carne bovina - IRES Piemonte

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carne bovina - IRES Piemonte
PROSPERA
Osservatorio Agroalimentare del Piemonte
Relazione di filiera
CARNE BOVINA
Marzo 2012
Report di filiera – Carne bovina - 2012
presentazione
Le moderne politiche di sviluppo rurale sono piuttosto complesse e richiedono alle Regioni di
dotarsi di adeguati strumenti conoscitivi. La Regione Piemonte e l’IRES Piemonte, pertanto, hanno
sottoscritto una convenzione pluriennale sulla base della quale l’Istituto assicura un’ampia gamma
di attività volte a supportare le diverse fasi (programmazione, attuazione e valutazione) delle
politiche rurali.
Questo insieme di attività è stato denominato con l’acronimo PROSPERA (Progetto Supporto alle
Politiche Rurali e Agroalimentari). Rientrano nel progetto interventi di consulenza alle strutture
regionali responsabili delle politiche in oggetto, l’esecuzione di studi e l’implementazione
dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte.
L’attività dell’Osservatorio è finalizzata, in primo luogo, a fornire elementi utili allo sviluppo delle
politiche di settore, senza trascurare tuttavia le possibili ricadute più generali in termini di
contributo conoscitivo rivolto a diverse tipologie di utenti (dalle organizzazioni di categoria agli
enti locali, dal settore della comunicazione a quello della formazione).
L’attività dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte opera in modo continuativo ed è
strutturata per fornire i seguenti servizi:

realizzazione di analisi congiunturali annuali sull’andamento del settore agricolo e
agroalimentare, elaborate in diversi step di avanzamento in relazione alla disponibilità di dati
aggiornati;

realizzazione e aggiornamento periodico delle Relazioni di filiera, per ciascuna delle principali
filiere agro-industriali operanti in Piemonte;

