Approaches to Teaching Collodi`s «Pinocchio» and

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Approaches to Teaching Collodi`s «Pinocchio» and
«Bollettino '900», 2010, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2010-i/>
Renato Simoni
Santa Teresa. Commedia in 3 atti di Massimo
Bontempelli
Santa Teresa fu recitata davanti a un pubblico svogliato, attento più alle
notizie che giungevano dal di fuori, che agli attori. E per una sera simile
d'attesa ansiosa, la commedia, grigia, ossea, disadorna, era la meno
adatta che si potesse dare. Non dico che in altre condizioni essa avrebbe
potuto avere maggior successo che ebbe - due chiamate dopo il primo
atto, quattro dopo il secondo, contrasti dopo il terzo. Ma qualche cosa
sarebbe emerso da questa commedia sbagliata e non divertente; qualche
cosa di molto interessante, di molto audace e di molto difficile, assai
spesso appena adombrato, talora espresso, ma non con tocchi di arte
vivamente comunicativa. Santa Teresa è il drammetto umile di una
fanciulla che si chiama Teresa, e vive tra una madre bigotta, un padre
framassone, tutta dominata da un furbo prete, maneggiatore raffinatissimo
di coscienza. Teresa ha una dote. Questa dote è adocchiata dal prete,
non per sè, ma per la Chiesa, la quale per lui significa insieme la religione
e la politica. Per interessi politici cerca di dare la sua ragazza e i suoi
danari al figlio d'un politicante clericale. Tramontato per uno scandaletto di
gioco questo matrimonio, il prete, traendo profitto dell'accoramento della
fanciulla, la induce a farsi monaca.
Tutto questo è molto comune, descritto e rappresentato con spigliatezza,
ma con troppa monotonia, e con tratti così abituali alla pittura satireggiante
del mondo clericale, che ci pareva di assistere ad una delle molte vecchie
commedie del teatro italiano o del teatro veneto. Ma Santa Teresa ha la
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sua nobiltà ed è giusto metterla in rilievo: è il personaggio della
protagonista. Questa fanciulla di 26 anni, ora troppo malinconica, ora
troppo gaia, turbata esaltata, oppressa da desideri e da bisogni oscuri, va
verso l'amore come verso una faccia velata. Né cerca di svelarla. È il
comando imperioso della vita che la spinge verso di essa, dandole sogni e
languori, fervori ardenti di poesia e di speranza, e molli irresistibili
abbandoni dei sensi. Mentre si prepara per lei un matrimonio, ed ella lo
sa, e ne è agitata e commossa, la vicinanza di un uomo non giovane, non
interessante che le guarda con qualche innocente attenzione le mani, le
dà una vertigine ansiosa, la fa tremare, la fa piangere. A questa angoscia
fisica della sua giovinezza matura si unisce subito lo scrupolo religioso,
l'orrore e l'attrazione del peccato. Quando il matrimonio che pareva sicuro
naufraga il dramma di quell'anima è atroce. Eppure Teresa non ha neppur
visto mai il suo fidanzato. E' il dramma dell'amore in potenza, dell'amore
istinto, dell'amore che non ha ancora un nome e lo cerca spasimando e
delirando. Da questa ossessione nasce il misticismo, ed è già isterismo, e
si effonde e si placa in accese parole d'amore divino, come quelle di Santa
Teresa, parole nelle quali risuonano e si perpetuano gli echi dell'amore
profano. La fanciulla le trova e le dice melodrammaticamente, ciò che
guasta il finale del terzo atto. Ma tutta questa confusione di aneliti e di
palpiti, quell'acerbo dolore e quella gioia acerba che si mescolano e
travagliano quei poveri nervi di vergine esausta son stati mirabilmente
intuiti dal Bontempelli. Non però rappresentati con adeguata compiutezza
teatrale. Ma questa commedia che sopprime l'innamorato, eppure è tutta
di amore, è, come assunto, come intenzione, meritevole di rispetto.
Bisognava che l'autore mettesse carne più veritiera intorno a quell'arduo
schema psicologico, per raggiungere la chiarezza; e bisognava anche che
egli avesse la furberia, meno nobile, di scuotere il suo lavoro, riscaldarlo, e
illuminarlo di più e meglio per interessare e divertire il pubblico. Di questo
secondo peccato è facile e bello assolvere il Bontempelli. È utile che
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talvolta uno scrittore si rassegni a priori all'insuccesso, per ostinato
desiderio di onestà artistica. Del primo peccato invece non lo si può
assolvere, perché non ci può essere opera d'arte vitale se manchi in essa
il segno potente di una forza creatrice.
La commedia fu ben recitata, specialmente dall'Orlandini. L'attore sobrio,
verissimo, semplicissimo che egli è, ci è apparso ieri sera in tutto il suo
valore, nella parte del prete. Graziosa ma infreddatissima la signorina
Borelli: assai efficaci la signora Novelli e il Beltramo.
Note:
L'opera teatrale Santa Teresa di Massimo Bontempelli venne rappresentata il 14 maggio 1915 al
teatro Manzoni di Milano. Il giorno successivo, sul «Corriere della Sera» venne pubblicata una
recensione, firmata da Renato Simoni, che qui pubblichiamo.
Il testo di Santa Teresa non è mai stato pubblicato. Il manoscritto originale, datato 1913, è
conservato nell'archivio Massimo Bontempelli alla Getty Foundation a Los Angeles (Box 23
«Theater Manuscripts 1905-1935», Series II, Manuscripts 1904-1959).
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Giugno-dicembre 2010, n. 1-2
Questo articolo può essere citato così:
R. Simoni, Santa Teresa, Commedia in 3 atti di Massimo Bontempelli, in
«Bollettino '900», 2010, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2010i/Simoni.html>.