assai arduo per le agenzie
dell’Onu e per le organizzazioni
umanitarie prestare soccorso alla
popolazione.
Molti hanno trovato rifugio nelle
basi delle Nazioni Unite, ma i campi profughi sono ormai allo stremo
a causa del continuo afflusso di
persone. Non mancano poi i saccheggi ai depositi di cibo. Si lavora
nel frattempo sul piano negoziale
per tentare di fermare il conflitto.
Da Addis Abeba, dove da due settimane è stato convocato un negoziato, sono anche giunte dichiarazioni
improntate a un cauto ottimismo:
ma, al momento, le parti non pensano a deporre le armi.
Raid
israeliano
sulla Striscia
di Gaza
TEL AVIV, 22. Nuovo raid aereo
israeliano sulla Striscia di Gaza.
Questa mattina due palestinesi sono rimasti uccisi quando un missile israeliano ha centrato la loro
auto parcheggiata nei pressi di
Beit Hanoun, nel settore orientale
della Striscia. Ne ha dato conferma la radio militare israeliana. Le
vittime militavano nei ranghi della
Jihad Islamica e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Secondo l’esercito israeliano, sarebbero stati autori di numerosi attacchi con razzi contro il
territorio d’Israele, in particolare il
Neghev.
Il clima al confine tra la Striscia
di Gaza e Israele è tornato a essere incandescente da alcuni giorni.
Ieri due missili sono stati lanciati
contro la località israeliana di
Eilat sul mar Rosso, colpendo
un’area desertica e senza provocare danni o vittime. E sempre
ieri una bomba è esplosa nei pressi della frontiera, vicino a una pattuglia
israeliana.
Il
premier
Benyamin Netanyahu ha ammonito Hamas — la fazione palestinese
che controlla la Striscia di Gaza
dal giugno del 2006 — e le altre
organizzazioni attive nel territorio,
minacciando nuove azioni militari.
«Se hanno dimenticato la lezione
— ha detto il leader del Likud —
gliela ricorderemo molto duramente e molto presto».
I servizi di sicurezza di Hamas
hanno dispiegato forze lungo le
maggiori arterie stradali al confine
con Israele nel tentativo di prevenire un’escalation delle violenze.
Centinaia di uomini sono stati
schierati nell’area in modo da evitare possibili scontri.
La tensione tra Gaza e Israele
rischia di creare nuove ombre sui
negoziati di pace mediati dagli
Stati Uniti. E sempre ieri è giunta
la decisione del Governo Netanyahu di approvare un piano per
la costruzione di altri 381 nuovi alloggi israeliani a Givat Zeev, in
Cisgiordania, non lontano da
Ramallah. Una mossa subito condannata dal negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, secondo il
quale i palestinesi non accetteranno mai di sedersi al tavolo delle
trattative fino a quando Israele
porterà avanti i suoi progetti edilizi in Cisgiordania e a Gerusalemme est. La questione degli insediamenti è uno dei punti nodali del
contenzioso tra israeliani e palestinesi: su questo nodo si concentrerà l’azione diplomatica del segretario di Stato americano, John
Kerry, che a breve tornerà nella
regione.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 23 gennaio 2014
Quando Dio irrompe nella vita di un uomo
Troppa luce
di GIANFRANCO RAVASI
gni volta che
sento squillare
il
telefono,
corro con la
speranza, ogni
volta delusa, che possa essere Dio a
telefonarmi o almeno uno dei suoi
angeli di segreteria». Così rispondeva con candore e ironia Ionesco a un
giornalista che lo interrogava sul suo
rapporto con la fede. D’altronde, negli ultimi anni della sua vita egli si
era lasciato conquistare dai temi religiosi, al punto tale che uno storico
francese suo amico mi confessava
che, quando entrava nella biblioteca
«O
Chateaubriand descriveva
l’esperienza della sua conversione
con due soli verbi
«Ho pianto e ho creduto»
del celebre drammaturgo, gli sembrava di essere nella stanza più di
un teologo o mistico che non di un
letterato. In un suo saggio su Kafka
aveva scritto: «Tagliato fuori dalle
sue radici religiose e trascendenti,
l’uomo è perduto, tutte le sue azioni
diventano senza senso, assurde, inutili». L’ultima riga che egli scrisse
nel suo diario il giorno prima della
morte suonava così: «Pregare. Non
so Chi. Spero Gesù Cristo».
Abbiamo voluto introdurre questa
sorprendente testimonianza di colui
che è considerato come l’artefice
principe del “teatro dell’assurdo” per
far balenare qualche aspetto di un
binomio capitale nel discorso sulla
fede, quello che la unisce alla grazia
divina la chàris paolina che è anche
caritas, amore. Dio irrompe segretamente o epifanicamente nella vita
anche di coloro che non lo cercano:
è ciò che accadde all’apostolo Paolo
sulla via di Damasco, allorché, come
egli confessava, «fu impugnato, conquistato» da Cristo (Filippesi, 3, 12).
Dietro lui una lunga scia di convertiti hanno spesso ripetuto la stessa
confessione, come ad esempio lo
scrittore francese François-René de
Chateaubriand che nel suo Génie du
christianisme descriveva quell’esperienza con due soli verbi: J’ai pleuré
et j’ai cru, ho pianto e ho creduto.
È evidente che — proprio perché
la creatura umana non è riducibile a
un essere inanimato e regolato solo
da leggi meccaniche — accanto al tema della grazia dovrà essere collocato in dittico necessario il tema della
libertà. Grazia divina e adesione libera umana costituiscono il cuore
della fede. Noi ora, seguendo in modo libero la ricerca della cultura attorno al primo polo, quello appunto
della grazia e della teofania, introdurremo subito una forte e intensa
testimonianza. Simone Weil, di famiglia ebraica francese, avvicinatasi
al socialismo militante, morta a 34
anni nel 1943 per tubercolosi in Inghilterra, fu conquistata dal cristianesimo, anche se non abbandonò
mai la fede dei suoi padri. In una
delle sue opere più intense a livello
teologico-mistico, L’attesa di Dio
(1950), coglie in modo suggestivo il
primato dell’azione divina nel credere. Scrive infatti: «Ci sono individui
che cercano di elevare la loro anima
come un uomo che salti continuamente a piedi uniti, nella speranza che a forza di
saltare sempre più in alto,
un giorno, invece di ricadere, riuscirà a salire fino in
cielo (...) Noi non possiamo
da soli fare passi verso il cielo. Ma se guardiamo a lungo
il cielo, Dio discende e ci rapisce facilmente. Come dice Eschilo, ciò che
è divino è senza sforzo». È questa
una bella parabola della grazia (a
cui, tra l’altro, la Weil aveva dedicato già un’altra opera importante,
L’ombra e la grazia del 1947). È anche una rappresentazione simbolica
del centro stesso del pensiero paolino nel quale domina l’“essere salvati” rispetto al “salvarsi”.
Il centro operante della salvezza è
Dio, non l’uomo. Certo, il creatore
non violenta la libertà della sua creatura, ma invano salteremmo verso
l’alto se non ci fosse quella mano
che ci afferra e che dobbiamo afferrare. Continuava Simone: «I beni
più preziosi non devono essere cercati, ma attesi. L’uomo, infatti, non
può trovarli con le sue sole forze e
se si mette a cercarli, troverà al loro
posto dei falsi beni di cui non saprà
neppure riconoscere la falsità».
Credere è appunto sperare il dono
della salvezza, quella “vita eterna”
che significa la stessa vita divina, un
dono che non può essere creato o
conquistato con le proprie mani. Se
ti affidi a Dio, tu sei tratto verso
l’infinito, la pienezza, l’oltre te stesso. La fede è apertura verso l’eterno,
è simile a braccia levate che attendono di essere attirate a sé da Dio. È
bella un’espressione dei Miserabili di
Victor Hugo: «Ci sono momenti in
cui, quale che sia l’atteggiamento
esteriore del corpo, l’anima è in ginocchio». È l’istante dell’adorazione
interiore che vede in Dio la sorgente
ultima di attrazione vitale, di salvezza, di liberazione.
In questo stato si compie per analogia una delle folgoranti Massime e
riflessioni di Goethe: «La felicità suprema del pensatore è sondare il sondabile e venerare in pace l’insondabile». È, questa, anche l’attitudine del
credente. La via della ragione non è
esclusa, anzi, si spalanca verso grandi
orizzonti “sondabili” nei quali si scoprono sempre nuovi ambiti e meraviglie. Ma giunge il momento in cui il
mistero si fa troppo luminoso e su
quella frontiera l’uomo attende la rivelazione che rende accessibile l’insondabile in una sorta di bagliore. È
il tempo dell’adorazione, che è la fede: non un semplice chiudere gli oc-
chi ma ricevere una nuova vista, mentre si è condotti per mano verso gli
altri orizzonti, quelli “insondabili”
alla ragione. Alexandre Dumas
padre esortava così il discepolo:
«Comincia ad ammirare ciò che
Dio ti mostra. Non avrai tempo
di cercare ciò che ti nasconde».
In realtà, la grazia ti guida anche dietro il velo, come si è
proposto di fare lo stesso Cristo secondo le parole finali del
prologo del quarto Vangelo:
«Dio nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre, è lui
che lo ha rivelato» (1, 18).
Teologia ed esperienza giuridica
Per interpretare l’uomo
di VELASIO DE PAOLIS
Se volessimo indicare concretamente alcuni temi specifici sui
quali la Chiesa può svolgere e
svolge di fatto la sua azione evangelizzatrice nel campo della interpretazione della esperienza giuridica, a livello generale si può affermare che la Chiesa può offrire
un contributo validissimo e indispensabile anzitutto per quanto riguarda la visione antropologica,
che permette di superare la visione
secolarizzata odierna. Tutto dipende dall’interpretazione che si dà
dell’uomo. L’interpretazione seco-
Giotto, «La Giustizia»
(1306, Padova, Cappella degli Scrovegni)
larizzata dell’uomo porta a un vicolo cieco e non permette di dire
nulla che offra una speranza positiva. A questo proposito si sa che
il concilio Vaticano II, particolarmente nella costituzione Gaudium
et spes, ha creduto necessario dedicare un capitolo intero all’uomo e
alla sua attività, additando a conclusione di esso il mistero del Verbo incarnato come punto di riferimento. Nella visione che abbiamo
dell’uomo e dalla interpretazione
che diamo alla sua intelligenza e
alla sua libertà e alla sua coscienza, come pure alla vita e alla morte, il significato del diritto non
può essere estraneo. Di fatto proprio nella visione secolarizzata ed
immanentista dell’uomo, si perde
il senso del diritto e della morale.
La Chiesa ha ripreso questo discorso particolarmente nella enciclica Veritatis splendor, sulle basi
della teologia morale e quindi anche del diritto naturale, particolarmente circa il rapporto tra legge e
libertà; tra legge e coscienza; tra
opzione fondamentale e singoli atti, come pure l’esistenza di atti intrinsecamente immorali, perché i
fondamenti della morale sono prima di tutto l’oggetto stesso, oltre
all’intenzione e alle circostanze.
