Il cardinale Scola ha fatto tappa nel

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Il cardinale Scola ha fatto tappa nel
Scola a Legnano: «La missione non è strategia,
ma comunicare l’incontro con Cristo»
Il cardinale Scola ha fatto tappa nel Decanato di Legnano per la Visita pastorale
feriale. «Pensate secondo Cristo e attraverso Lui tutte le cose, anche se costa fatica»,
ha detto alla gente riunita nel Teatro “Tirinnanzi” e collegata dalla chiesa di San
Domenico.
di Annamaria BRACCINI
È il Decanato di Legnano – il numero 70 su 74 della Diocesi – quello in cui il cardinale
Scola arriva per dare avvio, con l’assemblea ecclesiale, alla Vista pastorale feriale. Realtà
della Zona Pastorale IV in cui vivono più di 117.000 abitanti, che lo accoglie con
particolare calore e affetto, prima nella piazza della prepositurale “San Magno” e, poi, nello
storico e restaurato Teatro “Talisio Tirinnanzi”, collegato, per l’occasione, con la vicina
chiesa di San Domenico, mentre tutta la serata viene trasmessa in streaming sul
portale www.chiesadilegnano.it.
Una seconda “volta” per l’Arcivescovo che, a Legnano, era stato già pochi mesi fa, la sera
del 12 ottobre 2016, per inaugurare la Missione Cittadina, i cui frutti «non vogliamo che
vadano dispersi». Lo ricorda, nel suo saluto di benvenuto, il decano, don Fabio Viscardi al
quale è accanto il vicario episcopale di Zona, don Giampaolo Citterio. «Ci siamo preparati
e messi in dialogo, vorremmo una spinta a essere una Chiesa più unitaria e per questo più
missionaria», spiega.
«È bello e consolante che, alla fine di una giornata di lavoro, abbiate trovato l’energia per
partecipare a questa assemblea ecclesiale», osserva, da parte sua, Scola aprendo il breve
intervento introduttivo che precede il dialogo tra domande e risposte.
Chiaro il rischio – molte volte già divenuto realtà – che i cristiani di oggi corrono «non
superando il fossato tra fede e vita (come lo definì già nel 1932 Montini) e giudicando,
quindi, il quotidiano secondo il pensiero dominate e non con quello del Signore.
«Così è come se disincarnassimo Cristo e l’Eucaristia divenisse, invece dell’incontro con
Lui e i fratelli, una specie di pratica di pietà individuale». Da qui la necessità di “Educarsi
al pensiero di Cristo”, secondo quanto indica la Lettera pastorale dello scorso Anno
pastorale che, anche per il 2016-2017, è riferimento della Visita. Iniziativa, questa, che,
comunque in senso generale, è un dovere episcopale sancito dal Direttorio dei Vescovi
proprio per rendere il Pastore vicino al popolo affidatogli e per consolare, «strappando alla
solitudine».
Parrocchia e Liturgia
Si parte con le domande preparate con un lungo e ampio lavoro di ascolto e confronto
allargato nei Consigli pastorali. Simone chiede «quali sono i punti di forza e i limiti delle
nostre Comunità e quali forme deve assumere la parrocchia per meglio poter incontrare le
persone»; Giulia si interroga sulla qualità della Liturgia al fine di «rendere più attrattive le
Celebrazioni soprattutto per le nuove generazioni».
«Il cristianesimo è l’ incontro che tocca e cambia la vita, il nostro modo di pensare, di
sentire e di agire. Nella sua radice non è solo dottrina, ma, appunto, un’esperienza di
cambiamento dell’io che, avvenendo all’interno delle relazioni in cui siamo sempre
immersi, tocca anche gli altri», scandisce l’Arcivescovo in premessa.
L’esempio è evidente a tutti: «come ci accorgiamo di una persona amica si è innamorata,
così chi ha incontrato Gesù lo comunica a coloro che sono vicini semplicemente vivendo.
La missione non è strategia, ma è comunicazione di ciò che abbiamo incontrato e che ci
permette di affrontare le circostanze comuni a ciascuno».
Il problema è, semmai, adeguare alla realtà presente le forme in cui, nella storia, Gesù si
rende presente. «Non è possibile chiedere alla gente, dopo una giornata lavorativa e magari
ore passate in auto sulle tangenziali, di venire in parrocchia a parlare del Libro di Rut».
