lezionario - metti un verso nel pc

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lezionario - metti un verso nel pc
Andrea Gerardo Nappi
lezionario
21 poesie + 2
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online
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© 2010 Andrea Gerardo Nappi
Lezionario fa parte del progetto poetico
A mille miglia da Damasco – La voce rauca di Dio
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È chiaro
tutti vengono guardati
chi più chi meno:
il Colosseo
il Pantheon
l’Acropoli di Atene
i Templi di Paestum
le Piramidi
il Taj Mahal
e tutte le meraviglie del mondo
ma resto io l’opera più guardata
ammirata, fotografata, ripresa
di tutti i tempi
Per difendermi dall’assalto
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dei fans
mi hanno protetto
con una grande muraglia
di vetro
Non sono d’accordo
mi piace il respiro del pubblico
ma il direttore
ha deciso altrimenti
Ho protestato con i funzionari
di Stato
e continuerò a farlo
finché i tarli non mi consumeranno
Io sono la Cornice
quattro semplici pezzi di legno
incollati gli uni agli altri
eppure il mondo non riesce
a vivere senza di me
mi acclama
mi applaude
si commuove
forse, però, sarebbe ora
di cambiare qualcosa
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Convivere con questa scema
(che dal centro mi sorride beffarda)
non mi diverte affatto
È bruttina
non sa di sesso
rovina la mia immagine
e quella del museo
Domani ne parlo con il direttore
io sono la Cornice
mi darà ascolto
dovrà farlo
Io sono l’opera più amata al mondo.
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Da bambino
facevo sogni da bambino
piccini picciò
Mi sdraiavo per terra
con la schiena appoggiata a un muro
mi toglievo le scarpe
e sognavo di diventare un mendicante
A scuola andavo di malavoglia
un po’ perché ero tardo ad apprendere
un po’ per ripicca
perché mi avevano tagliato i capelli
(una sorta di castrazione)
e svogliato com’ero
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invece di seguire il dettato della Maestra
guardavo al di là della strada
i muratori che sistemavano un terrazzino
e sognavo la pala e la calce
pur di non imparare la tabellina del tre
Da bambino
facevo sogni da bambino
erano i miei genitori
delusi dalla loro vita
a sperare per me
in una carriera da chirurgo
da avvocato
da impiegato della Rai
“Perché della televisione nessuno potrà
più fare a meno. Studia, figlio mio.”
Sulle giostre ci avrei passato una vita
e sognavo di fare il giostraio
o lo zingaro
perché tutti ne avevano paura
e quando veniva il Circo
sognavo di pulire la merda agli elefanti
pur di girare lontano dai miei parenti
Se mi svegliavo presto
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sognavo a occhi aperti
di fare lo spazzino
perché all’alba era lui
a dare luce alle strade
Quando mi rigiravo nel letto
in preda all’insonnia
sognavo di essere un ghiro
stanco mai di dormire
Sognavo di diventare
una poltrona
per stare incollato
al culo di Lucietta
mia cugina
senza che i suoi fratelli
mi scoprissero
e mi riempissero di botte
Sognavo di diventare
una forchetta
un coltello
ma mai un cucchiaio
sognavo di diventare un monopattino
una pallina da ping pong
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ma mai un pallone di cuoio
Sognavo di essere Dio
e forse lo ero per davvero
perché vivevo in tutte le cose
senza sentirne
il peso e l’angoscia.
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Abita di fronte
due piccole finestre
che guardano le mie
Su un davanzale un vaso di gerani
sull’altro una bambola rotta
Stesi su una cordicella ad asciugare
un perizoma nero, uno bianco
e un reggiseno rosso
Abita di fronte
da mesi
ma non conosco il suo volto
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il timbro della sua voce
non la vedo mai
Il mio sguardo intercetta
solo pentole e tegami
messi a sgocciolare sul lavello
una scopa appoggiata al muro
e un ricettario sul tavolo
Solo di sera
di tanto in tanto
in un rettangolo di luce
appaiono due manine svelte
che puliscono foglie di insalata
tagliano pomodori rossi a fette
Sono mani piccole
di una donna di certo non alta
quasi insignificante
ma eccitante
perché dorme
si doccia
si spoglia
a solo tre metri da me
lo spazio di un vialetto
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Sul suo tetto passeggia sempre
un piccione impiccione
che mi controlla
“Attento a te!”
