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Note a sentenza
Il potere di Equitalia di ri-notificare le cartelle
di pagamento: se e in che limiti è legittimo?
Valentina Guzzanti
Avvocato del Foro di Roma e Dottore di Ricerca in Diritto Tributario
L
a Corte di Cassazione, sezione V civile, con la sentenza
n. 16370 del 26 settembre 2012, si è occupata di una questione assai delicata e problematica, che involge la tutela del contribuente (c.d. “parte debole” del rapporto – anche processuale – tributario), e cioè la legittimità della rinnovazione
della notificazione della cartella di pagamento.
Nella menzionata decisione, che senza dubbio darà adito a molte
critiche e soprattutto a una pericolosa – e potenziale – strumentalizzazione dei principi ivi formulati se non correttamente
inquadrati, i giudici hanno affermato che “se un primo tentativo
di portare a conoscenza del destinatario l’(unico) atto è andato
male, può effettuarsi un secondo tentativo, e ciò anche quando la
invalidità della notifica sia stata accertata dal giudice”.
Prima di porre in evidenza i profili critici della sentenza in
esame, è opportuno sintetizzare la vicenda concreta.
Il contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento ottenendone la declaratoria d’illegittimità in base all’accoglimento
del motivo di ricorso vertente sul rilevato vizio di notificazione.
Le altre doglianze svolte nel ricorso erano state ritenute assorbite. La decisione di prime cure, non impugnata, passava in giudicato.
L’Ente riscossore, a fronte della sancita illegittimità, si badi
bene, della sola notificazione dell’atto, procedeva a rinnovare la
notifica della cartella in questione.
Nel processo instaurato a seguito della nuova impugnazione
proposta avverso il menzionato atto impositivo (sempre lo stesso), l’oggetto del contendere verteva esclusivamente sulla
legittimità della condotta erariale (i.e. la rinnovazione della
notifica della cartella esattoriale).
Il contribuente, in questo secondo giudizio, si difendeva sostanzialmente eccependo, in primo luogo, l’intervenuta “consumazione” del potere erariale che sarebbe coincisa con la “prima
emissione” dell’atto, e in secondo luogo, la violazione del giudicato formatosi rispetto al precedente (e, si badi bene, tutt’affatto diverso quanto a “thema decidendum”) giudizio.
La Suprema Corte, in merito all’illegittimità della condotta posta
in essere da Equitalia, nella sentenza in commento, con un articolato ragionamento, che tuttavia si traduce nell’estrinsecazione (e
nella conseguente applicazione) di ben noti principi in tema di
notificazione degli atti amministrativi (anche tributari), in via preliminare, ha effettuato una (corretta e quanto mai necessaria)
distinzione tra la rinnovazione del provvedimento tout court (i.e.
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la rinnovazione dell’atto impositivo), ipotesi poi esclusa dai giudici di legittimità, e la (mera) attività di rinnovazione della notificazione dello stesso, ipotesi possibile e legittima secondo i giudici di legittimità.
Rinnovare integralmente l’atto, infatti, significa esercitare nuovamente il potere impositivo, e se ciò fosse possibile la conseguenza aberrante sul piano giuridico sarebbe l’indiscriminata
esposizione dei contribuenti a un potere “senza fine, né limiti”
conferito al fisco.
Rinnovare invece la (sola) notifica dell’atto, significa ripetere
non l’esercizio del potere impositivo, ma unicamente la procedura diretta a consentirne la legale conoscenza al suo destinatario; ciò che è conforme ai principi costituzionali di cui agli artt.
24 e 113 Cost. che sanciscono, rispettivamente, il diritto di difesa e il diritto alla tutela giurisdizionale.
La Corte di Cassazione, pertanto, fonda, a mio modesto avviso
correttamente, la motivazione del caso in questione sulla distinzione tra la fase della emanazione del provvedimento (intesa
come “creazione” dello stesso), e la – inscindibilmente connessa, ma chiaramente differente sul piano teleologico – fase della
portata a conoscenza dell’atto medesimo al suo destinatario, i.e.
la sua notificazione.
Con specifico riferimento al caso di specie, più precisamente, i
giudici, nel rigettare il ricorso del contribuente, quanto all’eccepita consumazione del potere erariale, osservano che una simile
contestazione è errata e infondata poiché la difesa del contribuente si basa sul mancato riconoscimento della (necessariamente) netta separazione tra due “momenti” che connotano “la
vita” di un atto (in questo caso impositivo): la sua emanazione
(i.e. la sua creazione) e la sua notificazione.
L’esaurimento del potere (di accertamento o di riscossione),
precisa la Corte, non si può infatti contestare, come accade nel
caso in questione, sostenendo che esso non possa essere esercitato due volte, poiché in questo specifico caso il provvedimento
impositivo (i.e. una sola cartella di pagamento) è uno solo, mentre sono due le procedure che riguardano tale (unico) atto, volte
alla sua notificazione.
Quanto poi alla dedotta violazione del giudicato formatosi sul
precedente giudizio, ossia quello “vinto” sul difetto di notificazione dell’atto in parola, da cui è poi promanato il secondo giudizio riguardante invece la legittimità della condotta di
Equitalia, la Corte osserva che “rinnovare validamente la notifi-
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ca di un atto, prima notificato invalidamente, lungi dal ledere il
giudicato, quasi lo presuppone e lo attua, in questa prospettiva”.
La decisione in esame è senza dubbio assai importante, ma forse
è meno preoccupante di quanto possa sembrare, considerato il
chiaro tenore delle considerazioni svolte dalla Corte Suprema.