elaborazione di studi monografici e analisi di scenario.
Le Relazioni di filiera nascono in occasione dell’istituzione dei Tavoli di Filiera, uno dei momenti
concertativi voluti dalla Regione Piemonte nell’ambito della definizione delle politiche rurali. In tale
occasione (2006) fu redatta dall’IRES una prima serie di report creati per supportare l’attività dei
Tavoli, utilizzando anche il prezioso contributo dei soggetti partecipanti. Le attuali Relazioni di
filiera attingono a questo patrimonio informativo e lo aggiornano periodicamente, in modo da
fornire un panorama articolato e completo sulle dinamiche in atto nel settore.
La presente versione della Relazione si riferisce all’annata 2011 ed è stata elaborata nei primi mesi
del 2012. Pertanto, a causa della nota lentezza del rilascio dei dati statistici ufficiali, potrebbe
presentare alcune informazioni incomplete o non aggiornate.
2
Report di filiera – Carne bovina - 2012
INDICE
1 - LE DIMENSIONI DELLA FILIERA E GLI ANDAMENTI RECENTI
4
1.1 - UNO SGUARDO AL MONDO E ALL’EUROPA
4
1.2 - LA PRODUZIONE IN ITALIA
9
1.3 - LA PRODUZIONE IN PIEMONTE
12
2 – POLITICHE E ASPETTI NORMATIVI
16
3 – CONCLUSIONI E ANALISI SWOT
21
FONTI CONSULTATE
24
3
Report di filiera – Carne bovina - 2012
1. LE DIMENSIONI DELLA FILIERA E GLI
ANDAMENTI RECENTI
1.1 Uno sguardo al Mondo e all’Europa
La produzione mondiale di carne bovina è calata in misura moderata ma costante negli ultimi anni,
nonostante la domanda di carne sia in crescita e, secondo le ultime previsioni fornite dalla FAO, si
stima che raggiungerà il picco intorno al 2050 con aumenti del consumo di carne del 73% e di
prodotti lattiero-caseari del 58%1. Le difficoltà registrate nei paesi più avanzati come ad esempio
gli USA e l’UE-27, che insieme al Brasile continuano a essere i primi produttori, sono state
compensate dalla crescita di alcuni paesi emergenti come, ad esempio, l’India (+26% in quattro
anni) dove sotto la spinta dell’aumento della domanda interna di latte, sono cresciute tutte le
attività correlate, in primis la macellazione di capi bovini. In generale si sta attraversando un
periodo di relativa stabilità in cui si stanno lievemente modificando gli equilibri tra i paesi
produttori con la crescita dei paesi in via di sviluppo a discapito di quelli cosiddetti avanzati
(Figura 1).
Allargando lo sguardo all’intera zootecnia si nota come negli ultimi anni la produzione mondiale di
carne sia in realtà cresciuta mediamente con un tasso di circa il 2% annuo, nonostante un
rallentamento nell’ultimo periodo a causa delle carni ovicaprine e delle stesse carni bovine. Trend
di crescita maggiore si sono registrati nei comparti delle produzioni suine e avicole.
Analizzando le diverse aree di produzione si nota come sia in lieve aumento la produzione di
carne bovina nei paesi in via di sviluppo mentre sia stabile se non in calo nei paesi sviluppati. Su
scala macroregionale emerge una espansione dell’Asia che sale dal 19% al 23% della produzione
mondiale e del Sud America che oggi rappresenta il 24%. Tra i principali paesi emergenti si
segnalano il Messico (+14%), la Colombia (+10%) e il Pakistan (+7%).
1
FAO, World Livestock 2011
4
Report di filiera – Carne bovina - 2012
Figura 1 - Produzione mondiale e principali paesi produttori di carne bovina (migliaia
di t)
14.000
60.000
12.000
56.000
USA
10.000
8.000
52.000
6.000
48.000
Brasile
UE-27
Cina
India
4.000
44.000
2.000
0
Mondo
40.000
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: elaborazioni Ires su dati USDA
Figura 2 – Principali paesi esportatori di carne bovina (migliaia di t)
2500
2000
Australia
Brasile
1500
USA
India
1000
UE-27
Argentina
500
0
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Elaborazioni Ires su dati USDA
Nel grafico che mostra la produzione di carne nei principali aree mondiali, vediamo gli USA sempre
al primo posto seguiti dal Brasile e dalla UE-27. L’Australia è diventata il primo paese esportatore
davanti a Brasile e USA. La forza della moneta australiana rispetto al dollaro americano e allo yen
giapponese dovrebbe, tuttavia, attenuare questa crescita nell’immediato futuro. Si sta affermando,
5
Report di filiera – Carne bovina - 2012
invece, l’India che è ormai uno dei principali paesi esportatori grazie alla grande quantità di carne
che è in grado di collocare sul mercato a prezzi contenuti (Fig. 2). Tra i paesi esportatori emerge la
vocazione zootecnica di alcune aree come ad esempio il Nord America (USA e Canada), l’Europa
centro-settentrionale (Olanda, Irlanda, Germania e Francia), il Sud America (Argentina, Uruguay,
Paraguay e Brasile), il Centro America (Messico e Nicaragua) e l’Oceania (Australia e Nuova
Zelanda)2.
Sul fronte delle importazioni sono Russia e USA le prime al mondo ma con la prima che utilizza
principalmente i vicini mercati dei paesi che un tempo costituivano l’Unione Sovietica, ai quali è
ancora legata da vincoli forti commerciali (in particolare la Bielorussia). Secondo i dati FAO
sull’import-export delle principali commodity agricole, anche l’Italia rientra tra i principali paesi
importatori di carne bovina, superata in Europa soltanto dalla Germania. Negli ultimi anni è stata
soprattutto la Russia ad aumentare le importazioni, raddoppiandole in soli 3 anni mentre gli USA
le hanno diminuite di quasi il 20%.
Nell’ultimo biennio abbiamo assistito anche all’espansione di paesi la cui domanda è in crescita e
superiore alla produzione interna. Tra essi ci sono, ad esempio, alcuni paesi del Nord Africa (Egitto
e Algeria), dell’Asia (Sud Corea, Hong Kong, Malesia e Vietnam) del Medio Oriente (Iran, Israele e
gli stati della penisola araba) e dell’America Latina (Cile, Messico, Venezuela)3.
Figura 3 – Principali paesi importatori di carne bovina (migliaia di t)
1600
1400
1200
Russia
1000
Giappone
800
USA
600
UE-27
400
Corea S.
200
0
2007
2008
2009
2010
Fonte: elaborazioni Ires su dati USDA
2
USDA - Livestock and Poultry: World Market and Trade (2011)
3
USDA - Ibidem
6
2011
Report di filiera – Carne bovina - 2012
L’Unione Europea, come evidenziato nel grafico sulle produzioni mondiali, prosegue nella
riduzione dei capi seppur in misura attenuata rispetto a qualche anno fa. Il principale produttore
di carne rimane la Francia con quasi 1,3 milioni di tonnellate seguita dalla Germania (1,15) e
dall’Italia (0,94). Tra i principali produttori prevale una certa stabilità con tendenza a un lieve
ribasso per l’intero continente 4 . Nell’ultimo biennio il tasso di diminuzione è stato del 2,1%
rispetto all’anno precedente. Nell’intera UE i capi sono passati da circa 100 milioni nel 1997 a
poco meno di 90 milioni nel 2010.
Guardando al volume di carne bovina macellata, in Europa nel 2010 si sono sfiorati gli 8 milioni di
tonnellate di cui il 19,2% in Francia, il 15% in Germania e il 13,6% in Italia. Un dato interessante