Sono giorni ormai
che passo ore alle mie finestre
cercando di dare un volto a quelle mani
Lo so potrei aspettarla
giù al suo palazzo
ma non avrebbe senso
è questa attesa che mi gasa
sapere che lei c’è
eppure non c’è
il visibile che resta
solo per me invisibile
Oggi ho rubato uno dei suoi perizoma
tirandolo via dalla cordicella
che unisce le nostre casette
l’ho tenuto sul mio sesso
sporcandolo con il mio sperma
La prima idea è stata di rimetterlo
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così stropicciato
sulla cordicella
per provocare una sua reazione
per vedere se incazzandosi
si sarebbe spinta fuori dal davanzale
poi vigliacco
l’ho conservato
tra le mie mistiche poesie
Solo il piccione conosce la verità
ma lui non è fesso
sa che è meglio non fare la spia
se vuole continuare
a passeggiare tranquillo
sul tetto della mia dirimpettaia.
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Ti ho persa
tra gli annunci dei treni
Da casa
hai portato via solo un piccolo libro
di Madame du Châtelet
Discorso sulla felicità
Hai deciso di lasciarmi
strappandomi il cuore dal petto
dopo una notte d’amore
quando scemo come un limone
ti ho chiesto
“Quando ti rivedrò?”
“Mai. Mai più,” hai urlato
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“Perché?”
“Perché con te mi annoio…”
e ti sei alzata dal letto
indossando prima il reggiseno
e poi le mutandine
prima i jeans del maglione
calzando le scarpe
dopo aver recuperato la valigia
Stremato sono rimasto sul letto
guardando la tua danza
che mi condannava a morte
ma la forza di fermarti non l’ho avuta
“Con te mi annoio!”
È una cosa terribile da dire a un uomo
gli puoi segare le palle
ma dal profondo del mio animo
ti ho dato ragione
e vestendomi ho insistito
per accompagnarti alla stazione
Sei partita senza voltarti indietro
con me che aspettavo invano un tuo gesto
una carezza al mio dolore
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Difficile sarà spostarmi da questo
marciapiede
sono diventato un uomo di marmo
con te è sparita quel po’ d’iniziativa
che mi era rimasta
poi, è arrivato un messaggino
“Ho dimenticato le mie calze sul letto,
non masturbarti troppo mentre mi aspetti.”
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Appena ci lasciamo
mette in scena
i suoi suicidi da farsa
ingoia barbiturici scaduti da anni
beve un sorso di candeggina diluita con
acqua
cose da far ridere un clown
ma che trovano
stranamente
sempre affetto e comprensione
tra le sue compagne
del collettivo lesbico
che frequenta da anni
anche se affamata di cazzo com’è
seguace di Saffo di certo non è
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ma è l’odio primordiale
che ha per tutti gli uomini
a guidare intimamente le sue mosse
Quando mi tradisce
è sempre colpa mia
“Ti ho visto, sai sciacallo, mentre sul bus
ti strusciavi al culetto di quella ragazzina,
vestita di rosso. Sei un depravato. Ti ho
visto, anche se ero impegnata a leccare il
collo al marinaio che mi stava davanti.”
È una porca assassina
una donna sceriffo
sleale e vendicativa
pronta a tradirmi
a scoparsi tutti i miei amici
perché una volta mi è scappato di dire
che la sua vicina di casa
me l’aveva fatto drizzare
nel chiuso dell’ascensore
“Io sono una geisha, pulita e fedele. Sono
i tuoi modi che scatenano i miei ormoni.”
È chiaro
per lei tutti sono più tranquilli
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più affidabili di me
e tra litigi e riappacificazioni
tra giuramenti e spergiuri
sono tre anni
che va avanti questa storia
fatta di incomprensioni
e competizioni
È una porca
però a letto è un’altra cosa
Se la perdono
è perché con lei faccio
un sesso davvero speciale
e sempre mi urla
“Fermati, fermati mi fai scoppiare la fica.”