Lo stesso discorso è stato ripreso e sviluppato sul tema della vita
nell’enciclica Evangelium vitae, che
risulta un completo trattato sul diritto della vita nel suo sorgere e
nel suo tramonto. Dall’analisi della dignità della persona umana fin
dal grembo materno e fino alla
A cinquant’anni dalla morte di Benedetta Bianchi Porro
Dostoevskij e il proprietario della gioia
di ANGELO COMASTRI
Nell’ode In una chiesa gotica Giosuè Carducci
scrive parole velenose rivolgendosi a Cristo:
«Cruciato martire, tu cruci gli uomini... Tu di
tristezza l’aer contamini». Cioè: o Cristo crocifisso, tu ora crocifiggi noi uomini e ci riempi l’anima con l’infezione della tristezza. La testimonianza di Benedetta Bianchi Porro smentisce
l’accusa di Carducci. Benedetta, infatti, è un canto di gioia, è un inno alla vita, è un magnificat
intonato nello sfacelo del corpo devastato dalla
malattia. La spiegazione è una sola. Accostando-
Il ricordo a Dovadola
Pubblichiamo parte dell’omelia
che il cardinale Angelo Comastri, arciprete
della basilica papale di San Pietro
in Vaticano, pronuncerà il 23 gennaio
a Dovadola, in Romagna, in occasione
del cinquantesimo anniversario della morte
della serva di Dio, Benedetta Bianchi
Porro.
ci a Benedetta, afferriamo la distinzione tra il
piacere e la felicità: il piacere solletica la pelle e,
pertanto, dura poco; la felicità, invece, entra nella profondità dell’anima e nessuno e niente può
rapirla dall’esterno. La felicità può darla soltanto
Dio, in quanto «Dio — secondo Dovstoevskji — è
l’esclusivo proprietario della gioia».
Mentre Benedetta avanza nella malattia, c’è
un giro di boa nella sua vita: dalla sua anima
cominciano a uscire le note di un canto gioioso
e umanamente inspiegabile. Il 9 luglio 1949, a
tredici anni, scrive nel diario: «Stamattina ho
messo per la prima volta il busto: che pianto!
Mi stringe forte forte sotto le ascelle ... Quanti
Parmigianino, «Conversione di Saulo» (1527, particolare)
sogni, quante lacrime, quanta nostalgia e malinconia ... povera Benedetta». Passano gli anni e
Benedetta entra sempre di più nel buio della
prova. Il 26 gennaio 1953, scrive all’amica Anna:
«Sono assetata di pace e desidero abbandonare
le onde del mare per rifugiarmi nella quiete di
un porto. Ma la mia barca è fragile, le mie vele
sono squarciate dal fulmine, i remi spezzati, e la
corrente mi trascina lontano. Mi sembra
di essere in una palude infinita e monotona e di sprofondare lentamente, lentamente». La situazione di Benedetta poteva precipitare, invece, approda nel regno della gioia. Inizialmente colleziona
un’umiliazione dietro l’altra. E l’umiltà
la rende vittoriosa. Significativo è l’episodio dell’esame di anatomia. Benedetta, a causa della malattia, non sente le
domande del professore e chiede che le
vengano proposte per iscritto. Il professore si rifiuta e la offende dicendo:
«Non si è mai visto un medico sordo».
E scaglia il libretto universitario verso la
porta. L’orgoglio di Benedetta è ferito, ma vince
l’umiltà. Ella chiede scusa e, mentre torna a casa, prega l’amica Anna di non dire niente alla
mamma. L’umiltà apre alla carità il cuore di Benedetta che comincia a preoccuparsi degli altri.
Il 19 aprile 1958 scrive all’amica Maria Grazia:
«Per quello che riguarda lo spirito, sono serena,
perfettamente, anzi sono molto di più: felice sono; non credere che io esageri». Alla mamma
che è andata a Milano, Benedetta scrive: «Cara
mamma, da quando so che c’è chi mi guarda
lottare, cerco di farmi forte: com’è bello così,
mamma! Io credo all’amore disceso dal cielo, a
Gesù Cristo e alla sua croce gloriosa. Sì, io credo all’amore».
Nel 1963, già cieca, detta alla mamma una meravigliosa lettera per aiutare un giovane disperato. «Caro Natalino, prima nella poltrona, ora
nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sa-
pienza più grande di quella degli uomini. Ho
trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia,
certezza fino alla consumazione dei secoli». E la
gioia del cuore di Benedetta contagia il cuore di
Natalino e guarisce la sua disperazione. Egli, alla fine, scrive così a Benedetta: «Prima mi lamentavo perché ogni rosa ha la sua spina, ora
invece ringrazio il Signore perché ogni spina ha
la sua rosa».
Il 24 maggio 1963 la mamma scrive a suor Alberta Simionato, già insegnante di Benedetta, e
le confida: «Benedetta è serena nel Signore. Vive pregando, cantando, dettando lettere agli
amici, vive in maniera più angelica che umana.
Ringrazia ogni sera Dio per i mali che le ha dato. È felice di poter morire senza un peccato
mortale, ma anche in questo caso dice di amare
la vita con il suo sole, con i suoi fiori, con la sua
pioggia. È di un’obbedienza e di una umiltà che
sconcerta, che edifica. È forte, dolce, sicura.
D ov’è passata, lascia un ricordo di sé che impressiona. Ma non vuole sentire dirlo, perché dice che le lodi sono solo tentazioni. Io non sono
più addolorata per questo stato di salute di mia
figlia. Ma la guardo umilmente, inadeguatamente come si guardano i santi in chiesa».
Ma questo disegno è ancora più
luminoso agli occhi dell’ebreo credente nel Dio creatore. Effettivamente la categoria “creazione” è
fondamentale per la interpretazione del diritto. Essa non è tanto
lontana dal concetto di natura.
Anzi questo si regge proprio
sull’idea della creazione. Esiste un
principio di diritto naturale che
regge le cose proprio
perché esse rispondono ad un disegno divino.
Questo principio naturale, nelle cose le
Il 23 gennaio a Roma, alla Pontificia
leggi fisiche, nell’uomo
Università Urbaniana, viene presentato
è
la
sua libertà a comil libro Note di teologia del diritto
portarsi secondo il di(Venezia, Marcianum Press, 2013) scritto
segno di Dio. Di fatto,
dal cardinale diacono di Gesù Buon
ci dice la Bibbia, l’uoPastore alla Montagnola. Ne
mo è padrone di ogni
pubblichiamo un estratto.
cosa, purché egli rimanga nel principio
del rispetto del diseNessun percorso è valido neppure gno di Dio, nel non toccare l’albequello della carità se esso non pas- ro della conoscenza del bene e del
sa attraverso il cammino della veri- male, che è riservato al Creatore
tà sull’uomo, sull’uomo integrale stesso. È stato detto che la storia
che ha nel messaggio cristiano il della filosofia del diritto, che ha
suo centro nella persona di nostro avuto nel diritto naturale la sua
Signore Gesù Cristo. Cammino base, potrebbe fare un vero salto
che si può percorrere solo con una di qualità con la categoria di creasana visione antropologica, con un zione, che recupera e approfondiretto uso della ragione e con l’aiu- sce anche quello di natura.
Il secondo principio che potrebto della luce della fede.
In ogni caso non è sufficiente la be essere utile per l’interpretazione
visione tecnicistica e scientista dell’esperienza giuridica è quello
dell’uomo e della conoscenza. È di peccato originale. È l’esperienza
necessaria un’apertura verso la tra- comune che risale ai primordi
scendenza, recuperando il concet- dell’umanità quella che l’uomo fa
to di speranza e di vita eterna, co- della propria fragilità, del divario
me insegna ancora lo stesso Bene- tra visione ed esecuzione, tra bene
detto XVI nell’enciclica Spe salvi. veduto e bene realizzato. Si conoLa crisi moderna dell’uomo coin- sce il detto che sintetizza questa
cide anche con la crisi del diritto; esperienza: Video bona proboque,
e si ha l’inizio quando la speranza deteriora sequor. Come mai questa
cristiana viene resa immanente e frattura nell’uomo, che fa pensare
viene identificata con la ragione ad un soggetto ferito, che non rieumana negli ideali di fraternità, sce ad essere quello che vorrebbe
uguaglianza e libertà proclamati essere e si smarrisce nel cammino
dalla rivoluzione francese e fatti della vita? Questa esperienza se
propri poi dalla mentalità progres- non interpretata bene corre il risista scientista positivista e imma- schio di indurre a legittimare ogni
nentista. Per ridare verità e certez- passione umana, trasformando il
za al diritto è necessario fare respi- vizio in virtù in quanto proviene
rare l’uomo nella sua verità e inte- proprio dalla natura umana. Non
gralità.
mancano infatti teorici che arrivaÈ stato fatto osservare che il se- no proprio a questa conclusione:
colo appena trascorso è stato quel- se questa è la mia inclinazione nalo che meno ha saputo parlare turale, vuol dire che questo è il
dell’uomo e che ha saputo dire bene della mia natura!
tanto poco su di lui, nonostante i
Non si presta sufficiente attenprogressi scientifici. Ma è anche il zione al fatto che tali inclinazioni
secolo nel quale il diritto si è per- sono sentite dall’uomo stesso coduto nel positivismo più rigido: la me frutto di una sua ferita, non
verità sta semplicemente nella leg- frutto della sua natura. Sotto quege fatta dall’uomo secondo le sue sto profilo aveva ragione Pascal
leggi. In un’epoca di diffuso e quando diceva: «Se l’uomo non
grave relativismo morale gli Stati sapesse per rivelazione dell’esistensi sono assunti il compito di legi- za del peccato originale, dovrebbe
ferare sulla morale e di proclamare inventarselo».
diritti umani a loro beneplacito.
Ma dalla rivelazione emerge alOltre a questi aspetti generali lora una terza categoria, quella
sulla visione antropologica, può della grazia sanante. L’uomo è feessere utile fare qualche accenno rito; da solo non può risorgere. La
più specifico e preciso, a partire Chiesa parla di una redenzione e
dalla riflessione biblica e dall’inse- di una salvezza offerta all’uomo.
gnamento della Chiesa. Il primo Non basta la legge. Occorre sanapunto da sottolineare e indicare re l’uomo dal di dentro. Questa
per il dialogo potrebbe essere il salvezza è offerta da Dio in Cristo
concetto di creazione. La Sacra Gesù Salvatore dell’uomo. Non è
Scrittura rimprovera gli uomini la legge che salva, ma la grazia.
perché non hanno saputo risalire Ma la grazia non dispensa dalla
dalle opere della creazione al loro legge, sana l’uomo perché possa
creatore, quando, sempre secondo osservare la legge, secondo la mila scrittura, avrebbero potuto farlo rabile sintesi paolina: «Compiere
appena non fossero stati ingannati le opere della legge mediante la
dalle loro passioni. Di fatto gli uo- carità». L’analisi dell’esperienza
mini hanno ammirato le opere giuridica compiuta con la ragione
della creazione, al punto che si so- e con la fede ci porta al cuore del
no fermati ad essa e ne hanno fat- messaggio cristiano. Anche il giuto degli idoli. L’idea di un mondo rista e il canonista sono chiamati a
armonico e grandioso rispondente partecipare alla nuova evangelizzaad un disegno intelligente, tanto zione mediante il dialogo tra rada divinizzarlo, è già indicativa. gione e fede.
morte naturale, emergono il significato del corpo, della sessualità,
della libertà, della legge morale,
della legge civile, del rispetto del
diritto naturale, e così via.