emerge dai dati relativi ai soli vitelli (meno di 1 anno di età) dove la Francia cresce al 23% seguita
dai Paesi Bassi (sale dal 4,9% al 23%), dalla Spagna (dal 7,6% al 19%) e dall’Italia che mantiene la
propria quota del 13,6%. Per la carne di vitellone o manzo spiccano invece la Francia (19%), la
Germania (16%), l’Italia (14%) e il Regno Unito (13%). Gran Bretagna e Irlanda insieme producono
l’80% della carne di manzo.
Confrontando questi dati con quelli relativi ai consumi interni si rileva che la percentuale di
approvvigionamento dell’UE rimane costante tra il 98% e il 99% con un leggero aumento
nell’ultimo biennio. A un calo delle produzioni è, infatti, seguito un calo più accentuato dei
consumi interni di carne bovina con un tasso medio annuale intorno al 2%. Analizzando
l’andamento dei consumi pro capite nei singoli stati membri a partire dal 2005, emerge
chiaramente un crollo in alcuni paesi del Nord (Danimarca -14,2%, Irlanda -32,5%, Paesi Bassi 14,7%) mentre nel Sud ad eccezione della Spagna (-29,9%) i cali sono più attenuati (Francia -5,2%,
Italia -5,3%). Fanno eccezione il Regno Unito (+9,8%) e la Germania (+0,8%), unici due stati con
consumi in aumento5. Inserendo anche gli altri tipi di carne nel calcolo dei consumi pro capite si
nota come la quota di carne bovina abbia subito un leggero ridimensionamento (-0,8%) nell’ultimo
quinquennio attestandosi sul 17,5%. Nei paesi dell’UE15, tuttavia, questo dato raggiunge il 20,4%
a significare un’abitudine di consumo più radicata nei paesi dell’Europa Occidentale rispetto ai
paesi dell’Est.
4
Eurostat - Agriculture and fishery statistics, Main Results 2009 - 2010
5
Smea - Il mercato della carne bovina. Rapporto 2010, Franco Angeli, 2011.
7
Report di filiera – Carne bovina - 2012
Figura 4 – Prezzi medi alla produzione dei vitelli nei principali mercati europei (€/q)
400
375
DE
350
ES
325
300
FR
275
IT
250
NL
225
PL
200
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Elaborazione Ires su dati Eurostat
Il prezzo della carne bovina a livello europeo ha raggiunto il suo apice nel 2006 con valori medi
sopra i 3 €/kg (vitelli) con punte in Italia e nei paesi dell’area mediterranea. Nei due anni seguenti
si sono registrati alcuni ribassi, in particolare nel corso del 2007. Il biennio 2008-2009 si è poi
contraddistinto per una buona tenuta con alcune oscillazioni dovute soprattutto al prezzo dei
cereali, a cui è seguita una netta ripresa che alla fine del 2011 ha portato i listini dei principali
paesi sopra i 3,50 €/kg (Fig. 4). Va comunque detto che la stratificazione del mercato è tale da
non poter considerare un unico prezzo come riferimento per l’intero settore. La fascia di prezzo
più bassa è composta ormai da qualche anno dalla carne proveniente da alcuni paesi del Nord
Europa come Paesi Bassi, Danimarca e Belgio seguite dalla Germania. La Francia è storicamente il
primo produttore europeo di carne bovina e caratterizza il mercato per quanto riguarda la fascia
intermedia con notevoli ripercussioni anche sul mercato italiano, da molti anni legato a doppio filo
a quello transalpino. In questa fascia troviamo anche la Spagna e l’Irlanda. In questi paesi
l’allevamento da carne è slegato rispetto a quello da latte e si allevano quindi razze specializzate
che sono quotate a prezzi più elevati sul mercato internazionale. Nella fascia di prezzo più elevata
troviamo, invece, l’Italia insieme a Grecia e Portogallo, paesi caratterizzati da costi di produzione
più alti e da specializzazioni produttive molto elevate. I nuovi paesi membri, in particolare quelli
dell’Est, si caratterizzano per prezzi inferiori alla media europea ma con alcune punte di crescita
come ad esempio Repubblica Ceca e Polonia, in cui il prezzo medio annuale ha raggiunto e
superato la media dell’UE156 collocandosi poco più in basso rispetto ai prezzi di Francia e Spagna.
6
Ibidem
8
Report di filiera – Carne bovina - 2012
1.2 LA PRODUZIONE IN ITALIA
All’inizio del 2010 si stimavano in Italia circa 6 milioni di capi, 200.000 in meno rispetto a due
anni prima, al momento dell’indagine Istat sulla struttura delle aziende agricole. Nelle ultime
annate si è consolidata la tendenza verso una concentrazione delle imprese, con una diminuzione
del numero di aziende in proporzione superiore al calo del numero dei capi. La dimensione media
aziendale è passata così dai 24 capi del 1990 a circa 42 nel 2007.
La filiera della carne bovina è sicuramente tra le più complesse del nostro settore agricolo per
l’alto numero di attori che ve ne prendono parte e per le notevoli differenze di tipo produttivo ed
organizzativo che assume nelle diverse aree del nostro territorio. L’area a maggiore vocazione per
la produzione di carne è sicuramente la Pianura Padana. Nel Nord Italia troviamo infatti più del 70%
del patrimonio bovino nazionale (vacche da latte comprese), percentuale che si accentua
guardando solo a vitelli e vitelloni. In particolare le quattro regioni maggiori, Piemonte (13%),
Lombardia (27%), Emilia Romagna (10%) e Veneto (15%) detengono insieme la maggior parte dei
capi, il 65% dell’intero patrimonio nazionale. In quest’area è presente anche una buona parte degli
allevamenti estensivi delle colline e delle montagne alpine.
Nel Centro è presente appena il 10% del patrimonio mentre il restante 20% è nel Sud e nelle Isole.
Alle spalle delle quattro regioni citate troviamo la Sicilia con il 4,9% dei capi seguita da Sardegna e
Lazio (4%). La tendenza alla diminuzione dei capi è generalizzata e abbastanza uniforme, spicca
solo il Veneto che in un anno ha perso il 3,6% del proprio patrimonio mentre le altre regioni
maggiori hanno trend intorno al -1% annuo.
Il settore bovino da carne in Italia comprende numerose razze sia di importazione che autoctone.
Tra le prime prevalgono le razze francesi a specifica vocazione, in particolare la Charolaise e la
Limousine, che si collocano in fasce di mercato intermedie e costituiscono una buona parte del
patrimonio da ingrasso degli allevamenti situati nella pianura padana per la facilità di adattamento
e per la precocità di sviluppo. Discorso a parte meritano la Garonnese e la Blue Belga, razze più
pregiate rispetto a quelle citate in precedenza e comunque ben presenti sul nostro territorio.
Il territorio italiano può contare su un numero di razze bovine autoctone molto elevato e
soprattutto equamente distribuito tra Nord, Centro e Sud. La più diffusa per la produzione di carne
è la razza Piemontese, su cui ci soffermeremo nel paragrafo seguente. Tra le altre meritano una
citazione la razza Chianina, originaria della media valle del Tevere e oggi diffusa in tutta la
Toscana e in Umbria, la razza Marchigiana presente sul versante Adriatico (Marche e Abruzzo) e in