E per dodici ore diventa una gattina
la donna più dolce del mondo
ma il resto del tempo è un inferno
Quando ci diciamo addio
che poi diventa addio per sempre
che poi si trasforma in addio definitivo
lei si dà da fare
e aggraziata com’è
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trova sempre pronto uno
a sostituirmi nel letto
Ne lascia uno e ne prende un altro
e nell’intervallo mi telefona
per controllare se sono da solo
a strafarmi di seghe
Quando ha a disposizione un pubblico
declama, come una diva degli anni ’50
“Io non tradisco, lascio!”
E mai che una volta
il suo gioiello indiscreto
la cosa più calda che ha
saltasse su a sbugiardarla
raccontando dei cazzi giornalieri
di cui va a caccia
per dare sfogo
alla vendetta nei miei confronti
da quando ha saputo
che scopo Alina
una sua vecchia compagna di banco
Per non impazzire
è andata a fare yoga
è andata da uno psicologo
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anche da un pranoterapeuta
tutto inutile
non riesce a dimenticarmi
non riesce a consumare l’odio
che mi porta
Irradia pace e serenità
finché non le parlano di me
allora diventa una furia
e si scopa il primo manichino
che incontra per strada
salvo poi pentirsene
strappandosi i capelli
danzando con le sue lacrime
finché non sviene
per riprendersi in un baleno
e via giù a smanettare sul telefonino
per inviarmi cento messaggini
pieni di rancore e minacce
È finita tra noi
è finita per sempre
sono tre mesi
che non la vedo
non la sento
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Ho saputo che si sposa
Si è consolata presto
ora sono io a scriverle
ad aspettarla, invano, sotto casa
a farle squilli anonimi
a lasciarle regalini in giro
ma lei mi ignora
è sparita
chissà dove
Non c’è scampo
tra un uomo e una donna
comunque la giri
devi solo andartene via
e avere la forza di ricominciare
sperando che l’ultima
non ti tagli
quel poco di cazzo
che ti è rimasto
Marlene, dove sei?
Chi ti fa scoppiare ora la fica?
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Mi sarebbe piaciuto fare il pugile
prendere a pugni il mondo intero
trasformando le mie mani
in linee di sangue
muovermi in cento direzioni
danzando sul ring
tra l’urlo della folla
sospendendomi tra il suono del gong
e un fuori i secondi
Mi sarebbe piaciuto
diventare un boxeur
un campione della noble art
leale e spietato nel corpo a corpo
però non ho mai fasciato le mie mani
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mai ho indossato i guantoni
mai ho vinto una sfida
mai mi sono allenato con un punching ball
ho un difetto
ho sempre odiato
solo me stesso
Troppo per diventare un campione
troppo per cercare avversari
troppo anche per tentarci.
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Leggendo Pinter
mi taglio le vene
non c’è un verso che sbaglia
Compro l’opera omnia di Ungaretti
e resto tutta la notte a pensare
al ‘ciarlatano del cielo’
e al suo ‘cesto di rugiada’
Poi, ritorno a Bukowski
mi friggo due uova
mi scolo una birra
e mi piscio addosso di invidia
Guardo i miei grigi appunti
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con imbarazzo
sono solo sbadigli
noiosi segnalibri
tra una pagina e l’altra
di questi funamboli
che si esibiscono per me
Davanti ho una finestra aperta
da dove non entra un alito di pietà
un refolo di vento
Accaldato, sudato, disperato
prima di gettarmi giù
do un’occhiata a Carver
leggendo di chi
‘aveva fatto carriera fino a diventare
nessuno’
mentre la Szymborska
mi passa i suoi ‘foglietti illustrativi’
e torno dietro dal vuoto
dove ero sul punto di cadere
perché c’è ancora da leggere
c’è ancora da imparare
Se ancora non mi suicido
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lo devo ai miei Maestri
Accidenti a loro!
