Approaches to Teaching Collodi`s «Pinocchio» and

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Approaches to Teaching Collodi`s «Pinocchio» and
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
François Bouchard
Bontempelli traduttore nel tempo
Sommario
I. Due traduzioni di Claude Tillier
II. La collaborazione con l'Istituto Editoriale Italiano
III. Da Constant a Crommelynck
IV. Le traduzioni dalla Bibbia
I. Due traduzioni di Claude Tillier
Inaugurata nel 1911 con la pubblicazione presso Quattrini di una versione
de Lo zio Beniamino di Claude Tillier «in un'edizione per l'infanzia»,1 la
storia dell'attività traduttoria di Massimo Bontempelli coincide con la
rinuncia all'insegnamento, poco dopo la morte della figlia primogenita
Fiammetta, avvenuta l'anno precedente, e il successivo trasferimento da
Ancona a Firenze dove si dà, a tempo pieno, al giornalismo inteso come
«uno dei più efficaci agenti purificatori del mezzo letterario».2 Proprio
questa prima traduzione torna a galla al termine della intricata vicenda
nata con la fondazione da parte di Angelo Fortunato Formíggini della
collana dei «Classici del Ridere», il cui programma veniva a collimare con
un progetto simile ideato da Bontempelli per l'Istituto Editoriale Italiano di
Umberto Notari.
Dopo gli svariati tentativi di Bontempelli per convincere Formíggini a
scendere ad un accordo con il concorrente milanese («Insomma il meglio
sarebbe, secondo me, che ci trovassimo subito tutti e tre (tu, io, il Notari) a
Milano: a discorrere»3), e il definitivo rifiuto del suo interlocutore, questo si
premura di preservare la relazione di amicizia e di lavoro che lo lega dal
1908 al poeta delle Odi4 proponendogli di collaborare direttamente alla
collana «vestendo in forma d'arte coscienziosamente italiana qualche
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grande monumento, piacevolissimo monumento straniero» (15 gennaio
1913). E a questa offerta, Bontempelli risponde dapprima il 29,
proponendo - tramite la moglie Amelia Della Pergola ossia Meletta - la
ripresa in una versione aggiornata dello Zio Beniamino di Tillier fatto per
Quattrini; e poi, il 2 aprile, confermando l'impegno, anzi trattandolo come
cosa già pienamente concordata5 fino a chiedere addirittura un anticipo al
suo interlocutore. E questo glielo concede già il 4 aprile, senza rinunciare
a sollecitare nuove proposte editoriali:
«Avrò molto caro che tu mi prepari con calma, quanto più presto vorrai e
potrai qualche versione da quella lingua che vorrai, o qualche testo
italiano, e lascio a te la scelta, e attendo che tu mi dica quali siano le tue
pretese perché sono fieramente avversario degli equinozii.
Certo voglio qualche cosa fatta con coscienza e con calma, e preferisco le
mille volte perdere la caparra che mi chiedi e che io contrariamente al mio
costume mi affretto a mandarti (soglio liquidare i conti cogli autori con
puntualità nevrastenica quando essi hanno licenziato l'ultima bozza del
loro lavoro) girandoti i due seguenti vaglia [...] che sommano £ 150,00 dei
quali sarai gentile e tanto poco poeta da accusarmene ricevuta».6
Formíggini mostra addirittura di arrendersi alle ragioni di Bontempelli e di
accettare il proposto rifacimento dello Zio Beniamino:
«Avevo dato a un altro il Tillier prima di sapere che tu lo avessi tradotto,
poi, saputo che tu avevi intenzione di riprendere quel lavoro, mi
disimpegnai.
Ho fatto venire il libro. Ora io non so se tu possa vendere un lavoro che,
per quanto tu voglia modificare (sic), hai già dato ad altro editore. Né mi
sembra coerente con i miei principii rigoristici sul rispetto a lasciare che gli
altri facciano ciò che loro viene in testa senza mai intralciarne le imprese il
riprodurre, per quanto modificato ed ampliato il Du Tiller (sic), tradotto da
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te e pubblicato pochi mesi addietro in edizione, indubitabilmente ancora
giacente come invenduta.
Comprendo che a te farebbe molto comodo, ma comprenderai le buone
ragioni per cui ti rivolgo preghiera di pensare prima a qualche cosa altro».
Ma poco si dà da fare Bontempelli se, il 7 aprile, Formìggini respinge una
sua proposta di tradurre Candide. E, alla richiesta di un maggiore impegno
nella ricerca («Candido forse lo tradurrà [Francesco] Chiesa: e c'è in giro a
5 soldi; mi sarebbe caro che ti distillassi la crapa per tirar fuori qualche
cosa di più etonnante (sic)»7), lo scrittore risponde prima con «una scelta
di Novelle allegre del Maupassant»8 che poi allarga a Tristan Bernard
(«Vedi le ragioni editoriali: ma ne' Classici del ridere dovrebbe esserci per
forza una scelta di racconti umoristici di Tristan Bernard»9). Ma senza esito
concreto. Mentre il 13 luglio 1913, nella stessa lettera in cui comunica a
Bontempelli il suo entusiasmo per il saggio su S. Bernardino da Siena,
destinato a i «Profili», che ha appena letto, Formíggini accetta
formalmente di includere Mio zio Beniamino nella collana dei «Classici del
ridere»10. E, il 22 ottobre 1913, Bontempelli gli spedisce «l'ultima razione»
della traduzione che vede la luce nel 191411 e sarà poi ristampata nel
1922, in un contesto ormai decisamente cambiato per l'autore di Viaggi e
scoperte, appena tornato dalla crociera commerciale organizzata da
Umberto Notari a bordo del Trinacria che darà adito all'elaborazione delle
Lettere da due mari raccolte poi nel volume del Neosofista e altri scritti
(1920-1922).12 E proprio a questo Bontempelli accenna nella lettera con
cui accusa ricevuta delle bozze della ristampa:
«Ti mando un dono prezioso: cioè la collezione del giornale quotidiano
che abbiamo scritto e stampato a bordo del Trinacria durante i 52 giorni di
navigazione. [...]
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Ho trovato qui le bozze dello Zio Beniamino: farò uno sforzo di volontà e le
rileggerò. Sono contento che tu lo ristampi. Purché non ti venga in mente
di ristampare le Odi!»13
Però oltre alla collaborazione puntuale all'impresa dei Contes drolatiques,
ossia Le Sollazzevoli Historie, di Balzac cui traduce Naïfueté (Ingenuità)
nella terza e ultima decina14, Bontempelli non si lascia più coinvolgere in
una collaborazione di questo tipo con Formíggini, nonostante questo glielo
accenni ancora nell'ottobre del 1914 («Peccato che tu non conosca a
mena dito qualche lingua ostrogota...»15) in tono di rimpianto.
