Iprofessionistidelpostraccolta

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Iprofessionistidelpostraccolta
[ SPECIALE CONSERVAZIONE CEREALI ]
I professionisti del post raccolta
I centri di lavorazione sono sempre più un anello decisivo per valorizzare l’alta qualità della granella
n di Roberto Bartolini e Giuseppe Francesco Sportelli
N
on è semplice il lavoro del raccoglitore e dello stoccatore
di cereali dal momento che, nonostante da decenni si parli
di una gestione organizzata, per territorio, della semina e
della raccolta dei cereali, nessuno è mai riuscita a metterla in
pratica. Agricoltori grandi e piccoli, cooperative ed aziende pri­
vate scelgono le varietà e in cicli in base a criteri oggettivi azien­
dali e così quando le mietitrebbie si mettono in moto, è tutta una
corsa contro il tempo per evitare che le granelle perdano troppa
umidità in campo ma il risultato finale è che le piarde risultano
quasi sempre intasate e il prodotto finale non è detto che arrivi al
magazzino sempre in buone condizioni di qualità e sanità. A
complicare ulteriormente la vita di essiccatori e stoccatori ci sono
le nuove norme sui limiti relativi al contenuto di micotossine che
impongono più rigidi controlli a campione delle diverse partite e
che ritarda ulteriormente la lavorazione del prodotto. Non c’è
dubbio che la filiera si stia attrezzando a dovere e per sondare gli
umori degli operatori ed avere un quadro della situazione opera­
tiva sul post raccolta abbiamo effettuato una serie di interviste
realizzate grazie alla collaborazione di Aires, associazione italia­
na raccoglitori, essiccatori e stoccatori di cereali.
Essiccazione col sistema “dry”
Mario Feraboli gestisce un centro di essiccazione e stoccaggio a
Vescovato in provincia di Cremona con una capacità di 300mila
quintali all’anno suddivisi per il 70% a mais e per il restante a
frumento ed orzo. La sua attività non si limita alla gestione dei
raccolti, ma si estende anche alla fornitura di mezzi tecnici quali
sementi, fertilizzanti ed agrofarmaci. “Ritiriamo mais e cereali a
paglia dagli stessi agricoltori ai quali abbiamo fornito la semente
e gli altri mezzi tecnici, operando su appezzamenti che sono stati
visitati per più volte all’anno dai nostri tecnici. Ritengo che uno
dei segreti per commercializzare prodotti di alta qualità sia cono­
scere bene la storia del raccolto. I nostri clienti sono, anno dopo
anno, più o meno sempre gli stessi e con loro abbiamo instaurato
un bel rapporto di collaborazione. Questo sistema di lavoro ha
un’impatto positivo anche sulle problematiche delle micotossi­
ne”. Si spieghi meglio. “In fase di raccolta, movimentazione,
essiccazione e stoccaggio non c’è dubbio che mettiamo tanto
impegno per minimizzare l’insorgenza di contaminazioni, ma è
acclarato che i problemi maggiori provengono dal campo, dove
non sempre si opera correttamente. Dalla scelta varietale al per­
corso agronomico della coltura, difesa dalla piralide compresa,
sino all’individuazione dell’epoca di raccolta, è necessario segui­
re un itinerario ben definito, con scelte virtuose che consentano,
clima permettendo, di portare all’essiccatoio mais sano. Noi
interagiamo direttamente con gli agricoltori nostri fornitori di
materia prima e si può dire che sappiamo già prima che arrivi al
magazzino, di che tipo di mais si tratta”. Le micotossine vi
5 A complicare ulteriormente la vita di essiccatori e stoccatori
ci sono le nuove norme che pongono severi limiti alla presenza
di micotossine nei cereali.
preoccupano? “Ci siamo dotati di un laboratorio di analisi inter­
no per la determinazione delle aflatossine su campioni in entrata
e su campioni dopo il processo di essiccazione, per poter creare
delle partite separate in funzione della destinazione finale, zoo­
tecnica (con ulteriore suddivisione tra bovini e suini) ed alimen­
tare umana”. Usate particolari accorgimenti in fase di essiccazio­
ne? “Utilizziamo il sistema dry, cioè la granella esce dall’essicca­
toio a 55° ancora umida, con il 15,5­16% di umidità e facciamo
terminare l’essiccazione nei silos. Appena abbiamo raggiunto
una capienza di 8.500 quintali nel silos verticale, prende avvio la
ventilazione forzata del mais che perde gradatamente umidità,
mantenendosi bassa anche la percentuale di granella spezzata.
