Motivazione e apprendimento scolastico

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Motivazione e apprendimento scolastico
magister
le nuove frontiere dell’educazione
ISBN: 978-88-96217-10-8
Impaginazione e Stampa: Grafiche Santocono - Rosolini (SR)
Aprile 2010
Printed in Italy
© Edizioni Grafiche Santocono – 96019 ROSOLINI (SR)
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Direttore:
Alberto Moltisanti – Dirigente Scolastico dell’Istituto Statale d’Istruzione
Secondaria ‘G. Verga’ – Modica (RG)
Responsabile coordinatore del progetto:
Piergiorgio Barone – Docente di Scienze Sociali
Direzione e Redazione:
Istituto Statale d’Istruzione Secondaria Superiore ‘G. Verga’ - Piazza BadenPowell, 1 - Tel. 0932 903462 - 97015 Modica (RG)
Annuario – 2010
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MOTIVAZIONE E APPRENDIMENTO
DALLE TEORIE ALLE STRATEGIE
di
Piergiorgio Barone1
INTRODUZIONE
Dal punto di vista della scienza
socio-psico-pedagogico, il termine
motivazione viene usato in riferimento a
pulsioni, processi e comportamenti
abbastanza eterogenei tra di loro. In
ogni caso, essa esprime la tendenza
dell’organismo a soddisfare non solo i
bisogni primari, ma anche l’attività
esplorativa di un individuo sin da
piccolo, e fino alla curiosità del creativo
e dello scienziato ed il comune desiderio
di riuscire in una attività o, al contrario,
la paura di fallire.
Dal punto di vista strettamente apprenditivo e scolastico, la motivazione
esprime il bisogno di sentirsi competenti, efficaci, liberi; ma anche il piacere e la
gratificazione di controllare, passo dopo passo, tutto quel che c’è da fare per
raggiungere una meta, un obiettivo, un risultato.
Purtroppo la quasi totalità degli insuccessi scolastici, dei fenomeni di reiezione,
di drop-out, hanno al fondo una mancata motivazione, espressa da quei fenomeni
Piergiorgio Barone, già insegnante di Lettere Italiane e Latine ed ora di Scienze Sociali presso l’Istituto ‘G. Verga’ di
Modica (RG), ha svolto attività di critico letterario (La Fiera Letteraria di Roma), corrispondente di quotidiani (L’Ora di
Palermo, Il Diario di Ragusa), e vari (Informatica e Scuola, Dialogo, Pagine dal Sud, Vita Diocesana, Il Clandestino); è stato direttore
responsabile dei servizi giornalistici di Radio Trasmissioni Modica e del mensile Comunità.
Ha pubblicato diversi saggi:
- sull’Autorientamento e sull’Orientamento Scolastico e Professionale3 dopo la scuola media, editi dal Distretto Scolastico n. 54 di
Modica e da editrici della provincia di Ragusa; sull’Educazione al rischio sismico; oltre che sulla Storia, economia, società, problemi,
tradizioni, immagini del Lavoro Ibleo (3 voll.); su Teoria e Prassi della Valutazione Scolastica in tutti gli ordini e gradi di scuola (Argo,
Ragusa, 1997). Ed ancora, ARGO GIUDIZI, un software per la formulazione automatica e la scrittura nelle schede
ministeriali dei giudizi di valutazione nella scuola dell’obbligo, 20073; e i Registri dell’insegnante, del tutor, della progettazione, del
portfolio, della classe etc. per la nuova scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della secondaria di primo e secondo grado5, (coautore),
Argo, Ragusa, 2000-2009. Infine: Dizionario Concettuale (coautore), 2004; Legislazione scolastica – Raccolta di testi normativi non
commentati,(coautore), entrambi Adierre, 2004; L’Istruzione Magistrale a Modica, 2004; Mithyca – Storie del mondo antico–Antologia
di classici greci e latini per gli alunni delle scuole medie, 2005; Programmare e valutare per competenze, 2006; Ti racconto la storia–
Avvenimenti e personaggi del secolo breve (con lo pseudonimo di Olaf Normann Sowolo), 2006, tutti EdiARGO, Ragusa. In corso
di pubblicazione Lineamenti storici delle istituzioni scolastiche iblee dal Seicento ai nostri giorni.
