Giacobbe: l`eredità al figlio minore

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Giacobbe: l`eredità al figlio minore
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Giacobbe:
l’eredità al figlio minore
La vita di Giacobbe è segnata da quattro momenti importanti: la separazione dalla
famiglia, le nozze in un paese straniero, il ritorno nella terra promessa e l’incontro
in Egitto col figlio prediletto. E presenta un denominatore comune: l’astuzia.
G
iacobbe è un ragazzo sveglio e ingegnoso che utilizza tutti i mezzi
possibili, compresa la menzogna,
per raggiungere i suoi scopi. Un giorno
asseconda i piani di sua madre e inganna suo padre per ottenere la benedizione
riservata a Esaù, il suo fratello maggiore,
che è il primogenito.
La Bibbia non condanna un simile
comportamento perché questi racconti
non intendono dare lezioni di morale
cristiana. Il loro scopo è quello di presentare Giacobbe come un uomo di grande
astuzia, cosa apprezzata fra i nomadi e i
beduini di quel tempo.
Scelto da Dio
Narrando la storia di Giacobbe, la Bibbia si propone inoltre un obiettivo molto
più importante: presentare l’uomo scelto
da Dio come erede delle promesse. Giacobbe è colui che viene scelto, nonostante i suoi limiti e i suoi peccati. Dio non
sceglie Esaù, il primogenito che sembra
avere tutti i diritti. Questo ci insegna che
nel rapporto con Dio non contano i «diritti acquisiti», ma soltanto il suo amore
gratuito per noi. E ci insegna che Dio sceglie Giacobbe così com’è, sperando che
arrivi ad essere come egli vuole che sia.
Dio lascia a Giacobbe il tempo di arrivare
fino a lui.
Incontro e conversione
E Giacobbe incontra Dio. Lo incontra
due volte. Quando è costretto a rifugiarsi
nella terra dei suoi antenati per sfuggire all’ira di Esaù, Dio rafforza la sua
fede con un sogno misterioso. Il secondo incontro avviene quando Giacobbe,
ormai ricco, sposato e con figli, decide di
tornare nella terra promessa. Tuttavia ha
paura di suo fratello. La lotta fra il timore e l’amore è terribile. E lo porterà alla
«conversione» simboleggiata dal cambiamento del nome.
Da quel momento in poi, Giacobbe
si chiamerà Israele, che significa «Dio
lotta». Dio gli concede di portare questo nome dopo che egli ha lottato per
un’intera notte per ottenere onestamente
la benedizione che aveva strappato con
l’astuzia. Con il suo atteggiamento generoso, umile e prudente ora Giacobbe si
apre la strada verso quella piccola «terra
promessa» che è il cuore di suo fratello.
Una storia
piena di
sorprese
Benedizione e morte
Giacobbe si stabilisce nella terra di Canaan con le sue mogli, i suoi figli e tutto
il suo bestiame. Ma la pace e la gioia non
durano a lungo. Rachele, la moglie più
amata, muore nel dare alla luce Beniamino. I suoi figli compiono azioni sanguinose e ingiustificabili contro i popoli vicini,
rendendo la convivenza molto difficile.
L’invidia divide i dodici fratelli. Giuseppe, il prediletto di Giacobbe, finisce con
l’esserne vittima. Credendolo perduto per
sempre, Giacobbe lo piangerà rifiutando
qualsiasi consolazione: «Voglio scendere in
lutto dal figlio mio nella tomba».
Negli ultimi racconti che la Bibbia tramanda a proposito di Giacobbe, troviamo
il patriarca in Egitto. È l’ultima sua pena:
morire lontano dalla terra promessa. Ma
lì, Giacobbe riceve anche la più grande
consolazione, quella di ritrovare il suo
figlio prediletto».
In punto di morte, Giacobbe benedirà
tutti i suoi figli. Nelle sue benedizioni si
riflette la sorte che nel corso della storia
sarà riservata alle dodici tribù di cui egli
è il capostipite.
