Tar Lazio, sezione II, sentenza 10677_2015 n

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Tar Lazio, sezione II, sentenza 10677_2015 n
N. 10677/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00733/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 733 del 2015, proposto da:
-OMISSIS- rappresentata e difesa dagli avv.ti Amilcare Buceti e Donatella Mazza, con domicilio
eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, Via Tevere, 21;
contro
Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avv. Pierludovico Patriarca, con il quale domicilia in
Roma, Via Tempio di Giove, 21, presso l’avvocatura capitolina;
Municipio Roma III, Servizio Sociale Unità Organizzativa Socio – Educativa, Culturale e Sportiva,
Servizio Sociale, n.c.;
nei confronti di
-OMISSIS-, n.c.;
per l’accertamento
dell’illegittimità del diniego all’accesso per motivi difensivi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Vista la memoria difensiva dell’amministrazione resistente;
Relatore alla camera di consiglio del giorno 3 giugno 2015 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti, di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Parte ricorrente espone che, nel procedimento iscritto presso il Tribunale Civile di Roma, sez. I^,
R.G. -OMISSIS-, promosso dal sig.-OMISSIS- ex art. 250 c.c., il giudice disponeva accertamenti
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socio – familiari, all’uopo individuando i Servizi Sociali del Comune di Anzio, per il sig. -OMISSIS, e il Municipio Roma III, per la ricorrente.
Alla scadenza del termine fissato dal giudice, i Servizi Sociali del Municipio Roma III, omettevano
di depositare la Relazione scritta, per cui occorreva rinnovare la richiesta e rinviare l’udienza
all’1.7.2014.
La Relazione veniva poi depositata il giorno stesso dell’udienza, sicché - prosegue parte ricorrente
- ella non ha potuto svolgere alcuna difesa.
Il processo civile si è concluso con l’autorizzazione del sig. -OMISSIS- al riconoscimento della
figlia, -OMISSIS-.
La madre, odierna ricorrente, ritiene che nella Relazione dei Servizi Sociali, su cui il giudice si è
basato, siano presenti omissioni e falsità.
Ha quindi presentato istanza di accesso agli atti, chiedendo di prendere visione ed estrarre copia
“di ogni atto e/o provvedimento relativo al procedimento amministrativo in oggetto, e,
segnatamente, gli atti precedenti, conseguenti e successivi al procedimento innanzi al Tribunale
civile di Roma, R.G. -OMISSIS-, ivi inclusa la nota Comune di Roma n. 56676 del 16.6.2014, nonché
i dati, appunti e/o relazioni afferenti i colloqui con il sig. -OMISSIS-, nonché i dati identificativi
delle tirocinanti che hanno preso parte agli incontri con la signora -OMISSIS-”.
L’ufficio ha trasmesso (secondo la ricorrente, tardivamente) una serie di documenti che ella reputa
“arbitrariamente selezionati”, e che, comunque, sono già in suo possesso.
Non sarebbero stati prodotti, invece, appunti, annotazioni e/o relazioni afferenti gli accertamenti
svolti nell’ambito del procedimento – di cui la ricorrente è parte – nonostante ella avesse messo
chiaramente in luce che aveva necessità di acquisire tale documentazione in vista della
predisposizione dell’appello avverso la sentenza di primo grado.
Invoca, pertanto, quanto disposto dall’art. 24, comma 7, della l. n. 241/90, secondo cui deve
comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza
sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.
Prosegue con osservazioni di carattere generale circa la necessità di introdurre una specifica forma
di responsabilità amministrativa, a presidio dell’effettività del diritto di accesso, argomentando
inoltre in ordine a possibili profili di incostituzionalità della normativa in materia di accesso, per
l’assenza di una simile previsione.
Si duole poi del comportamento tenuto dal servizio sociale del Municipio Roma III nel
procedimento civile (in particolare, per quanto riguarda il ritardo nel deposito della Relazione
richiesta dal giudicante), e, comunque, del comportamento dilatorio asseritamente tenuto
dall’ufficio in merito all’esame dell’istanza di accesso.
Invoca, infine, l’applicazione nei confronti dell’amministrazione della sanzione processuale
prevista dall’art. 96, comma 3, c.p.c., in quanto ritiene di essere stata costretta ad interporre il
presente giudizio esclusivamente a causa dell’ “inerzia” dell’intimato Municipio.