Attualmente è direttore responsabile delle collane editoriali Educational software ed EdiARGO della Argo di Ragusa.
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che gli insegnanti definiscono di noia, apatia, distrazione, ansia; da mancanza di
interessi e di competenze per apprendere. Come se questi fossero dei pre-requisiti,
delle variabili assegnate, dei doni ereditati geneticamente e non dovessero venir
fuori da un contesto significativo di insegnamento/appren-dimento.
In queste poche pagine vogliamo proporre una riflessione sul problema della
motivazione e del suo rapporto con il successo scolastico, che spesso diviene
successo in altre attività della esistenza. Faremo riferimento alle teorie e quindi agli
studi specialistici, ma ci soffermeremo soprattutto sul da farsi, vale a dire sulle
modalità e tecniche concrete dell’attivarsi per motivare.
LE TEORIE
Di teorie sul perchè si è motivati a fare o non fare delle azioni ne esistono
parecchie ed il ricorso all’una o all’altra comporta il privilegiare alcuni aspetti e il
trascurarne altri. La psicologia oggi tende a rinviare a tre diversi tipi di
motivazione: quella incentrata sul rinforzo estrinseco, una seconda incentrata sul
compito, ed infine quella incentrata sull’Io.
Dal punto di vista strettamente scolastico, quindi didattico-disciplinare,
solitamente il rinforzo estrinseco si identifica con un apprendimento visto come
mezzo per raggiungere uno scopo, quello di ottenere un premio, una
gratificazione personale, familiare: ma anche per evitare un castigo, una punizione,
una privazione proveniente sempre dallo stesso ambito.
Di diversa valenza invece è lo sforzo apprenditivo che coinvolge razionalmente
ed emotivamente l’alunno al fine di comprendere e riflettere sull’oggetto di studio,
che diviene un’attività che ha valore per se stessa.
Se la motivazione ad apprendere si incentra sull’IO, ciò vuol dire che lo
studente ha la netta tendenza a mostrare, esternare la propria sicurezza,
traducendola non solo in conoscenze, ma soprattutto in abilità e competenze.
Questa elencazione tipologica di motivazione viene fatta evidentemente solo
per motivi di studio, perché nella realtà concreta dello sforzo apprenditivo
dell’alunno si verifica una continua, costante e significativa interazione delle tre
tipologie sopra descritte.
Non poche volte, accade agli insegnanti di lodare lo sforzo di alcuni alunni che
sono sempre preparati, che studiano con continuità, che fanno ricerche, che prendono
appunti, realizzano schemi, sintesi, mappe concettuali; potenziano,
approfondiscono le loro conoscenze ecc. Talvolta essi divengono esempi da
imitare. Questi alunni vengono additati ad altri alunni come esempio da seguire e
pare debbano assumere una funzione di leadership. Ma si rivelano un fallimento:
continuano ad avere ottimi voti, ma non trascinano la classe. Essi sono casi a sé.
Questi alunni coltivano la disposizione a considerare la motivazione ad apprendere
unicamente incentrata sul compito o sull’IO come l’unica valida, perchè in fondo
perseguono il bisogno narcisistico ed egocentrico di distinguersi per merito, ed evitano a
tutti i costi le brutte figure ed i fallimenti. Tale atteggiamento non può e non deve essere
incoraggiato dall’insegnante, perchè il compito fondamentale di un educatore, che è
poi il compito ultimo della formazione, è quello di aiutare gli alunni a perseguire,
con realismo, il gusto di imparare, di apprendere per uno sviluppo intellettuale che
armonizzi ed equilibri lo sviluppo della personalità in forma olistica.