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Mio nonno di suo
faceva il falegname
Fumava il toscano
e sputava nella sua sputacchiera
ogni volta che davanti alla bottega
passava un prete
Mio nonno di suo
usava la pialla, la sega
la colla di pesce e poche volte il martello
Mio nonno di suo si era sposato due volte
la seconda quando aveva ottantacinque
anni
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con la serva di mia madre
che si chiamava Antonietta
e che lui di suo riuscì a sverginare
così bene e a fondo
che il lenzuolo sporco di sangue
fu esposto
come una reliquia
ogni anniversario del loro felice
matrimonio
Noi non la chiamammo mai nonna
ma solo zia Antonietta
forse perché era una serva
forse perché l’avevamo sempre chiamata
così
Mio nonno di suo beveva molto
vino nero
puro inchiostro
e mangiava pasta e patate
pane e ciliegie
e i frutti dell’orto che coltivava
Mio nonno di suo
aveva un merlo
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chiuso in una grande gabbia
che fischiava in continuazione
un motivo osceno
che imbestialiva non poco i vicini di casa
ma nessuno osava protestare
perché lui era forte e duro
come una roccia
Mio nonno di suo
non ci dava mai una lira
ma solo chiodi
cuscinetti
qualche listerella di legno
però non ci sgridava mai
se usavamo i suoi attrezzi
Mio nonno di suo si stancò
di vivere a novantanove anni
e morì con tutti i suoi denti in bocca
guardando il merlo
Ai piedi del letto
c’era la sua sputacchiera
perché un prete temerario
era venuto a dargli l’estrema unzione.
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Con un temperino
faccio la punta alle mie due nuove matite
B1 e HB2
e aspetto
Aspetto che si faccia l’ora di cena
che i miei dirimpettai chiudano le imposte
che trasmettano in tv
un bel film in bianco e nero
e che sullo schermo appaiano
Vanessa e Duchessa
a cui telefono spesso
masturbandomi
quando loro mi accontentano
baciandosi in bocca
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Aspetto che il sonno arrivi
stringendo tra le mani il mio cazzo
come temendo di perderlo
e mi addormento felice
per risvegliarmi
dopo un giro di fase rem
(venti minuti circa)
in preda all’angoscia
spaventato dall’insonnia
Cammino per la stanza
avanti e indietro
rifaccio la punta alle matite
prendo un libro dallo scaffale
cerco di leggere qualche pagina
ma niente
non riesco più a dormire
tutto mi disturba
il rumore del frigorifero
che da anni dovrei cambiare
il rombo di una moto lontana
finanche il giro dell’universo mi stressa
Tutto entra nel mio orecchio
il lamento del mondo
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il riso di una donna felice
i passi furtivi di un’amante
il fruscìo dei suoi capelli
sul petto di un altro
L’orecchio ha memoria
si innamora e si dispera
il rumore che ascolto
che sembra friggermi in testa
è solo l’affanno
con cui sempre ho vissuto i miei giorni
L’orecchio ha memoria
mai dorme
ecco perché soffro d’insonnia.
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Mi tortureranno
e mi metteranno sul rogo
mi avveleneranno
e mi frusteranno a morte
mi metteranno una giova in bocca
e mi caveranno gli occhi
e non importa in quale ordine
avverrà la condanna
Mi castreranno chimicamente
mi getteranno giù da una rupe
mi segheranno le gambe
mi taglieranno la testa
e metteranno il mio cervello in un mortaio
divertendosi a schiacciarlo con il pestello
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e non importa in quale ordine
avverrà la condanna
Mi pugnaleranno alle spalle
e spavaldi mi taglieranno la gola
mi spareranno un colpo alla tempia
e il mio corpo inanimato lo trascineranno
in una camera a gas
e non importa in quale ordine
avverrà la condanna
Mi faranno sbranare dai loro cani
e con le mie ossa cambieranno il menù
ai loro maiali
mi annegheranno con una pietra al collo
mi scioglieranno nell’acido
mi impiccheranno a un traliccio dell’Enel
mi crocifiggeranno con chiodi già usati
e non importa in quale ordine
avverrà la condanna
La resa dei conti è prossima
il tempo di bere l’ultimo caffè