II. La collaborazione con l'Istituto Editoriale Italiano
Ormai la collaborazione avviata con l'Istituto Editoriale Italiano, la casa
editrice milanese di Umberto Notari, ha preso il sopravvento nelle
preoccupazioni dello scrittore che nel 1915 si trasferisce a Milano. Anche
se l'omissione sistematica dell'anno di pubblicazione nei volumi pubblicati
da Notari rende problematica la loro datazione. Comunque, accanto
all'edizione di testi per la collana dei «Classici italiani» diretta da
Ferdinando Martini, di cui scrive per lo più la prefazione (Baretti, Ariosto,
Cavalca, Gelli, Lorenzino de' Medici, Lorenzo de' Medici16), Bontempelli
amplia presto la serie delle traduzioni. Prima tra queste, Il rosso e il nero
di Stendhal, che esce nella collezione degli «Immortali e altri massimi
scrittori» diretta da Luigi Luzzati e dallo stesso Martini, con una
introduzione17 in cui, nonostante il taglio necessariamente divulgativo del
testo, egli delinea in nuce molti elementi di una poetica che, oltre ad
essere riferibile a Stendhal, anticipa quella attuata sia nei romanzi della
maturità (in special modo Vita e morte di Adria e dei suoi figli) sia nel
progressivo processo di costruzione di un ciclo autobiografico coerente
che, intorno a Mia vita morte e miracoli,18 trova la sua definitiva
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impostazione con il riassetto della propria opera nell'ambito della collana
dei «Racconti di Massimo Bontempelli», avviata presso Mondadori tra il
1938 e il 1943.
Così Bontempelli mette in risalto l'impostazione narrativa del romanzo
stendhaliano: come questo si dipani intorno alla figura di Julien Sorel e
come si strutturi attraverso la sua soggettività:
«È un quadro di tempo: la monarchia e l'aristocrazia, la borghesia e il
clero, il popolo e i politicanti, la provincia e la campagna e la capitale di
Francia [...]. Tutti quelli (sic) elementi egli li fa vivere e gravitare attorno ad
un giovane, a Giuliano Sorel, la cui breve esistenza è dipinta con una
continua cura di particolari nei menomi moti della complicatissima anima;
ed è sempre risolutamente mantenuta sola e bene in luce nel primo piano
del quadro. Anzi diremmo meglio, che il romanzo intero si svolge in
Giuliano; tutto il resto, tutto quel mondo in sfacelo e in ricomposizione, è
rappresentato solo in quanto è visto, appreso, sentito, subìto, giudicato da
Giuliano Sorel».19
In Sorel, Bontempelli vede la controfigura dell'autore, di uno Stendhal che,
nel «periodo libero ed eroico» dell'Impero «amò, viaggiò, combatté» per
ricadere con la Restaurazione nel «regno del regolare, del comune, del
quotidiano», quello stesso che aveva odiato in gioventù nella sua natia
Grenoble. E dalla «vita operosa», quella «rapida ed eroica» del periodo
napoleonico, torna alla scialba solitudine «che non gli concede se non di
contemplare se stesso, le parti più intime di sé. Non avendo niente di
meglio da fare, scrive: si descrive.»20 Ed approda con il romanzo a «una
specie di autobiografia: un'autobiografia potenziale; quello che Stendhal
sentiva che avrebbe potuto essere la sua vita, s'egli fosse nato qualche
anno più tardi».21 Una autobiografia travestita, che invece deporrà le
mentite spoglie in testi successivi, tra cui Souvenirs d'égotisme che, in
tutt'altro contesto, Bontempelli tradurrà e pubblicherà a Roma nel 1944 22,
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con una nota in cui mette l'accento sulla specificità dell'«autobiografare di
Stendhal» che avrebbe raggiunto la sua espressione più alta nella
«maraviglia della Vie de Henri Brulard».23
Ha ancora modo di tornare sull'opera di Beyle nel 1916, traducendo De
l'amour, quel trattato «unico nel suo genere e singolarissimo»,24 che esce
nella «Raccolta di breviari intellettuali», collana dal formato minimo dove
sono editi testi italiani e stranieri sprovvisti di ogni apparato critico. E nella
stessa collana, pubblica anche, accanto alla sua raccolta di articoli
polemici precedentemente usciti sul «Secolo» (Meditazioni intorno alla
guerra d'Italia e d'Europa, 191725), traduzioni di Thomas de Quincey
(1916), Jules Renard (1917), Hippolyte Taine (1917) e Paul-Louis Courier
(1917).26 Di questa ultima in particolare, si ritrova la traccia indiretta nel
carteggio con la moglie Meletta pubblicato da Simona Cigliana sull'
«Illuminista». In una lettera che le scrive da Milano il 26 agosto 1919
mentre lei villeggia in Versilia con il figlio Massimino, Bontempelli racconta
un aneddoto che ha come protagonista Alberto Savinio:
«Oggi, festa di Savinio, è venuto a cena, e la Rosa lo ha detto all'Emma, e
allora gli hanno messo sul tovagliolo (ma è l'Emma, perché la Rosa è
timida) un biglietto con su: "al signor Savinio con auguri di felice avvenire
e molte belle cose, Emma e Rosa". Verso la fine del pranzo è arrivato
[Cesare] Giardini, e l'Emma in persona; e aveva un'amica, lasciata in
cucina. Allora Savinio ha voluto vederla, e l'amica è venuta di qua: l'Emma
ha pregato Savinio di suonare qualche cosa allegra "perché il signor
Massimo suona soltanto della musica". Savinio ha suonato un walzer, e
l'Emma e l'amica hanno ballato, con proteste della Rosa, perché
sporcavano il pavimento cui ha dato la cera l'altro giorno. Alle 9 tutto era
finito, e io ho pensato al Courier - Pamphlets pour les villageois que l'on
empêchait de danser, che tu hai tradotto».27
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Se Bontempelli si rifà al testo di Courier (il cui titolo esatto recita Pétition à
la Chambre des députés pour les villageois que l'on empêche de danser ),
sarà appunto per quell'oleografica moderatezza della serata dansante, la
quale viene a ricordare i balli di Azai che, nell'apologia del polemista
francese, si contraddistinguono per l'assenza di disordine e di battibecchi,
suscitando l'ammirazione dei visitatori inglesi («Gl'inglesi che ci vengono a
vedere qualche volta, sono pieni di ammirazione, e non possono quasi
capire come mai le nostre feste popolari passino con tanta tranquillità,
senza pugni, come succede da loro, senza delitti, come in Italia, senza
ubriachi morti, come in Germania.»28). Con questa annotazione,
Bontempelli, dichiarato traduttore del volume degli Scritti di battaglia in cui
si trova la Pétition, sembra accennare a una collaborazione attiva con
Amelia Della Pergola, assistente rimasta in ombra che, almeno quella
volta, sarà intervenuta eseguendo parte del lavoro firmato dal marito.
