Diapositiva 1 - Istituto Comprensivo Don Milani Viareggio

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Diapositiva 1 - Istituto Comprensivo Don Milani Viareggio
Piano di Formazione del personale docente neoassunto per l’a.s. 2016/2017
Scuola Polo Lucca –IC Don Milani – Viareggio
Laboratorio
Multiculturalismo ed intercultura
Verso un’educazione interculturale
a cura di Leila Corsi
Verso un’educazione
interculturale
Ma sono coloro che navigano tra due impossibili il vero sale della
diversità del mondo. Non c'è bisogno di integrazione, più di quanto non
ce ne sia di segregazione, per vivere insieme nel mondo e mangiare tutti i
cibi del mondo in un paese.
Édouard Glissant
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.
Costituzione Italiana, art. 3
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per
almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di
studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono
essere attribuite per concorso.
Costituzione Italiana, art. 34
• Inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo.
Promozione e coordinamento delle iniziative per l’esercizio del
diritto allo studio
(Circolare Ministeriale n. 301 dell’8 settembre 1989)
• La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri. L’educazione
interculturale.
(Circolare ministeriale n.205 del 22 luglio 1990)
• L’educazione interculturale nella scuola
(Pronuncia del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 23 aprile
1992)
• Razzismo e antisemitismo oggi: il ruolo della scuola
(Pronuncia del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 24 marzo
1993)
• Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri
(Circolare ministeriale n. 24 del 1 marzo 2006)
• La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli
alunni stranieri
(Documento dell’Osservatorio nazionale per l’educazione degli alunni stranieri e
per l’educazione interculturale, ottobre 2007)
• L’italiano che include: la lingua per non essere stranieri
Interventi per l’insegnamento/apprendimento di Italiano L2 per
alunni di recente immigrazione di scuola secondaria di primo e
secondo grado
(Piano Nazionale Italiano L2, 2008)
• Integrazione alunni con cittadinanza non italiana
(Circolare Ministeriale 2 dell'8 gennaio 2010)
• Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri
(Circolare ministeriale n. 4233 del 19 febbraio 2014)
Una didattica inclusiva più che una didattica speciale
• Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e
organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica
(Direttiva MIUR del 27 Dicembre 2012)
o
Tra i Bisogni Educativi Speciali sono inseriti anche quelli derivanti dallo
svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale
o
Non tutti gli studenti non italofoni presentano Bisogni Educativi Speciali
o
Carattere transitorio delle misure dispensative
Pedagogia interculturale
O vinciamo tutti o perdiamo tutti. Tertium non datur
Zygmunt Bauman
Naturalmente si tratta di una parola innocente, che si presta a chiose rassicuranti: “integrazione” va inteso
(ci si spiega sempre, dopo), come interazione, da pari a pari, in un tutto nuovo, visto come un intero in
equilibrio. Naturalmente.
E naturalmente i più colti ci sentono un che di sacro, il raggiungimento di una integrità che almeno da
Orazio è figura positiva (“integer vitae scelerisque purus”). I più colti. […]
Qui la violenza di chi fa fatica ad abbandonare il termine “integrazione” non si esercita soltanto nei
confronti dell’esagerato di turno, quanto nella coazione a tornare con sempre maggior frequenza a un uso
distorto, e fortemente retorico, di “integrazione”. Evitare di dire “integrazione”? Non ci penso neppure...
Ogni volta che ci si sieda a discutere di immigrazione, la maggior parte di chi sta dall’altra parte del tavolo,
quella servita dal microfono, parla di integrazione. Non se ne rendono conto, i più, ma intendono
“assimilazione”. Come si dice “cultura” o “etnia” e s’intende “razza”, si dice “integrazione” e si intende
“assimilazione”. […] Apro a caso due colorati dèpliant che mi sono arrivati con la posta. La declinazione
del termine non può dar adito a dubbi: “uno strumento per integrarsi: la lingua italiana”, oppure
“integrazione tra culture: le differenze culturali e religiose, le abitudini alimentari” (loro, s’intende).
L’elenco potrebbe espandersi all’infinito. Non si parla mai di una società che ricompone a un livello più
complesso i suoi settori, e perciò si integra, ma l’immigrato è sempre l’oggetto di una integrazione in un
ambito preesistente, di cui non s’immagina una modificazione, un processo, quello sì, di inclusione.
E quando, sempre più spesso, gli si chiede uno sforzo, e lo si invita a essere protagonista di questo
adattamento forzato, il riflessivo è inevitabile: l’uso di “integrarsi” è come una cicatrice, il segno di una
violenza che paternalisticamente promette un traguardo, a chi si sottomette da sè a certe regole, soggetto
del suo diventare oggetto di accettazione. Se “ti” integri “ti” accetto. Ad assimilazione compiuta, la fatica è
tutta tua. La fatica di integrarsi, come suona l’ironico titolo di una ricerca dignitosa che dovrebbe farci
vergognare del nostro, ahimè quanto molesto, parlar male.