Per trattare qualsiasi problema è
necessario sempre partire dalla verità dell’uomo. Tema sul quale
ama tornare Papa Benedetto XVI
nell’enciclica Caritas in veritate.
All’Urbaniana
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 23 gennaio 2014
pagina 5
Madri in affitto
Paolo Pellegrin
«Jenin, Palestina» (2002)
Ma ogni desiderio
va esaudito?
fessa: «Cosa c’è di più significativo che donare una vita a chi la
desidera e non può averla?». Infine Boersma casalinga e già madre di due bambini di 4 e 6 anni: «Alcune persone possono desiderare una carriera di successo,
ma questo per me non significa
niente, io voglio veramente fare
la differenza per qualcun altro».
Insomma quello che in apparenza spingerebbe queste donne a
farsi carico di una gravidanza
per conto terzi — e a favore di
totali sconosciuti — sarebbe la
gratificazione che deriva da un
gratuito atto di bontà.
Le madri surrogate sarebbero
insomma, secondo questa tesi, la
prova che l’idea che questa società contemporanea sia malata
di individualismo, edonismo e
capace di esprimere solo desideri
materiali è del tutto campata in
aria.
Ma se tutto questo è vero allora ci si domanda perché mai Leslie Morgan Steiner — autrice del
libro pro-surrogacy dal titolo The
Baby Chase: How Surrogacy is
Transforming the American Family
— su un articolo apparso sul
«New York Post» afferma che
legalizzare la maternità surrogata
a pagamento nello Stato di New
York permetterebbe anche di
rendere la pratica
meno costosa, perSecondo alcuni la maternità surrogata ché ora solo i ricchi
se lo possono perdovrebbe essere legalizzata
mettere andando a
Si afferma il principio
cercare il servizio in
quegli Stati dove la
che chiunque desideri un bambino
pratica è legale. Indebba avere il diritto d’averlo
somma occorrerebbero, secondo la
zione difatti quella che viene de- Steiner, molte più generose
finita la maternità in affitto sta mamme pro tempore perché, si sa,
diventando sempre più un busi- un mercato liberalizzato è molto
ness globalizzato: chiunque oggi più competitivo e porta i prezzi
può accedere all’offerta di mater- a scendere.
Queste ragazze, va infatti detnità surrogata proveniente da
qualunque parte del globo. Anzi, to, percepiscono un centinaio di
più remota è la provenienza del- migliaia di dollari per le loro
la potenziale madre surrogata — prestazioni. Ma chi pensasse che
in qualche Paese del terzo mon- quello dell’accessibilità economido o in uno in via di sviluppo — ca sia l’unico argomento della
e meno costoso sarà l’onere Steiner a sostegno dell’utero in
d’“affitto”. Ma questi “scambi”, affitto si sbaglia. Ecco infatti che
come era facile prevedere, sono l’autrice conclude il suo pezzo
sempre a senso unico: non sono con un capolavoro di retorica
infatti indigenti e sterili coppie che ne palesa — forse involontaindiane che volano a San Franci- riamente — il vero movente ideosco alla disperata ricerca di un logico: la maternità surrogata
adolescente adatto a “covare” i dovrebbe essere legalizzata per
propri embrioni. Ma è vero il una sola ragione, le madri surrocontrario. Sono infatti i bene- gate credono in una sola e semstanti che non rinunciano a plice verità: che chiunque voglia
sfruttare l’offerta di una presta- un bambino debba avere il diritzione di gravidanza da parte di to d’averlo.
disperati alla ricerca di soldi “faAltro che bontà e filantropica
cili”.
dedizione insomma. Qui si tratta
Eppure coloro che sostengono di una battaglia per difendere
la legalizzazione di questa prati- quella che sembra essere l’unica
ca si smarcano dalle critiche sul vera
sacralità
riconosciuta
rischio di sfruttamento classista dall’umanità moderna: quella
che questa pratica di fatto gene- che ogni desiderio individuale (o
ra, e avanzano un argomento che di coppia va da sé) debba essere
soddisfatto,
neppure Boulding avrebbe potu- immediatamente
to prevedere: le madri surrogate perché solo appagando ogni nosarebbero infatti indotte a com- stro piacere, voglia o fantasia popiere questo gesto (ci dicono) tremmo finalmente ottenere la
per puro altruismo. «Essere una felicità che tanto bramiamo. Per
madre surrogata è come donare la società del benessere che vive
un organo a qualcuno», dice di consumo perpetuo l’unica imJennifer, una delle madri surro- moralità è la rinuncia, la rinungate intervistate da «Newsweek», cia è il vero peccato, anzi come
è «una gioia vedere la felicità di- dicono molto più laicamente nepinta sul volto di queste cop- gli States, è roba da looser, da
pie». E Amber di trent’anni con- perdenti.
di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI
egli anni Sessanta
Kenneth Boulding,
un economista, propose di risolvere il
problema della sovrappopolazione attraverso un
sistema di licenze per la procreazione: ogni donna avrebbe ricevuto un certificato che l’autorizzava ad avere uno o più figli (a
seconda della politica che si pensava di adottare). Ma la donna
avrebbe anche potuto decidere
di rivendere a terzi quel certificato, ovvero monetizzarlo, dando
vita di fatto a un mercato globalizzato di permessi di procreazione in cui i più ricchi e desiderosi
di avere figli avrebbero potuto
comprare al prezzo corrente — si
immagina altissimo — la possibilità di avere bambini da coloro
che si trovavano in condizioni
disagiate o comunque che sceglievano di rinunciare alla possibilità di avere un bambino ottenendo in cambio una contropartita economica.
Allora la proposta poteva sembrare fantascienza ma oggi la
realtà non è poi tanto distante
da come Boulding l’aveva immaginata. Grazie alle nuove tecnologie nel campo della comunica-
N
In un libro di Mario Calabresi
Quando il fotografo
riconosce la storia
di GAETANO VALLINI
he Mario Calabresi fosse un appassionato di
fotografia i lettori de
«La Stampa» l’avevano
capito da subito, cioè
da quando, con lui direttore, avevano visto aumentare sul loro giornale
gli articoli dedicati a mostre e libri
di grandi fotografi. Una passione
nata da ragazzo, quando a dodici
anni, ebbe in regalo la sua prima
macchinetta e coltivata con la complicità di uno zio fotografo di professione che, oltre a mostrargli volumi e riviste, lo portava con sé insegnandogli tecnica e trucchi del mestiere. Un amore mai affievolitosi,
quello di Calabresi, che ora trova
compimento attraverso il libro A occhi aperti (Roma, Contrasto, 2013,
C
Fotografai la gente
accanto ai binari per otto ore
Un milione di persone aspettavano
lungo il tragitto
Fu quello il vero funerale
di Robert Kennedy
pagine 207, euro 19,90), dedicato ai
fotoreporter che più l’hanno colpito.
Alcuni li ha incontrati nel suo lavoro di giornalista, altri appositamente per quest’opera. Ma per chiarire subito il punto di vista, nella
prefazione Calabresi afferma che
«non è un libro sulla fotografia ma
sul giornalismo, sull’essenza del
giornalismo: andare a vedere, capire
e testimoniare». Anche perché, spiega, «ci sono fatti, pezzi di storia,
che esistono solo perché c’è una fotografia che li racconta. Un’immagine talmente forte da riuscire a muovere sensibilità e coscienze pubbliche».
Come avvenne per un reportage
di Sebastião Salgado. È il 1984 e il
giovane fotografo porta al quotidiano francese «Liberation» gli scatti
in bianco e nero sugli effetti della
carestia in Sahel. «Un racconto
sconvolgente nella sua forza, che
obbliga l’Occidente a fermarsi e im-
Illustratori a Padova
Sacro dai mille colori
Il viaggio sarà il tema della settima edizione de «I
colori del Sacro», la mostra di illustrazioni e illustratori che espongono a cadenza biennale le loro
tavole al Museo diocesano di Padova. Per l’edizione 2014 (che si svolgerà dal 25 gennaio al 2 giugno) il tema è tra i più affascinanti. Il viaggio viene inteso nel senso più ampio del termine: dall’avventura di Ulisse all’esilio di Dante, dalla meraviglia di Alice, al fascino dell’Oriente negli occhi di
Marco Polo. È anche lo scoprire la terra delle
Scritture e il pellegrinaggio in Terra Santa, il cammino di Santiago, la salita alla Città Santa, la visita
a Roma, sede di Pietro, come anche il sibbab, il
viaggio a Gerusalemme degli ebrei. Per tutti è attesa e speranza, desiderio e irrequietezza, ricerca e
scoperta: «Si viaggia per imparare ad amare o per
essere amati — scrivono gli organizzatori — per lenire un dolore o per dare sfogo alla rabbia, per fede
o perché non si ha più nulla in cui credere. Si viaggia per non saper attendere o perché abbiamo atteso troppo».
Giuliano Ferri, «Il passaggio del Mar Rosso» (particolare)
pone di non voltare la testa dall’altra parte» scrive Calabresi, che aggiunge: «Queste foto, che hanno
plasmato il nostro immaginario collettivo, mi hanno spinto ad andare a
cercare i loro autori, per farmi raccontare il momento in cui hanno incontrato la Storia e hanno saputo riconoscerla».
E in effetti A occhi aperti è come
una finestra aperta sulla storia, raccontata non solo con le immagini,
ma soprattutto attraverso i ricordi di
coloro che le hanno riprese attraverso l’obiettivo della loro macchina fotografica; testimoni di momenti, spesso drammatici,
che hanno segnato il nostro
recente passato. Con lo scopo di scoprire «cosa era successo un attimo prima e un
attimo dopo» gli scatti più
significativi dei grandi maestri, Calabresi nel suo viaggio
appassionato e appassionante
svela vicende note e meno
note, retroscena che possono
offrire prospettive di lettura
nuove a immagini già viste.
Così si potrà conoscere il
nome dell’«anonimo fotografo praghese» — Josef Koudelka — che per primo raccontò
al mondo l’invasione della
capitale cecoslovacca da parte delle truppe dell’Armata
Rossa nell’agosto del 1968.