Con l'Istituto Editoriale Italiano, la collaborazione si protrae oltre
l'arruolamento dello scrittore nel 1917. Si registra nella collana degli
«Immortali e altri massimi scrittori» la traduzione de Le Capitaine
Fracasse di Théophile Gautier, uscita a una data imprecisata, ma
senz'altro posteriore al 1913, in una edizione sprovvista di ogni apparato
critico salvo un Autoritratto dell'autore29. Inoltre, Bontempelli è uno dei
primi a collaborare nel 1928 alla nuova «Collezione romana» diretta da
Ettore Romagnoli30, accanto a letterati che gli sono vicini come Emilio
Bodrero31 e Filippo Tommaso Marinetti32. Vi pubblica in una edizione
bilingue una versione dell'Asino d'oro di Apuleio, il cui titolo originale di
Metamorphoseon libri viene tradotto in Le trasformazioni33. L'edizione
bilingue è arricchita di una prefazione in cui, oltre a sottolineare la
dimensione autobiografica che si palesa nel romanzo sia per la sua
impostazione generica («Chiuso il libro, siamo certi di conoscere Apuleio,
lui, a fondo.»34) che per alcune circostanze dell'intreccio («Tutto l'ultimo
libro del romanzo, ove tutt'a un tratto il Lucio giovane greco si confessa,
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come per inavvertenza, per il filosofo madaurense, tutto questo
undicesimo libro certo è strettamente autobiografico...»35), Bontempelli
addita nella compenetrazione di realtà e irrealtà la specificità della poetica
dell'autore, il quale mostra una uguale attenzione «nel riferirci un dialogo
di ladri in una caverna quanto nel rappresentarci un trionfo di Venere sul
suo carro in fondo al mare». E così Apuleio costruisce un mondo in cui
«realtà e immaginazione fiabesca procedono sullo stesso piano e sotto la
medesima luce».36 Due termini, «realtà e immaginazione», che ricalcano la
«precisione realistica» e l'«atmosfera magica» necessarie all'attuazione
del realismo magico teorizzato nel giugno 1927 su "900". Cahiers d'Italie
et d'Europe,37 un anno prima della pubblicazione del Figlio di due madri.38
III. Da Constant a Crommelynck
Anche se Bontempelli anticipa in chiusura alla sua prefazione un altro
progetto destinato alla stessa collana con la traduzione del Satyricon di
Petronio,39 Le metamorfosi segnano la fine della sua collaborazione con la
casa editrice di Umberto Notari. Però la sua attività di traduttore si è
sviluppata anche al di fuori dell'Istituto Editoriale Italiano. Infatti, già nel nel
1923, pubblica presso la casa editrice Imperia la traduzione di Adolphe di
Benjamin Constant,40 corredata di una prefazione insolitamente concisa, in
cui presenta il romanzo e l'autore con un tono didatticamente distaccato
che viene ribadito dall'aggiunta di una appendice bibliografica. Due anni
dopo, si cimenta per la prima volta nella traduzione di un testo teatrale con
L'Avare di Molière;41 e persiste nello stesso genere nel 1928 con la Dame
aux camélias di Dumas figlio,42 che affronta nella prefazione con
consumato tecnicismo. Colloca il dramma nella storia del teatro
ottocentesco francese, erede del romanticismo teatrale ma appartenente
ad un altro contesto estetico e a una diversa scrittura drammatica:
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«Muove dall'idea medesima della hughiana Marion Delorme, ma, a
vent'anni di distanza, nello stesso clima ultraromantico, mostra già
percorso ed esaurito tutto il cammino del romanticismo teatrale. La
sfrenata libertà s'è incanalata tra dighe precise: con La Signora dalle
camelie siamo al confine del teatro verista. [...] C'è qualche cosa di
stranamente cerebrale nella riquadratura su cui tutto il cantante dramma è
impalcato. Le situazioni che lo costruiscono son piantate diritte e ferme
come argomenti di sillogisma, la trama è spinta allo scioglimento per
mezzo d'una mobile parete di logica dura che preme i fatti e li travolge.
Precisione e ingegnosità, trucchi incredibilmente artificiosi per girare le
difficoltà, con tutta l'apparenza dell'assalto di fronte. La situazione
apparentemente più libera move inesorabilmente verso le più rigide
conclusioni».43
Bontempelli considera l'opera di Dumas figlio alla stregua di un
marchingegno di alta precisione, di cui scruta gli svariati pezzi
esaminandone l'ingranaggio a seconda dell'effetto ricercato e difatti
raggiunto. E questo consiste nell'«indebolire il lettore o ascoltatore,
farsene una preda sicura, e poi non risparmiargli più nessuna mazzata», 44
per arrivare poi a strappargli le lacrime. Sviluppando questa visione
dell'opera come ordigno letterario sofisticato vincolato a effetti anche
triviali, si ricollega alla sua esperienza recente di drammaturgo, autore di
due pièces - Nostra Dea. Commedia storica, rappresentata nel 1925, e
Minnie la candida. Dramma, nel 1928 - che trasferiscono nella trama e nei
personaggi questa stessa dimensione meccanicistica: Dea che cambia
anima a seconda del vestito indossato, Minnie che si uccide perché
convinta di essere artefatta. E nel riconoscere la padronanza delle
tecniche drammatiche che palesa Dumas figlio, Bontempelli giunge a
vedere nella Signora dalle camelie «del tipico "teatro puro"»45: lo stesso da
cui ha fatto il possibile per allontanarsi dalla Guardia alla luna in poi.
Dopo Dumas figlio, Bontempelli torna alla narrativa nel tradurre per
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Mondadori tre operette di Chateaubriand, che escono nel 1931 in un unico
volume della «Biblioteca romantica» diretta da Borgese.46 Questo lavoro è
evocato il 20 ottobre 1930 in una lettera da Roma a Arnoldo Mondadori, in
cui ragguaglia il suo editore sui progressi svolti nella stesura del romanzo
La famiglia del Fabbro che, già nel remoto settembre 1928, si era
impegnato a consegnargli, dietro pagamento di cinquemila lire, durante
l'inverno successivo. Da una parte, si trova in una situazione delicata nei
confronti del suo interlocutore per aver ricusato di dargli sia Il figlio di due
madri (uscito dalle Edizioni "900" Sapientia di Roma nel 1929) sia Vita e
morte di Adria e dei suoi figli, pubblicato da Bompiani nella primavera del
1930: così sono sfuggiti a Mondadori due dei suoi romanzi maggiori per
motivi anzitutto contrattuali.47 D'altra parte però, con la nomina di
Bontempelli ad Accademico d'Italia, l'ottobre del 1930 segna anche la fine
di un periodo di precarietà economica che era durato da quando aveva
raggiunto Paola Masino a Parigi nel 1929. Quindi, dopo aver accumulato
impegni - e conseguenti dilazioni - per due anni, Bontempelli comincia ad
assolverli più tranquillamente, come traspare dal tono pacificato della
lettera a Mondadori, scritta due giorni prima dell'annuncio ufficiale della
nomina all'Accademia:
«Caro Arnoldo,
1) - Ti do ottime notizie de La famiglia del Fabbro; 150 pagine pronte,
copiate, definitive; calcolo di spedirti il tutto tra venti giorni al più
tardi. - (Poi mi metterò subito a «914»).
2) - Sai che debbo tradurti, per la «Biblioteca romantica», ATALA e
RENATO, di Chateaubriand?