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Il ricorso, originariamente chiamato alla camera di consiglio del 18 marzo 2015, veniva rinviato su
istanza di parte, a seguito dei rilievi del Collegio il quale rappresentava al difensore la circostanza
che esso risultava notificato al solo Municipio Roma IIII, in persona del legale rappresentante p.t., e
non già all’amministrazione capitolina in persona del Sindaco.
Parte ricorrente, autonomamente, procedeva ad integrare il contraddittorio nei confronti di Roma
Capitale.
Si è quindi costituita, per resistere, Roma Capitale.
Ha eccepito, in primo luogo, l’irricevibilità del ricorso, in quanto notificato presso la sede
dell’amministrazione soltanto in data 23 marzo 2015, e quindi ben oltre il termine prescritto
dall’art. 116 c.p.a..
In punto di fatto, ha precisato che l’oggetto della presente controversia non deve essere confuso
con il procedimento civile instaurato presso il Tribunale di Roma, promosso dal padre biologico
della minore.
Documenta, altresì, che la richiesta di accesso è stata evasa dagli uffici in modo tempestivo e
completo, e che, comunque, non potevano essere ostesi atti non ancora formati.
Quanto alle “annotazioni” dei colloqui avuti con l’assistente sociale – cui parte ricorrente chiede
insistentemente di accedere - si tratta, a ben vedere, non già di documenti amministrativi, bensì di
semplici promemoria che gli operatori utilizzano per la stesura delle relazioni, per i quali non vi è
necessità di conservazione.
Il ricorso, infine, è stato trattenuto per la decisione alla camera di consiglio del 3 giugno 2015.
2. In via preliminare, giova ricordare che, per giurisprudenza costante di questa Sezione, “La
notificazione dell'impugnazione di atti adottati all'amministrazione comunale deve essere
effettuata al sindaco presso la sede del comune” (TAR Lazio, sez. II, 11 luglio 2005 , n. 5607; id., 6
maggio 2009, n. 4743).
L’art. 145 c.p.c., rubricato “Notificazione alle persone giuridiche”, dispone, infatti, testualmente
che “La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede mediante consegna di copia
dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad
altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La
notificazione può anche essere eseguita, a norma degli articoli 138, 139 e 141, alla persona fisica che
rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati
residenza, domicilio e dimora abituale”.
Nel caso di specie, anche a voler tenere conto delle funzioni dei Municipi, quali delineate dallo
statuto del Comune di Roma, appare indubbio che la rappresentanza processuale
dell’amministrazione capitolina “permanga esclusivamente in capo al legale rappresentante, ossia
al Sindaco e che, pertanto, la notificazione del ricorso introduttivo di un giudizio amministrativo
debba essere effettuata presso la sede del comune stesso” (sentenza n. 4743/2009, cit.).
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Di tenore inequivocabile è, in particolare, l’art. 24 dello Statuto, secondo cui “1. Il Sindaco è
l’organo responsabile dell’amministrazione di Roma Capitale e, salvo quanto disposto al comma 4
dell’articolo 34, rappresenta l’Ente”.
La disposizione di cui all’art. 34, ivi richiamata, si limita a conferire al capo dell’Avvocatura la
decisione di costituirsi in giudizio.
Le conclusioni testé evidenziate non mutano, poi, per il solo fatto che, in materia di accesso, l’art.
116, comma 3, c.p.a., abbia previsto che “L’amministrazione può essere rappresentata e difesa da
un proprio dipendente a ciò autorizzato”.
La disposizione, oltre a riferirsi alla rappresentanza tecnica, richiede, comunque, una specifica
autorizzazione di cui, nel caso di specie, non risulta l’esistenza.
Pertanto, ove il ricorso fosse stato introitato per la decisione alla camera di consiglio del 18 marzo
2015, esso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, per nullità della notificazione effettuata
presso il solo Municipio, in persona del “legale rappresentante”.
Come già evidenziato, parte ricorrente ha poi autonomamente proceduto a notificare il ricorso
presso la sede del Comune, in persona del Sindaco.
A questo punto, però, l’amministrazione ha eccepito l’intervenuta decadenza per effetto del
decorso dei termini previsti dall’art. 116, comma 1, c.p.a..
Da tale eccezione è tuttavia possibile prescindere in quanto il ricorso è infondato e deve essere
respinto.
