Legge Mellarini sulla cultura - Agenzia giornalistica Opinione

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Legge Mellarini sulla cultura - Agenzia giornalistica Opinione
CONSIGLIO
DELLA
PROVINCIA AUTONOMA
DI
TRENTO
ATTIVITA' DI INFORMAZIONE E STAMPA
"Informazioni e approfondimenti in www.consiglio.provincia.tn.it"
Legge Mellarini sulla cultura: sì dal
turismo;critiche dal sindacato; grido di
allarme per la situazione delle imprese
artigiane del restauro.
Nel pomeriggio in Quinta commissione le audizioni sul ddl 162
Mellarini sulla cultura, sono riprese con Bernardino Santoni della
Federazione trentina delle cooperative. Il rappresentante della
Cooperazione ha dato una valutazione positiva al ddl nel suo
complesso. Anche perché, ha aggiunto, la proposta tiene presente
i temi centrali del dibattito nazionale e dell’evoluzione della
cultura. Positivo il parere anche sul ddl Baratter sulla tutela del
dialetto. Simoni (PT) ha chiesto a Santoni il suo parere sulla
logica “aziendalistica”, cioè la partecipazione dell’imprenditoria e
dei privati nel settore culturale, del ddl contiene. Santoni ha
sottolineato il fatto che il ddl recepisce alcune linee della UE che
prevedono l’integrazione tra pubblico e privato. Anche se il
momento è di grave crisi, il mercato della cultura è stimabile in
250 milioni nella nostra provincia, quindi l’interesse delle aziende
ci può essere.
Trentino Marketing: indispensabile l’integrazione tra turismo e
cultura.
Il direttore di Trentino Marketing, Maurizio Rossini ha ricordato
che il turismo in Trentino sta diventando sempre più
internazionale non solo nelle località di punta, ma in tutte le
nostre comunità. Avere a che fare con persone che vengono da
tutte aree del mondo significa confrontarsi con modi e culture
diverse e ciò richiede la necessità di una crescita culturale di tutta
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la comunità. Anche perché l’ospite oggi vuole un’interazione con
chi vive in un territorio senza sentirsi turista e quindi deve
apprezzare la cultura del luogo. Una crescita complessiva che
coinvolge le grandi istituzioni culturali ma anche i piccoli centri.
Tm, ha ricordato Rossini, sta facendo un’esperienza di
promozione del sistema culturale, in particolare dei musei e
castelli. Ma, ha sottolineato, per rafforzare il nostro prodotto
culturale c’è però bisogno di una programmazione lunga. Basti
pensare che le grandi mostre i musei importanti le annunciano
anche con tre anni di anticipo. Per ciò che riguarda le iniziative
concrete Rossini ha ricordato la museum card che ha segnato
numeri discreti (2000 ospiti all’anno) e la Trentino guest card il
cui prezzo è incluso nella vacanza. Lo scorso anno 606 mila ospiti
l’hanno usata per 70 musei e servizi culturali. Guest card che
funziona e che mostra come il turismo sia legato a un’offerta
larga. Con questa iniziativa, ha ricordato il direttore di Tm, si
sono soddisfatti gli ospiti e le istituzioni culturali che hanno
incassato, lo scorso anno, 650 mila euro.
Sui castelli è nata l’iniziativa il “Trenino dei castelli”, che ha
registrato il tutto esaurito ad inizio estate. Attraverso
l’integrazione tra mobilità e offerta culturale si è visto che gli
ospiti sono disposti anche a sostenere spese importanti.
Viola (PT) ha ricordato che, fino a oggi, il rapporto tra turismo e
cultura è passato attraverso eventi come I suoni delle Dolomiti, la
card invece, anche se finora a pelle di leopardo, lega il turismo al
sistema culturale complessivo. Rossini ha ricordato che la guest
card è stata inserita come un elemento strategico e il mondo della
cultura ha risposto molto bene. Forse, si è chiesto, si potrebbe
introdurlo come elemento di sistema.