Indimenticabile
la
foto
dell’anziano ripreso di spalle,
basco in testa e cartella in
mano, mentre con l’altra lancia un sasso contro i carri armati sovietici. «Quanta giustizia
hanno fatto quelle foto, capaci di
raccontare al mondo la freschezza e
l’idealismo di una primavera di libertà», sottolinea Calabresi, per il
quale non c’è alternativa: per raccontare bisogna esserci. Non a caso
Robert Capa sosteneva che «se le
vostre foto non sono abbastanza
buone, non siete abbastanza vicino».
Lo spiega bene Steve McCurry:
«Se la gente è sommersa fino al collo devi essere dentro con loro, non
c’è separazione, non puoi stare sulla
sponda e guardare ma devi diventare parte della storia e abbracciarla fino in fondo». Autore del celebre ritratto della giovane afghana dagli
occhi verdi finita sulla copertina di
«National Geographic», McCurry
impara questa importante lezione
nel 1983, durante un reportage sui
monsoni in India, Nepal e Bangladesh. Lì capisce che deve letteralmente sporcarsi, rischiando di persona, per raccontare una storia. E così
s’immerge in quell’acqua lurida, tra
rifiuti e carcasse di animali. Per
quelle foto — l’immagine dell’anziano sarto indiano con l’acqua alla gola e una macchina da cucire in spalla è diventata un’altra celebre copertina — vincerà quattro World Press
Photo Awards.
Pagina dopo pagina, Calabresi
racconta l’emozione dello scatto perfetto. Si passa così dall’istantanea ripresa da Gabriele Basilico, da poco
scomparso, in cui da una immensa
terrazza coperta di detriti si vede il
panorama della Beirut distrutta alla
fine della lunga guerra civile libanese, allo sguardo, immortalato da
Alex Webb, di un uomo nel momento in cui viene arrestato e vede
svanire il suo sogno di attraversare il
confine tra Messico e Stati Uniti. E
ancora, dalla foto di Salgado della
donna smagrita con i suoi due scheletriti bambini in marcia come spettri nel deserto del Sahel, a quella
scattata da Don McCullin in Vietnam nel 1968 col primo piano del
marine sotto choc, gli occhi persi nel
vuoto e le mani strette sulla canna
del fucile, «simbolo di un Paese che
si sarebbe perso nella giungla indocinese».
Senza dimenticare Elliot Erwitt,
famoso, tra l’altro, per le fotografie
del funerale di John Kennedy, ma
autore di una delle immagini più
trent’anni: la rabbia antiamericana
dei giovani barbuti, gli slogan gridati ossessivamente, i pugni chiusi e i
giovani armati».
Ma ci sono anche immagini che
per vedere la luce e trovare la loro
giusta collocazione nella storia hanno dovuto aspettare anni. Come
quelle di Paul Fusco, che raccontano
il lungo addio che il popolo americano tributò per 328 chilometri —
quelli che separano la Penn Station
di New York dalla Union Station di
Washington — al feretro di Robert
Kennedy nel giugno del 1968. Inviato da «Look Magazine», Webb salì
sul treno consapevole che all’arrivo
al cimitero di Arlington avrebbe trovato decine di colleghi e telecamere
a immortalare l’evento. Aveva bisogno di un’idea. «Ero pieno d’ansia
— racconta — ma mi bastò guardare
fuori dal finestrino per capire: vidi
la folla e tutto fu chiaro. Abbassai il
vetro, allora si poteva fare, e cominciai a scattare. Rimasi nella stessa
posizione per otto ore a fotografare
la gente accanto ai binari. Quella
era la storia». Un milione di persone aspettavano lungo il tragitto. Fu
quello il vero funerale, quello
dell’America.
Fusco scattò quasi duemila fotografie. Il suo giornale non le pubblicò: erano belle, disse il direttore, ma
«Life» uscì prima con le immagini
della morte e del funerale del senatore. Il reportage finì così in archivio e vi rimase per tre anni, ovvero
fino alla chiusura della rivista. Il reporter si portò a casa un centinaio
di stampe, senza darsi pace per il
fatto che nessuno le avesse volute.
Rimasero in un cassetto, fino a
quando, nel trentesimo anniversario,
una giovane editor dell’agenzia Magnum, alla quale nel frattempo Fu-
Paul Fusco, «Funeral Train» (1968)
emblematiche sulla segregazione
razziale ripresa nel 1950 in Nord Carolina: un ragazzo nero che beve da
un rubinetto con la scritta coloured
mentre a fianco si vede un altro rubinetto con la scritta white. E neppure Paolo Pellegrin, reporter di
guerra, cui si deve uno degli scatti
simbolo del conflitto israelo-palestinese: lo straziante dolore di una
donna sorretta dalla folla durante il
funerale del figlio ucciso in un raid
israeliano a Jenin, Cisgiordania, nel
2002. Così come non si può dimenticare la foto scattata da Abbas a
Teheran nel novembre del 1979 davanti all’ambasciata americana poco
prima che gli studenti la occupassero prendendo in ostaggio 52 persone: «Una foto — scrive Calabresi —
capace di definire l’immagine
dell’Iran rivoluzionario per oltre
sco era approdato, ne colse il valore
e trovò il modo di farle pubblicare.
Con maestria Calabresi unisce i
racconti personali dei fotografi alla
grande storia, regalando ai lettori un
testo che sarà apprezzato sia dagli
amanti della fotografia, perché ha le
risposte alle domande che forse ciascuno avrebbe posto agli autori, sia
dai più profani, che saranno aiutati
a comprendere meglio come nasce
uno scatto senza tempo. Ma soprattutto, nell’epoca in cui tutti possono
fotografare qualsiasi cosa in ogni
istante e condividerla immediatamente in rete, A occhi aperti si propone sicuramente come un importante contributo all’educazione dello
sguardo.
Unica nota stonata la qualità di
stampa, che non rende giustizia alla
bellezza delle immagini.
«Pagine Ebraiche» e il dibattito sul 27 gennaio
Il rischio della retorica
Il titolo dell’ultimo libro di Elena Loewenthal è decisamente provocatorio: Contro la giornata della memoria (Torino, Add Editore,
2014, pagine 93, euro 10). E confermandosi uno spazio culturale
aperto al dialogo, il mensile «Pagine Ebraiche», sul numero di febbraio, pubblica un’intervista del direttore Guido Vitale alla scrittrice che spiega le ragioni del suo appello: «Siamo nel pieno di un fenomeno ipercelebrativo che non favorisce una crescita» e in ossequio «alle norme di una società dove conta solo l’evento e tutto,
dal contenuto dei giornali alle uscite in libreria, deve obbedire alla
logica dell’evento. Il mercato editoriale passa direttamente dalla
stagione delle strenne di dicembre alla stagione della memoria.
Rendere per esempio la produzione letteraria un fatto eventuale significa perdere il senso della letteratura come creazione fine a se
stessa, svincolata dal gusto per la scoperta e per il mistero». Ma —
chiede Vitale — cosa vuole ottenere Loewenthal con questo libro?
«Fare della Memoria un’esperienza viva e non un esercizio di
retorica».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 23 gennaio 2014
Le relazioni con la Comunione anglicana e il Consiglio metodista mondiale
Coincidenze
e priorità in comune
di ANTHONY CURRER*
Il 2013 è stato un anno importante
per le relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana mondiale. Vi è stato un duplice cambiamento ai vertici, con l’elezione di un
nuovo Papa e di un nuovo arcivescovo di Canterbury. Un cambiamento,
nel secondo caso, anticipato da tempo; nel primo, alquanto a sorpresa.
Sia Papa Francesco che l’arcivescovo
Justin Welby hanno apportato grandi doni al loro nuovo ministero, come pure una nuova enfasi nelle relazioni tra le due comunità.
La coincidenza di questo duplice
cambiamento è stata evidenziata ancora di più dal fatto che l’arcivescovo Welby è stato intronizzato due
giorni appena dopo la messa di
inaugurazione del pontificato di Papa Francesco. La cerimonia di intronizzazione nella cattedrale di Canterbury ha ben riassunto alcune caratteristiche della Comunione anglicana, che conta attualmente ottantacinque milioni di fedeli. La presenza
di elementi tradizionali ha ricordato
la lunga storia della cristianità in
Gran Bretagna: l’arcivescovo è stato
intronizzato
sulla
cattedra
di
sant’Agostino a Canterbury, usata
per tali occasioni almeno dal XIII secolo, e ha baciato i Vangeli di Canterbury, scritti nel VI secolo in Italia
e ritenuti essere quelli donati a
sant’Agostino da Papa Gregorio.
Non sono mancati neanche aspetti —
quali musica e danze indiane e africane — che riflettevano la dimensione mondiale della Comunione anglicana, presente in centosessantacinque Paesi, e la sua crescita soprattutto in Africa.
La cerimonia ha lasciato intuire
anche alcuni tratti dello stesso arcivescovo Welby. L’intronizzazione ha
avuto luogo il 21 marzo, l’antica data della festa di san Benedetto (data
mantenuta dagli anglicani). Una
nuova composizione musicale, commissionata per l’occasione dalla famiglia dell’arcivescovo, ha fatto da
cornice alle parole introduttive della
Regola di san Benedetto: «Ascolta,
ascolta, figlio mio». L’arcivescovo
Welby è un oblato dell’ordine di san
Benedetto e ha più volte parlato
dell’influenza, sulla sua spiritualità,
di sant’Ignazio di Loyola e delle
nuove comunità cattoliche francesi.
Nel novembre 2013, ha invitato quattro membri della comunità di Chemin Neuf a risiedere presso il Lambeth Palace e a pregare ogni giorno
insieme a lui.
La forte presenza della Chiesa
africana ha ricordato anche due momenti della vita passata dell’arcivescovo: la prima, al tempo in cui rivestiva funzioni dirigenziali nel settore
petrolifero, incaricato dello sviluppo
dell’Africa occidentale; la seconda
quando, come canonico della cattedrale di Coventry, era responsabile
dell’International Centre for Reconciliation e si occupava di progetti di
promozione della pace principalmente in Nigeria. Già nella sua
esperienza passata di uomo d’affari,
egli ha fatto sentire la sua voce in
difesa delle categorie più deboli della società, non esitando a criticare le
pratiche più spregiudicate dell’economia e della finanza.
Infine, apprezzabile è stata la nota
ecumenica dell’intronizzazione dell’arcivescovo Welby. Innovando rispetto al passato, l’arcivescovo ha
firmato una convenzione durante la
cerimonia, concordando di collaborare con gli altri presidenti di Churches Together in Inghilterra. Il cardinale Kurt Koch, presidente del
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e monsignor Mark Langham, officiale dello stesso dicastero, erano tra gli
ospiti ecumenici, insieme a molti
membri della gerarchia cattolica
dell’Inghilterra e del Galles. Papa
Francesco, nel suo messaggio augurale rivolto all’arcivescovo Welby, si
era espresso con le seguenti parole:
«Il ministero pastorale è una chiamata a camminare nella fedeltà al
Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. La assicuro delle mie preghiere
mentre assume le sue nuove responsabilità e le chiedo di pregare per
me mentre rispondo alla nuova chiamata che il Signore mi ha rivolto».
