Ludovico Marracci, primo traduttore del Corano e della Bibbia arabica

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Ludovico Marracci, primo traduttore del Corano e della Bibbia arabica
Ludovico Marracci, primo traduttore del Corano e
della Bibbia arabica
Nel 1698 vide la luce la traduzione latina del Corano, dopo quarant'anni di lavoro da P.
Ludovico Marracci, sacerdote dell’Ordine della Madre di Dio (OMD). La traduzione è
accompagnata dal testo arabo, da un commento basatto sulle fonti musulmane e da
un’erudita introduzione.
Ludovico Marracci nacque a Torcigliano di Camaiore (Lucca) nel 1612. A quindici
anni, entrò tra i Chierici della Madre di Dio fondati da S. Giovanni Leonardi (15421609). Studiò nel collegio romano di S. Maria in Campitelli dove apprese le lingue
greca, siriaca, caldaica ed ebraica. In questo periodo si avvicinò all'arabo. Un giorno
scoprì in un libro un foglio con caratteri sconosciuti. Un sacerdote maronita gli spiegò
essere in lingua araba. Desiderando impararla, la apprese senza alcun maestro: ne tenne
a mente l’alfabeto, si fece insegnare la pronuncia dai levantini che vivevano a Roma, e
il resto valendosi di una grammatica.
Ludovico Marracci fu consultore nella Congregazione delle Indulgenza e delle Reliquie,
e qualificatore dei libri per il Sant’Ufficio e per Propaganda Fide. Come confessore
ebbe tra i suoi penitente il cardinale Odescalchi, poi Papa Innocenzo XI.
Il primo incarico in campo arabistico fu la traduzione in arabo della Bibbia, portato a
compimento nel 1668, e l’indagine sulle Lamine Granatensi (lastre di piombo rinvenute
nel 1595 presso Granada, in Spagna, incise con caratteri arabi). Nel 1656 fu nominato
alla cattedra di lingua araba a La Sapienza di Roma e successivamente Rettore. L’opera
però più importante di Marracci è la sua traduzione latina del Corano, edita a Padova nel
1698. Fu il primo in Europa a studiare il testo sulla base degli autori arabi, a scrivere
un’imparziale biografia di Maometto, e a comprendere l’importanza degli scritti
talmudici e rabbinici come base di credenze e riti islamici.
Marracci dimostrò apertura mentale nell’avvicinarsi a un testo che a quel momento era
stato, in ambiente cattolico, sempre condannato e mai letto. Sin dai tempi di Alessandro
VII (1655-66) era stato addirittura proibito pubblicarlo in qualsiasi forma e lingua.
Dettami questi in linea con quelli dell’Islam più ortodosso, il qualle ammette la
traduzione intesa come commento, ma non la traduzione della Parola di Dio (kalam
Allah), che come tale non può essere imitata. Ancor oggi l’uso più comune vuole che la
traduzione sia stampata accanto al testo arabo, che poi è il sistema adottato da Marracci.
Gli anni di studio e di stesura della traduzione del Corano furono anni in cui l'Europa
visse come un incubo la minaccia dell'invasione delle armate musulmane, poi fermate a
Vienna. Eppure, pur lavorando in un clima di tensione, Marracci seppe portare a termine
il suo lavoro con precisione scientifica ed onestà intellettuale, fornendo alla Cristianità
una pietra miliare per quanto riguarda il dialogo e l’incontro tra cultura cristiana ed
islamica.