Così è anche per la Liturgia: «L’Eucaristia è la modalità con cui il Signore ha deciso di
rimanere presente nella storia e per viverla bene bisogna immedesimarsi nei tre momenti
che la caratterizzano: ponendosi in atteggiamento di perdono, ascoltando la Parola di Dio e
lasciandoci incorporare a Lui. Il rischio di inventare stratagemmi, invenzioni per suscitare
una partecipazione liturgica più attiva è, certo, presente e pesante, ma la questione rimane
vivere bene una Liturgia che, per questo, genera appartenenza».
Catechesi, Iniziazione Cristiana e Famiglia
È la volta Stefania si riflette «intorno alla difficoltà di proporre percorsi di formazione» e di
Luca che sottolinea: «di fronte a storie di separazione, nuova unione, coppie formate da
persone dello stesso sesso, quale stile che ci è chiesto per essere accoglienti senza
rinunciare ai nostri valori cristiani?».
Risponde il Cardinale. «La nostra società cosiddetta liquida è frammentata , non avendo
più il senso dell’unità: questo dato si riproduce fin dai piccoli. Tutto ciò rende problematica
l’educazione, perché è difficile costruire l’unità della persona senza la quale, tuttavia, non si
matura»
Il nodo è, allora, «come individuare il punto che unifica, per cui ogni cosa che siamo
chiamati a vivere nella giornata concorre alla costruzione dell’io senza mettere in
contraddizione le diverse fasi della propria esistenza». Il richiamo è anche all’Iniziazione
cristiana. «È una benedizione che vi sia ancora la tradizione di chiedere i Sacramenti per i
bambini. Non deve interessare il motivo per cui i genitori lo fanno o mandano i figli in
oratorio, a noi interessa – ripete due volte l’Arcivescovo – la possibilità di parlare al cuore
dei ragazzi e anche degli adulti, perché abbiamo notato che ci sono anche molti papà e
mamma che così si ricollegano all’esperienza della fede».
Con tale obiettivo di dare unità, nella persona, nell’educazione e nell’insieme dei soggetti
che vi sono coinvolti, è nata, infatti, la Comunità educante. «Una scuola che non fa questo
non educa. Bisogna circondare i giovani con una realtà accogliente, capace di comunicare
un senso di vita e di offrire la ragione per cui rincominciamo ogni mattina». D’altra parte,
«la Chiesa è per su natura un soggetto educativo perché è Dio stesso ci educa attraverso i
rapporti che ci manda». Emerge, in un simile contesto, il ruolo fondamentale della famiglia
che «anche a fronte di profondi cambiamenti., non è in crisi». Crisi che, semmai, riguarda
la modalità di relazione tra l’uomo e la donna perché non sappiamo più cosa sia l’amore,
parola sotto la quale va tutto e il contrario di tutto. «Amare significa amare per primi e in
ogni istante come se fosse l’ultimo, amare l’altro per quello che è, rispettandolo. È questa la
bellezza, la verità e la bontà dell’amore tra uomo e donna che, poi, tende a generare e a
essere diffusivo. È il Mistero nuziale (tema a cui il Cardinale ha dedicato molti studi e
un’ampia pubblicazione riedita recentemente). «Come cristiani dobbiamo comunicare il
“per sempre” dell’amore proponendolo in modo dinamico, rispettoso e con libertà».
Carità e cultura
Infine, Giorgio: «Cosa significa accompagnare le persone accogliendo il pensiero di
Cristo? Quale è il legame tra Vangelo e carità?» e Luciano: «Cosa può essere più incisivo
per riporre una cultura cristiana?».
«Anzitutto occorre porsi il perché, “per Chi” e la ragione per cui condividiamo il bisogno
vivendo ciò che Gesù ci ha insegnato ossia rifiutare ogni forma di esclusione.
Ciò che dice Madre Teresa di Calcutta – «trasformare in azione vivente l’amore di Cristo
che si è incontrato» – va operato con regolarità e la semplicità di piccoli gesti, come
trascorre qualche ora con un anziano o aiutare un portatore di disabilità. Un “farsi
prossimo” che diviene cultura che «non è un fatto libresco, ma di vita vissuta», suggerisce
l’Arcivescovo. «”Vagliate ogni cosa e trattenete ciò che è buono”, scrive San Paolo, questo
è il principio della cultura. I cristiani sono interessati a tutto perché nulla è fuori dal nostro
orizzonte».
Nasce da questa consapevolezza la consegna alla città e al Decanato, espressa con la
notissima espressione di san Massimo il Confessore: “Pensare secondo Cristo e pensare
Lui attraverso tutte le cose”. «Pensare chinandosi su un povero che non sa dove andare a
dormire, guardando a una famiglia con due figli che deve vivere con 1000 euro al mese e
pensare Cristo attraverso tutto cose, magari con fatica, perché fa parte della nostra umanità
e non è contraria alla felicità».