Un particolare rilievo viene dato alla
benedizione di Giuda cui viene rivolto un
annuncio di grandezza e di prosperità
materiale. Da lui verrà il Salvatore.
LA BIBBIA - 77
Dal libro della Genesi
Capitolo 25, 19-34
Esaù e Giacobbe:
una vita di contrasti fin dagli inizi
Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. 20 Isacco aveva quarant’anni quando si prese in moglie Rebecca, figlia di Betuèl l’Arameo, da
Paddan-Aram, e sorella di Làbano, l’Arameo.
21
Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché ella era
sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca
divenne incinta. 22 Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: «Se è così, che cosa mi sta accadendo?». Andò a
consultare il Signore.
23
Il Signore le rispose:
«Due nazioni sono nel tuo seno
e due popoli dal tuo grembo si divideranno;
un popolo sarà più forte dell’altro
e il maggiore servirà il più piccolo».
24
Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco, due
gemelli erano nel suo grembo. 25 Uscì il primo, rossiccio e
tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù.
26
Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di
Esaù; fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando essi nacquero.
27
I fanciulli crebbero ed Esaù divenne abile nella caccia, un
uomo della steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo,
che dimorava sotto le tende.
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Due nomi due popoli
Con una serie di giochi di
parole, il narratore ricorda le
etimologie popolari dei nomi
di Giacobbe e di Esaù che
determineranno una parte del
futuro comportamento e del
rapporto tra questi due fratelli. Esaù è “rossiccio” (‘admoni)
e “peloso” (se’ar); egli diviene
in seguito il padre degli edomiti, che abitano nella regione
di Seir.
Giacobbe, “ja’aqob” è
chiamato così perché afferra
il “calcagno” (=aqeb) di Esaù
ed è un segno che indica la
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sua natura avida e il fatto che
prenderà il posto di suo fratello (“aqab”). Il nome di Giacobbe è, in realtà, una forma
abbreviata di un nome simile
a “ja’aqob-el”, che significa
“Dio protegga”.
CICLO DI GIACOBBE
Solo il tema della promessa tiene
unito il ciclo di Abramo; ciascun
segmento è rimasto un’unità distinta. Nel ciclo di Giacobbe, oltre al
tema della promessa che continua a
dipanarsi attraverso questi racconti,
troviamo quello della lite tra fratelli che dà unità di fondo a questi
racconti.
STERILITÀ DI REBECCA
Ciò che ha inizio come una genealogia di Isacco è interrotto da un
racconto sulla nascita di Giacobbe e
di Esaù solitamente attribuito allo
Jahwista (w. 21-26a).
La sterilità di Rebecca riecheggia
quella di Sara. Come Isacco è stato
il frutto della fede più che delle
risorse umane, così anche i suoi figli
saranno dono di Dio. In tal modo
la sterilità, considerata come un
castigo di Dio, diventa un’occasione
in cui Dio manifesta la sua potenza
creatrice. Questo fatto si ripeterà
più volte nella storia biblica.
La gioia di Rebecca per la sua gravidanza si converte subito in disperazione per la lotta che sta avvenendo nel suo grembo. L’oracolo (v. 23),
che è certamente il fulcro dell’intero
passo rappresenta, ad un tempo,
una rassicurazione e un motivo di
preoccupazione.
Che Rebecca debba essere la
madre di due nazioni è veramente
una benedizione; che l’una soverchi
l’altra non è insoIito. Ciò che causa trepidazione è il fatto che essi
saranno divisi e che, del tutto fuori
dal normale corso degli eventi, il
più vecchio servirà il più giovane, a
significare un doloroso dissidio tra i
due.
Questo oracolo diventa lo specchio della vita contrastata di Giacobbe ed Esaù.
Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo
gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe.
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Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò
dalla campagna ed era sfinito. 30 Disse a Giacobbe: «Lasciami
mangiare un po’ di questa minestra rossa, perché io sono
sfinito». Per questo fu chiamato Edom.