Campania, la Romagnola (in Veneto ed Emilia Romagna), la Maremmana (in Toscana e Lazio) e la
Podolica (in Puglia). Ci sono poi molte razze minori, alcune con volumi produttivi marginali per le
statistiche ufficiali ma dotate di notevole importanza per la tradizione locale, soprattutto nelle aree
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Report di filiera – Carne bovina - 2012
montane o collinari. Tra queste ricordiamo la Pezzata Rossa di Oropa e la Varzese (Piemonte); la
Grigio Alpina, la Pinzgauer e la Pustertaler (Trentino Alto Adige); la Savonese e la Cabannina
(Liguria); la Reggiana e la Modenese (Emilia Romagna); la Pisana, la Pasturina e la Garfagnina
(Toscana); la Modicana, la Rossa Siciliana e la Cinisara (Sicilia); la Sarda, la Sardo Modicana e la
Sardo Bruna (Sardegna).
Molte tra queste razze autoctone stanno vivendo anni di difficoltà, segnati da una forte
diminuzione di capi e dalla chiusura di numerose stalle. Fanno eccezione la Chianina e la
Maremmana, uniche ad aver aumentato il numero di capi nell’ultimo periodo.
Figura 5 – Confronto tra il prezzo di alcune tipologie di bovini e il prezzo di mais e
soia sul mercato americano (€/kg.)
6
0,60
0,55
5
0,50
0,45
4
0,40
0,35
3
0,30
0,25
2
0,20
0,15
1
0,10
Bovini da ristallo
Vitelloni / manzi da macello
Mais (USDA Market Price)
Soia
Vitelli da macello
Fonte: elaborazione Ires su dati Ismea e USDA
L’analisi del mercato della carne bovina in Italia, proprio in virtù di questa altissima varietà di
razze e tipologie di allevamento, non può essere semplificata utilizzando indici di prezzo
generalizzati per l’intero comparto, ma una caratteristica comune è il vincolo della redditività delle
aziende zootecniche rispetto al mercato dei cereali, sempre più guidato da logiche di speculazione
internazionale. Il mais costituisce un alimento essenziale per l’allevamento e il 2010, in
particolare, ha visto una nuova impennata dei prezzi che ha messo a dura prova la redditività delle
aziende zootecniche. Va comunque ricordato che, rispetto ai settori suino e avicolo, il settore
bovino può reggere meglio l’urto di tali oscillazioni perché dotato di un maggiore tasso di
autoproduzione di cereali e foraggi. Altro alimento fondamentale è la soia che fornisce all’animale
la parte proteica dell’alimentazione. E’ meno diffusa come coltivazione presso gli allevamenti
10
Report di filiera – Carne bovina - 2012
italiani rispetto al mais e l’andamento dei prezzi sui mercati internazionali è caratterizzato
anch’esso da numerose oscillazioni. Tra agosto 2010 e gennaio 2011 il prezzo della soia sul
mercato americano è aumentato del 46% e solo a settembre 2011 le quotazioni sono iniziate a
scendere, rimanendo comunque molto al di sopra del livello precedente all’impennata.
Negli ultimi mesi del 2011 anche il prezzo del mais è tornato a scendere garantendo un periodo di
relativa stabilità nel mercato interno. L’indice dei prezzi alla produzione fornito settimanalmente
da Ismea mette a confronto i prezzi medi di vitelli, vitelloni e altri tipi di bovini. Osservando questi
indici e confrontandoli con i prezzi del mais sul mercato americano (ormai tutto il mais è
condizionato dal prezzo emesso quotidianamente dal Chicago Board of Trade) si può notare come
a partire dall’estate 2010 il prezzo del mais sia ripartito in misura analoga alla bolla speculativa
che nel 2007 aveva già messo in ginocchio la nostra zootecnia. I listini della carne bovina sono
rimasti relativamente stabili per tutto il biennio 2009 - 2010 e hanno iniziato la loro risalita solo
nell’ultimo trimestre del 2011, proprio quando il mais è tornato a scendere verso cifre più vicine al
periodo pre-bolla.
Un altro fattore positivo che ha portato a un finale di anno favorevole è il calo della pressione da
parte dei principali concorrenti stranieri. Nei mesi scorsi il prezzo alla produzione di vitelli e
vitelloni è tornato a salire, favorito dalla collocazione di grandi volumi di carne estera (francese,
polacca, olandese) in paesi importatori come la Turchia o i paesi Arabi. In particolare nel nostro
paese sono le razze francesi quelle più toccate da questi sviluppi internazionali poiché presenti
nella stessa fascia di prezzo di quelle vendute in quelle aree. Charolaise e Limousine hanno,
infatti, visto aumenti di prezzo anche del 30-40%.
Non essendo l’Italia un paese esportatore, il beneficio è stato indiretto poiché i principali mercati
da cui importiamo sono Francia, Germania, Irlanda e alcuni paesi dell’Est Europa, proprio quelli
che hanno usufruito dell’aumento delle importazioni in Turchia e in alcuni paesi arabi (Marocco,
Tunisia, Egitto, Siria e Libano in particolare) liberando così spazi nel mercato italiano. Nonostante
il calo di importazioni dalla Francia, si registra un aumento dell’import totale nel 2011.
Sui consumi non si registrano grosse novità, la tendenza negativa degli scorsi anni procede con lo
stesso passo e interessa in particolare la carne nazionale rispetto a quella prodotta fuori. Reggono
i consumi nel comparto della ristorazione ma si tratta in larghissima parte di carne importata.
11
Report di filiera – Carne bovina - 2012
1.3 LA PRODUZIONE IN PIEMONTE
Il Piemonte rappresenta una tra le principali aree zootecniche in Italia, carattere favorito in
particolar modo dalla presenza di un’importante razza autoctona, la Razza Piemontese, che a
partire dalla crisi BSE è stata oggetto di investimento a fonte di una sempre maggior richiesta del
consumatore in termini di salubrità e sicurezza alimentare: si è passati così dai circa 295.000 capi
del 2000 ai circa 350.000 del 2011, con un incremento di quasi il 20% in undici anni 7 . Tale
andamento ha invertito completamente le tendenze degli ultimi cinquant’anni portando oggi la
Razza Piemontese al primo posto tra le razze autoctone italiane e al secondo in generale dietro
alla Frisona.
Per quanto concerne il numero di allevamenti si registra un calo regolare intorno ai 2-3% annuo.
Secondo l’anagrafe sanitaria bovina (BDN) le aziende piemontesi sono attualmente circa 14.000. In
termini di volumi prodotti questo calo si avverte meno perché le aziende che chiudono sono
perlopiù quelle non inserite nei principali circuiti di vendita, meno organizzate e a volte gestite
come seconda attività. Manca comunque un buon ricambio generazionale, soprattutto negli
allevamenti più piccoli che qualche anno fa sarebbero rimasti aperti anche dopo il pensionamento
del titolare facendo ricorso alla soccida, strumento oggi poco utilizzato nella filiera. La dimensione
delle aziende non varia di molto, la tendenza è verso un aumento ma non tale da definirlo un
fenomeno interessante8.
Nel comparto regionale si può evidenziare l’esistenza di due sub-filiere profondamente diverse in
termini aziendali, produttivi e organizzativi:

l’allevamento a ciclo aperto (da “ingrasso”), basato generalmente sull’ingrasso di vitelli da
ristallo importati; rappresenta in termini di capi macellati la porzione maggiore del comparto
ed è costituito da aziende di medie e grandi dimensioni;

l’allevamento a ciclo chiuso (linea vacca-vitello), basato sulla rimonta interna; il sistema è
diffuso in aziende di ridotte dimensioni e alleva soprattutto capi di razza Piemontese.
L’allevamento da ingrasso è alimentato da un costante flusso di importazioni di vitelli,
generalmente provenienti dalla Francia e, in minore misura, da altri Paesi europei. In termini di
valore, la rilevanza del fenomeno è molto marcata, pari a circa il 25% dell’intero import agroalimentare regionale. Negli ultimi anni la difficoltà ormai cronica ad accedere ai ristalli francesi
(per l’elevato costo e per le ricorrenti epidemie di blue-tongue), stanno indirizzando gli allevatori
a utilizzare vitelli di razza italiana che abbiano caratteristiche simili ai broutards d’Oltralpe.
7
Intervista a Giorgio Marega, direttore CO.AL.VI., 2011
8
Intervista a Simone Mellano, direttore Asprocarne, 2011.
12
Report di filiera – Carne bovina - 2012
C’è da segnalare che tale difficoltà ad accedere ai ristalli francesi ha determinato, a partire del
2007, una diminuzione dei capi del sub-comparto da ristallo che non è stata recuperata negli anni
successivi e che ha portato a una diminuzione del patrimonio zootecnico regionale di circa il 25%.
Dal punto organizzativo, nella filiera del ristallo si deve evidenziare il ruolo strategico di alcune
categorie di operatori non allevatori, quali gli importatori, i commercianti e le organizzazioni dei
produttori. Questi soggetti, infatti, dirigono in un certo senso la filiera, sia orientandone la
produzione, sia svolgendo un’attività di concentrazione dell’offerta, seppure con modalità
differenti. Nel caso dei commercianti lo strumento attraverso il quale si attua, di fatto, una
concentrazione è spesso il meccanismo della soccida, che permette al singolo operatore di
controllare, attraverso vincoli contrattuali, numerosi allevamenti.
L’allevamento a ciclo chiuso è di tipo semi-intensivo, con un frequente ricorso al pascolo. Le
aziende hanno in genere dimensioni più contenute di quelle a ciclo aperto e sono diffuse anche
nelle aree collinari e montane. Il sistema si appoggia prevalentemente alla rete di macelli a ridotta
capacità produttiva, che commercializzano il prodotto localmente. La filiera è quindi strutturata
come un insieme di micro-filiere locali di ridotta scala. Per questo insieme di caratteristiche
l’allevamento della ha forti legami con il territorio. Due aspetti maturati in questi ultimi anni sono
da segnalare rispetto a questa sub-filiera. Il 70% degli allevamenti di Piemontese pratica il ciclo
chiuso, caso unico in Europa. Ciò è dovuto anche al fatto che la maggior parte sono aziende
famigliari di piccole dimensioni.
I dati forniti dalla BDN confermano che la Razza Piemontese costituisce oggi circa il 60% del
patrimonio bovino regionale, grazie alla crescita che ha registrato negli ultimi anni, in
controtendenza rispetto alle altre razze, quali ad esempio le francesi che diminuiscono in maniera
vistosa, soprattutto la Garonnese (o Blonde d’Aquitaine) che è passata in 5 anni da 62.000 a
48.000 capi (-22%) mentre nel 2011 è stato vistoso il calo della Charolaise, passando da 22.000 a
15.000 capi9. Questa tendenza è iniziata contestualmente al fenomeno della “mucca pazza” in cui
la GDO ha aumentato la richiesta di carne di qualità e facilmente “tracciabile” facendone così salire
il prezzo. Questo causò in breve tempo un eccesso di offerta portando in pochi anni, tra il 2005 e
il 2009, a un netto calo delle quotazioni. Oggi, dopo una fase interlocutoria il prezzo è tornato a
salire.
Come possiamo vedere anche dai dati relativi alle aziende registrate nel terzo trimestre 2010 alla
Camera di Commercio della regione Piemonte nel settore dell’allevamento dei bovini, la
collocazione geografica del comparto riguarda in particolar modo le province di Torino e Cuneo,
province in cui risulta essere maggiormente presente il ristallo, essendo aree con marcata
specializzazione anche per la produzione di cereali per l’alimentazione del bestiame. I dati della
9
Elaborazioni Asprocarne su dati dell’Anagrafe Nazionale Bovina
13
Report di filiera – Carne bovina - 2012
Relazione dei Veterinari della Regione Piemonte pubblicata nel 2011 confermano che anche gli
allevamenti di Piemontese sono maggiormente collocati nelle suddette aree del cuneese (61,2%) e
del torinese (24,3%).
In termini di redditività, le informazioni che provengono dalle Associazioni di categoria regionali
evidenziano che il comparto della zootecnia bovina da carne sta vivendo da anni una situazione
difficile. Da un lato l’aumento dei costi dei mangimi ha inciso fortemente sulla redditività di questo
settore. A partire dal secondo semestre 2010, infatti, l’aumento rilevante dei costi dei cereali e
quindi dei mangimi in ambito zootecnico si stima abbia portato ad una perdita a capo bovino tra i
150 ed i 200 euro.
Nel comparto, la cooperazione ha un ruolo complessivamente modesto, anche se non mancano
realtà di rilievo, che operano principalmente nella produzione di carne di qualità (Piemontese o
Garonnese). Sono presenti in regione due organizzazioni dei produttori, Asprocarne Piemonte e
Agripiemonte Carne, con un ruolo importante nell’erogazione di servizi e nel raccordo tra
produttori e istituzioni ma che non sono ancora riuscite a organizzare in modo incisivo la
concentrazione e la regolazione dell’offerta nonché la sua promozione, pur proponendosi
soprattutto quest’ultimo obiettivo come fondamentale. Sono anche presenti iniziative collettive
rivolte alla valorizzazione di prodotti di qualità, come il caso del Consorzio COALVI, per la razza
Piemontese; sempre per la valorizzazione della Piemontese si è costituita un’associazione di razza
(ANABORAPI).
Per quanto riguarda la Piemontese si segnalano alcune novità interessanti nell’ambito della
distribuzione. Da alcuni anni la GDO ha aumentato il proprio interesse per questo tipo di carne e,
in seguito allo shock “mucca pazza”, ha imparato a diversificare meglio il proprio prodotto
offrendo anche carne di alta qualità e di provenienza certificata. Nel 2011 la collocazione della
carne da Razza Piemontese nella GDO ha raggiunto il 21% del totale prodotto in regione contro il
60% del dettaglio tradizionale. Il COALVI, inoltre, da un paio d’anni ha iniziato a stipulare accordi
per il rifornimento della ristorazione collettiva sia pubblica che privata. In due anni tale canale di
vendita è arrivato a raggiungere il 9% dell’intero fatturato del consorzio, un dato incoraggiante per
gli sviluppi futuri.
Nel settembre 2009 la Regione Piemonte ha dato il parere favorevole al riconoscimento dell’IGP
(indicazione geografica protetta) per il “Vitellone piemontese della coscia”, uno dei più pregiati
tagli di carne piemontese, approvando l’istanza e il disciplinare presentati dal Consorzio di tutela
della razza piemontese. Al momento però la richiesta è ancora ferma presso la Commissione
Europea che non si è ancora espressa circa la concessione della denominazione.
Il riconoscimento dell’IGP prevede che la carne, per fregiarsi del relativo marchio, rispetti un
disciplinare di produzione, ovvero che provenga dalla macellazione di bovini maschi e femmine di
14
Report di filiera – Carne bovina - 2012
razza piemontese iscritti all’Albo Genealogico, di età superiore ai 12 mesi, nati, allevati e
ingrassati secondo precise modalità nella zona di produzione. L’area comprende un territorio che
interessa le intere province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino, parte di quella di Vercelli e Biella,
oltre alle province liguri di Savona e Imperia.
Altra informazione importante che riguarda questa filiera riguarda l’attività del servizio veterinario
pubblico, che assicura il controllo igienico-sanitario della filiera e, indirettamente, contribuisce alla
sua valorizzazione, e del C.LAB Agri – “Laboratorio per la tracciabilità nel settore agroalimentare",
promosso dalla collaborazione fra l’Assessorato all'Agricoltura della Regione Piemonte, la Provincia
di Cuneo, la Città di Cuneo, la Facoltà di Agraria e il CSI-Piemonte, che si pone l’obiettivo di
operare nel settore della tracciabilità e rintracciabilità, concorrendo a creare un collegamento
diretto fra i risultati della ricerca e il mondo della produzione.
15
Report di filiera – Carne bovina - 2012
2. Politiche e aspetti normativi
Il percorso di disaccoppiamento degli aiuti del Primo Pilastro della PAC e la riduzione delle vacche
da latte a seguito della politica delle quote sono da considerarsi le maggiori cause del
depauperamento del patrimonio zootecnico nazionale e piemontese. Anche le normative europee
che sono entrate a pieno regime nel biennio 2007-08, quali i regolamenti sul benessere animale e
il “Pacchetto Igiene” oltre che la piena attuazione della Direttiva Nitrati (91/676/CEE), hanno
influenzato e influenzeranno la filiera operando una selezione tra gli allevamenti, mettendo in
difficoltà una parte delle aziende ma, di fatto, rafforzando la concentrazione dell’offerta.
Nel novembre 2010 la Commissione Europea ha presentato all’Europarlamento la Comunicazione