Ho già tradotto ATALA, e con questo stesso corriere lo spedisco
raccomandato impersonalmente alla Casa Editrice, a Milano».48
Dopo Chateaubriand, bisogna aspettare il 1944 perché Bontempelli si
riaffacci all'esercizio della traduzione, durante il periodo della clandestinità,
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con la pubblicazione nella Roma appena liberata dei già menzionati
Ricordi d'egotismo di Stendhal. A ciò fa seguito la traduzione nel 1947 di
Huis clos di Jean-Paul Sartre che, preceduta da una breve introduzione,49
rientra nell'ambito di uno scambio mai pienamente attuato con lo scrittore
francese.50
Invece,
la
situazione
cambia
completamente
con
l'invalidazione
dell'elezione di Bontempelli al Senato il 2 febbraio 1950. Già il giorno
dopo, scrive a Alberto Mondadori: «sono in un momento di grande
necessità, come immagini: hai visto il Senato.» E più esplicitamente, il 26
febbraio:
«Puoi immaginare quanto bisogno ho ora di lavoro. Contro le valanghe
d'insulti e di stupide falsità di cui mi coprono, non so combattere che
lavorando. Mi dolgono le calunnie, soltanto perché molti che non
vorrebbero credere, a furia di sentirle ripetere e vedere che io non
rispondo potrebbero cominciare a crederci. Gli amici veri mi sono rimasti
fedeli».51
La proposta di traduzione de Les Chemins de la mer di François Mauriac,
fattagli da Arnoldo Mondadori il 13 febbraio 1951 e che vedrà la luce nel
195652, va senz'altro interpretata come una risposta alle sollecitazioni dello
scrittore; così come la collaborazione, nel 1952, a una raccolta di opere
teatrali di Montherlant53 e, nel 1957, a un volume del Teatro di Fernand
Crommelynck,54 entrambi pubblicati presso Bompiani.
IV. Le traduzioni dalla Bibbia
Rimane invece incerta l'origine della traduzione della Germania di Tacito
di cui troviamo traccia in un «appunto per il Dottor [Vittorio] Sereni» del 12
dicembre 1968 sulla «Situazione Bontempelli-Masino».
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«Esiste anche un contratto fatto con Paola Masino in data 1.10.1961 per
una revisione della Germania di Tacito tradotta da Bontempelli, opera che
avrebbe dovuto essere consegnata entro il 30 settembre 1962.
Quest'opera non mi risulta che sia mai stata consegnata».55
Oltre alla precisa indagine burocratica, il documento ci rimanda al
fascicolo intitolato La Germania (Tacito), 1953, conservata presso la Getty
Foundation:56 una traduzione, quindi, che sarebbe stata avviata nell'anno
stesso in cui l'autore vinse il premio Strega con L'amante fedele e che,
nonostante l'interesse di Paola Masino, rimase inavvertitamente inedita
dopo la sua morte, finché non fu pubblicata nel 1990 da un piccolo editore
milanese.57 Ma permane il dubbio sui motivi che spinsero Bontempelli a
tradurre l'opera che era stata prescelta anche da Marinetti nell'ambito
della «Collezione romana» diretta da Romagnoli per l'Istituto Editoriale
Italiano.58 Infatti questo rinato interesse di Bontempelli per la letteratura
latina si palesa anni prima attraverso un'altra categoria di scritti che
sembra anzitutto improntata alla religiosità. Così esce nel 1947 la sua
traduzione del Vangelo secondo Giovanni - accanto a traduzioni di Nicola
Lisi, Corrado Alvaro e Diego Valeri -, in un volume intitolato Il Vangelo,
corredato di quattro litografie di Felice Casorati.59 Inoltre, nel 1971,
Mondadori pubblica un volume di Traduzioni dalla Bibbia60 che comprende
Il libro di Giobbe, l'Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici, la Sapienza, il
Vangelo secondo Giovanni, le Lettere di Giovanni, l'Apocalisse di
Giovanni, e l'Introduzione di Bontempelli all'Apocalisse più volte stampata
dal 1941.
La scelta di questi testi non è esclusivamente riconducibile a un tardivo
avvicinamento alla religione, ma va anche interpretata alla luce della
maturazione nello scrittore di una visione sempre più tragica della Storia
che egli palesa già nel 1941, «mentre fuori ci avviluppa una delle
situazioni più apocalittiche che l'uomo abbia mai conosciute», nella sua
Introduzione all'Apocalisse:61
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«[...] la Bestia con sette teste e dieci corna che sale dal mare, piedi d'orso
e bocca di leone, per noi è la storia.
Intendo qui storia come un seguirsi di azioni collettive, di natura
strettamente pratica, più o meno arbitrarie, più o meno destinate a lasciare
effetti e influire sulla totale avventura umana: l'uomo le registra con molto
zelo e si sforza disperatamente di trovarvi una logica e perfino un
procedimento progressivo. Lo sforzo è vano. Se guardi i decorsi della
convivenza umana, cioè i fatti della storia politica delle nazioni lungo il
tempo, molto a fatica potrai trovare non dico una legge ma una linea in
mezzo al groviglio degli eventi inutili, degli errori ingombranti: congerie di
arbitrii, approssimazioni sproporzionate, tentativi spesso andati a vuoto
spesso interrotti sul meglio della loro attuazione».62
Nonché un principio negativo, e un coacervo di soprusi e di disastri, la
Storia risulta un fenomeno caotico, che rifugge da ogni interpretazione, e
si dipana secondo la più assoluta aleatorietà. Questa visione esiziale nata
anche
nel
crogiuolo
della
guerra
s'incupisce
maggiormente
nell'Avvertenza che Bontempelli pone in apertura alla sua importante
antologia della Lirica italiana63 nel 1943, in cui sviluppa una concezione
della poesia come antitesi e rimedio alla Storia:
«Storia è mondanità, poesia è raggiunta solitudine. Storia è interessata
convivenza, poesia è comunione. La poesia è ricerca e raggiungimento
dello stato di grazia; abbandonato alla storia, che è tutta uno sforzo per
impedire alla convivenza di diventare comunione, l'uomo in breve si
radicherebbe
totalmente
nella
natura:
trionfo
definitivo
dell'antico
Avversario. [...]