Evidente è la somiglianza tra le
priorità del nuovo arcivescovo e le
coraggiose dichiarazioni di Papa
Francesco. Il Pontefice è famoso per
il suo appello a «una Chiesa povera
per i poveri» e per la sua critica a
quelle strutture e a quelle politiche
che promettono benessere per tutti
ma che poi non lo realizzano: «Gli
esclusi continuano ad aspettare»
(Evangelii gaudium, n. 54). Come ha
fatto a Lampedusa, quando ha voluto richiamare l’attenzione sulla tragedia dei migranti, il Santo Padre
continua a ricordarci la sofferenza
presente nel mondo, in una «globalizzazione dell’indifferenza».
La sinergia tra il nuovo Pontefice
e il nuovo primate della Comunità
anglicana è apparsa chiaramente
quando, il 14 giugno 2013, l’arcivescovo Welby è venuto in visita a Roma per la prima volta come arcivescovo di Canterbury. In tale occasione, accompagnato da monsignor
Vincent Gerard Nichols, arcivescovo
di Westminster, egli ha voluto recarsi innanzitutto alla tomba di san
Pietro e a quella del beato Giovanni
XXIII per raccogliersi in preghiera
prima di visitare il cardinale Koch
presso il Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani.
L’arcivescovo Welby ha avuto una
conversazione privata con Papa
Francesco nella biblioteca del Santo
Padre. Rivolgendosi all’arcivescovo,
il Papa lo ha salutato con le parole
usate da Paolo VI davanti all’arcivescovo Michael Ramsey: «Noi siamo
lieti di aprirLe le porte e, con le
porte, il Nostro cuore; perché Noi
siamo contenti ed onorati (…) di accoglierla “non come ospite e forestiero, ma come concittadino dei santi e
della famiglia di Dio” (cfr. Efesini, 2,
19-20)». Il Santo Padre ha poi
espresso il suo apprezzamento sia
per il lavoro teologico portato avanti
dalla Commissione internazionale
anglicano-cattolica che per la collaborazione in atto a tutti i livelli, ha
ricordato la recente presa di posizione dell’arcivescovo in difesa dell’istituzione della famiglia basata sul matrimonio e ha menzionato il loro comune impegno nella promozione
della pace, in particolare in Siria, e
della giustizia economica e sociale,
per «dare voce al grido dei poveri».
In risposta, Welby ha riconosciuto
il suo debito nei confronti sia
dell’insegnamento sociale cattolico
che della spiritualità dei nuovi ordini
della Chiesa cattolica in Francia. Venendo in visita a Roma, egli ha detto «mi posso sentire a casa». Si è richiamato a molte delle tematiche
menzionate dal Santo Padre, sottolineando in particolare l’importanza,
da parte di entrambe le comunioni,
di agire in difesa dei poveri e dei
sofferenti e ha collegato l’impegno
ecumenico alla promozione della pace nell’affermare: «È soltanto se il
mondo vedrà che i cristiani crescono
visibilmente nell’unità che accetterà,
tramite noi, il messaggio divino di
pace e di riconciliazione». Durante
il pranzo alla Domus Sanctae Marthae, dopo aver celebrato la preghiera di mezzogiorno, Papa Francesco e
l’arcivescovo Welby hanno continua-
to a discutere delle loro comuni
priorità. Il Santo Padre ha menzionato il dramma della tratta delle
donne e dei bambini e ha suggerito
una possibile collaborazione futura
in questo campo.
La Commissione internazionale
anglicano-cattolica (Anglican-Roman
Catholic International Commission
— Arcic), che è l’organo ufficiale nominato dalle due comunioni per
portare avanti il dialogo teologico,
ha tenuto il terzo incontro della sua
terza fase (Arcic III) presso il monastero di São Bento, a Rio de Janeiro,
in Brasile, dal 29 aprile al 7 maggio
2013, sotto la co-presidenza dell’arcivescovo di Birmingham, Bernard
Longley, da parte cattolica, e dell’arcivescovo David Moxon, da parte
anglicana. Dietro mandato affidatole
da Papa Benedetto XVI e dall’arcivescovo Rowan Williams nel 2006, la
Commissione ha esaminato vari casi
specifici per analizzare come le strutture delle rispettive comunità operano nell’ambito del discernimento
dell’insegnamento etico. Considerando le convergenze esistenti tra Papa
Francesco e l’arcivescovo Welby intorno a temi riguardanti la dottrina
sociale della Chiesa e la tratta di esseri umani, è interessante notare che
i primi casi studiati vertevano sulla
teologia del lavoro e sull’insegnamento della Chiesa relativo alla
schiavitù. Il secondo ambito di studio comprendeva questioni che saranno esaminate nel corso del prossimo Sinodo straordinario dei vescovi
sulla famiglia. In particolare, la
Commissione si è occupata del tema
del divorzio e dei secondi matrimoni. È importante sottolineare che,
nel riflettere su queste tematiche, la
Commissione ha voluto esaminare i
rispettivi processi di discernimento
ecclesiale e i rispettivi processi decisionali, piuttosto che tentare di fornire una risposta alle varie questioni
etiche. Nel far ciò, la Commissione
ha deliberatamente scelto casi specifici che esemplificano sia la convergenza che la divergenza tra le due
tradizioni.
Uno dei compiti di Arcic III è preparare i documenti della precedente
riunione (Arcic II) affinché vengano
presentati alle rispettive autorità.
Durante l’incontro di Rio de Janeiro, molto tempo è stato dedicato
proprio a questo fine e buoni sono
stati i risultati. Il tema della recezione del lavoro dell’Arcic figurava anche all’ordine del giorno delle conversazioni informali annuali tra il
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e la Comunione anglicana che hanno avuto
luogo nel mese di novembre 2013
presso il Centro anglicano di Roma.
Queste conversazioni offrono l’opportunità a importanti rappresentanti di entrambe le tradizioni di scambiarsi informazioni e parlare degli
sviluppi piu recenti in un’atmosfera
positiva, trasparente e informale.
L’incontro di novembre è stato presieduto dal vescovo segretario del
Pontificio Consiglio, Brian Farrell.
Erano presenti anche il cardinale
Koch, alcuni rappresentanti dell’Anglican Communion Office e i presidenti delle due Commissioni internazionali, Arcic e International Anglican-Roman Catholic Commission
on Unity and Mission (Iarccum).
Quest’ultimo organo, la Commissione internazionale anglicano-cattolica
sull’unità e la missione, ha presentato un progetto per lanciare un sito
web sul quale pubblicare materiale
d’archivio dell’Arcic. Tramite questo
sito, Iarccum intende fornire un ulteriore strumento alla promozione
delle migliori pratiche di collaborazione ecumenica e alla promozione
della recezione del lavoro del dialogo internazionale.
Nel 2013, inoltre, il reverendo David Richardson è andato in pensione, terminando, dopo cinque anni, il
suo incarico di direttore del Centro
anglicano
e
di
rappresentante
dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede. Richardson è stato
un amico e un valido collaboratore
per il Pontificio Consiglio con il
quale ha mantenuto un costante
contatto, contribuendo alla pianificazione di eventi, partecipando allo
scambio di informazioni, fornendo
un utile aggiornamento sugli sviluppi all’interno della Comunione anglicana. Al momento del suo congedo, sono stati celebrati in suo onore,
presso l’Oratorio di San Francesco
Saverio di Roma, dei vespri presieduti dal cardinale Walter Kasper,
presidente emerito del Pontificio
Consiglio. La predica è stata tenuta
dallo stesso reverendo Richardson e
monsignor Mark Langham ha
espresso parole di apprezzamento
per il suo ministero.
Il successore del reverendo Richardson, sia come direttore del
Centro anglicano di Roma che come
rappresentante ufficiale dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa
Sede, è l’arcivescovo David Moxon,
della Nuova Zelanda. Moxon è anche il co-presidente anglicano di Arcic, avendo assunto tale funzione
nella terza fase delle conversazioni.
Per l’arcivescovo Moxon sono stati
celebrati dei vespri il 23 maggio
2013, sempre all’Oratorio di San
Francesco Saverio, ai quali hanno
partecipato il vescovo Farrell e monsignor Langham.
Verso la fine del 2013 sono affiorate due questioni di considerevole rilievo per le nostre relazioni ecumeniche. Nel mese di novembre, il sinodo generale della Church of England ha chiesto alla Camera dei vescovi di preparare la strada a un voto sull’ordinazione episcopale delle
donne nel luglio del 2014. Nello
stesso mese di novembre, l’arcivescovo di Canterbury e l’arcivescovo di
York hanno pubblicato il «Rapporto
del gruppo di lavoro della Camera
dei vescovi sulla sessualità umana»,
conosciuto con il nome di Pilling
Report. È stato sottolineato che il
rapporto non è una nuova posizione
della Church of England. Il testo
presenta comunque diciotto raccomandazioni, tra cui una delle principali è una proposta per «conversazioni facilitate» per un arco di tempo di due anni, così che, come afferma il comunicato stampa ufficiale, «i
cristiani che sono in profondo disaccordo sul significato della Scrittura
su questioni relative alla sessualità e
sulla chiamata a vivere nella santità
per persone omosessuali dovrebbero
capire più chiaramente le rispettive
preoccupazioni e dovrebbero tentare
di percepirsi gli uni gli altri come
autentici discepoli cristiani».
Nonostante le difficoltà comportate da tali questioni, l’anno si è concluso con due importanti segni di
intesa e di collaborazione, entrambi
trasmessi dall’arcivescovo di Canterbury. Nel suo sermone natalizio, l’arcivescovo ha affermato: «Anche in
un’economia che si sta riprendendo,
i cristiani, i servitori di un Salvatore
povero e vulnerabile, devono agire
per servire e amare i poveri, come ci
ha ricordato nell’anno passato Papa
Francesco». E, in un’intervista rilasciata alla vigilia del nuovo anno,
l’arcivescovo di Canterbury ha descritto Papa Francesco come un «uomo straordinario», aggiungendo: «Il
Papa è stato eccezionalmente efficace. Lo sceglierei di certo come la
personalità dell’anno».
Quanto alle relazioni tra il Consiglio metodista mondiale e la Chiesa
cattolica, esse rimangono forti. Il
Pontificio Consiglio ha potuto avvalersi della preziosa assistenza del ministro metodista di Roma, il reverendo Kenneth Howcroft, con il quale
hanno avuto luogo regolari consultazioni e scambi di informazioni. Nel
mese di luglio, egli è stato tuttavia
eletto presidente della Conferenza
metodista e dovrà lasciare il suo incarico a Roma. Gli succederà il reverendo Timothy Macquibban, attualmente ministro principale del Cambridge Methodist Circuit e co-presidente dell’Oxford Institute for Methodist Theological Studies.