I giudici, infatti, non affermano che la notifica della cartella
può essere rinnovata senza limiti di spazio e di tempo né oltre
i termini previsti dalla legge, e neppure affermano che la cartella di pagamento (si badi bene l’atto sostanziale e non la notifica dello stesso) dichiarata invalida con sentenza passata in giudicato possa essere rinnovata quale atto sostanziale, ma precisano che è la sola notificazione a poter essere rinnovata e non
che l’atto possa essere ri-emesso. Né, tantomeno, i giudici
affermano che il provvedimento (i.e. l’atto impositivo) potrebbe essere riemesso oltre i termini di decadenza previsti dalle
singole leggi d’imposta.
La Corte, per vero, limitatamente al profilo della conoscenza legale della cartella di pagamento di cui è causa si limita a ritenere che
“se un primo tentativo di portare a conoscenza del destinatario
LA SENTENZA
Cass., Sez. V civ., 26 settembre 2012, n.
16370 - Dott. D’ALONZO Michele - rel.
Presidente
La mancanza della notificazione di un atto
amministrativo d’imposizione tributaria non
influisce sulla sua esistenza in quanto “gli atti
amministrativi d’imposizione tributaria sono
sottoposti ad un regime procedimentale, che,
pur nelle sue peculiarità rispetto a quello generale dell’atto amministrativo, lascia ben distinta
la fase di decisione, o di perfezione dell’atto,
rispetto alla fase integrativa della sua efficacia”:
il vizio della notificazione di un atto tributario,
quindi (Cass., un., 5 ottobre 2004 n. 19854),
determina solo la preclusione della “efficacia”
del provvedimento ma non incide affatto
sull’“esistenza” dello stesso, la quale non viene
per nulla compromessa da quel vizio.
La precisazione della (apparentemente
ovvia) differenza tra atto e sua notificazione,
nel caso, assume univoco valore dirimente
atteso che le argomentazioni svolte dalla
ricorrente (per la quale: “la cartella... vale
anche come notificazione del relativo ruolo
l’(unico) atto è andato male, può effettuarsi un secondo tentativo.
E ciò anche quando la invalidità della notifica sia stata accertata
dal giudice”.
È dunque opportuno rilevare che la Cassazione non ha affatto
stabilito il (chiaramente anti-giuridico) principio della illimitata e assoluta reiterabilità dei provvedimenti impositivi, e
forse anche la portata di tale sentenza merita di essere ridimensionata.
I giudici di legittimità, correttamente, rilevano che, in effetti,
quando il provvedimento non è ritualmente notificato esso non
è, propriamente invalido o inesistente, ma (solamente) inefficace, e che quindi la procedura per renderlo efficace, cioè la notificazione, può anche essere completata in un secondo momento.
Ciò conduce a una precisazione (recte riflessone) ulteriore, e
cioè che quando si impugna un provvedimento per vizio di notifica dovrebbe, propriamente, non chiedersene l’annullamento,
ma, più correttamente la declaratoria di inefficacia.
Insomma, forse è il caso di chiudere con una battuta: “Molto
rumore per nulla”.
che costituisce titolo esecutivo... e perciò, in
quanto tale, non può essere duplicata al di
fuori dei casi... previsti dall’articolo 476
c.p.c.”; “l’espropriazione forzata richiede la
valida esistenza del titolo esecutivo, costituito
dal ruolo..., nonché la sua preventiva e rituale notificazione al debitore mediante la cartella di pagamento... che è appositamente abilitata...a valere “anche come notificazione del
ruolo ossia quale notificazione del titolo esecutivo”; “finché pende l’originario giudizio...
promosso dal debitore contro la prima cartella di pagamento e nell’ambito del quale quest’ultima è stata... annullata, il concessionario... è tenuto a rispettare la pronuncia di
annullamento... senza potersi... arrogare il
potere... di rinnovare e rinotificare... l’atto
annullato dall’autorità giudiziaria”; “unica iniziativa perseguibile dal concessionario... per
emendare errori commessi... non può che
consistere nel preventivo annullamento della
cartella impugnata... prima della decisione
giudiziale”) si fondano su di una inaccettabile
unificazione dell’atto e della sua notificazione:
il rinnovo solo della sua notifica, come intuitivo, non importa l’emissione di una “nuova”
cartella di pagamento (essendo l’atto identi-
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co, come riconosce anche la contribuente),
donde l’inconferenza del richiamo alla unicità
ed alla non duplicabilità (“è unico e non può
essere duplicato”) del “titolo esecutivo” di
“diritto comune” perché tali caratteri non vengono disconosciuti né alterati dal mero rinnovo della (sola) notificazione, neppure per il
titolo esecutivo detto.
La doglianza relativa all’assunta “inadeguatezza della motivazione” della cartella – per
mancanza (“priva”) delle “ragioni della sua riemissione e rinotificazione in costanza del suo
pregresso annullamento giudiziale” –, una
volta esclusa (giusta le considerazioni innanzi
esposte) la ravvisabilità, nel caso, di una “riemissione” della cartella stessa, non ha pregio
atteso che, come la “notificazione” di un atto,
anche la sua “rinotificazione” non richiede la
presenza (quindi l’esplicazioni) di “ragioni”
giustificative, discendendo le stesse dalla univoca, unica funzione svolta dalla notificazione, ossia (come detto) di portare l’atto nella
sfera di conoscibilità del destinatario perché
possa produrre gli effetti suoi propri (di cristallizzazione della pretesa tributaria per decorso
dei termini di impugnazione o anche di soia
provocano ad opponendum).
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