che riguarda il futuro della PAC dopo il 2013, riforma che si pone come obiettivo una politica
agricola europea più verde, più attenta al territorio, alle risorse naturali, alle piccole aziende. Il
commissario Ue all’Agricoltura, il rumeno Dacian Ciolos, ha proposto l’abbandono dei riferimenti
storici per i pagamenti diretti da sostituire con criteri che sono in corso di definizione sulla base di
studi di impatto. Il principio che sembra destinato a passare, per attuare il riequilibrio tra i Paesi
della UE nella distribuzione dei pagamenti diretti, è quello della superficie. Una parte importante,
la proposta parla del 30%, sarà destinata al cosiddetto greening, ovvero alla pratica di alcune
attività giudicate sostenibili dalla Commissione come, ad esempio, la diversificazione delle
produzioni, la messa a riposo dei terreni o la creazioni di corridoi ecologici. Oltre a queste due
grandi innovazioni agli Stati Membri sarà concessa l’applicazione di alcuni correttivi per bilanciare
i possibili squilibri derivati dalla riforma. Ci sarà un pagamento compensativo per le aree
svantaggiate, una formula semplificata per le piccole aziende mentre una parte sarà destinata al
mantenimento di particolari produzioni che attraversano momenti di crisi o che costituiscono
elementi di fondamentale importanza per una determinata area. La determinazione dei tetti
massimi da poter destinare a questi correttivi sarà fondamentale per il destino di un settore che
sarebbe penalizzato da una suddivisione che segua esclusivamente criteri di superficie.
Uno studio dell’Ires Piemonte all’indomani della pubblicazione delle bozze di regolamento del 12
ottobre 2011 ha stimato un impatto per il settore della zootecnia bovina da carne di circa il 50% di
fondi in meno. La distribuzione ipotizzata è, naturalmente, da considerarsi puramente teorica in
quanto la fase di codecisione in cui il Parlamento Europeo può intervenire nel modificare i
Regolamenti è tuttora in atto e, inoltre, non siamo ancora a conoscenza di come i singoli Stati
utilizzeranno i correttivi citati in precedenza.
Attualmente il peso del primo pilastro è una quota rilevante della redditività aziendale e il suo
ammontare negli ultimi anni si può stimare pari a quasi un quinto del valore complessivo della
16
Report di filiera – Carne bovina - 2012
produzione (PPB), anche se la Riforma Fischler ha mutato i meccanismi dei pagamenti. Il
meccanismo di erogazione dei premi risulta semplificato con l’introduzione del PUA (Premio Unico
Aziendale, calcolato in base ai diritti storici), tuttavia ha comportato una certa perdita
nell’ammontare complessivo dei premi potenzialmente ricevibili in Italia a causa soprattutto
dell’inefficienza organizzativa e amministrativa italiana. Il disaccoppiamento, invece, avrebbe
potuto causare difficoltà nella linea vacca-vitello che al contrario con l’accordo raggiunto a fine
2009 tra il Ministero Italiano delle Politiche Agricole e Forestali e le Regioni ha portato risorse
finanziare al settore con l’applicazione dell’art. 68.
Riguardo al secondo pilastro della PAC, il PSR 2007 – 2013 della Regione Piemonte è stato
utilizzato dalle aziende del settore con buona frequenza, in particolare alcune misure (Tabella 1).
Su tutte spicca l’adesione al primo bando della 121, ammodernamento delle aziende agricole, nel
2008, con ben 195 aziende partecipanti. Va ricordato, inoltre, che nella tabella compaiono
soltanto le aziende aventi Orientamento Tecnico Economico “erbivori orientamento carne” a cui
andrebbero sommate le aziende misto latte-carne e quelle miste seminativi-allevamento. Da
segnalare infine la buona partecipazione alla misura 211, indennità alle aziende agricole in zone
montane, che premia il comparto della zootecnia estensiva montana, nonché quello alla 214,
l’agro-ambiente, nella quale sono presenti due azioni rivolte alla zootecnia, una sui sistemi
pascolivi estensivi ed una sulla conservazione delle razze locali minacciate da abbandono. Sempre
nella 214 sono poi presenti altre azioni non esclusivamente dedicate alla zootecnia come
l’applicazione di tecniche di produzione integrata, la produzione biologica e la conversione di
seminativi in foraggere permanenti.
Nel 2009, infine, è stata attuata la misura 215, pagamenti per il benessere animale, che promuove
la diffusione di tecniche di allevamento che migliorano il benessere degli animali al di là di quelle
che sono le condizioni minime previste dalla normativa vigente e dal regime di condizionalità. Il
miglioramento del benessere degli animali è al centro del “Programma d’azione” che è stato
approvato a Strasburgo nel 2006 e che evidenzia le proposte legislative che saranno sostenute dal
Parlamento europeo nei prossimi sette anni riguardo a tale tematica. L’obiettivo di tale programma
è quello di raggiungere, a livello europeo e da parte del WTO, il riconoscimento della necessità di
convalidare sistemi di allevamento e produzione zootecnica che facciano appello a norme di
benessere degli animali rigide e superiori alle esigenze minime. In tale ottica il Parlamento
europeo intende sviluppare il ”Sistema integrato di certificazione” che dia adeguata valorizzazione
agli alimenti prodotti nel rispetto del benessere.
17
Report di filiera – Carne bovina - 2012
Tabella 1 – Adesione alle principali misure del PSR 2007 – 2013 delle aziende con
orientamento tecnico-economico prevalente in allevamento bovini per produzione
carne
Allevamento bovini da carne
112
114
121
132
2007
2008
45
2010
45
119
2011
17
214
215
161
37
99
35
4
151
67
88
7
146
148
122
12
143
146
29
195
2009
211
311
9
Fonte: Regione Piemonte Datawarehouse monitoraggio
Elemento cardine di tutte queste politiche rimane comunque la Condizionalità, entrata a regime
completo nel 2007. Sono tre i nuovi atti entrati in vigore su “Igiene e benessere degli animali” da
rispettare e quindi i CGO (Criteri di Gestione Obbligatori) sono passati da 15 a 18. Il Regolamento
73/2009 ha, inoltre, introdotto alcune modifiche ai tali criteri e alle Buone Condizioni
Agronomiche e Ambientali (BCAA). In merito alle BCAA si inseriscono tre principali cambiamenti: la
necessità di preservare le caratteristiche del paesaggio è stata specificata più in dettaglio; sono
state aggiunte la creazione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua (anche per far fronte
all’abolizione del set aside a partire dal 2009), una nuova norma in merito al rispetto delle
procedure di autorizzazione per l’utilizzo dell’acqua a fini di irrigazione e nuove esigenze riguardo
alla cura degli oliveti e delle viti. Tali misure sono applicate a partire dal 1/1/2010 tranne quella
sulle fasce tampone che deve essere attivata entro il 2012.
Rientra invece ancora nella condizionalità, in particolare nelle 7 norme delle BCCA (Buone
Condizioni Agronomiche e Ambientali), la direttiva 91/676/CEE, meglio nota come Direttiva
Nitrati. Tale direttiva impone agli Stati membri, tenendo conto della loro situazione idrologica, di
individuare le zone vulnerabili (quelle in cui le acque di falda possono contenere, dove non si
intervenga, oltre 50mg/l di nitrati) e di approntare specifici programmi d’azione per ridurre
l’inquinamento idrico provocato da composti azotati. Nel corso del 2008 la Commissione Europea
ha aperto una procedura d’infrazione, chiusasi nel giugno scorso, nei confronti dell’Italia per
l’insufficiente designazione delle zone vulnerabili dai nitrati. L’Ue avrebbe voluto, infatti, che
l’intero bacino padano fosse considerato zona vulnerabile. Proprio in recepimento di tale direttiva,
e per uscire dalla procedura d’infrazione sopra citata, è stato approvato dalla Regione Piemonte il
regolamento 10/R in materia di utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici e di acque reflue
agroalimentari. La nuova normativa stabilisce, in particolare, quali condizioni devono essere
rispettate per poter effettuare una distribuzione sul terreno degli effluenti, stabilisce i divieti
all'utilizzo in campo (distanze minime da corsi d'acqua, strade, abitazioni, ecc.), le modalità di
18
Report di filiera – Carne bovina - 2012
trattamento, stoccaggio e distribuzione degli effluenti, definendo, in particolare, le dosi massime
distribuibili per ettaro di superficie. Vengono, poi, dettagliate le procedure amministrative
obbligatorie per le aziende agricole; queste ultime dovranno presentare comunicazioni relative
all'utilizzo agronomico degli effluenti in sostituzione delle precedenti richieste di autorizzazione.
I criteri generali per l’individuazione delle zone vulnerabili sono stati approvati dal Regolamento
12/R approvato dal Consiglio regionale lo scorso dicembre e dettagliati da un provvedimento della
Giunta. Il Regolamento individua nuove aree sensibili, in particolare per tutelare le acque destinate
a uso potabile e stabilisce le tappe che le aziende agricole dovranno eseguire per l’adeguamento
alla direttiva. Per effetto di tali provvedimenti, circa il 53% della pianura piemontese è designata
area vulnerabile, con una ricaduta pesante in termini di costi sulle aziende.
Ad ottobre 2011 il Comitato Nitrati della CE aveva il compito di pronunciarsi sulla richiesta
dell’Italia di ottenere una deroga al limite imposto di 170 kg di azoto per ettaro annuo in tutte le