fumarmi l’ultima sigaretta
e la condanna sarà messa in atto
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perché ho fallito
perché sono uno che perde
anche quando vince
perché non so tacere
né ubbidire
non so piegare la schiena
baciare la mano
chinarmi in un inchino
stare al mio posto
Da qualche parte
qualcuno
i reggenti dell’ordine
si sono stancati
della merda che vado spargendo in giro
delle piccole verità
con cui squarcio i sipari
dei loro teatri dell’orrore
e hanno deciso di darmi l’ultima lezione
l’estrema punizione
Non c’è fuga che tenga
non c’è nascondiglio sicuro
non c’è travestimento
o plastica facciale che possa sviarli
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è da secoli che cambio nome
identità
lingua
lavoro
sesso e misura dei coglioni
loro sanno sempre come trovarmi
La pena è stata decisa
pronto è il castigo
troppo hanno atteso, come se avessero
Più paura loro a condannarmi
che io a ricevere la condanna
ripetendo le parole di Bruno
per dare un tono letterario
a tutta la faccenda
Ma intanto mi alzo dal letto
e vado a pisciare
perché sarebbe poco elegante
farmela sotto
quando loro arriveranno
con la mia morte
con il mio assassinio
o il mio suicidio
scritto su un foglio
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Vado a pisciare
a farmi la barba
per essere pronto
è da sempre che sono pronto
il libro è finito
gli amori sono finiti
ma è tardi anche per mostrare coraggio
meglio che mi pisci addosso
per essere me stesso fino in fondo
Sento passi
alla porta
“Ci siamo?”
“E l’ultimo pasto?”
Me lo negate? Bene!
Tutto ha più senso
a stomaco vuoto
Sento voci
alla porta
“Ci siamo?”
E se per una volta
potenti reggenti dell’ordine
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non foste tanto zelanti?
Perché non condannate
un altro al mio posto?
Non sono tanto importante
sono un meschino scrivano
e quando mai un poeta
ha cambiato qualcosa?
Ci siamo solo illusi
con Gutenberg
ora siamo consapevoli di essere
solo sterco di Dio
Su, fate i bravi
andate da altri
vi do io un due o tre miliardi di nomi
Loro non sanno
che farsene della vita
non l’hanno mai sprecata
per cercare la Verità
peccando contro
l’ordine della Natura
le leggi di Dracone
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Sono vittime perfette
per la vostra condanna
perché sono ciechi
sciocchi
innocenti
“Ci siamo?”
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11
“Ce l’hai un’idea? Cazzo, uno come te,
possibile che non abbia un’idea?”
Esordiscono tutti in tal modo
poi mi prendono sottobraccio
mi pregano di sedere al bar
insistono per offrirmi un caffè
“Vuoi un aperitivo? Ma no, meglio che
prendi un caffè. Bene, cameriere un caffè
qui per il mio amico. Per me, uno spritz
all’Aperol. Su, su caro, non fare il timido,
non tirarti indietro. Bevi e pensa. Fai
funzionare quel cervello che ti ritrovi. Ah,
l’avessi io, sarei una scuola di idee.”
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E mi tirano per la giacca
mi sommergono di complimenti
mi soffocano con il loro interessato affetto
“Lo sai, ho sempre pensato che sei un
fenomeno, sprecato per questa piccola
città. Di te racconto meraviglie in giro.
Nessuno ti stima più di me, ma ora dammi
un’idea, ne ho bisogno.”
È difficile resistere alle loro suppliche
“Non permettere che mi impicchino sotto
un ponte.”
“Non mi abbandonare.”
“Sei l’unico in grado di salvarmi.”
Per non cedere
a tali accorati appelli
mi distraggo
mi guardo intorno
perdendomi dietro l’ondeggiare
di un culo perfetto
il passaggio di un seno opulento
poi per sfuggire alla pressione della piovra
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dell’impostore di turno
lo fisso negli occhi e sparo:
“Quanto saresti disposto a pagare?”
“Per cosa?”
“Per l’idea.”
“Sei impazzito? Ora le idee si pagano?
Bella novità! Da quando in qua le idee
hanno un prezzo? Le idee sono come
le opere di carità, vanno spese per il
prossimo. Roba da pazzi! Ti ho offerto
un caffè, ti onoro con la mia amicizia. Di
cosa altro vai in cerca? I soldi, caro mio,
si fanno con il lavoro, non con le idee.”