Un obiettivo realistico perseguibile, se si conosce bene quell’aspetto di
personalità studiato ed approfondito da numerosi autori e che Vygotskij (1965) ha
definito come Zona di Sviluppo Prossimale, o, dalle iniziali, semplicemente ZSP, cioè
che rappresenta la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale,
che può essere raggiunto con l’aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari con un livello di
competenza maggiore. Ogni apprendimento, cioè, deve stimolare ed ampliare gli
interessi degli allievi, in stretta relazione all’età, all’ambiente socio-culturale in cui
vivono.
SPENDIBILITÀ DELLA PROPOSTA DIDATTICA
La motivazione nell’alunno nasce dal fatto che la proposta didattica viene vista
come spendibile, vale a dire vissuta come interessante, utile, valida, applicabile.
Non è da escludere, inoltre che la motivazione si può raggiungere proponendo
e coinvolgendo gli alunni in attività che siano in grado di stimolare e ampliare le
loro inclinazioni, passioni o, in generale, i loro interessi. La programmazione deve
volgersi ad individuare verso quali direzioni possono essere proposti conoscenze e
contenuti affinchè quel che è stato proposto venga vissuto come utile, valido,
applicabile, spendibile.
Quanto sopra detto crediamo di poterlo riassumere nel seguente modo:
- identificare esigenze, interessi ed obiettivi individuali (per es. attraverso la
somministrazione di un questionario, un colloquio di interessi);
- aiutare gli alunni a definire i propri obiettivi personali (goal setting);
- mettere in relazione obiettivi didattici ed interessi o obiettivi individuali;
- coinvolgere gli alunni in progetti con l’assunzione di responsabilità per la
loro realizzazione;
- strutturare obiettivi didattici ed attività scolastiche per favorire il successo
dei singoli.
Ma la chiave per eccellenza verso il successo scolastico è l’automotivazione al
gradimento delle proposte didattico-educative. Gli studenti devono essere invitati
a rilevare le motivazioni alla base dell’attività svolta e il proprio gradimento di essa,
perchè secondo i livelli di gradimento raggiunti, gli insegnanti devono impegnarsi
a rinfrancare gli allievi e renderli consapevoli della possibilità di commettere
eventuali errori, anticipando, per quanto possibile, le difficoltà che si potrebbero
trovare ad affrontare ed incoraggiarli a superare tali ostacoli.
Questo momento si traduce in collaborazione che acquista un valore, non solo
con il docente, ma anche e soprattutto con i pari, per il senso di solidarietà,
partecipazione e confronto che origina.
RINFORZARE LA MOTIVAZIONE
Un livello elevato di motivazione, per se stessa, non è in grado di garantire la
continuità dell’impegno didattico. Sono necessari, in tal senso, anche i rinforzi
positivi, il sostegno reciproco, la collaborazione intragruppo, i feedback, la
possibilità di effettuare delle autovalutazioni.
La motivazione, quindi, non è solo un concetto psicologico, ma va intesa anche
in una prospettiva relazionale, interattiva, sia tra le persone (docenti, alunni,
famiglia) che in una varietà di circostanze (scuola, ambiente, società).
In tale ottica, essa non è più una condizione preesistente, una variabile
assegnata una volta per tutte, una serie di caratteristiche personali innate, ma un
obiettivo educativo, da acquisire tramite l’interazione, all’interno di un contesto.
Inoltre, quando si parla di motivazione ad apprendere, è importante
distinguere: la motivazione come tratto, una sorta di equilibrio tra curiosità, bisogno di
competenza, di affermazione, stima di sé, capacità di tollerare le frustrazioni; e la
motivazione come stato, cioè l’atteggiamento del discente nei confronti di una
situazione specifica, che viene influenzato sia dall’orientamento motivazionale
stesso, sia dagli aspetti d’interesse.