Mentre procede il viaggio sanguinoso della storia, che è mantenimento di
barbarie, vi sorge parallelo il mondo della poesia; nasce così il lungo
contrasto, con tutte le alternative che accompagnano ogni opposizione di
forze: conquiste ambigue, speranze deluse, i cedimenti di colui che pure è
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destinato a vincere, le pericolose concessioni. Lungo cammini desolati,
improvvisi elevarsi di sommità s'accampano fuori del tempo, irraggiungibili
dalla "matta bestialitade"».64
Ora, mentre Bontempelli sta ancora lavorando alla Lirica italiana,
concepisce il progetto di un altro volume della stessa collana cui accenna
già Elio Vittorini, suo interlocutore privilegiato, in una lettera del 26 aprile
1941 («[...] poi parleremo della serie di antologie che tu vorresti chiamare
Del Sublime e che io insisterei a chiamare Dell'Isola deserta.»65). Ma
l'autore di Stato di grazia torna più precisamente sulla struttura del volume
(uno solo) e sui nomi dei collaboratori, un anno dopo, rivolgendosi a
Valentino Bompiani dapprima il 7 febbraio 194266 e poi, più distesamente,
il 22 dello stesso mese, con una lettera che propone «un esempio di
quello che sarà»67 l'Antologia del sublime, allegandovi un prospetto delle
opere da inserirvi. E con questo, Bontempelli si premura di insistere sul
carattere meditato del «non-ordine cronologico e storico» in cui sono
collocati i testi, precisando sulla scia dell'Introduzione all'Apocalisse: «è un
elemento del libro, antistorico per eccellenza perché deve portare fuori del
tempo».68 Ora, ventitré sono le opere selezionate da Bontempelli per
l'Antologia la quale, nonostante il consenso di Bompiani («l'esempio per
l'Antologia del Sublime va benissimo come tipo di raggruppamento e
successione»69), non sarà mai realizzata. E così vengono elencate:
«1. Il Tao-Te-King di Lao-Tse - 2. Leopardi, Cantico del gallo silvestre - 3.
Il Fedone di Platone - 4. Il XXXIII del Paradiso di Dante - 5. Una
Upanishad - 6. Villon, Ballade pour prier Notre Dame - 7. Il libro quarto di
Lucrezio - 8. Da Sant'Agostino - 9. Profezie di Gioachino da Fiore - 10.
Leopardi, L'infinito - 11. Da San Tomaso: natura degli Angeli - 12. Da
Chouang-tse e da Lie-tse - 13. I cori di Eschilo - 14. Il Pater Noster - 15
Epistola di San Paolo ai Romani - 16. Frammenti di Presocratici - 17. Il
Cantico del Sole - 18. Il Dies Irae - 19. Il Fedro di Platone - 20. Il libro di
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
Giobbe - 21. Due discorsi di Giordano Bruno - 22. Novalis, Inni alla Notte 23. Vangelo di Giovanni».70
Tra queste, due le ritroviamo nelle Traduzioni dalla Bibbia, ossia Il libro di
Giobbe (che apre il volume), e il Vangelo secondo Giovanni, già
pubblicato nel 1947. Come poi ritroviamo citato Lao-Tse nell'Introduzione
all'Apocalisse, in quanto Sene, grande vecchio accanto ai Profeti e a
Pitagora, e prima del «più bianco tra tutti Giovanni, il Vangelista del Logos,
che relegato in una menoma isola dell'Egeo di Pan, sotto le stelle stesse
che Saffo aveva vedute tramontare, nel giorno del Signore ha e scrive il
rapimento dell'angoscia e della speranza».71 Non sembra improbabile
poter collegare le traduzioni tardive dei libri biblici a questa ultima tappa
della riflessione sulla Storia (avviata da anni in forma romanzesca tra Vita
e morte di Adria e dei suoi figli e Gente nel tempo) cui Bontempelli
approda mentre si scatena la realtà del «poema degli sterminii» 72: laddove
la catastrofe del fascismo travolge un intero mondo con lo sbrigliarsi della
guerra.
Note:
1
Così scrive Amelia Della Pergola, che firma Meletta Bontempelli, in una
lettera a Angelo Fortunato Formíggini datata «Firenze, 29 gennaio 1913»:
«Intanto riguardo alle traduzioni [Massimo] le propone di rifare l’edizione
del Tillier, Lo zio Benjamino, che non dovrebbe essere uguale a quella del
Quattrini, essendo stati tolti da quella parecchi brani che in un’edizione per
l’infanzia non sarebbero andati» (cfr. F. Bouchard, Les Années
d’apprentissage de l’écrivain: Massimo Bontempelli et Angelo Fortunato
Formíggini, «Rassegna Europea di Letteratura Italiana», 32, dicembre
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
2008, pp. 119-120). Infatti, l’edizione de Lo zio Beniamino era uscita a
Firenze presso la Casa editrice italiana, Collana Azzurra Quattrini, 1911.
2
M. Bontempelli, «Il Baretti», in G. Baretti, La Frusta letteraria, Milano,
Istituto Editoriale Italiano, s.d. (1914), vol. I, p. 11.
3
Lettera autografa di Bontempelli datata «2 dic. ‘12» (F. Bouchard, cit., p.
119).
4
5
M. Bontempelli, Odi, Modena, Formíggini, 1910.
Così scrive Bontempelli a Formíggini in una lettera autografa datata
«Firenze (32, viale dei Mille) 2 aprile 1913»: «Ricapitolando per quel che
riguarda te, che debbo farti? Se non erro: profilo di S. Bernardi[no];
traduz[ione] del Tillier. — Altro? [...] / La cosa che posso farti più
immediatamente è il Tillier, perché prendo per base quella più vecchia e
lavoro su quella./ [...]/ Di una cosa ti pregherei caldissimamente. Siccome
sono affatto senza quattrini, non più pagato dal giornale, ecc ecc., —
dovresti mandarmi un antiipo sui lavori che ti farò: un 150 lire p. esempio».
6
Questa citazione, come quella successiva, è tratta dalla copia di una
lettera dattiloscritta di A. F. Formíggini, datata «4 Aprile 1913», che
esordisce con «Carissimo Massimino».
7
Copia di una lettera dattiloscritta di Formíggini datata «7 aprile 1913».
Invece la traduzione di Candido che uscirà più tardi nella collana dei
«Classici del Ridere» sarà opera di Roberto Palmarocchi (Roma,
Formíggini, 1926).
8
«Escluso Voltaire, ti propongo una scelta di Novelle allegre del
Maupassant. Ti va?» (lettera autografa di Bontempelli datata «10/IV/13»).
9
Lettera autografa di Bontempelli s. d.
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
10
Così scrive nella lettera dattiloscritta datata «13 luglio 1913»: «TILLIER.
Va bene: poiché tu affermi che sei sicuro di poter disporre della traduzione
già fatta per Quattrini mandami pure una copia aggiustata ed io la farò
comporre per i classici prima del Fortini e prima del Lasca».
11
C. Tillier, Mio zio Beniamino, prima versione integrale italiana di
Massimo Bontempelli, Genova, A. F. Formíggini, 1914; 2a ed. Roma,
Formíggini, 1922.
12
M. Bontempelli, Il neosofista e altri scritti (1920-1922), Milano,
Mondadori, 1929. Sulla genesi e la storia editoriale di questo scritto, si
legga di Simona Cigliana (oltre alla Nota ai testi): Bontempelli viaggiatore,
in M. Bontempelli, Lettere da due mari Visita ai vinti Pezzi di mondo ,
Palermo, L’Epos, 2008.
13
Lettera autografa, datata «Milano 10 agosto».
14
Onorato di Balzac, Les Contes drolatiques Le sollazzevoli Historie, terza
decina, traduzioni di Corrado Alvaro ed altri, Roma, A. F. Formíggini,
1928.