Per quanto riguarda i magazzini orizzontali, applichiamo la
refrigerazione su almeno i 2/3 del prodotto stoccato dal momen­
to che in questo caso i tempi di sosta sono più lunghi rispetto al
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paio di mesi che riguardano solitamente i silos verticali”. E la
pulitura ? “A mio avviso, continua Feraboli, si tratta di un’opera­
zione spesso poco considerata ma fondamentale anche per ab­
bassare l’eventuale presenza di aflatossine. Abbiamo montato un
nuovo sistema rotativo che spazzola il prodotto, operando sia sul
verde sia sul secco. ”Ma lavorare il mais così bene permette di
spuntare prezzi superiori a quelli correnti di mercato? “La mia
esperienza dice di sì: 1 o 2 euro in più al quintale riusciamo a
spuntarli. Ultimo esempio, in ordine di tempo, la varietà di
frumento duro Colorado. Come primo anno abbiamo raccolto
circa 10 mila quintali, garantendo all’agricoltore conferente un
prezzo minimo e l’assistenza tecnica in campo ma pretendendo il
rispetto di un disciplinare di produzione. Il prodotto è risultato
di ottima qualità, con un buon riscontro da parte del mulino
acquirente che sta incentivando la semina del Colorado nella
nostra zona”.
Attenzione ai mais precoci
Fabio Finco nell’alto padovano conduce un centro di stoccaggio
che lavora circa 200 mila quintali all’anno di mais. L’attenzione
per la sanità della granella all’ingresso del centro di raccolta si
mantiene sempre alto. “Nel momento in cui eseguiamo sulle
partite in entrata l’analisi dell’umidità, passiamo campioni di
granella sotto la lampada a fluorescenza e ci rendiamo immedia­
tamente conto se presenta contaminazioni da micotossine e solo
successivamente eseguiamo controlli più raffinati con il fluori­
metro. In questi ultimi due anni abbiamo notato che la granella
con problemi di aflatossine proviene per lo più dalle prime
raccolte dei mais precoci, mentre con i medio­tardivi i riscontri
analitici non hanno segnalato particolari criticità. Eseguiamo una
pulitura in due tempi, sul verde e sul secco con un attento
5 Sistema HPLC per l’analisi di laboratorio delle micotossine su
campioni di mais.
monitoraggio del prodotto anche attraverso laboratori esterni.
La conservazione, dopo essiccazione, avviene solo tramite venti­
lazione dal momento che in quel periodo, siamo già a metà
dicembre, nelle nostre zone l’aria è fredda “naturalmente” e
quindi non abbiamo necessità di applicare un refrigeratore”.
Movimentazione continua della massa
Gianfranco Pizzolato lavora nel suo centro di essiccazione e
stoccaggio di Rovigo circa 20 mila tonnellate all’anno di cereali,
per lo più mais. “ Nel nostro settore non ci sono novità di rilievo,
fatta eccezione per i sistemi di analisi e di controllo delle varie
micotossine; l’importante è ap­
plicare con cura tutto ciò che la
tecnologie e le conoscenze ci
hanno messo a disposizione per
preservare il raccolto da attac­
chi di muffe ed insetti che sono
sempre dietro l’angolo. Ribadi­
sco che sono determinanti le
operazioni di pulizia sul verde e
sul secco che concorrono ad eli­
minare la parte esterna della
granella che è quella più espo­
sta alla contaminazione da afla­
tossine.
Per quanto riguarda lo stoccag­
gio è opportuno ventilare in
continuo il mais ( per circa 30­40
giorni) man mano che viene ac­
cumulato in strati sovrapposti,
per cercare di estrarre la mag­
gior quantità di aria possibile
dalla massa. È poi buona regola
predisporre un riciclo della
massa immagazzinata a genna­
5 La continua ventilazione e movimentazione della massa stoccata permette di evitare che si formi un
io­febbraio. Per quanto riguar­
pericoloso “cappello” nella parte alta dei silos.