Fondamentale nel processo di insegnamento-apprendimento è il saper
riconoscere come la motivazione si manifesta. Gli studiosi hanno elencato una serie di
modalità che necessitano di essere tenuti presenti e che possono essere riassunte
nelle seguenti: orgoglio e soddisfazione per il rendimento, pianificazione,
assorbimento in ciò che si fa, immersione nella riflessione, concentrazione
sull’obiettivo, elevata elaborazione delle informazioni, intenzione consapevole
d’apprendere, percezione distinta dei feedback, ricerca di nuove informazioni,
bassi livelli d’ansia connessi al timore di non raggiungere l’obiettivo.
È chiaro che ogni studente ha una sua storia scolastica e quindi una
conseguente storia e lunga teoria di successi e/o di insuccessi scolastici, legati a
situazioni personali, familiari, ambientali (scuola, docenti, etc.) e purtroppo la storia
personale influenza la disposizione e i risultati dell’apprendimento. Insomma, gli
alunni risentono degli esiti del percorso formativo svolto fino a quel momento.
Potenziare il successo o interrompere la spirale viziosa dell’insuccesso dipende
dalla rappresentazione mentale di quanto si desidera raggiungere o evitare;
dipende anche dalle reazioni affettive, che accompagnano le fasi del
comportamento; dipende, infine, dall’atteggiamento di coloro che gli stanno
intorno.
Potenziare ed interrompere è operazione lunga, complessa, ma possibile.
L’INSEGNANTE MOTIVATORE
L’impegno degli educatori va rivolto ad incoraggiare l’alunno a competere
soprattutto con se stesso, ad avere: entusiasmo per l’argomento oggetto di studio, conoscenze in
campi differenti, rispetto e stima sincera degli altri; ad apprezzare il valore dei risultati
raggiunti e i vantaggi dell’apprendimento; a dare importanza all’assunzione di responsabilità e
rischi.
Il ruolo dell’insegnante, quindi, è quello di divenire motivatore: con lo strumento
conoscenza dell’alunno e con la strutturazione di obiettivi ed attività educative,
attraverso cui ciascun alunno sperimenti il senso di successo ed acquisisca la
consapevole percezione del proprio controllo sulla realtà.
Concretamente questi percorsi ed itinerari verso il successo scolastico possono
essere intrapresi se gli insegnanti, in collaborazione fra loro, aiutano gli alunni a
definire chiaramente il proprio obiettivo, proponendo loro l’elenca-zione di alcuni
dei passi da compiere per raggiungerlo; aiutandoli a pensare ai problemi che
potrebbero sorgere ed interferire lungo il cammino, a pensare ad alcune soluzioni
per questi problemi; ma anche a stabilire un termine entro il quale raggiungere
l’obiettivo, valutando periodicamente i propri progressi, premiandosi per i propri
risultati.
Nel cosiddetto goal setting, meglio nella programmazione degli obiettivi di
successo, le regole d’oro sono definite dell’ABCD. Cioè un obiettivo deve essere
Abbordabile (ragionevole, per l’età e le capacità); Ben definito(enunciato
chiaramente); Convinto (credere di poterlo realizzare), Desiderato (lo si vuole
veramente).
Tra l’altro, gli obiettivi specifici dirigono meglio degli obiettivi generali; gli
obiettivi difficili (sfida) sono meglio degli obiettivi modesti; gli obiettivi a medio
termine favoriscono il raggiungimento di obiettivi a lungo termine. Tale modalità
di presentare gli obiettivi focalizza l’attenzione, regola lo sforzo, aumenta la
perseveranza, ed attiva nuove strategie.