Giuseppe Faso, Lessico del razzismo democratico. Le parole che escludono, Edizioni DeriveApprodi, Roma 2010, pp. 78-79
[la diversità culturale] nell’immaginario italiano mantiene a
lungo – e continua in parte a farlo – i caratteri della
“deprivazione” […]. Le culture che gli immigrati esprimono
con i loro modi distinti vengono formalmente riconosciute,
ma troppo frequentemente esse appaiono come mancanti «di
molto rispetto al modello italiano»: così gli immigrati, le loro
famiglie, i loro bambini sono, o divengono ben presto,
oggetto di pregiudizio, di sfruttamento lavorativo e di
valutazione negativa delle loro tradizioni culturali.
Francesca Gobbo, Pedagogia interculturale, Carocci, Roma 2002, p.113-114
[L’‘interculturalità’ è una] metodologia
trasversale a tutte le discipline, allargata a
tutta la scuola, indipendentemente dalla
presenza in classe di allievi di origine
straniera.
Maria Omodeo, La scuola multiculturale, Carocci, Roma 2002, p. 7
“chi da educatore o da insegnante parla oggi di
interculturalità è senza dubbio più consapevole di
avere responsabilità non riducibili alle sole funzioni
riparatrici di carattere adattivo e integrativo. […]
L’educazione interculturale si ispira ad una visione
reciprocativa dell’apprendimento: dove un tema, pur
riguardante un destinatario specifico, deve servire a
sviluppare saperi, interrogativi, attività didattiche in
tutti e per tutti.”
Duccio Demetrio – Graziella Favaro, Didattica interculturale, Franco
Angeli, Milano 2002, pp. 15-16
Il fraintendimento interculturale è un prodotto
mutualmente costruito da tutti i partecipanti
all’interazione, non è responsabilità di uno
solo.
J.K. Click, “Reflections on language, interaction and context:
micro and macro issues”, in Carbaugh, D. (ed.), Cultural communication and
intercultural contact, Hillsdale NJ, Lawrence Erlbaum 1990
La forma mentis interculturale […] nasce dalla
pratica, ha bisogno di pratiche – e pratiche
sociali – per attivarsi, per decantarsi e rendersi
attiva. Pratiche diffuse, capaci di trasformare
la stessa comunicazione sociale.
Franco Cambi, Incontro e dialogo. Prospettive della pedagogia interculturale,
Carocci, Roma 2006, p.109
I bisogni dello studente
Bisogni linguistici comunicativi
Solo certe strutture sono apprendibili a un determinato
stadio di evoluzione dell’interlingua e quindi solo le strutture
che possono essere apprese possono essere insegnate con
qualche vantaggio.
da Manfred Pienemann, L’effetto dell’insegnamento sugli orientamenti degli
apprendenti nell’acquisizione di L2, 1986
[…] l’allievo non italofono impara l’italiano
per studiare, ma impara l’italiano anche
studiando.
Graziella Favaro, Italiano L2 “su misura”. Le biografie degli apprendenti e le scelte didattiche, 2007
Le fasi dell’unità di apprendimento
Motivazione: l’insegnante cerca di suscitare l’interesse della classe per introdurla al
testo
Globalità: l’insegnante presenta un testo (scritto, audio, video), che viene scoperto
progressivamente dagli studenti
Analisi: lo studente ricerca nel testo funzioni comunicative o elementi linguistici o
culturali
Sintesi: lo studente riutilizza le informazioni sulle ‘funzioni comunicative’ esaminate
per “rispondere ai propri bisogni comunicativi”
Riflessione/Attività metalinguistica: lo studente scopre le strutture grammaticali con un
approccio di tipo induttivo
Rinforzo: lo studente svolge attività/esercizi sulla lingua
da Franca Ruolo, Parlare insieme, in A. Pona – F. Ruolo, Briciole, Cesvot, Firenze 2012, pp. 147-148
• Competenza comunicativa
• Competenza comunicativa interculturale
Strategie comunicative
Il termine strategie comunicative copre in realtà una vasta
gamma di comportamenti verbali e non verbali, che svolgono
funzioni diverse nell’abito generale di aiutare a gestire
l’interazione. […] La comunicazione interpersonale
che
richiama quella interculturale si esplica tramite tre direttrici: la
prima è la traiettoria di senso concessa dall’ascolto, la seconda è
quella determinata dal dialogo, la terza è quella data
dall’empatia. Ascolto, dialogo ed empatia sono tre dimensioni
della comunicazione come comprensione dell’altro e del
proprio sé che aiutano e sostengono il soggetto adulto nel
difficile rapporto con il mondo.