da i silos verticali, per evitare
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che si formino delle pericolose cuticole a “cappello” sulla massa
di granella, di norma estraiamo ogni 15 giorni una quantità pari
ad un autotreno e in questo modo evitiamo anche la formazione
di polveri. Ad esempio, da un silos che ospita 12 mila quintali di
mais e che ha un diametro di 12 metri, con questo sistema si crea
il cosiddetto “ cono rovescio” grazie al quale si evita la formazio­
ne di un “cappello”. Dalla nostra esperienza, grazie alla movi­
mentazione periodica della massa stoccata, possiamo dire che
riusciamo a contenere allo stretto necessario la disinfestazione
chimica.” E per quanto riguarda l’analisi delle micotossine? “
Utilizziamo oltre alla lampada per una veloce analisi in entrata e
all’Hplc per le determinazioni più accurate, i sistemi Aflacard
per le aflatossine e Biofarm per le fumonisine. Si tratta di reazioni
chimiche su campioni trattati con solvente e reagenti che, tramite
cartine colorimetriche, ci indicano il livello di contaminazione.
Occorre però sempre almeno mezz’ora per ciascun campione e
quindi non si possono definire sistemi rapidi che, peraltro, non
esistono ancora e posso affermare che questo crea non pochi
problemi ai centri di stoccaggio. Dunque non possiamo fare altro
che agire in anticipo quando il mais è ancora in campo, con un
monitoraggio dello stato sanitario delle colture che ci permette
poi di regolarci a dovere quando la granella viene scaricata nel
nostro centro.”
Controllo delle caratteristiche del prodotto in entrata, pulitura
attenta,essiccazione, refrigerazione, controllo delle micotossi­
ne prima e durante lo stoccaggio: sono questi gli accorgimenti
che distinguono gli stoccatori innovativi da quelli tradizionali.
Non sono numerosi nel Centro­Sud, ma coloro i quali hanno
4 REFRIGERAZIONE PER I CEREALI BIOLOGICI 3
Sebbene sia costosa, la refrigerazione è il metodo preferito,
per la conservazione dei cereali biologici, da Pierantonio
Sgambaro, presidente della Jolly Sgambaro srl di Castello di
Godego (Tv), che opera da quasi 60 anni in Veneto con un molino
e un pastificio, ma possiede il granaio a Cerignola (Fg).
“In attesa della macinazione nel mulino refrigero, per mante­
nerne la freschezza e l’integrità, tutto il grano duro che raccolgo,
circa 300mila quintali, nel Tavoliere foggiano, dove in estate si
superano i 35­40°C. Fino a giugno utilizzo, nei sili metallici, la
ventilazione naturale, sfruttando l’aria fresca della sera e della
notte, poi passo alla indispensabile refrigerazione. Invece a
Castello di Codego, dove conservo altri 200.000 quintali, faccio
ricorso, in sili di cemento armato, all’anidride carbonica, che
sostituisce l’ossigeno, rendendo impossibile ogni forma di vita
estranea alle cariossidi”.
Invece Vito Colonna, amministratore unico dell’Italsemi srl di
Altamura (Ba), che stocca 20.000 q di grano duro biologico e
60.000 di convenzionale, ritiene sufficienti per il biologico la
movimentazione da un silo all’altro e la contemporanea ventila­
zione forzata.
“Ogni volta che effettuo un travaso applico un ventilatore,
che permette di separare dal grano polveri, pagliuzze, eventuali
uova di insetto, ecc., e un aspiratore che elimina tutte queste
impurità. Invece per il grano duro convenzionale, nettamente
separato dal biologico, se lo consegno al molino prima di set­
tembre non faccio eseguire alcun trattamento, perché inutile, se
lo cedo dopo settembre incarico un’azienda esterna di effettuare
un trattamento con fosfina, dopo averlo sigillato con teloni”.
G.F.S.
5 Silos per la conservazione del grano duro della Copam srl.
introdotto tali provvedimenti, opportuni per conservare la
qualità dei cereali stoccati, apprezzano i vantaggi economici
che ne derivano.