DISSONANZA COGNITIVA E MOTIVAZIONE
La dissonanza cognitiva è un concetto che venne introdotto da Leon Festinger
nel 1957 in psicologia sociale, e ripreso successivamente in ambito clinico da
Milton Erickson. Essa descrive la situazione di complessa elaborazione cognitiva
in cui credenze, nozioni, opinioni esplicitate contemporaneamente nel soggetto, in
relazione ad un tema, si trovano a contrastare funzionalmente tra loro. Pertanto,
un individuo che attiva due idee o comportamenti che sono tra loro coerenti, si
trova in una situazione emotiva soddisfacente (consonanza cognitiva); al contrario, si
verrà a trovare in difficoltà discriminatoria ed elaborativa se le due
rappresentazioni sono tra loro contrapposte o divergenti. Tale incoerenza produce
appunto una dissonanza cognitiva, che l'individuo cerca automaticamente di eliminare
o ridurre a causa del marcato disagio psicologico che essa comporta. Ciò può
portare all'attivazione di vari processi elaborativi, che permettono di compensare
la dissonanza. La dissonanza cognitiva in ambito scolastico (accettazione del
gruppo, non accettazione di uno o più insegnanti; apprezzamento dei genitori,
disattenzione della scuola; successo in attività sportive, canore, etc.,
colpevolizzazione degli insegnanti per queste attività ritenute una perdita di
tempo…) può essere ridotta, producendo un cambiamento nell'ambiente e
modificando il comportamento della variabile indipendente scuola (docenti, gruppoclasse, attività…), aggiungendo nuovi elementi cognitivi alle conoscenze
dell’alunno, ovvero ricerca attiva di nuove informazioni che recuperino il vuoto, il
suo gap apprenditivo.
DENTRO LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI
Non è qui il caso di approfondire eccessivamente la problematica, stante le
conoscenze fondamentali dei docenti, ma desideriamo lo stesso sintetizzare alcune
metodologie che devono far parte della cassetta degli attrezzi degli educatori. Ci
riferiamo soprattutto all’apprendimento per competenza ed a quello per scoperta.
Il primo, cioè l’apprendimento per competenza è volto alla acquisizione da parte
dell’alunno di un comportamento che porta a costruire abilità efficaci, perchè
rivolto ad un obiettivo, selettivo e persistente, e che soddisfa un bisogna
intrinseco di trattare con l’ambiente; all’apprendimento per esplorazione, cioè all’acquisizione di un comportamento esplorativo che accoglie stimolazioni che non hanno
un diretto riferimento con la soddisfazione di bisogni biologici (come ad es. il
comportamento del gioco negli animali e nell’uomo). Tale comportamento si può
ritrovare in forma di problemi che incoraggiano il bambino, l’alunno a procedere
verso la ricerca di nuove informazioni più che ad adattarsi a registrare
passivamente l’informazione offerta dall’insegnante. Pensiamo alla sorpresa, una
situazione cioè che si presenta quando un fenomeno disattende le aspettative
derivate dalle precedenti convinzioni. Si pensi ancora al dubbio, inteso come
conflitto tra due alternative. La forza motivazionale legata a questa forma di
conflitto può essere utilizzata chiedendo al soggetto una risposta anticipatoria che
preveda se si verificherà un dato fenomeno o meno. Si pensi alla perplessità, cioè ad
una situazione di conflitto tra un numero di soluzioni possibili, che può essere
risolta attraverso un lavoro di indagine ulteriore tra le informazioni in possesso
(ridda delle ipotesi). Infine, la contraddizione come forma di conflitto tra due
informazioni dissonanti tra loro sotto l’aspetto logico. Può essere utilizzata
presentando nuove informazioni che mettono in discussione e mostrano
l’inadeguatezza delle nozioni precedenti.
Il metodo per scoperta, invece si riferisce al comportamento dell’alunno diretto a
risolvere un compito di apprendimento senza l’aiuto dell’insegnante. Se l’al-lievo
risolve il compito senza l’aiuto dell’insegnante, si parla davvero di scoperta; se
l’insegnante offre qualche aiuto, ma l’allievo giunge alla conclusione del compito
sostanzialmente da solo, si parla di scoperta guidata.
Il metodo della scoperta sembra rispondere appieno alle esigenze di
motivazione degli alunni e garantisce conoscenze più durature, li rende autonomi,
automotivati il più possibile, in grado di formulare correttamente problemi e di
ricercarne da soli la soluzione. Il metodo per scoperta facilita lo stabilirsi di un
diverso rapporto insegnante-alunno, come, anche l’interesse e l’efficienza nel
risolvere i problemi; la ritenzione e comprensione di nuovo materiale in/formativo.