15
«Peccato che tu non conosca a mena dito qualche lingua ostrogota:
credo che le traduzioni di importanti rivelazioni letterarie straniere
avrebbero buon esito. Ma del francese, specie del francese moderno, non
è possibile tradurre», lettera dattiloscritta datata «14 ottobre 1914».
16
G. Baretti, La Frusta letteraria, Milano, Istituto Editoriale Italiano, s. d.
[1914]; L. Ariosto, Commedie e satire, ibid., s. d. [1914]; D. Cavalca, Le
vite dei S.S. Padri, ibid., s.d. [1915]; G. Gelli, Scritti, ibid., s. d. [1916];
Lorenzino de’ Medici, L’apologia e l’Aridosio, ibid., s. d. [1916]; Lorenzo
de’ Medici, Canti carnascialeschi e di altri poeti dei secoli XV e XVI, ibid.,
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
s.d. Viene anche menzionata in un catalogo del 1928 la cura di una
edizione di Scritti scelti di Giordano Bruno, che non risulta pubblicata.
17
M. Bontempelli, «Stendhal», in Stendhal, Il rosso e il nero. Cronaca del
1830, traduzione e introduzione di M. Bontempelli, Milano, Istituto
Editoriale Italiano, s. d. [1913], vol. I, pp. 11-16.
18
Pubblicato la prima volta a Roma, da Alberto Stock, nel 1931, Mia vita
morte e miracoli viene inserita, notevolmente rimaneggiata, in uno dei due
primi volumi pubblicati della collana
dei «Racconti di Massimo
Bontempelli», quello dei Miracoli (1923-1929), Milano, Mondadori, 1938,
che comprende anche La donna dei miei sogni e Donna nel sole. Su
questo punto, rimando tra l’altro al mio articolo: Stendhal ed altri:
Bontempelli e la letteratura francese nel primo trentennio del Novecento ,
«L’illuminista», V, 2005, nn. 13/14/15, pp. 391-405.
19
M. Bontempelli, Stendhal, cit., p. 13.
20
Per questa citazione e le precedenti, ibidem.
21
Ivi., p. 11.
22
Stendhal, Ricordi d’egotismo, traduzione e note di Massimo
Bontempelli, Roma, Documento Libraio Editore, 1944. Impossibile sapere
precisamente quando è uscito il libro: senz’altro dopo la liberazione di
Roma, avvenuta il 4 giugno, se il colophon riporta la data del 20 maggio
1944.
23
M. Bontempelli, Nota, in Stendhal, ivi, pp. 137-138. Va notato che parte
di questa nota conclusiva è stata inserita poi nel progettato «dizionario di
idee», maturato già nei primi anni '50 e inizialmente intitolato Bianco e
nero, sotto la voce Stendhal, ovvero il console Beyle (Id., Il bianco e il
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
nero, a cura di Simona Cigliana, Napoli, Guida editore, 1987, pp. 164165).
24
«Dicendo che tutto il resto dell’opera sua è inferiore ai due romanzi che
ho citati [Il rosso e il nero e La certosa di Parma], lascio a parte come
unico nel suo genere e singolarissimo quel trattato Dell’amore, che fu uno
dei libri più letti negli ultimi decenni del secolo. Quando uscì, nessuno lo
conobbe; nei primi quattordici anni ne furono vendute diciassette copie!...
Ma Stendhal intendeva le ragioni del silenzio, e aveva una precisa
prescienza della propria fortuna. Nel 1830 ebbe a scrivere in una lettera a
Balzac: "Penso che non sarò letto avanti il 1880." Profezia non riuscì mai
più miracolosamente esatta di questa» (M. Bontempelli, Stendhal, cit., p.
16).
25
Id., Meditazioni intorno alla guerra d’Italia e d’Europa , Milano, Istituto
Editoriale Italiano, s. d. (1917).
26
Stendhal, Dell’amore, Milano, Istituto Editoriale Italiano, s. d. (1916);
Thomas de Quincey, L’assassinio come una delle belle arti, ibid., s. d.
(1916); Jules Renard, Storie naturali, ibid., s. d. (1917); Hippolyte Taine,
Lettere, ibid., s. d. (1917); Paul- Louis Courier, Scritti di battaglia, ibid., s.
d. (1917).
27
S. Cigliana (a cura di), Due epistolari e un carteggio inediti di Massimo
Bontempelli, in «L’Illuminista», cit., p. 60 (corsivi nostri).
28
Courier, Scritti di battaglia, traduzione italiana di Massimo Bontempelli,
cit., p. 96. Che corrisponde al francese: «C’est l’admiration des Anglais,
qui nous viennent voir quelquefois, et ne peuvent quasi comprendre que
nos fêtes populaires se passent avec tant de tranquillité, sans coups de
poing comme chez eux, sans meurtres comme en Italie, sans ivres-morts
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
comme en Allemagne» (Id., Pamphlets politiques et Lettres d’Italie, Paris,
La renaissance du livre, 1909, pp. 129-130).
29
Th. Gautier, Il capitan Fracassa, traduzione di Massimo Bontempelli,
Milano, Istituto Editoriale Italiano, s. d., 2 voll. La stessa traduzione di
Bontempelli è stata riproposta in tre volumi dallo stesso editore nella
collana dei «Libri divertenti» nel 1927, con illustrazioni di Luigi Melandri.
30
Già nei primi mesi della permanenza a Firenze, Bontempelli aveva
combattuto la polemica carducciana a fianco di Romagnoli nell’ambito
delle «Cronache letterarie» (cfr. Ettore Romagnoli, Polemica carducciana,
Firenze, Quattrini, 1911).
31
Tito Livio, Le deche della storia romana, versione di Emilio Bodrero, La
Santa-Milano, Società anonima Notari [Istituto Editoriale Italiano], 1928, 3
voll.
32
Tacito, La Germania, versione di F.T. Marinetti, La Santa-Milano,
Società anonima Notari [Istituto Editoriale Italiano], 1928.
33
Apuleio, Le trasformazioni, versione di Massimo Bontempelli, La Santa-
Milano, Società anonima Notari [Istituto Editoriale Italiano], 1928, 2 voll.
34
Ivi, vol. I, p. 18.
35
Ivi, p. 21.
36
Ivi, p. 18.
37
«Quei due termini della pittura quattrocentesca — precisione realistica e
atmosfera magica — aveva tentato di riprenderli il cubismo: ma operò in
modo letterario, con un formulario dialettico, con un’anima impopolare, e
finì per bruciare sul gran rogo futurista insieme con gli altri relitti del
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
romanticismo. [...] In nessun’altra arte troviamo nel passato parentele più
strette che con quella pittura di cui abbiamo parlato, in nessuna vediamo
così in pieno attuato quel "realismo magico" che potremmo assumere
come definizione della nostra tendenza. E in quei pittori italiani del
Quattrocento, molto più utilmente che in tanti scrittori che furono citati da
ogni parte, una critica avveduta potrebbe scoprire i veri precedenti e
maestri di certa nostra prosa narrativa modernissima» («Analogie», in id.,
L’avventura novecentista, Firenze, Vallecchi, 1974, p. 22. Pubblicato
prima in francese su "900". Cahiers d’Italie et d’Europe, il testo è stato
ripreso nell’Avventura novecentista: selva polemica (1926-1938). Dal
realismo magico allo stile naturale, soglia della terza epoca, ibid., 1938).