E alzandosi di scatto
rovesciando bicchieri e tazzine
si allontanano in fretta
lasciandomi
come sempre
il conto da pagare
Le idee sono come l’amore
nessuno è disposto
a pagarne il prezzo
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Ecco, perché il mondo
è uno stanzino buio
dove si impiccano i poeti.
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12
C’è qualcosa che ci sfugge
una parola
un déjà vu
un’erezione maliziosa
una traccia d’incanto
una verità dimenticata da anni
nel taschino
C’è qualcosa che ci sfugge
la vita che si ritira
la gioia che più non si rammenda
l’amore che nemmeno a comprarselo
C’è qualcosa che ci sfugge
e va sempre più veloce
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mulinello nel cervello
vertigine del cuore che più
non si rallegra
C’è qualcosa che ci sfugge
accelera nel vuoto
ammassa i giorni
affolla la tristezza
e niente più c’è da scoprire
da inseguire
E di quel qualcosa
che ci sfugge
resta solo una linea
di amarezza.
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13
Giuda, come va?
Hai bevuto il cappuccino?
Hai mangiato le ciambelle?
Stanotte ho sognato
che pescavo
sulle rive del Giordano
Ero finalmente felice
ero sereno
nei miei occhi non c’era più sangue
Nulla mi distraeva
i pensieri di morte
li avevo lasciati a Gerusalemme
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Tutto era fermo e innocente
come nel primo
giorno della Creazione
Immerso nelle acque fredde del fiume
mi ripetevo
“Prima o poi troverò la forza di agire”
Finchè ero fermo sulle rive
del Giordano
tu non saresti riuscito a trovare
l’albero giusto
a cui impiccare la tua colpa
Fermo io
salvo tu
Poi, mi è venuto da pisciare
mi sono mosso
mi sono spostato controvento
e solo allora i corvi
si sono messi in volo.
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14
E se ci arrendessimo adesso?
Sospendendo la battaglia
perché non c’è più coraggio
a ingoiare un’altra sconfitta?
E se restassimo fermi, chiusi in casa
a consolarci con questo annuncio di gloria
con questo ultimo tentativo
di sfidare la sorte
con la spada in mano e le pantofole ai
piedi?
Sì, uccidiamo l’ambizione
il fare pressuppone impegno
il mondo è già pieno di boria e proclami
Arrendersi un attimo prima
non è tanto disonorevole
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Che il nostro impavido sguardo
la smetta
una volta per tutte
di dare slancio alla vita
entusiasmo al cuore
Ma è un attimo
poi torno a dare ordini
Che si preparino i cavalli
e si affilino le spade
Tutto è pronto, tutto è deciso
Andremo a combattere
perché non si può essere
clementi verso se stessi.
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15
Ho preso casa nell’universo
sì, sì
come spiegarti?
Vai al nord poi gira verso sud
svolta ad ovest
conta fino a mille
e fai una bella inversione puntando a est
sì, sì
hai capito bene
se ti perdi
al limite mi richiami
Ho preso casa nell’universo
non è grande
non è piccola
non è di lusso ma nemmeno
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la definerei modesta
è come la volevo
pochi confort e niente tv
Vicini non ne ho
almeno non li vedo
Ogni tanto arriva qualche voce
dal passato come la tua
Perché, dopo anni, ti sei ricordata di me?
Vuoi sapere se ti amo ancora?
Che sciocca!
Sai bene che non ho mai saputo
rispondere
a questa domanda
Ora che sei quasi arrivata
non distrarti con i ricordi
vai qui poi salta lì
muoviti a zig zag per un’ora
quindi corri sempre dritto
senza paura di sbagliare
Se ti perdi, richiama
ti aspetto per colazione
Qui è tutto così tranquillo
così perfetto
come mai nella mia vita
Mi sembra di sognare
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Vivo senza affanni
senza affitti da pagare
senza sentirmi in colpa
perché non pago le bollette
Vivo del mio
senza più ira e rancore
Cara, ti sei persa?