Alessandra La Marca, Temi emergenti e aspetti didattici della pedagogia interculturale,
in A. Portera, A. La Marca, M. Catarci, Pedagogia interculturale, Editrice La Scuola,
Brescia 2015, pp. 143-144
[…] l’empatia è un comportamento “affettivo” che ha
come prerequisito la capacità di riconoscere
cognitivamente lo stato emotivo di un’altra persona.
Non è “pura sensibilità” ma “razionalità
immaginativa” […]. Mettersi nei panni dell’altro non
significa perdere la consapevolezza del proprio punto
di vista, che si conserva attivo e saliente.
Francesca Cappelletto, Vivere l’etnografia. Osservazioni sul rapporto medico-paziente,
in Cappelletto F. (a cura di), Vivere l’etnografia, SEID, Firenze 2009, p. 218
Per favorire l’interazione:
• “Pensare la relazione tra identità e culture del mondo non
partendo dalla ricerca dell’uniforme, bensì dall’armonia delle
differenze” (Édouard Glissant)
• Suscitare curiosità in un’ottica di coinvolgimento
• Valorizzare la L1
• Privilegiare il Cooperative learning
Per una didattica per tutti
Metodo narrativo
Metodo comparativo
Metodo decostruttivo
Metodo ludico
…
Una parte considerevole del percorso di apprendimento
consiste nell’apprendere a “fare lo scolaro”, ovvero nel
giungere a condividere un sapere culturale che si presenta fin
dall’inizio complesso. Infatti esso comporta non solo
l’apprendimento di contenuti, ma anche quello di modalità di
esecuzione e di orientamenti temporali specifici [...], regole di
comportamento grazie alle quali modellare la capacità di
resistenza fisica e di non movimento, regole sulle modalità
delle relazioni (con chi? quando? Dove parlare?) e sulle
persone diversamente significative presenti nell’istituzione
scolastica [...] che richiede lealtà e che vieta il copiare, anche
se al suo interno ha, e raccomanda, norme informali che
promuovono e premiano la cortesia, la solidarietà, l’amicizia.”
Francesca Gobbo, Pedagogia interculturale, Carocci, Roma 200, p. 140
I disagi cognitivi rivelano una verità di buon senso: “straniero” è una
nozione relazionale, costruita all’interno di un gruppo sociale che indica
come rilevante un carattere piuttosto che un altro. Non esiste perciò lo
straniero, se non come una costruzione sociale in nome di un accordo
condiviso. Non è detto che norme e criteri, più o meno espliciti, che ci
permettono di attribuire l’essere-straniero siano stabili e decisi una volta
per tutti. Non viene percepito come straniero, ad esempio, un nostro amico
di vecchia data, nonostante la mancanza della cittadinanza italiana, il suo
modo di vestire, la sua pronuncia, la sua abitudine a spiazzare nostri
comportamenti irriflessi e il colore della sua pelle. […]
Se il modello di bambino straniero che emerge da un’analisi approfondita
ha contorni così sfocati, ciò dovrebbe aiutarci a far crescere la
consapevolezza che l’appartenenza (l’identità culturale, l’etnicità, ecc.) cui
rischiamo di consegnare il bambino non è una caratteristica stabile e
preesistente alla relazione educativa, ma viene prodotta nell’interazione,
in condizioni di estraneità.
Giuseppe Faso, Chi è il bambino straniero?,
in B. Carrescia, G. Faso, R. Folli, C. Palmieri, Nessuno escluso. Affrontare la complessità a
scuola con strategie inclusive, Milano, Pearson 2014, p.185
Proposte per attività di laboratorio
Vecchie e nuove migrazioni
Competenze chiave:
• Imparare ad imparare
• Competenze sociali e civiche
• Consapevolezza ed espressione culturale
Testi:
Paolo Cotrozzi, Nonni migratori, Campanila, Pisa 2005
Leonardo Sciascia, Il lungo viaggio, da Il mare color del vino, Einaudi, Torino 1973
Primo Levi, Se non ora, quando?, Einaudi, Torino 1982
Otsuka Julie, Venivamo tutte per mare, Bollati Boringhieri, Torino 2012
Philippe Lioret, Welcome, Francia, 2009
I testi suggeriti sono indicativi. Si invitano i docenti a scegliere e portare
racconti, romanzi, film, cartoni animati sul tema
Piano di Formazione del personale
docente neoassunto
per l’a.s. 2016/2017
Scuola Polo Lucca –IC Don Milani
Viareggio
Laboratorio Multiculturalismo ed
Laboratorio
intercultura
Multiculturalismo ed
intercultura
Verso un’educazione
interculturale
a cura di Leila Corsi
IC Lucca 2
IC Gaber
14 febbraio 2017
15 febbraio 2017