aree dichiarate vulnerabili. Le istanze italiane sono state accolte e la deroga è quindi stata
concessa ma non si tratta di una deroga generale ma della concessione alle aziende interessate di
poter aderire alla deroga rispettando determinati parametri. Sono specificate alcune colture ad alto
fabbisogno di azoto sulle quali le aziende potranno spandere un massimo di 250 kg/ha annuo. Si
tratta di mais a ciclo lungo, mais seguito da erbaio invernale, cereali vernini seguiti da erbaio
estivo e prati permanenti o temporanei con un massimo del 50% di leguminose. Le aziende
avranno tempo fino al 15 febbraio 2012 per aderire alla deroga. Riguardo all’adeguamento degli
allevamenti piemontesi alla Direttiva, il comparto risulta essere a buon punto. Nel corso del 2010
alcuni allevamenti dislocati nelle aree vulnerabili hanno avuto qualche difficoltà al reperimento di
nuovi terreni da utilizzare per lo spandimento dei liquami e per adeguare le strutture ma in
generale non ci sono stati grossi problemi. 10 Sono inoltre state avviate alcune collaborazioni con
altri settori produttivi come il frutticolo o il vitivinicolo per lo spostamento del letame in altre aree.
Nel 2009 la Regione Piemonte ha avviato un programma di sostegno alle imprese di
trasformazione e commercializzazione nel settore delle carni nelle diverse filiere (bovina, suina,
pollame, conigli, capre e pecore). Tale bando ha stanziato complessivamente 12 milioni di euro –
di cui 5 milioni per le carni bovine – facendo riferimento alla legge regionale 95/95, sulla base di
un lavoro di concertazione con l’intero settore avviato nell’ottobre 2008 a Cuneo, in occasione
della giornata regionale di confronto “Allevare in Piemonte”. I contributi sono stati destinati alle
piccole e medie aziende attive nella trasformazione e commercializzazione delle carni per
realizzare progetti che permettano di conseguire, nell’arco di tre anni, risultati concreti di
valorizzazione produzioni. Gli interventi finanziabili riguardano allestimento di strutture, acquisto
di impianti e macchinari, acquisto di aziende, rami di aziende, reti commerciali, marchi,
progettazione commerciale e di marketing (obbligatoria), creazione di sistemi di qualità, studi di
10
Ires-Irur (2010), Intervista Simone Mellano, direttore Asprocarne Piemonte
19
Report di filiera – Carne bovina - 2012
fattibilità per la concentrazione di imprese. La percentuale di aiuto varia dal 35% al 50% e gli
importi per ogni beneficiario devono essere compresi tra 200 mila euro e 2 milioni di euro. E’
riconosciuta priorità alle società cooperative agricole e consorzi, alle organizzazioni di produttori,
o alle società in cui almeno il 50% del capitale sociale sia costituito da tali soggetti. Alla scadenza
del bando, nel novembre 2009, sono stati presentati 13 progetti per la filiera della carne bovina,
con un investimento previsto di 16 milioni di euro e un contributo stimato di 5,6 milioni di euro. 11
11
Quaderni della Regione Piemonte – Agricoltura, 2009, n°66.
20
Report di filiera – Carne bovina - 2012
3. Conclusioni e analisi SWOT
In sintesi la filiera della carne bovina piemontese si connota per una buona presenza di
allevamenti a ciclo chiuso, sicuramente in misura maggiore rispetto ad altre aree del territorio
nazionale e soprattutto europeo. Ciò determina un elemento di stabilità utile per superare i
momenti di crisi del mercato e la crescente volatilità delle quotazioni. Tuttavia, proprio a causa
della diffusione del “ciclo chiuso” e di una dimensione aziendale mediamente inferiore (in media
45 capi per azienda) rispetto a quella dei paesi concorrenti, il comparto piemontese soffre di una
troppo
bassa
propensione
all’integrazione
con
il
mondo
industriale,
Integrazione
che
consentirebbe di meglio programmare le produzioni per affrontare il mercato e le sue turbolenze
come avviene, ad esempio, in alcune aree del Nord Europa.
La qualità delle carni prodotte è indubbiamente ai vertici della produzione europea e mondiale,
soprattutto per quanto riguarda la Razza Piemontese, che riesce ad essere allo stesso tempo
tenera e magra. Secondo alcuni studi dell’Università di Milano il coefficiente di “nocività” legato a
malattie come l’arterio-sclerosi o la trombosi è il più basso tra tutti i tipi di carne d’allevamento e
in alcuni casi addirittura pari a quello di molti tipi di pesce, generalmente indicato per chi ha
problemi cardiovascolari. Grazie anche a queste caratteristiche negli ultimi anni questa tipologia di
prodotto ha saputo resistere al periodo di crisi che ha interessato l’intera zootecnia e a gode ormai
di buona popolarità tale da essere ricercata e inserita anche nella GDO ed essere venduta in altre
regioni.
La situazione economica generale non aiuta il comparto che, nell’agroalimentare, è uno dei primi a
subire le influenze di una diminuzione generalizzata dei consumi. In particolare negli ultimi anni
sono emerse due tendenze di fondo nelle scelte di consumo della popolazione italiana e
piemontese: una maggiore attenzione alla sicurezza e alla provenienza dei prodotti alimentari ed
un allargamento della fetta di mercato cosiddetta “di primo prezzo”, così come dei canali di
vendita che maggiormente garantiscono il risparmio (discount, hard discount, private label, ecc.).
Queste due tendenze, in apparenza contrastanti, sono da attribuire a scelte di consumatori diversi
tra loro o, anche, all’importanza che uno stesso cliente può dare a diverse tipologie di prodotti.
Nel comparto della carne bovina questi comportamenti si sono tradotti in un’erosione della fascia
intermedia, quella in cui si situano storicamente i prodotti delle aziende zootecniche piemontesi,
ad eccezione della Razza Piemontese che, infatti, ha tenuto un comportamento in controtendenza.
Lo scenario in cui si muove la filiera della carne bovina vede, perciò, una generale riduzione dei
consumi e una costante contrazione del numero di capi macellati. L’Unione Europea sembra
21
Report di filiera – Carne bovina - 2012
essersi orientata verso una stabilizzazione produttiva del settore, anche a livello nazionale, su un
livello più basso rispetto al passato. In un quadro di perdurante crisi economica, vengono
premiati, a livello di consumi, i prodotti zootecnici dei nuovi Stati membri della UE che risultano
offrire al mercato carni a bassi costi e che vanno ad ingrossare il mercato della prima fascia di
prezzo, tuttora in espansione.
La filiera regionale e nazionale per potersi rilanciare e risollevare dalle difficoltà che sta vivendo,
sta cercando di puntare su forme di promozione e comunicazione che valorizzino la qualità del
suo prodotto e la peculiarità delle sue caratteristiche organolettiche che la distinguono dal
prodotto estero. L’obiettivo è quello di trasformare un suo punto di debolezza, il sistema
normativo e i controlli veterinari a cui il comparto è assoggettato che costituiscono uno dei costi
principali del settore, in un punto di forza in quanto riconosciuto dal mercato come valore
aggiunto in termini di sicurezza alimentare a qualità.
Per poter essere competitivi sui mercati, gli allevamenti piemontesi e italiani dovrebbero però
diminuire i costi di produzione e i passaggi lungo la filiera attraverso l’aggregazione degli
allevatori, facendo in modo che il comparto faccia sistema in tutti suoi aspetti, soprattutto nella
sua fase agricola. In particolare per gli allevatori, è fondamentale acquisire degli strumenti di
programmazione che permettano di leggere il mercato e legare l’aumento dei capi allevati
all’effettivo aumento di richiesta da parte dei consumatori. Nello scenario futuro viene considerato
fondamentale da parte degli stessi allevatori la costruzione di aggregazioni di allevatori di secondo
livello, possibilmente sostenute dai finanziamenti pubblici.
Il mercato di riferimento per il prodotto piemontese resterà quello italiano, visto che per le
caratteristiche della sua carne che si colloca, per qualità e prezzo, su una fascia medio alta, che
risulta poco interessante per l’esportazione ad un mercato europeo abituato a consumare tagli
meno pregiati e a basso costo.
Le forme distributive su cui puntare per la commercializzazione del prodotto carne dovranno
essere sempre più secondo schemi di accordo con la grande distribuzione rispetto a cui la parte
agricola della filiera dovrebbe riuscire ad approcciarsi in modo più aggregato, così da acquisire
maggiore potere nella fase di determinazione dei prezzi di vendita. La volatilità dei prezzi dei
cereali e, di conseguenza, dei mangimi, non è destinata a ridursi nei prossimi anni e sarà una
variabile importante in grado di influire pesantemente ed erodere la redditività degli allevatori. Per
questo motivo è necessario che si stipulino accordi anche a monte della filiera, con le aziende
mangimistiche, o che si adottino sistemi di indicizzazione dei prezzi che tengano conto di queste
oscillazioni.
A oggi la riforma della PAC costituisce un pesante interrogativo per il settore che finora ha potuto
beneficiare di consistenti pagamenti diretti. Al contrario, le ipotesi di riforma presentate a fine
22
Report di filiera – Carne bovina - 2012
2011, mostrano la possibilità concreta di una riduzione degli aiuti diretti al reddito degli
allevamenti bovini intensivi.
La maggior parte dei punti sopracitati, si sintetizzati nella matrice SWOT seguente.
Minacce
Opportunità