Perché non rispondi?
Fai come credi
in ogni dove mi troverai
quando prima o poi arriverai.
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16
In un sacchetto della spesa
ho messo tagli di prima scelta di Platone
frattaglie di Eraclito
fegato di Gorgia
un litro di Pirrone
e i frutti ventosi di Agostino
e ho regalato tutto a Lei
(Musa a cui non importa un fico secco
di essere una musa)
Insieme, mentre io la spogliavo
e lei mi sbottonava
abbiamo riso della dialettica
e delle cause finali
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Abbiamo lasciato fare ai nostri corpi
Il sacchetto prezioso
l’abbiamo perso nella metropolitana
Liberi dal pensiero
gli orgasmi
mi sono sembrati di una fattura speciale
direi più completi.
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17
Come sarà il mondo
quando io non ci sarò più?
Chi si innamorerà di chi?
Chi scriverà l’ultimo libro?
Chi spoglierà, per primo
l’ultima donna?
Chi la bacerà, la scoperà?
Come sarà la vita quando
farò il colloquio di lavoro con la morte
senza un titolo di merito da esibire?
Chi porterà i figli a scuola?
Chi farà la spesa?
Chi andrà in vacanza?
Chi salirà più su un treno da pendolare?
Chi alzerà la mano per rispondere
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con un atto di verità
alla prepotenza del coraggio
Come sarà il tempo quando io sparirò?
I cronometri continueranno a fare tic tac
e le clessidre a far vomitare la sabbia?
Chi fisserà più un appuntamento
sull’agenda con il proprio destino
di ribelle?
Chi riuscirà a non sprecare la sua vita?
Chi esploderà su un molo
per i suoi versi ad orologeria
mentre la neve di primavera
assottiglierà le vene?
Come sarà il mondo
quando io non ci sarò più?
È questa mancanza di informazione
che mi rende nervoso, impaziente,
colpevole di non porre fine a questa farsa
che è agonia e inganno,
che è follia e squarci di saggezza,
che è un avviso di purezza
su un lenzuolo sporco di sangue
mentre intorno le iene
aspettano pazienti il loro pasto.
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18
A volte i mobili
si muovono da soli
respirano, sbadigliano
parlano uno strano linguaggio
fatto di scricchiolii
e sinistri monosillabi
Nelle notti d’insonnia
dove la paura assale la vita
i mobili diventano protagonisti
di questa angoscia
e i cassetti del comò
cominciano a discutere tra di loro
e le porte dell’armadio si fanno dispetti
sbattendo l’una contro l’altra
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e se avessi un mobile bar sono convinto
che si verserebbe due dita di gin
pur di stupirmi
E non trovo l’interruttore della luce
ingoiato dalla parete
come se si fosse spostato
e inciampo nelle sedie
come se avessi fatto
un trasloco a mia insaputa
e nulla è più come prima
L’insonnia è un’altra vita
(dove è facile smarrirsi)
il prologo della morte
la fine di ogni certezza
poi apro una finestra
e la vita irrompe nella vita
e tutto ritorna familiare
semplicemente uguale a ieri
e la luce delle stelle
zittisce l’universo
e tutte le cose che
ad esso danno forma.
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Socrate non scrisse nulla
Pirrone nemmeno
eppure il loro pensiero
vive tra di noi
tra un caffè e latte
e due fette biscottate
Troppi secoli di frastuono
di sciocchi trombettieri
amplificano le voci meravigliose del
passato
Un’eco potente
che la ragione coccola
e il cuore accetta ancora
con sorpresa.