Lucia Maestri ha chiesto a Rossini se un turismo culturale debba
comportare anche la revisione delle politiche turistiche, compresa,
ha sottolineato, la redistribuzione delle risorse finanziarie,
superando la settorialità e introducendo un’integrazione, anche
finanziaria, tra il mondo culturale e turistico. Rossini ha risposto
citando l’ex ministro del turismo della Nuova Zelanda secondo il
quale il turismo è un territorio e la gente che lo abita, quindi
l’interazione è naturale con tutti i mondi. Non a caso i vicini
tirolesi e sudtirolesi, ha ricordato, le competenze sul turismo le
hanno assegnate al presidente proprio per la loro trasversalità. Da
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noi c’è ancora da lavorare su questo, ma la card ha stimolato il
turista a scoprire valori culturali che prima non erano percepiti.
Anche in località alpine fortemente vocate allo sci, ha concluso
Rossini, si cerca di dare all’ospite un forte stimolo culturale. Il
turista vuole venire a sciare bene, mangiare bene, incontrare
persone interessanti e magari visitare una mostra d’arte. La guest
card, ha ricordato infine, nel 2016 ha portato alle istituzioni
culturali 650 mila euro che, si stima, saliranno a 850 mila nel
2017.
Le guide turistiche:
permanente.
più
coinvolgimento
e
formazione
Antonia Filosa dell’Associazione guide turistiche ha chiesto che
la figura della guida venga riconosciuta per la valorizzazione e la
divulgazione dei nostri musei. E quindi ha avanzato la richiesta,
importante, di inserire nel ddl l’aggiornamento e la formazione
permanente delle guide. Antonia Filosa ha chiesto anche un
maggior coinvolgimento nelle iniziative museali e la
valorizzazione dei beni culturali delle guide turistiche e
accompagnatori turistici del Trentino. Rispondendo a una
domanda di Lucia Maestri la rappresentante dell’Associazione
guide ha detto che l’introduzione dei poli museali è ben vista.
Fondazione Caritro, ci sono sovrapposizioni con i contributi
della Pat.
Il direttore della Fondazione Caritro, Filippo Manfredi ha
affermato che i contributi che Fondazione riconosce sul territorio
spesso si accavallano con quelli della Pat. Duecentocinquanta
associazioni, ha ricordato, si rivolgono alla Fondazione e gli
stanziamenti in 25 anni sono stati di 14 milioni e 600 per 1803
progetti sostenuti su 3000 richieste, e 87 bandi. Alcuni bandi,
come quelli annuali, sono diventati appuntamenti attesi dalle
associazioni e, ha aggiunto, nel 2016 sono state fatte audizioni
con le associazioni ed è emersa la necessità di sostenere costi di
struttura per questo è stato avviato un bando per andare incontro a
queste esigenze. Nel 2017 ci saranno bandi per la memoria di
comunità e degli archivi e negli anni scorsi il 57% di domande
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sono state accolte. La politica della Fondazione è di aiutare le
eccellenze, ma anche le piccole associazioni che fanno lavori utili
alle comunità. Rispondendo a una domanda di Lucia Maestri il
direttore di Fondazione Caritro ha ricordato che la selezione dei
bandi viene fatta per passi, una prima valutazione generale
interna, poi da parte di una commissione mista interna esterna e
infine da parte di valutatori completamente esterni specializzati.
Infine, c’è un punteggio e viene avviata una procedura che poi
viene presentata al consiglio. La Fondazione ha sempre messo un
budget considerevoli per la cultura, anche di un milione e 700
all’anno, ma i problemi dei mercati finanziari hanno imposto
restrizioni. Manfredi ha poi sottolineata la necessità di informare
le associazioni su come scrivere le domande per i bandi.
Il sindacato, serve un’ulteriore riflessione. Il ddl dovrebbe
essere sospeso. Mellarini, aperti al dialogo.