Questa stessa attinenza tra Apuleio e Bontempelli è sottolineata da Carlo
Carena nella «Nota alla traduzione» posposta alla ristampa einaudiana del
1991: «La lucidità che senza stridori, anzi inerendovi naturalmente per un
colpo di prestigio straordinario, caratterizza il barocco apuleiano, come
nelle visioni oniriche cariche solo di colore ma perfettamente terse, è
qualità essenziale dell’immaginazione e dell’invenzione bontempelliane...»
(C. Carena, «Nota alla traduzione» in Apuleio, L’asino d’oro, traduzione di
M. Bontempelli, Torino, Einaudi, 1991, p. 351).
38
M. Bontempelli, Il figlio di due madri, Roma, Edizioni "900", Sapientia,
1929.
39
Così scrive Bontempelli: «Ho voluto mantenere a questa traduzione un
certo sapore di latino, un certo piglio erudito, che è del testo, parendomi
esso essenziale della complessa natura di Apuleio, uomo e scrittore. Un
sistema contrario seguirò nella traduzione (cui mi accingo per questa
stessa collezione) del romanzo di Petronio, che invece sembrami passibile
d’essere reso con equivalenze assai più modernamente sciolte e libere
dello stile» (Id., «Prefazione», in Apuleio, Le trasformazioni, cit., vol. I, p.
22). Invece, risulta che la versione del Satyricon pubblicata dalla collana di
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
Ettore Romagnoli nel 1930 sia di Eugenio Giovannetti. Va inoltre notato
che il catalogo della collana annesso al secondo volume delle Deche della
storia romana di Tito Livio a cura di Bodrero attribuisce la traduzione di
Petronio a Antonio Baldini, mentre annuncia fantasiosamente le Opere di
Quintiliano a cura di Bontempelli.
40
B. Constant, Adolfo, traduzione di Massimo Bontempelli, Milano, Casa
editrice Imperia, 1923.
41
Molière, L’avaro, traduzione di Massimo Bontempelli, ad uso delle
scuole medie, Macerata, Casa editrice Bisson e Leopardi, 1925. Non mi è
stato possibile consultare questa traduzione. Inoltre, l’archivio Bontempelli
della Getty Foundation a Los Angeles conserva due versioni dattiloscritte
di una traduzione della Scuola delle mogli di Molière di cui non ho ritrovato
traccia edita: Box 31, «Translations», Folder 6, La scuola delle mogli
(Molière), 61 typewritten pp.; e Folder 7, La scuola delle mogli, 53
typewritten pp. (Series II, Manuscripts 1914-1959). A questa, va aggiunta
una traduzione di Lamiel di Stendhal che non mi risulta sia stata
pubblicata: una versione autografa (Box 30, «Translations by Bontempelli,
1940s-1950s, undated», Folder 9, Lamiel (Stendhal) undated, 404
handwritten pp.), e una dattiloscritta (Box 31, «Translations», Folder 1,
Lamiel (Stendhal) undated, 234 typewritten pp.).
42
A. Dumas (Figlio), La signora dalle camelie. Dramma in cinque atti,
nuova traduzione di Massimo Bontempelli, Firenze, Barbera, 1928.
43
Massimo Bontempelli, «Prefazione», in A. Dumas (Figlio), La Signora
dalle camelie, cit., p. IV.
44
Ivi, p. VI.
45
Ivi, p. V.
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
46
François René de Chateaubriand, Atala. Renato. Le avventure
dell’ultimo Abenceragio, traduzione di Massimo Bontempelli, Milano,
Mondadori, 1931.
47
A questi episodi si rapporta una lettera di Bontempelli a Arnoldo
Mondadori del 1934 datata «Frascati 3 III XII»: «PROPOSTA GENERICA.
Fare un contratto unico, di esclusiva, stabilendo tutte le condizioni a
secondo del genere (romanzi, teatro, ecc.) e del prezzo di vendita. Tu vi
sfuggi, perché non tieni abbastanza a me. Così accadono cose che poi ci
dispiacciono a tutti e due, ma cui sono costretto dalle necessità
improvvise. Fu dopo un rifiuto tuo a combinare un contratto così, che ho
ceduto alle insistenze di SAPIENTIA nel ’28 e abbiamo avuto il dispiacere
di non pubblicare insieme la prima edizione del FIGLIO DI DUE MADRI;
tornato io alla carica nel ’30, hai tergiversato, ed è venuta fuori ADRIA
altrui» (Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, sezione Arnoldo).
48
Lettera a Arnoldo Mondadori, datata «Roma 20/X/VIII», conservata dalla
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, sezione Arnoldo. La famiglia del
Fabbro sarà finito solo il 6 marzo dell’anno successivo, pubblicato sulla
«Nuova Antologia» nel giugno e luglio del 1931 e in volume nel 1932 (La
famiglia del Fabbro, Milano, Mondadori, 1932). «914» rimanda all’altro
romanzo allora in fieri da giugno 1930: «522». Racconto di una giornata,
Milano, Mondadori, 1932.
49
Così elogia il dramma di Sartre nell’introduzione: «Il teatro è fatto di
realtà creata, e di spessore: esso è nel reame dell’arte della parola quel
che nella figurativa è la scultura: i personaggi e gli eventi hanno da essere
a tutto tondo, da potergli girare intorno e sentirli avviluppati d’aria. In
teatro, l’astratto è asfissia. / Con la sua seconda opera — questa Porta
chiusa [...] — Sartre conquista in pieno la scultura. Intorno ai suoi tre
personaggi tu giri, e li tocchi e li senti resistere» (Massimo Bontempelli,
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
Introduzione, in Jean-Paul Sartre, Le mosche, traduzione di Giuseppe
Lanza, Porta chiusa, traduzione di M. Bontempelli, Milano, Bompiani,
1947, p. 151). Il volume esce nella collana «Pegaso teatrale», che
accoglie lo stesso anno Venezia salva di Bontempelli (Venezia salva.
Tragedia in tre atti, Milano, Bompiani, 1947).
50
Infatti, Alberto Mondadori scrive a Bontempelli il 28 dicembre 1946:
«Secondo gli accordi con Sartre, ti prego di mandarmi a giro di posta, un
atto di una tua commedia, a tua libera scelta, per "Temps Modernes"»
(Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, sezione Alberto). Non risulta
che una traduzione di un’opera di Bontempelli sia stata pubblicata sulla
rivista francese.
51
Le due lettere sono datate da Venezia (Fondazione Mondadori, sezione
Alberto).