In occasione dell’elezione di Papa
Francesco, il vescovo Paulo de Tarso
Oliveira Lockmann e il vescovo Ivan
Abrahams, rispettivamente presidente e segretario generale del Consiglio
metodista mondiale, hanno indirizzato al Santo Padre una lettera di felicitazioni, assicurando il nuovo Papa delle loro preghiere: «Grazie al
nostro dialogo teologico in corso da
circa quarantacinque anni, abbiamo
scoperto quanto condividiamo “un
solo Signore, una sola fede, un solo
battesimo, un solo Dio Padre di tutti” (Efesini, 4, 5). Siamo lieti del nome che ha scelto, poiché tutti i cristiani onorano il nome di Francesco,
un santo che abbiamo in comune da
prima delle divisioni della Chiesa
occidentale. Ricordando questo apostolo dei poveri, ci troviamo in compagnia di John Wesley, il nostro fondatore, con la sua passione per la
santità del cuore e della vita e per la
santità sociale, che va incontro ai bisognosi».
Dal 12 al 18 ottobre 2013 si è riunito il Dialogo internazionale metodista-cattolico presso il Simpsonwood Conference Center a Norcross,
in Georgia, negli Stati Uniti, per il
terzo incontro della sua decima fase,
sotto la co-presidenza del reverendo
David Chapman da parte metodista
e, da parte cattolica, del vescovo di
Saskatoon, Donald Joseph Bolen, il
quale ha sostituito Michael Ernest
Putney, vescovo di Townsville, che si
è dovuto ritirare dalle sue funzioni
per motivi di salute. Il tema della fase attuale è «La chiamata universale
alla santità». I vari contributi hanno
esaminato il punto di vista cattolico
e metodista sull’antropologia, sulla
grazia, sull’escatologia e sui santi.
A testimonianza dell’approccio
cordiale e amichevole che caratterizza questi incontri, la Commissione
di dialogo ha accolto nuovamente
Geoffrey Wainwright, ex co-presidente metodista, e si è avvalsa della
sua esperienza durante le varie sessioni. Nonostante le sue condizioni
di salute, l’ex co-presidente cattolico,
monsignor Putney, ha potuto rivolgersi dall’Australia ai membri della
Commissione attraverso una video
conferenza. Egli ha parlato in tono
personale del suo modo di affrontare
la malattia e ha assicurato le sue preghiere per il buon esito del dialogo.
Il vescovo Putney è a sua volta presente nelle intenzioni dei membri
della Commissione. Toccante è stata
la lettera da lui indirizzata ai sacerdoti della sua diocesi, che si conclude con le parole: «Come sempre, sono felice di affidare la mia vita interamente nelle mani di Dio, che scopro amare me e tutti ogni giorno di
più, e più di quanto avessi potuto
immaginare».
*Pontificio Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 23 gennaio 2014
pagina 7
Una metafora musulmana che parla a tutti i cristiani
Il patriarca di Mosca ai partecipanti alla conferenza sulla Siria
Quel lembo di terra chiamato
ecumenismo
Ogni
sforzo possibile
di ALBERTO FABIO AMBROSIO
Siamo nella chiesa evangelica di
Istanbul, per una preghiera officiata
da una donna, probabilmente la prima a guidare una comunità cristiana
in questa città a maggioranza musulmana. È la settimana dedicata
all’unità dei cristiani e il mio pensiero va a una metafora dell’ecumenismo un po’ bizzarra. Come di consueto a Istanbul, per antonomasia
città della presenza storica delle diverse Chiese e quindi dalla valenza
ecumenica fondamentale, la settimana per l’unità dei cristiani si realizza
nell’accoglienza reciproca nelle chiese delle differenti confessioni e nella preghiera per l’unità insieme a
tutte i cristiani nel mondo.
Nell’antica Costantinopoli la
grandezza di questa esperienza,
che si ripete di anno in anno,
risiede nel fatto che in ogni
chiesa si respira, si sente quasi
a fior di pelle, si sperimenta la
tradizione cristiana, antica o
recente che sia. Sì, perché
quando ti trovi in un’assemblea
di cristiani siro-ortodossi percepisci una lingua e una ritualità
che affondano le radici nell’antichità cristiana. Quando sei tra gli
armeni, c’è tutta l’essenza di un
oriente dalle sonorità che lasciano
sognare l’Ararat (Masis per gli armeni), montagna sacra dell’antica
Armenia. In casa dei greci ortodossi,
tra l’incenso che s’innalza come la
preghiera e le meravigliose iconostasi, si ascolta la rotonda bellezza del
greco, lingua grazie alla quale conosciamo il Vangelo e il messaggio del
Nuovo Testamento. E tra i protestanti residenti a Istanbul sperimenti
la ricerca dell’essenzialità, tanto del
messaggio che nella ritualità, ma
non a scapito della profondità dei
valori cristiani e dell’accoglienza. Il
pastore della più antica comunità
protestante della città accoglie come
in un abbraccio i cristiani che vengono da tutte le chiese per questa
occasione. La sua cappella assomiglia a un’arca rovesciata e ti fa pensare a quell’arca che è la Chiesa intera, la riunione di tutti gli uomini
riconciliati con Dio, tra di loro e
con il creato, grazie all’opera redentrice dell’unico Cristo.
Nell’andare dei giorni, mi balza
questa idea presa a prestito dal
mondo musulmano, quello che ci
accoglie in questo Paese dalle tante
sfaccettature. Nell’islam si parla di
araf, cioè del lembo di terra sospeso
tra paradiso e inferno nel quale vaga
l’anima della persona defunta in
attesa di un giudizio. La metafora è
quella dell’immaginario di un luogo
teso tra la disperazione e la certezza
della salvezza. L’ecumenismo è quella strada, quella via stretta nella
quale siamo tutti dei viandanti e
che ci porta alla salvezza di
Cristo.
Avanziamo come pellegrini
su un cammino voluto da Cristo stesso, ma nella ricchezza
delle differenze, sebbene sia
un percorso strettissimo. In
comune abbiamo tutto, Cristo, ma poi nell’andare
dell’esistenza, rischiamo di rimanere con una corda sottilissima tesa sotto i nostri piedi,
come di funanboli. Quella è la
strada, la porta stretta attraverso cui dobbiamo passare per
trovare la salvezza: individuale,
certo, ma comune perché l’ha desiderata il nostro Signore Gesù.
Quel lembo di terra proteso tra la
disperazione della divisione e la
speranza esile, ma ben reale, dell’unità è l’ecumenismo. Attraversiamo allora quel sentiero strettissimo
con la gioia di chi sa che è già stato
salvato.
Dal Canada al resto del mondo le iniziative per la Settimana di preghiera
Uno in Cristo
Nella cattedrale anglicana di Montréal i cristiani
del Canada hanno pregato domenica scorsa per
chiedere perdono delle divisioni e per proseguire
insieme il cammino verso la piena unità. Rappresentanti di nove confessioni hanno rilanciato l’impegno quotidiano per la costruzione visibile
dell’unità della Chiesa. Tra gli interventi va ricordato quello di monsignor Christian Lépine, arcivescovo di Montréal, che ha posto l’accento
sull’accoglienza cristiana come campo privilegiato
dell’azione ecumenica.
Questa celebrazione, che è ormai una tradizione consolidata nel cammino ecumenico in Canada, ha assunto un valore particolare quest’anno,
dal momento che ai cristiani canadesi è stato
chiesto di preparare il sussidio per la Settimana
di preghiera del 2014, in modo da presentare anche la propria esperienza di dialogo.
Durante l’incontro è stato sottolineato quanto
importante sia stato il cammino ecumenico per le
singole comunità cristiane e per la società in Canada, soprattutto nella riscoperta delle tradizioni
locali come doni da condividere nella prospettiva
di vivere l’unità nella diversità. Il tema della condivisione dei doni, accompagnato da un cammino
di purificazione della memoria e di riconciliazione, rappresenta un elemento centrale, come ha ricordato monsignor Richard Joseph Gagnon, arcivescovo di Winnipeg.
Proprio la dimensione della condivisione e della riconciliazione è presente nelle tante celebrazioni della Settimana di preghiera, che mostrano
la vitalità del dialogo ecumenico. Negli Stati
Uniti, grazie anche all’azione del Graymoor Ecumenical and Interreligious Institute dei frati francescani dell’Atonement, si sono moltiplicati gli
incontri di preghiera e di riflessione a vario livello
con la partecipazione di un numero crescente di
confessioni cristiane, soprattutto del mondo pentecostale. In Spagna, la Conferenza episcopale ha
richiamato l’importanza del dialogo ecumenico.
Lo stesso è avvenuto in Irlanda, dove forte è l’impegno per la riconciliazione nella prospettiva
dell’unità, e in Portogallo, dove verrà firmato un
documento comune sul battesimo.
In questo universo di iniziative, che non può
essere presentato neanche in modo sintetico, si
può notare come, accanto a momenti di riflessione sul recente documento «La Chiesa verso una
visione comune» presentato alla X assemblea del
Consiglio ecumenico delle Chiese, diffusi siano i
momenti di preghiera dedicati a rinnovare l’appello per un impegno dei cristiani in favore della
pace come testimonianza della fedeltà alla missione della Chiesa nell’annuncio della buona novella. Da questo punto di vista esemplare può essere
considerato il messaggio del Consiglio delle
Chiese di Francia che chiede di sostenere, spiritualmente e materialmente, i cristiani d’Egitto nel
loro cammino. (riccardo burigana)
MOSCA, 22. «Oggi il mondo attende da voi con speranza azioni decisive, volte a risolvere pacificamente
il conflitto sanguinoso in Siria.
Non si comprenderà mai abbastanza la responsabilità che vi compete.
La dimensione della tragedia in
corso in Siria ormai da tre anni è
enorme: centinaia di migliaia di
persone innocenti sono rimaste vittime del conflitto armato e milioni
di persone sono state sfollate o sono divenute rifugiati. A nome della
Chiesa ortodossa russa, vi esorto a
fare ogni sforzo possibile per porre
fine alle ostilità immediatamente e
incondizionatamente, in modo che
possa cominciare un dialogo con
tutte le forze politiche siriane e con
la partecipazione della società civile». Comincia così il messaggio inviato dal patriarca di Mosca, Cirillo, ai partecipanti alla conferenza
internazionale di pace Ginevra 2
che ha preso il via oggi a Montreux, in Svizzera. «Siamo convinti
— scrive il primate della Chiesa ortodossa russa — che la Siria debba
rimanere uno Stato in cui sono rispettati i diritti e la dignità delle
persone di tutti i gruppi nazionali,
etnici e religiosi. La sicurezza e la
libertà religiosa dei cristiani, che
hanno vissuto in Medio Oriente
per oltre duemila anni e che sono
parte integrante della società siriana, devono essere garantite, insieme
alla sicurezza e alla libertà religiosa
di tutti gli altri cittadini».