Gloria Bertoldi, a nome di Cgil e Cisl, ha definito il ddl frettoloso
e non rispettoso dei tempi che un tema del genere avrebbe
richiesto. Centralità della cultura, il collegamento con i settori
economici sono principi condivisibili, ma poi nell’articolato la
traduzione pratica di questi principi appare difficile. Secondo la
sindacalista gli articoli vanno riformulati, in particolare l’articolo
3 perché non è chiaro lo strumento partecipativo. Fumosa anche la
conferenza provinciale sulla cultura in sostituzione del Forum che
oggi invece è ben definito. Inadeguata la convocazione ogni due
anni e generico è il ruolo della Consulta. Critiche anche
all’articolo 15, quello che prevede i poli museali: nulla contro il
concetto dei poli ma la loro divisione tematica, secondo la
sindacalista, sembra incoerente, divisiva e disordinata e può
portare ad un aumento delle burocrazia,
impedisce
l’aggregazione, ma soprattutto minaccia disfunzioni in un sistema
che è riconosciuto come virtuoso. Rimandare poi alla Giunta la
disciplina di questo articolo sembra del tutto inopportuno, poco
trasparente e pericoloso. Cgil e Cisl hanno chiesto, insomma, la
sospensione per un tempo limitato, tre o sei mesi, di questo ddl
almeno nelle parti che riguardano il sistema museale. Le
confederazioni sindacali, inoltre, chiedono un confronto vero con
un tavolo di lavoro serio con tempi contingentati le cui
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elaborazioni vengano sottoposte alla comunità. Ad esempio con
gli stati generali della cultura. Ultima richiesta: una relazione
dell’assessore su cosa non ha funzionato nella legge attuale
perché non risulta chiaro. Quindi, per il sindacato, andrebbe
riaperta una riflessione per migliorare il sistema culturale. Anche
Marcella Tomasi della Uil ha lamentato che non c’è stato alcun
coinvolgimento da parte dell’assessorato. La gestione associata
dei servizi bibliografici, inoltre, lascia perplessi perché ci sono già
i processi delle gestioni associati dei comuni. Anche per la Uil la
questione preoccupante è l’assetto dei musei e non si capiscono le
conseguenze sui finanziamenti. In sintesi, secondo il sidnacato, il
ddl dà carta bianca alla Giunta contro l’autonomia dei musei e
non è chiaro quali siano i problemi visto che la crescita dei
visitatori ha coinciso con una riduzione dei costi per il personale.
Maurizio Valentinotti della Fenalt ha affermato che non c’è stata
una riflessione sul fatto che le strutture museali sono tenute in
piedi da lavoro precario. Samuela Caliari delegato del Muse della
Fenalt ha ricordato che c’è l’esigenza di una collaborazione per la
programmazione tra musei, ma la suddivisione in macro aree non
è facile. Quindi, si dovrebbe trovare un sistema con un polo unico
perché i poli rischiano di creare nuove divisioni. Bene la gestione
associata ma va specificato cosa viene gestito in maniera
condivisa. La sindacalista ha sottolineato poi un accesso
preferenziale, gratuito, per i residenti in provincia.
Mellarini ha fatto alcune precisazioni: il ddl è partito nel 2015 con
una serie di incontri, è una proposta aperta, on a caso la
commissione ha ascoltato 50 associazioni, e c’è ancora il tempo
per potersi confrontare. Con alcuni esponenti sindacali il dialogo
è continuo e non solo per ciò che riguarda il personale che, è vero,
spesso lavora in condizioni difficili. Si è dieciso di mettere mano
alla legge Cogo del 2007 perché ci sono stati cambiamenti che
hanno reso necessario un riordino che tocca il sistema museale ma
non solo questo. Il sistema cresce è pone il Trentino tra i
primissimi posti. Il riordino dovrà dare una risposta alla troppa
frammentazione del sistema culturale trentino. I poli museali non
daranno finanziamenti ma sarà il servizio culturale della Pat. I
poli nascono per coordinare la programmazione, non ci sono
capifila o distributori di risorse. Ma ci sono sovrapposizioni che
vanno evitate. Anche sulla precarietà, ha detto Mellarini, qualche
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passo importante è stato fatto. Infine, l’assessore ha dato la
disponibilità a incontrare il sindacato.