Anche al Centro occhio alle micotossine
“I controlli preliminari sono fondamentali – sostiene Marcello
Boretti, uno dei due fratelli responsabili della Boretti & C. di
Boretti Bruno & C. sas di Prato – che ha una capacità di stoccag­
gio di circa 60.000 quintali fra mais, grano duro e tenero, sorgo,
orzo e avena per molini e allevamenti zootecnici e, pur non
praticando ancora lo stoccaggio differenziato, rispetta parametri
base come 78­80 per il peso specifico e 12,5% per le proteine: per
cui cura al meglio la conservazione . Prima di aprire le sponde di
un camion di mais non solo diamo un’occhiata ma analizziamo
su un campione il tasso di umidità: se supera il 35% non lo
scarichiamo nello stesso silo dove mettiamo il mais col 20% o il
25% di umidità. Inoltre sul mais in entrata effettuiamo il control­
lo delle micotossine facendo analizzare campioni da un laborato­
rio esterno ma abbiamo già deciso di acquistare una macchina
che ci permetta di compiere in maniera autonoma e più veloce­
mente le analisi”.
Per valutare il contenuto in micotossine la Copam srl di Monter­
chi (Ar), che si occupa di ritiro, stoccaggio e vendita all’ingrosso
di mais, grano, orzo e avena (ha una capacità di stoccaggio di
150.000 q), ha istituito un sistema di autocontrollo.
“Poiché lavoriamo per numerosi allevamenti di vacche da latte,
sul mais controlliamo con particolare attenzione il contenuto di
aflatossina B1, che se finisce nel latte causa seri problemi poiché è
cancerogena – sottolinea l’amministratore Paolo Boldrini. Se la
sua presenza supera i 20 ppb/q di mais scartiamo la partita
perché nel latte porterebbe a superare i limiti consentiti dalla
legge. A tal fine utilizziamo una particolare lampada a raggi
infrarossi che, illuminando il mais, rende i chicchi con aflatossina
fosforescenti; ma per maggiore sicurezza facciamo compiere da
laboratori ben attrezzati 5­6 analisi al mese su campioni di mais.
A seconda del contenuto in aflatossine stocchiamo le partite di
mais in silos diversi: alle vacche da latte è opportuno sommini­
strare mais privo o con un bassissimo livello di aflatossine, ad
altri animali domestici, compresi i vitelloni da carne, è possibile
dare mais con un contenuto moderatamente più elevato. A volte
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compriamo dall’estero partite esenti da aflatossine esclusiva­
mente per la preparazione di mangimi per vacche da latte”.
Rivalutare la rotazione
In Abruzzo e anche altrove nel Centro Italia non si produce molto
mais e quel poco che si fa lo si coltiva in rotazione dopo soia­gra­
no duro, sostiene Nino Tulli, amministratore delegato della Ce­
real Abruzzo srl di Roseto degli Abruzzi (Te) che stocca fra
Roseto e Rovigo 300.000 q di cereali, soprattutto grano duro,
indirizzati a molini e mangimifici.
“La rotazione distrugge il patogeno. Prima di concedere il nostro
assenso per la semina del grano duro, analizziamo il terreno per
verificare che l’anno precedente non sia stato coltivato il mais.
Sul grano duro è possibile ritrovare micotossine se lo si insila con
un tasso di umidità più alto del 13%, per cui in tal caso prevenia­
mo con la ventilazione, utile anche per abbassare la sua tempera­
tura”.
Prima di tutto, difendere la coltura
Il primo accorgimento per conservare bene i cereali, e in partico­
lare il grano duro, dovrebbe appartenere agli agricoltori, replica
Giovanni Santacroce, titolare della ‘Santacroce Giovanni srl ­
Sementi e servizi per l’agricoltura’ di Deliceto (Fg), che conserva
ogni anno 500mila quintali di cereali, in gran parte grano duro,
stoccando separatamente il grano da macina da quello da ripro­
duzione e differenziando il primo per contenuto in proteine e
glutine, il secondo per varietà.
“Un trattamento ben eseguito contro ruggini, oidio, septoria e
altre eventuali malattie fungine permette di produrre cariossidi
sane, prive di micotossine, quindi più facilmente conservabili.
Purtroppo il grano duro è diventato una coltura povera, per cui i
produttori riducono al massimo i costi e quindi anche i tratta­
menti, dimenticando che un intervento fitosanitario opportuno
consente maggiori rese e di migliore qualità”.
Tecniche di essiccazione
Santacroce si preoccupa di stoccare solo cariossidi ben asciutte,
per evitare pericolosi attacchi fungini. “Non conservo mai grano
duro con umidità superiore al 12%. Con apposite attrezzature
rilevo l’umidità del carico di ogni camion che arriva in azienda e
se l’umidità supera tale limite, lo mando direttamente al molino.