3. In primo luogo, i documenti cui la ricorrente ha chiesto di accedere – ovvero “ogni atto e/o
provvedimento relativo al procedimento amministrativo in oggetto, e, segnatamente, gli atti
precedenti, conseguenti e successivi al procedimento innanzi al Tribunale civile di Roma, R.G. OMISSIS-, ivi inclusa la nota Comune di Roma n. 56676 del 16.6.2014, nonché i dati, appunti e/o
relazioni afferenti i colloqui con il sig. -OMISSIS-, nonché i dati identificativi delle tirocinanti che
hanno preso parte agli incontri con la signora -OMISSIS-”, non sono documenti amministrativi.
Essi, infatti, sono stati formati su impulso del giudice civile che, nell’ambito del procedimento di
cui all’art. 250 c.c., ha chiesto ai servizi sociali “dettagliate relazioni scritte di indagine socio –
familiare in merito alla condizione delle parti e della minore [...]” (cfr. verbale dell’udienza del
17.12.2013, in atti).
Tali relazioni, come pure ogni altro documento formato dagli operatori sociali al fine di adempiere
il mandato del giudice, sono assimilabili ad atti giudiziari e/o processuali, per i quali non è
configurabile il diritto di accesso (ex plurimis, Cons. St., sez. IV, sentenza n. 388 del 19.1.2011).
Secondo il dato letterale di cui all'art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241/90, nel testo novellato
dalla l. n. 15 del 2005, si intende “per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica,
fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche
interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e
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concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o
privatistica della loro disciplina sostanziale”.
In tale definizione, non rientrano gli atti relativi ad organi ed attività giurisdizionali, ovvero
strumentalmente ricollegabili a questi ultimi.
Così, anche nel caso in esame, è agevole rilevare che il procedimento di cui la ricorrente si dichiara
“parte”, non è un procedimento amministrativo, ma è lo stesso procedimento giudiziario che l’ha
vista soccombente, e che è attualmente pendente in grado di appello.
Vero è che, secondo quanto emerge dall’esame del dispositivo della sentenza di primo grado, i
Servizi Sociali sono stati interessati anche al fine di porre in essere “un intervento diretto a
promuovere gradualmente la relazione tra l’aspirante padre e la figlia [...]”, e quindi ad espletare
un’ ulteriore attività, diversa da quella consulenziale, rientrante nel proprio ambito di intervento.
Tuttavia, come esattamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione capitolina, ove parte
ricorrente intenda acquisire copia degli atti amministrativi, eventualmente formati dai Servizi
Sociali successivamente alla definizione del processo in primo grado, essa dovrà formulare una
ulteriore, specifica istanza.
Occorre infatti ricordare che il rimedio dell'accesso non può essere utilizzato per indurre o
costringere l'amministrazione “a formare atti nuovi, rispetto ai documenti amministrativi già
esistenti, ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti” potendo essere
invocato “esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e
materialmente esistenti presso gli archivi” (Cons. St., sez. III, sentenza n. 5099 del 21.10.2013).
Nel caso di specie, va poi dato atto che l’amministrazione non è rimasto affatto “inerte”, così come
sostenuto dall’istante, bensì ha dato seguito all’istanza di accesso, da un lato, esibendo “copia della
documentazione contenuta nel fascicolo della minore” e, dall’altro, fornendo “i dati identificativi
delle due studentesse del corso per assistente sociale che svolgono tirocinio formativo presso il
Municipio III” e che hanno assistito ai colloqui con la s.ra. -OMISSIS- (cfr. la nota in data 27.11.2014
a firma del Dirigente del Municipio Roma III).
L’amministrazione ha peraltro avuto cura di precisare che, in applicazione del Codice
deontologico dell’assistente sociale, è stato acquisito il consenso della ricorrente circa la presenza
delle suddette tirocinanti.
Vero è che, “non è stata effettuata alcuna registrazione né audio né video degli incontri
dell’assistente sociale, non essendo necessaria ai fini dell’attività di valutazione complessiva della
situazione ed ai compiti professionali dell’assistente sociale”.
Tuttavia, ove la s.ra -OMISSIS- ritenga che tale modus procedendi abbia leso i propri di diritti di
difesa, di tanto potrà dolersi nell’ambito del processo civile, in cui è stato acquisito l’ausilio tecnico
dei Servizi Sociali.
4. Per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.
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Sussistono tuttavia giusti motivi, in ragione del carattere sensibile degli interessi coinvolti, per
compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente
pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Dispone che sia apposta, a cura della Segreteria, sull’originale della presente sentenza,
un’annotazione volta a precludere l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi in caso
di riproduzione della decisione in qualsiasi forma per finalità di informazione giuridica.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 giugno 2015 con l'intervento dei
magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Carlo Polidori, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/08/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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