52
Così scrive Arnoldo in una lettera del 13 febbraio 1951: «Saresti
disposto a tradurre per la MEDUSA un libro di MAURIAC: Les chemins de
la mer?». Invece, la traduzione di Bontempelli esce assieme a Le Mal,
tradotto da Renzo Tian nella collana «Il ponte»: François Mauriac, Le vie
del mare, traduzione di M. Bontempelli, seguito da Il mal implacabile,
traduzione di R. Tian, con dieci illustrazioni di Antonio Possenti, Milano,
Mondadori, 1956.
53
Henry de Montherlant, Il gran maestro di Santiago, La regina morta,
traduzione di M. Bontempelli, Malatesta, traduzione di Camillo Sbarbaro,
Milano, Bompiani, 1952. Questa traduzione esce sulla rivista «Sipario»
all’inizio dello stesso anno (n. 69-70, gennaio- febbraio 1952).
54
Fernand Crommelynck, Teatro, Milano, Bompiani, 1957: contiene
L’intagliatore di maschere, Il cornuto magnifico, Gli amanti puerili,
traduzione
di Camillo
Sbarbaro,
Trippe d’oro, traduzione di M.
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
Bontempelli, Una donna che ha il cuore troppo piccolo, traduzione di C.
Sbarbaro, Caldo e freddo ovvero L’idea del signor Dom, traduzione di
Lorenzo Gigli (prima pubblicazione: Trippe d’oro, traduzione di M.
Bontempelli, «Sipario», n. 74, giugno 1952).
55
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, sezione Segreteria editoriale
autori italiani.
56
Getty Foundation, Series II, Manuscripts 1914-1959, Box 30,
«Translations by Bontempelli, 1940s-1950s, undated», Folder 7, La
Germania (Tacito), 1953.
57
Cornelio Tacito, La Germania, traduzione di Massimo Bontempelli,
postfazione di Ezio Savino, Milano, SE, 1990. Purtroppo, la postfazione
non porta nessuna informazione nuova sulla genesi della traduzione
bontempelliana.
58
Nove sono i motivi addotti da Marinetti per aver fatto questa scelta, tra
cui: «Perché gli scrittori italiani ammirino la virile concisione Tacitiana,
sorella di quella sintesi plastica della lingua italiana da noi propagandata e
realizzata colla rivoluzione futurista delle parole in libertà e dello stile
parolibero, contro la prolissità decorativa del verso e del periodo» (F. T.
Marinetti, Prefazione, in Tacito, La Germania, cit., p. 22.).
59
Il Vangelo. Matteo tradotto da Nicola Lisi. Marco tradotto da Corrado
Alvaro. Luca tradotto da Diego Valeri. Giovanni tradotto da Massimo
Bontempelli, con un saggio di Don Giuseppe De Luca, note di Don Enrico
Bartoletti, Venezia, Neri Pozza editore, 1947. Questa edizione del Vangelo
viene ristampata più volte da Neri Pozza nel 1955 e 1961, ed è ripresa da
Mondadori nel 1956 con illustrazioni di Gustave Doré.
60
M. Bontempelli, Traduzioni dalla Bibbia, Milano, Mondadori, 1971.
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
61
L’Apocalisse, traduzione di Antonio Martini, 20 litografie originali di
Giorgio de Chirico, introduzione di Massimo Bontempelli, Milano, Edizioni
della Chimera, 1941. Il testo di Bontempelli è ripreso l’anno successivo
(Introduzione all’Apocalisse, Roma, Edizioni della Cometa, 1942) e
inserito tre anni dopo nel volume delle Introduzioni e discorsi (1936-
1942), Milano, Bompiani, 1945, pp. 203-212; citazione a p. 212.
62
Id., Introduzione all’Apocalisse, in Introduzioni e discorsi (1936-1942),
cit., p. 207; in Traduzioni dalla Bibbia, cit., pp. 251-252.
63
M. Bontempelli (a cura di), Lirica italiana. Dal Cantico delle creature al
Canto notturno d’un pastore errante dell’Asia, Milano, Bompiani, 1943. E
così esordisce l’Avvertenza: «Poesia è la resistenza dell’anima umana,
che vuol tornare al cielo, contro la storia, che vuole accomodarla alla
terra» (p. XI).
64
Ivi, pp. XII-XIII; Introduzione alla Lirica italiani, in Introduzioni e discorsi,
cit., pp. 238-239.
65
Elio Vittorini a Massimo Bontempelli, «[Milano,] 26 aprile 1941», in G.
D’Ina e G. Zaccaria (a cura di), Caro Bompiani. Lettere con l’editore,
Milano, Bompiani, 1988, p. 57.
66
«Caro Valentino, / il progetto si va precisando (parlo della Prima
antologia del sublime) e appena potrò dedicarvi 3 giorni interi, sarà
diventato un vero e proprio abbozzo. Ora bisogna che mi liberi da quella
dei Poeti Lirici. / Avrei in animo — per quella del sublime — di servirci di
[Giorgio] Pasquali per la parte classica — [Giuseppe] Tucci per la orientale
— [Ernesto] Buonaiuti per il Medio Evo e Rinascimento. Ai quali vorrei io
prima illuminare il mio piano e l’elenco approssimativo — e poi scegliere
tra il loro materiale — e riserbarmi il diritto di ritoccare le traduzioni che mi
forniranno (sempre facendo da loro ricontrollare i miei ritocchi con i testi)
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
— in maniera da avere in tutta l’antologia anche un minimo di valore
stilistico. Al tutto premetterei io una introduzione intorno al Sublime, in
concorrenza con Longino» (Massimo Bontempelli a Bompiani, «Venezia, 7
febbraio 1942», ivi, pp. 57-58).
67
Massimo Bontempelli a Bompiani, «Venezia, 22 febbraio 1942», ivi, p.
58.
68
«Mi sono inibito di pensare all’Antologia del sublime fin che non mi sono
liberato d’ogni altro lavoro [...]; ma intanto ti mando un esempio di quello
che sarà. Voglio dire che molti, magari tutti i testi potranno essere altri da
quelli che ti scrivo qui. Serve dunque solo a segnare il tipo. S’intende che
anche il non-ordine cronologico e storico in cui vedi collocati questi, è un
elemento del libro, antistorico per eccellenza perché deve portare fuori del
tempo» (ivi, pp. 58- 59).
69
Bompiani a Massimo Bontempelli, «Milano, 4 marzo 1942-XX», ivi, p.
59.
70
Massimo Bontempelli a Bompiani, «Venezia, 22 febbraio 1942», ibidem.
71
Introduzione all’Apocalisse, in Introduzioni e discorsi, cit., p. 212;
Traduzioni dalla Bibbia, cit., p. 257.
72
«[...] il poema degli sterminii diventa per noi libro di speranza, e sulla
figura del Cristo terribile si sovrappone nella nostra memoria il colore
dell’Agnello», ivi, in Introduzioni e discorsi, cit., p. 206; Traduzioni dalla
Bibbia, cit. p. 250.
«Bollettino '900», 2012, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/>
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Giugno-dicembre 2012, n. 1-2
Questo articolo può essere citato così:
F. Bouchard, Bontempelli traduttore nel tempo, in «Bollettino '900», 2012, n. 1-2,
<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2012-i/ Bouchard.html>.