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Preghiamo
Tu che sei la nostra Verità
Tu con cui viviamo in comunione
Tu con cui dividiamo il nostro pane
quotidiano
Tu che racchiudi in te
e dentro di noi
tutto ciò che è
che è stato e sarà
Tu che sei Signore
del tempo e dello spazio
lasciaci un angolino dell’universo
solo per noi
dove l’inizio diventi fine
senza il timore che tutto si ripeta
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Preghiamo
Tu che sei Immortale
lascia a noi il dolore della morte
ma anche il piacere della vita
Tu che sei Perfetto
hai un vuoto dentro di te:
crei l’universo
ma non ne godi
Preghiamo che Tu
non te ne accorga
e ci lasci vivere
senza la tua ossessiva presenza
(Impara a vivere un po’ da solo)
Tu che sei presente
nei nostri errori
nei nostri peccati
preghiamo perché Tu
non cada in tentazione
perché noi non sapremmo
come perdonarti
Preghiamo
perché tutto resti
nell’ordine delle cose
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Preghiamo
perché ognuno resti
nel proprio campo
Preghiamo
perché Tu capisca
che siamo diversi
come diversi sono l’aquila e il delfino
e tali dobbiamo restare
Tu sei Dio
e noi siamo uomini
non c’è somiglianza
Convinciti, fattene una ragione
non sei nostro Padre
e mai lo sarai
non c’è tra noi connivenza
non c’è passaggio di conoscenza
Preghiamo
perché Tu resti Onnipotente
e noi limitati
Preghiamo
perché ogni tanto
anche Tu
avverta il bisogno di pregare.
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Tu lavori una vita
studi ore, giorni e notti
ti sforzi di restare un alunno
anche quando ti acclamano
come maestro.
Scrivi, scolpisci, disegni
diventi l’erede di Mozart
rilasci interviste in tv
la tua opera disegna
il destino di tanti.
Spieghi al mondo
la bellezza di Babilonia
sveli il segreto delle Sibille
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inventi internet e il lexodan
(anche se niente uccide la tua insonnia).
Seduci tutte le donne che incontri
ma al tuo funerale
vengono solo quelle
che mai hai amato
e sempre dimenticato
litigando con tutti
in nome di un principio
rinunciando alla gloria
per la verità e la libertà
dormendo in una soffitta
bevendo vino in cartone
(senza mai lamentarti)
rispettando gli impegni verso tutti
anche se nessuno li rispetta con te.
E dopo decenni dalla tua scomparsa
per assenza di fantasia
o per eccesso di riconoscenza
un tuo fan
un geometra di un comune
sperduto nelle valli della laguna
sceglie il tuo nome per battezzare
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una rotonda, uno slargo.
E tu ti vomiti addosso
(ora per l’eternità)
perché non sai se riuscirai a farlo poi
in un altro al di là.
Vivere è davvero
inutile e pericoloso
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Stai tranquilla
quando verrà la morte
io sarò da un’altra parte.
Solo nei gesti
nella voce e nello sguardo
qualcosa ricorderà
la mia assenza
che tu credi sia distanza.
Ma io sono sempre lì
discreto, sull’uscio
con la biro tra i denti
solo che tu non sai più
come trovarmi.
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Ma non temere
con il tempo imparerari a farlo
e tornerai a essere mia.
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Onnipotenti editori
stanchi dei soliti poeti ufficiali, beneducati
che producono un verso decente
ogni secolo?
Stanchi di pubblicare i soliti nomi
poeti laccati dal verso incantato?
Stanchi di vendere detersivi in rima e
poesia avariata?
Ecco qui, a portata di mano
il riscatto per i vostri peccati editoriali:
pagine blasfeme, furiose
avvelenate dal rancore.
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Dopo decenni di pubblicazioni
con editori quasi clandestini
(tanta passione ma poca distribuzione)
per me è arrivato il momento
di esporre sulla porta di casa
l’insegna di Poeta
(anche se un po’ mi vergogno).
Onnipotenti editori
tra voi c’è uno pronto a pubblicare
un poeta irritante, eretico, errante?
Uno pronto a farsi bruciare in Campo
pur di dare luce ai propri versi? Siete
pronti a provocare uno scisma nell’editoria
lasciando sugli scaffali
la poesia fasulla
e pubblicando finalmente quella carnale?
In qualche stanza è rimasto
un po’ di coraggio
o è diventato tutto una melassa?
Sono esperto di editoria
so come procede la faccenda
ma voglio ancora illudermi
che ci sia un redattore non sbadato
da qualche parte.
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Onnipotenti editori
suvvia, decidete una volta
di correre il rischio.
Basta bere spritz
un po’ di cicuta aiuta
a diventare grandi.
Aspetto
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