I restauratori, serve un programma di manutenzione dei beni
tutelati.
Per il Coordinamento imprenditori De Laurentis ha detto che il
ddl sembra rigido nella parte dei poli museali ma ha voluto
sottolineare soprattutto le gravi difficoltà che le imprese del
restauro stanno attraversando, perché in questo settore la parte
fondamentale è svolta dal pubblico. Roberto Borgogno, in
rappresentanza delle imprese artigiane del restauro, che, tra
l’altro, occupano molte donne ha anche lui sottolineati che le
condizioni del settore sono drammatiche data la mancanza di
investimenti per il restauro dei beni tutelati. Le micro imprese si
sono dovute indebitare perché sono calati drasticamente gli
interventi delle casse pubbliche. Nello specifico del ddl ci sono
confusioni tra tutela e valorizzazione che possono portare alla
delegittimazione di istituzioni come la Sovrintendenza e si rischia
di autorizzare un fai da te pericoloso. Sui distretti culturali
Borgogno ha detto che c’è da rimanere allibiti per la collocazione
nel ddl del Castello del Buonconsiglio, istituzione che si è
sforzata a mantenere almeno un minimo impiego per le imprese
del settore restauro. Sull’assetto della Sovrintendenza, bene la
riduzione burocratica, ma no alla riduzione degli interventi sulla
tutela. Infine, serve un programma di manutenzione perché il
lavoro di conservazione fatto negli anni non venga vanificato.
Simoni ha ricordato che c’è bisogno di un sistema che garantisca
lavoro alle nostre imprese che sono di alta professionalità.
Il ddl riconosca il coordinamento teatrale trentino.
Per il coordinamento teatrale trentino, la presidente Loreta
Failoni, ha ricordato che l’associazione ha 21 comuni soci, ha
offerto servizi a 59 comuni trentini, compresa la completa
gestione delle sale cinematografiche fuori da Trento e Rovereto.
Fitto il lavoro con le scuole per il teatro e il cinema e negli ultimi
15 anni un milione e ottocentomila persone sono transitate nelle
sale cinematografiche e nei teatri. Il contributo provinciale
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all’associazione è calato dal 13% del 2013 al 9% dello scorso
anno su un bilancio di un milione 649 mila euro.
Complessivamente, con i contributi del ministero e della Regione,
il finanziamento pubblico arriva al 17%. Ma il coordinamento è
riconosciuto dal ministero ma non della Pat, per questo viene
chiesto il riconoscimento nel ddl dell’associazione soprattutto per
dare pari dignità agli abitanti della periferia con quelli della città e
riconoscere il lavoro dei comuni. La centralizzazione soprattutto
in campo culturale, ha sottolineato la presidente Failoni, è un
grave errore. Quindi va attenuata la visione urbano centrica del
ddl. Col S.Chiara il coordinamento teatrale ha un’ottima
collaborazione, ma non pare in grado, secondo le previsioni del
ddl, di gestire tutte le attività, cinema in primo luogo. Il
coordinamento, ha ricordato la presidentessa, non può essere
chiuso perché tutti i comuni aderenti dovrebbero essere
d’accordo. e ha ribadito che con l’attuale organizzazione per il
Santa Chiara sarebbe impossibile una distribuzione centralizzata,
almeno che non si ridimensioni il ruolo dei comuni. Una
centralizzazione, ha concluso, potrebbe avere un perché
economico, anche se la Pat interviene con soli 150 mila euro
all’anno, ma non lo ha dal punto di vista culturale. Tra l’altro il
coordinamento è stata ed è una fonte di lavoro sul territorio.
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