I locali vengono arieggiati adeguatamente per diminuire la tem­
peratura e l’umidità interne: i capannoni, dove le cariossidi per­
mangono non più di due mesi, con la ventilazione naturale,
sfruttando l’aria fresca della sera e della notte, i sili, dove restano
anche per dieci mesi, con la ventilazione forzata”.
Un mais, o sorgo, troppo umido necessita di un’adeguata essic­
cazione, inutile invece per i cereali a paglia per i quali, concorda
Boretti, un eccesso di umidità, anche fino al 15%, si elimina con la
ventilazione.
“Per il mais utilizziamo una caldaia a fuoco diretto, alimentata a
metano, che produce aria calda in grado di essiccarlo dal 25­27%
fino a un tasso di umidità del 13­14%. Invece per il sorgo, molto
più suscettibile del mais all’incendio, facciamo ricorso a una
caldaia a scambiatore di calore alimentata a gasolio, che lo riscal­
da e asciuga senza alcun rischio che si sviluppi qualche pericolo­
sa scintilla”. Anche per la Copam l’essiccazione del mais è una
fase decisiva del programma annuale di lavoro. In azienda, spie­
ga Boldrini, arrivano grosse
quantità di mais con tasso di
umidità fra il 18% e il 30% che
viene portato al 14% contando
su tre essiccatori, uno a Monter­
chi con capacità lavorativa di
3.000 q/g, un altro a Fighille di
Citena (Pg) da 1.800­2.000 q/g e
un terzo a San Leo di Anghiari
(Ar) da 1.000­1.200 q/g, provvi­
sti di grossi bruciatori alimenta­
ti a gasolio o a metano.
Sistemi per abbassare
la temperatura
5 La Boretti & C. sas ha sede a Prato. Ha una capacità di stoccaggio di circa 60.000 quintali fra mais,
grano duro e tenero, sorgo, orzo e avena destinati ad allevamenti zootecnici e a molini.
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Su grano la Boretti sas effettua
la ventilazione e la refrigerazio­
ne. In azienda il grano arriva di
solito, col caldo intenso di giu­
gno, a una temperatura intorno
ai 40°C, che si abbatte a 20°C
subito dopo l’insilamento con
un’attenta refrigerazione, osser­
va Boretti.
“Non bisogna aspettare molto
altrimenti non solo non si riesce
ad abbassare la temperatura,
ma anzi questa tende autono­
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5 Essiccatore (a sinistra)
e refrigeratore (in alto)
della Boretti sas.
mamente a salire; in parti­
colare è opportuno refrige­
rare subito se il grano è un
po’ umido, nel caso sia pio­
vuto durante la mietitreb­
biatura. Poi si aspetta fino a
settembre­ottobre per ven­
tilare l’intero silo, e portare
la massa di grano a 10­12°C,
o nel corso della notte o du­
rante giornate caratterizza­
te dalla tramontana asciutta
e fredda: temperature di
pochi gradi bloccano eventuali insetti. Per la disinfestazione dei
silos non utilizziamo prodotti chimici. Solo quando sono vuoti,
ricorriamo a una semplice pulizia chimica di tipo preventivo”.
La Copam e la Cereal Abruzzo ricorrono invece esclusivamente
alla ventilazione per raffreddare non solo il grano e l’orzo ma
anche il mais in uscita caldo dagli essiccatori. “La refrigerazione
può provocare un forte stress alle cariossidi col rapido passaggio
dal forte caldo al freddo intenso – afferma Tulli. È un’operazione
complessa, che bisogna saper fare bene. Noi non la consigliamo”.
Tutte e tre le aziende, invece, concordano sull’importanza di una
attenta pulitura dei cereali. La Boretti sas, ad esempio, la effettua
con un doppio vaglio: uno elimina le impurità più grosse, le
mezze spighette, gli stecchi, i pezzi di paglia più lunghi; un
secondo, accompagnato da una ventilazione­aspirazione, toglie i
semi estranei di erbe infestanti e altre piccole impurità.
“La pulitura è per noi indispensabile – fa eco Boldrini –, un
obbligo perché vendiamo cereali insaccati. Una prima pulitura la
effettuiamo quando il prodotto arriva in azienda, una seconda
quando viene lavorato e confezionato in sacchi. Il mais, infine, lo
spazzoliamo per renderlo più bello e appariscente”. E Tulli la
ritiene “obbligatoria per garantire al cliente un prodotto privo di
polveri e corpi estranei”. n
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