MOTIVAZIONE, ANSIA E APPRENDIMENTO
Ci sono situazioni in cui la motivazione, intrinseca o estrinseca che sia, non
basta a far raggiungere ad un alunno il successo scolastico. Esistono in ogni
individuo, ed in particolare negli alunni in età di apprendimento scolastico dei
meccanismi psicologici che rasentano nella loro concretizzazione quasi la
patologia.
Fra tutti desideriamo accennare all’ansia, che è una caratteristica non
unicamente correlata alla motivazione al successo, ma involve la struttura stessa
della personalità. Per questo motivo il comportamento ansioso negli alunni
richiede una particolare attenzione nella definizione dell’intervento educativo.
Mostrandosi l’ansia come incapacità del soggetto di collocarsi adeguatamente
nei confronti delle difficoltà di un compito, quale che esso sia, la personalità
ansiosa, specie quella del bambino o dell’adolescente, viene quasi paralizzata e
spesso soggiace all’esperienza dell’insuccesso. Insomma, l’ansia è una variabile
centrale e di cruciale importanza nello studio della motivazione allo sviluppo di
personalità mature ed equilibrate.
Purtroppo, tutta una serie di atteggiamenti dell’insegnante (ma anche della
famiglia) a partire dalle aspettative, sia quando sono eccessive, sia quando non ce
ne sono completamente; tutta una serie di pregiudizi e stereotipi ben sottolineati
dall’effetto alone e dall’effetto Pigmalione; gli atteggiamenti del gruppo-classe inclusi,
contribuiscono, ognuno a suo modo, ad inficiare le prestazioni, le performance
apprenditive.
L’insegnante può non restare con le mani in mano. Anche senza la necessità di
ricorrere allo specialista (psicologo scolastico, psicoterapeuta, etc.) può mettere in
atto delle tecniche semplici che tendono a ridurre l’ansia e a mettere più a suo agio
l’alunno.
Gli specialisti, ma anche i docenti di comprovata esperienza, indicano nel role
playng e nel gioco della sedia vuota, alcune delle tecniche, legate allo psicodramma di
Moreno, in grado di ridurre l’ansia.
Il role playng è una tecnica clinico-terapeutica di gruppo, utilizzata per primo,
appunto, da Moreno (1953), basata sulla drammatizzazione: ogni partecipante,
attraverso una rappresentazione scenica che ha valore di situazione protetta,
assume un ruolo specifico da presentare a sé e agli altri; ciò permette una nuova
esperienza affettiva e si configura come un metodo per facilitare l’esplo-razione
dei propri sentimenti (consapevoli e non), favorendo nei partecipanti (in questo
caso negli alunni ansiosi) un migliore adattamento alle situazioni della vita reale e
scolastica ed una maggiore sensibilizzazione ai diversi aspetti dei problemi posti
dalle relazioni interpersonali.
La sedia vuota si utilizza quando il protagonista, in questo caso l’alunno, deve
dire delle cose ad un altro che egli immagina sia l’ostacolo alla sua performance e
che occupa lo spazio offerto dalla sedia. L'elemento concreto, ma vuoto,
rappresentato dalla sedia, si presta benissimo ad essere riempito da tutto ciò e da
chi il protagonista vede come occupante abusivo. La sedia vuota è uno spazio dove
si posano le percezioni, le proiezioni, le paure, i desideri del protagonista. Può
trattarsi della poltrona dove il padre si siede per leggere il giornale, della culla del
bambino, della poltroncina del nonno ed anche del compagno, dell’insegnante…
Il soggetto parla all’abusivo, parla all’occupante che su quella sedia c’è, ma
immaginariamente e comunica le sue angosce, le sue paure, le sue preoccupazioni,
i suoi limiti veri o quelli che lui sente come angosce, paure, preoccupazioni, limiti,
con un docente amico e rassicurante alle sue spalle che gli ha comunicato prima la
sua totale comprensione, il suo incondizionato sostegno psicologico. È un
momento catartico, una operazione che libera dalla zavorra emotiva.
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