Il primo e più importante passo
verso la pace e la stabilità, «deve
essere la liberazione degli ostaggi e
l’impedimento della profanazione
di santuari e oggetti del patrimonio
storico, culturale e religioso». Cirillo ricorda i due rappresentanti ortodossi, i metropoliti Paulos e Yohanna Ibrahim, rapiti nei pressi di
Aleppo nel mese di aprile 2013, della cui sorte «finora non si ha alcuna notizia», e la madre superiora e
le sorelle del monastero di Santa
Tecla in Maalula «tuttora tenute
prigioniere». La loro immediata liberazione «sarà la prova visibile
che l’opposizione è pronta a lavorare per la ricerca della pace e dell’accordo in terra siriana».
La Chiesa ortodossa russa «eleva
le sue preghiere per la pace in Siria
e compie ogni sforzo possibile per
fornire assistenza efficace alle persone che soffrono in Siria, indipendentemente dalle loro origini etniche o appartenenza religiosa». Tuttavia — sottolinea il patriarca di
Mosca nel messaggio — la grave situazione di centinaia di migliaia di
persone all’interno del Paese, così
come quella dei rifugiati che sono
fuggiti nelle nazioni vicine, «esige
nuove azioni su vasta scala da parte
dell’intera comunità mondiale, al fine di prestare aiuto umanitario immediato alle vittime del conflitto armato».
Cirillo esorta le persone di buona
volontà a fare tutto quanto è in loro potere per fermare l’escalation di
violenza in Siria e porre fine alle
azioni dei gruppi terroristici ed
estremisti, «impedendo loro di ricevere sostegno finanziario o armamenti dall’esterno, e per dare al popolo della Siria la possibilità di scegliere da sé la strada da seguire».
Segue poi un appello «alle persone
le cui mani si sono macchiate del
sangue di civili», affinché si ravvedano e smettano «di commettere
iniquità. Ricordate che rovinare la
pace è facile, ma per sanare le ferite
della guerra occorrono decenni, ed
è impossibile riportare i caduti in
vita. Qualsiasi passo verso la riconciliazione e il ristabilimento dell’ordine e del benessere delle persone
sarà benedetto da Dio. La mia preghiera oggi — conclude il primate
ortodosso russo — è che il seme della pace, che i partecipanti alla conferenza sono chiamati a piantare,
possa portare buoni frutti per ogni
abitante della Siria».
In piazza San Pietro per l’udienza generale
diecezji bielsko-żywieckiej; pielgrzymi indywidualni.
All’udienza generale di mercoledì 22
gennaio, in piazza San Pietro, erano
presenti i seguenti gruppi.
From various Countries: Students
and faculty from Bossey Ecumenical
Institute, Switzerland.
Da diversi Paesi: Partecipanti all’Incontro dei Coordinatori regionali
dell’Apostolato del Mare, con il Cardinale Antonio Maria Vegliò; Suore
di Santa Elisabetta; Suore Missionarie dell’Apostolato Cattolico Pallottine.
Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle
Parrocchie: Sant’Ambrogio, in Castel
del Rio; Sant’Agostino, in Modena;
Beata Vergine Maria del Rosario, in
Centoia; Maria Santissima Assunta,
in Paglieta; San Panfilo, in Spoltore;
Sant’Eustachio, in Tocco a Casauria;
Gesù Crocifisso, in Andria; Santissimo Rosario di Pompei, in Altamura;
San Giuseppe Moscati, in Triggiano;
Santi Martiri, in Otranto; Santa Maria del bosco, in Paupisi; San Felicissimo, Santa Maria della Misericordia, San Nicola, in Forino; San Pietro, in Scafati; Santa Teresa di Gesù
Bambino, in Giovino di Catanzaro
Lido; San Dionigi, in Crotone; Natività di Maria Vergine, in Castelbuono. Pensionati della Coldiretti; Ufficiali e Personale della Direzione munizionamento e della Stazione aeromobili della Maria Militare di Taranto e Grottaglie; Comunità Amore
e Libertà; Arciconfraternita di Maria
From Great Britain: A group of
British Army Chaplains participating
in a retreat following operations in
Afghanistan,
accompanied
by
Bishop Richard Moth.
From New Zeland: Pilgrims from
St John the Evangelist Catholic Parish, Otara, Auckland.
Santissima del Monte Carmelo, di
Piedimonte Matese; Congregazione
del Santissimo Sacramento, di Misilmeri; Gruppo di preghiera Padre
Pio, di Gaeta; Gruppo di preghiera
l’Addolorata, di Verona; Gruppo di
preghiera Regina della Pace, di Napoli; gruppo della Pontificia Università Urbaniana; gruppo della Confagricoltura, di Novara; Associazione
Dircredito; Associazione italiana arbitri della Campania; Associazione
nazionale Polizia di Stato, di Roma;
Associazione Carabinieri in pensione, di Ariano Irpino; Associazione
Amac, di Pistoia; Associazione
Avulss, di Giarre; Associazione La
Fenice, di Taranto; Unione nazionale commercialisti, di Vasto; Unione
Giuristi, di Avellino; Gruppo Acli,
di Andria; Polizia locale di Macherio, Sovico, e Brianza, con il Cardinale Dionigi Tettamanzi; Soci del
Rotary Club, di Lanciano, con l’Arcivescovo Envidio Cipollone; Soci
del Rotary Club, di Milano; Gruppo
dell’Ospedale di Lavagna; Centro
diurno Il pioppo, di Roma; Circolo
Salvo D’Acquisto, di Frignano; Corale Alpina Savonese, di Savona;
Coro lirico Perla verde, di Riccione;
Gruppo I tamburellasti, di Otranto;
Banda musicale Rossini, di Frazzanò. Bambini delle Scuole dell’infan-
zia, del Comune di Latina. Gruppi
di studenti: Liceo Meucci, di Ronciglione; Istituto comprensivo, di
Manziana; Istituto Masullo-Theti, di
Nola; Istituto Rousseau, di Aversa;
Istituto Caetani, di Cisterna di Latina; Istituto Mauro, di Pessano con
Mornago; Istituto Majorana, di Milazzo; Istituto Del Giudice, di Rodi
Garganico; Istituto De Amicis, di
Roma; Scuola Mazzocchi, di Santa
Maria Capua Vetere; Scuola Giovanni Paolo II, di Ostia; Scuola Marconi, di Aprilia; Scuola Santa Teresa,
di Peretola; Scuola Don Ippolito, di
Castel d’Azzano; Asilo nido Lucy
May, di Roma. Gruppi di fedeli da:
Palagianello, Bevagna, Ardea, Torino, Cava de’ Tirreni, Pietrasanta,
Nocera Inferiore, Portico di Caserta,
Colle Val d’Elsa, Siena, Roccasecca,
Magione, Altopascio, Alessandria,
Castiglione delle Stiviere, Bussi sul
Tirino, Volla, San Benedetto.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Slovacchia.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii św.
Katarzyny Dziewicy i Męczennicy z
Łętowni w diecezji sandomierskiej;
grupa dzieci niewidomych z Lasek;
grupa osób niepełnosprawnych z
From the United States of America:
Pilgrims from the Diocese of
Houma Thibodaux, Louisiana; a
delegation from the Jewish Federation of Metropolitan Chicago,
Illinois. Students and faculty from:
University of St Thomas, St Paul,
Minnesota; St Mary’s College,
Moraga, California; St Catherine of
Siena
High
School,
Wixom,
Michigan.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde; Pastoralverbund Lichtenau;
Pilgergruppe aus Giessen.
De España: Colegio Santa Teresa,
de El Vedat de Torrent; Instituto
Maestro Domingo, de Badajoz.
Do Brasil: Clero da Diocese de
Catanduva.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 23 gennaio 2014
Appello del Pontefice per la fine del conflitto in Siria
L’urgenza
della pace
Un nuovo appello per la pace in Siria
è stato lanciato da Papa Francesco
al termine dell’udienza generale, prima
dei saluti ai gruppi di lingua italiana
presenti in piazza San Pietro.
In precedenza il Pontefice aveva
rivolto, come di consueto, particolari
espressioni di benvenuto ai fedeli
giunti da diverse parti del mondo.
Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese. Cari amici, vi invito a
pregare per l’unità dei battezzati e
ad accogliere da parte degli altri cristiani ciò che possiamo ricevere come un dono. Buon pellegrinaggio!
Papa Francesco all’udienza generale parla della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Lo scandalo della divisione
Le divisioni tra i cristiani sono «uno
scandalo», perché «indeboliscono
la credibilità e l’efficacia del nostro
impegno di evangelizzazione e rischiano
di svuotare la Croce della sua
potenza». Lo ha detto Papa Francesco
ai fedeli presenti all’udienza generale
di oggi, mercoledì 22 gennaio,
in piazza San Pietro, ricordando
la celebrazione della Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Sabato scorso è iniziata la Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani,
che si concluderà sabato prossimo,
festa della Conversione di san Paolo
apostolo. Questa iniziativa spirituale, quanto mai preziosa, coinvolge le
comunità cristiane da più di cento
anni. Si tratta di un tempo dedicato
alla preghiera per l’unità di tutti i
battezzati, secondo la volontà di
Cristo: «Che tutti siano una sola cosa» (Gv 17, 21). Ogni anno, un
gruppo ecumenico di una regione
del mondo, sotto la guida del Consiglio Ecumenico delle Chiese e del
Pontificio Consiglio per la Promo-
zione dell’Unità dei Cristiani, suggerisce il tema e prepara sussidi per
la Settimana di preghiera. Quest’anno
tali sussidi provengono dalle Chiese
e Comunità ecclesiali del Canada, e
fanno riferimento alla domanda
rivolta da san Paolo ai cristiani di
Corinto: «È forse diviso il Cristo?»
(1 Cor 1, 13).
Certamente Cristo non è stato diviso. Ma dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore, che le nostre comunità continuano a vivere
divisioni che sono di scandalo. Le
divisioni fra noi cristiani sono uno
scandalo. Non c’è un’altra parola:
uno scandalo. «Ciascuno di voi —
scriveva l’Apostolo — dice: “Io sono
di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo”» (1, 12). Anche quelli che professavano Cristo come loro capo
non sono applauditi da Paolo, perché usavano il nome di Cristo per
separarsi dagli altri all’interno della
comunità cristiana. Ma il nome di
Cristo crea comunione ed unità, non
divisione! Lui è venuto per fare comunione tra noi, non per dividerci.
Il Battesimo e la Croce sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le
divisioni invece indeboliscono la
credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua
potenza (cfr. 1, 17).
Paolo rimprovera i corinzi per le
loro dispute, ma anche rende grazie
al Signore «a motivo della grazia di
Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti
di tutti i doni, quelli della parola e
quelli della conoscenza» (1, 4-5).