adeguamento alla
garantite;

sanitarie;
sicurezza) del
per scarsa capacità
riconoscimento
di programmare le
marchio IGP;

mercato;
Oscillazione del
prezzo dei principali
fattori produttivi
energetici);



Debolezza dei
Sviluppo delle filiere
a elevata sicurezza
integrazione delle


organizzazioni di
allevatori che
rendano gli
2013 e pesante
allevatori “forti”
diminuzione del
nella contrattazione
sostegno;
con la GDO;

razza Piemontese;
Buona diffusione nel

ristorazione
per mancanza di
collettiva e nelle
fondi.
varie forme di filiera
corta
23

Elevata intensività,
soprattutto gli
mercato al dettaglio
allevamenti da
e recenti sbocchi
ristallo;
Carne di qualità,

generalmente
Razza Piemontese e
Problematiche di
competitività (costi
di produzione);

Scarsa attività di
coordinamento fra
relativa subfiliera
gli operatori e
locale e “corta”, in
scarsa
grado di mettersi in
programmazione
parte al riparo da
della produzione.
Sistema dei controlli
sanitari pubblici
efficiente;
Sbocchi nella
soprattutto nella
preparato
shock di mercato;

Frammentazione,
subfiliera della
riconosciuta;
Sviluppo
Riforma PAC dopo il
associazioni agricole

Maggiore

e personale
nella GDO;
filiera;
prezzi all’origine;
Indebolimento

diverse fasi della
(cereali, soia e
specializzati,
professionalmente;
igienico-sanitaria;

Aree e allevamenti
imprenditori giovani
(origine, salubrità,
prodotto locale,
alle variabili del

Valorizzazione
Eccessi di offerta
produzioni in base

di alta fascia per le
carni di qualità e
alle norme igienico-

Espansione mercato
Costi e problemi di
normativa nitrati e
Punti di
debolezza
Punti di forza
Tracciabilità
obbligatoria.

Scarsa integrazione

Elevata presenza di
di filiera
carne straniera nella
GDO.
Report di filiera – Carne bovina - 2012
Fonti consultate
TESTI
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EUROSTAT. 2011. Livestock statistics at regional level. Scaricabile all’indirizzo web:
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Livestock_statistics_at_regional_l
evel.Visitato il 09/01/2012
REGIONE PIEMONTE, Programma di Sviluppo Rurale PSR 2007-2013, Testo adottato con DGR n. 29977 del 5 novembre 2008 (modifiche anno 2008) e integrato con modifiche Health Check al 10
dicembre 2009. Scaricabile al sito:
http://www.regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/dwd/documentazione/2009/testointegrato.pdf
Renato Pieri (a cura di), 2010. Il Mercato del Latte, Rapporto 2010. Milano, Franco Angeli
USDA.2011. Dairy. World Markets and Trade. Scaricabile all’indirizzo web:
http://www.fas.usda.gov/psdonline/circulars/dairy.pdf. Visitato il 05/01/2012
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http://usda01.library.cornell.edu/usda/ers/LDP-M//2010s/2011/LDP-M-12-15-2011.pdf.
Visitato il 05/01/2012
RASSEGNA STAMPA
Per il presente rapporto sono state consultate le seguenti testate:
 AGRIREGIONIEUROPA
 AGRISOLE
 IL SOLE24ORE – NORDOVEST
 LARGOCONSUMO
 L’INFORMATORE AGRARIO
 TERRA E VITA
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Report di filiera – Carne bovina - 2012
SITI
ANAGRAFE AGRICOLA UNICA – www.sistemapiemonte.it/anau
AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) – www.agea.gov.it
AGRICOLTURA24 – www.agricoltura24.com
AGRIREGIONIEUROPA – www.agriregionieuropa.it
AGRONOTIZIE – http://agronotizie.imagelinenetwork.com
AIA (Associazione Italiana Allevatori) – www.aia.it
ANABORAPI (Associazione Nazionale Allevatori dei Bovini di Razza Piemontese) – www.anaborapi.it
ASPROCARNE – www.asprocarne.com
BANCA DATI RICA-INEA - http://www1.inea.it/rica
CEREALI24 – www.cereali24.com
COALVI (Consorzio di Tutela della Razza Piemontese) – www.coalvi.it
COLDIRETTI PIEMONTE – www.piemonte.coldiretti.it
CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali) – www.crpa.it
EUROPARLAMENTO24 - http://www.europarlamento24.eu
EUROSTAT - http://epp.eurostat.ec.europa.eu
FAO (Food and Agriculture Organization), servizio statistico - faostat.fao.org
INDEX MUNDI – www.indexmundi.com
INFORMATORE AGRARIO – www.informatoreagrario.it
INOQ (Istituto Nord Ovest Qualità) - www.inoq.it
ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) – www.ismea.it
ISTAT – www.istat.it
ISTRUZIONE AGRARIA ON LINE – www.agraria.org
REGIONE PIEMONTE (Direzione Agricoltura) www.regione.piemonte.it/agri
SISTEMA PIEMONTE – www.sistemapiemonte.it
USDA (United States Department of Agriculture) - http://www.usda.gov
USDA, Foreign Agricultural Service - http://www.fas.usda.gov
WIKIPEDIA – it.wikipedia.org
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