Linea : via Curie

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Linea : via Curie
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Istituto Superiore Tecnico Agrario “Antonio Zanelli”, Reggio Emilia
Marika Davoli è una ragazza esuberante che ama molto la natura e gli animali.
Linea 4: via Curie
Vidi arrivare il tram, con la scritta "4 VIA CURIE": fui grato all'autista che per una volta
era stato puntuale. Le porte si aprirono con un cigolio da film dell'orrore e mi fiondai
dentro, per stare un po' al calduccio, al riparo dall'aria fredda. Mi appostai come al solito
vicino ad un pilastro e mi appoggiai al vetro, cuffie nelle orecchie, ascoltando musica che
potesse darmi la carica. Cercavo di ripassare mentalmente le poche righe di biologia che
avevo letto appena sveglio, quando tutti i miei buoni propositi svolazzarono via sostituiti
da un'immagine, che vedevo da tanto tempo, che cercavo tutte le mattine con gli occhi,
che prendeva prepotentemente il posto di ogni cosa io pensassi dentro quel numero 4.
Eccolo là, la mano stretta intorno alla sbarra dell'ultima porta, jeans che gli fasciavano le
gambe, giacca nera con la cerniera a metà petto, i capelli corvini lucidi e corti, e quegli
occhi cobalto che fissavano un punto che sembrava non esistere. Eccolo là, quel ragazzo
che, senza accorgersene, mi obbligava a mettermi in quella posizione ogni mattina pur di
riuscire a vedere le sue iridi lontane. Non sapevo come si chiamasse, né da dove venisse,
quanti anni avesse o che scuola facesse. Sapevo solo che mi erano bastati due sguardi per
innamorarmi di lui. Dall'inizio del mio anno scolastico, in cui ci eravamo trovati entrambi
sullo stesso 4, avevo iniziato ad osservarlo insistentemente, senza capire perché, senza
neanche chiedermelo, tanto mi bastava guardarlo. Si vestiva sempre di scuro, in contrasto
con la pelle chiara e quei begli occhi sottili, di vetro e ghiaccio, incorniciati da ciuffi neri
come il carbone, che non si soffermavano mai su niente, che sembravano specchi, impossibili
da scrutare perché parevano riflettere qualsiasi cosa incontrasse il loro cammino.
Mi aveva stregato con quel suo atteggiamento freddo apparentemente senza emozione, stava
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sempre là, vicino alla porta, pronto a scendere a chissà quale fermata dopo la mia.
Mi sembrava di conoscerlo da tanto tempo, mi sarebbe piaciuto andargli vicino, salutarlo,
per vedere se su quelle labbra rosate potesse nascere un sorriso, ma non l'avevo mai fatto.
Perché la realtà era un'altra. Era troppo imbarazzante dire a me stesso che mi piaceva un
ragazzo, inoltre non immaginavo nemmeno che reazione potesse avere.
Ma mi sarebbe piaciuto davvero.
Una macelleria sfrecciò fuori dal vetro, capii che anche quel giorno i miei sogni stavano
giungendo al termine, io ero arrivato alla mia destinazione. Scesi con un sospiro pesante,
sentendomi già pronto ad attendere con eccitazione il giorno seguente.
«Tato!» mi salutò la mia ragazza. Si protese per baciarmi, ma mi scansai con un gesto
lieve facendo finta di salutare altri miei amici, mi sembrava come un tradimento. Anche
se non sapevo bene nei confronti di chi.
«Tato, è un tuo amico quel tipo che ti sta guardando?» mi chiese Davide indicando il 4
che proprio ora stava ripartendo. Mi voltai di scatto, incontrando con una travolgente
sensazione due occhi blu come un oceano senza fine che scrutavano i miei. Per un lungo
istante ebbi l'impressione che mi avesse lasciato guardare in fondo alla sua anima. E un
attimo dopo giurerei di aver visto un impercettibile sorriso sulle sue labbra.
Il 4 ripartì con un rombo, lasciandomi in gola un urlo che avrei voluto lanciare dentro
quelle mura di metallo per mille volte, solo per esprimere la mia felicità, solo per esprimere
quello che provavo veramente.
«Ti amo...»
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