Queste parole di Paolo non sono
Per il futuro dell’ecumenismo
Le forti parole di Papa Francesco
sullo «scandalo della divisione
dei cristiani» hanno trovato
subito eco, in piazza San Pietro,
nella «missione sul campo» dei
trenta studenti della Graduate
School dell’Istituto ecumenico di
Bossey, in questi giorni a Roma
per una visita di studio. «Il loro
presente ma soprattutto il loro
futuro è nel servizio attivo
ecumenico» spiegano i
responsabili dell’Istituto. Gli
studenti vengono da
tutte le parti del
mondo, in
rappresentanza di
diverse
denominazioni
cristiane. E
«l’incontro con il
Papa — dicono — è il
punto forte del
programma di studio
a Roma» che
consente loro di
conoscere da vicino
l’attività e la missione
della Chiesa cattolica.
La visita è
organizzata dal
Pontificio Consiglio
per la promozione
dell’unità dei
cristiani. Sabato
pomeriggio il gruppo
parteciperà ai vespri
presieduti dal Papa
nella basilica di San
Paolo fuori le Mura,
a conclusione della
settimana di
preghiera per l’unità
dei cristiani.
«Una famiglia e una
scuola per ogni
bambino» è invece lo
slogan della
campagna sociale di
raccolta fondi
promossa dalla comunità
fiorentina Amore e libertà, in
favore dei bambini, dei poveri e
delle famiglie in difficoltà in
Italia e nella Repubblica
Democratica del Congo. In
piazza San Pietro le persone
assistite hanno portato striscioni
e cartelli con il numero telefonico
45507 a cui inviare un sms
solidale per la donazione. «Da
oltre vent’anni — spiega il
fondatore don Matteo Galloni —
ci prendiamo cura dei minori
senza famiglia». E oggi al Papa
ha presentato Alessandro e
Stefano, figli di una ragazza
accolta in comunità quando
aveva quattro anni. Essenza della
spiritualità di Amore e libertà è
infatti «vivere come una vera
famiglia». Con questo spirito,
spiega don Galloni, «abbiamo
aperto anche una missione a
Kinshasa, dove oltre trentamila
bambini orfani vivono tra
l’immondizia. Abbiamo realizzato
una scuola, un’azienda agricola,
due case di accoglienza, mentre
la chiesa è in costruzione».
Insieme alla cofondatrice
Francesca Termanini, don
Galloni ha illustrato al Pontefice
il progetto che anima la
comunità: «Fare il possibile
perché nessun bambino viva tra i
rifiuti, si veda negato il diritto
all’istruzione e resti senza il
calore della famiglia».
Due piantine d’ulivo sono state il
dono della Coldiretti a Papa
Francesco. Con il presidente
nazionale Roberto Moncalvo
erano presenti il consigliere
ecclesiastico don Paolo Bonetti e
ottocento pensionati, con il loro
presidente Antonio Mansueto. La
Federpensionati Coldiretti,
fondata quarantacinque anni fa,
con i suoi settecentomila iscritti,
è la più grande associazione
italiana di pensionati del lavoro
autonomo. Tra gli obiettivi c’è
quello di «rivalutare il ruolo dei
nonni come risorsa della società
in questo tempo di crisi,
attraverso il sostegno e la
formazione delle famiglie».
Numerosi anche stamane gli
argentini che hanno preso parte
all’udienza. «Il Papa argentino è
per i suoi connazionali
soprattutto motivo di forte
responsabilità» dice José Maria
Poirier, direttore di «Criterio»,
storica e prestigiosa rivista
mensile d’ispirazione cattolica
fondata nel 1928. E spiega:
«Jorge Mario Bergoglio non ci
appartiene più perché oggi da
Papa la sua paternità è
universale. Però noi argentini
dobbiamo dimostrare di aver
compreso il suo insegnamento, la
sua grande visione di una società
più giusta che mette al primo
posto i poveri e gli emarginati».
Inés Ordónez de Lanús,
fondatrice e responsabile della
comunità di spiritualità Santa
Maria, sempre a Buenos Aires,
parla con emozione della sua
antica e solida amicizia personale
con Bergoglio: «Ha
accompagnato il cammino della
nostra comunità, ci è stato
sempre molto vicino e ci ha
incoraggiato». La donna ricorda
bene le telefonate a sorpresa
dell’arcivescovo Bergoglio e «le
tante e delicate dimostrazioni di
attenzione pastorale». Proprio in
questi giorni la comunità ha
presentato gli statuti
internazionali, centrati
sull’obiettivo «di accompagnare
le persone, soprattutto i più
giovani, nella loro vocazione,
nella vita quotidiana» attraverso
la catechesi.
Tra i presenti don Attilio Monge,
il paolino che per vent’anni ha
curato la regia delle messe
trasmesse da Rai Uno. E il Papa
ha anche salutato una
delegazione di vigili urbani di
Macherio, che gli hanno regalato
un casco con le insegne della loro
divisa.
una semplice formalità, ma il segno
che egli vede prima di tutto — e di
questo si rallegra sinceramente — i
doni fatti da Dio alla comunità.
Questo atteggiamento dell’Apostolo
è un incoraggiamento per noi e per
ogni comunità cristiana a riconoscere con gioia i doni di Dio presenti
in altre comunità. Malgrado la sofferenza delle
divisioni, che purtroppo
ancora permangono, accogliamo, le parole di
Paolo come un invito a
rallegrarci sinceramente
delle grazie concesse da
Dio ad altri cristiani. Abbiamo lo stesso Battesimo, lo stesso Spirito
Santo che ci ha dato la
Grazia: riconosciamolo e
rallegriamoci.
È bello riconoscere la
grazia con cui Dio ci benedice e, ancora di più,
trovare in altri cristiani qualcosa di
cui abbiamo bisogno, qualcosa che
potremmo ricevere come un dono
dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle. Il gruppo canadese che ha preparato i sussidi di questa Settimana
di preghiera non ha invitato le comunità a pensare a quello che potrebbero dare ai loro vicini cristiani, ma
le ha esortate ad incontrarsi per capire ciò che tutte possono ricevere di
volta in volta dalle altre. Questo richiede qualcosa di più. Richiede
molta preghiera, richiede umiltà, richiede riflessione e continua conversione. Andiamo avanti su questa
strada, pregando per l’unità dei cristiani, perché questo scandalo venga
meno e non sia più tra noi.
In questa Settimana di Preghiera
per l’Unità dei Cristiani mi è particolarmente gradito poter salutare
gli studenti provenienti dall’Istituto
Universitario di Bossey. Mi auguro
che i vostri studi aiutino a promuovere la comprensione e il dialogo
ecumenico. Saluto inoltre il gruppo
di Cappellani Militari Britannici e
la delegazione della Federazione
Ebrea di Chicago. Su tutti i pellegrini di lingua inglese presenti a
questa Udienza invoco la gioia e la
pace del Signore!
Saluto con affetto i pellegrini di
lingua tedesca. Carissimi, il Signore
Gesù ha detto che dove sono due o
tre riuniti nel suo nome, lì è in
mezzo a loro (cfr. Mt 18, 20). Prendiamo a cuore le parole del Signore
incontrandoci con i nostri fratelli e
sorelle delle altre comunità cristiane
per la preghiera comune. Lo Spirito
Santo vi accompagni nel vostro
cammino.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España,
Argentina, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos a
que llenos de gozo por el don de la
filiación divina que hemos recibido
en el bautismo, sepamos reconocer
con alegría y humildad los dones
que Dios concede a otros cristianos.
Que Dios los bendiga.
Saluto cordialmente i pellegrini
di lingua portoghese, in modo speciale i sacerdoti della diocesi brasiliana di Catanduva: grazie per la
vostra presenza e soprattutto per le
vostre preghiere! Alla Vergine Maria affido i vostri passi al servizio
della crescita verso l’unità del Popolo di Dio. Su di voi e sulle vostre
famiglie e parrocchie scenda la Benedizione del Signore.
Cari fratelli e sorelle di lingua
araba, specialmente i provenienti
dall’Egitto: la fede non sia un motivo di divisione ma uno strumento
di unità e di comunione con Dio e
con i fratelli. L’invocazione del nome del Signore non sia ragione di
chiusura ma via per aprire il cuore
all’amore che unisce e arricchisce.
Preghiamo perché il Signore conceda l’unità ai cristiani vivendo la differenza come ricchezza; vedendo
nell’altro un fratello da accogliere
con amore. Il Signore vi custodisca
e ci guidi tutti verso l’unità!
Saluto cordialmente le suore di
Santa Elisabetta, i bambini cechi di
Laski e tutti i pellegrini polacchi.
Cari fratelli e sorelle, mercé la grazia del Battesimo siamo diventati figli di Dio e discepoli di Cristo,
chiamati alla santità e arricchiti dei
doni dello Spirito. Pertanto rallegriamoci con sincerità di questi doni e preghiamo per l’unità dei cristiani. Vi benedico di cuore.
Oggi si apre a Montreux, in
Svizzera, una Conferenza internazionale di sostegno alla pace in Siria, alla quale faranno seguito i negoziati che si svolgeranno a Ginevra a partire dal 24 gennaio corrente. Prego il Signore che tocchi il
cuori di tutti perché, cercando unicamente il maggior bene del popolo siriano, tanto provato, non risparmino alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della
violenza e alla fine del conflitto,
che ha causato già troppe sofferenze. Auspico alla cara nazione siriana un cammino deciso di riconciliazione, di concordia e di ricostruzione con la partecipazione di tutti i
cittadini, dove ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un
concorrente, ma un fratello da accogliere e da abbracciare.
Porgo un cordiale benvenuto ai
fedeli di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti all’incontro dei Coordinatori regionali
dell’Apostolato del Mare, con il
Cardinale Antonio Maria Vegliò,
esortandoli ad essere voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro
cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà; i membri della
Polizia Locale di Macherio e Sovìco con il Cardinale Dionigi Tettamanzi e il Rotary Club di Lanciano
con il Vescovo Emidio Cipollone.
Saluto inoltre i membri della Comunità Amore e Libertà, i bambini
delle scuole dell’Infanzia di Latina
e i numerosi pensionati della Confederazione Coldiretti. Tutti incoraggio ad essere fedeli a Cristo, affinché nella Chiesa possa risplende
re la gioia del Vangelo.
Un pensiero speciale rivolgo ai
giovani, agli ammalati e agli sposi
novelli. Sabato prossimo celebreremo la Festa della Conversione di
San Paolo. Cari giovani, la figura
di Paolo sia per tutti voi modello
del discepolato missionario. Cari
ammalati, offrite le vostre sofferenze per la causa dell’unità della
Chiesa di Cristo. E voi, cari sposi
novelli, ispiratevi all’esempio dell’Apostolo delle genti, riconoscendo
il primato a Dio e al suo amore nella vostra vita familiare.