31
Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura».
32
Rispose Esaù: «Ecco, sto morendo: a che mi serve allora la
primogenitura?».
33
Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò
e vendette la primogenitura a Giacobbe.
34
Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie;
questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto
Esaù aveva disprezzato la primogenitura.
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LA “MINESTRA ROSSA”
Si dice, al verso 30 «per
questo fu chiamato Edom»,
per avere mangiato un piatto
di colore rosso “adom”; altro
gioco di parole.
Per una semplice pentola di
“minestra rossa” Esaù vende la
sua primogenitura, che rappresentava l’eredità familiare.
Il narratore commenta in conclusione che «A tal punto Esaù
aveva disprezzato la primogenitura» (v. 34), la qual cosa è
senza dubbio rivelata dalle sue
azioni.
Anche se manca una critica
esplicita, è chiaro che Giacobbe approfitta del fratello, spin-
gendolo non solo a vendere
la sua primogenitura per una
scodella di lenticchie, ma a
siglare un accordo segreto
irrevocabile, costringendolo a
giurare per questo.
La personalità di Giacobbe
è accuratamente sviluppate
dalle narrazioni patriarcali.
Mentre il narratore si astiene
dall’esprimere giudizi morali
espliciti, rivela che le azioni
di Giacobbe lo condurranno
lontano da casa, privo di mezzi
e in balìa di Labano. La scelta
divina di Giacobbe rimane un
mistero ma, quando Dio gli
apparirà (28,10 ss.) il suo carattere e la sua vita cominceranno ad essere trasformati.
Capitolo 27,1-45
La benedizione, frutto dell’inganno
Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti
che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli
disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi». 2 Riprese: «Vedi,
io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. 3 Ebbene,
prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. 4 Poi preparami un
piatto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire».
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Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù.
Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da
portare a casa. 6 Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco, ho
sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù: 7 ”Portami della
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IL PIATTO DI LENTICCHIE
Il racconto di 25, 29-34 narra
come Esaù cede il diritto di primogenitura. La tensione tra i due fratelli
è esemplificata nelle loro diverse
vocazioni.
Esaù è un cacciatore, un uomo di
campagna e, implicitamente, selvaggio e rozzo.
Giacobbe, invece, è un pastore,
uno che dimorava sotto le tende e,
perciò, più civilizzato. La differenza
tra i due fratelli, inoltre, è accentuata dalla predilezione di Isacco per
Esaù e di Rebecca per Giacobbe.
Lo svolgimento del racconto
mostra Esaù così preoccupato della
gratificazione immediata da perdere
totalmente il senso della proporzione.
La benedizione (27,1-45)
Il racconto dell’inganno di Giacobbe, per mezzo del quale egli riceve
la benedizione destinata ad Esaù,
è una magistrale combinazione
delle fonti jahwista ed elohista, ma
è impossibile separare queste in un
racconto così accuratamente strutturato e drammatico. La scena si apre
con Isacco che risulta essere il figlio
prediletto di Rebecca mentre Esaù lo
è di Isacco.
Al centro c’è la benedizione che il
vecchio patriarca vuole dare ad Esaù
prima di morire. Nel mondo antico,
le benedizioni impartite dal letto
di morte erano ritenute particolarmente efficaci, e il cibo che veniva
preparato e consumato prima del
LA BIBBIA - 79
selvaggina e preparami un piatto, lo mangerò e poi ti benedirò alla presenza del Signore prima di morire”. 8 Ora, figlio
mio, da’ retta a quel che ti ordino. 9 Va’ subito al gregge e
prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per
tuo padre, secondo il suo gusto. 10 Così tu lo porterai a tuo
padre, che ne mangerà, perché ti benedica prima di morire».
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Rispose Giacobbe a Rebecca, sua madre: «Sai bene che mio
fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia. 12 Forse
mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco
di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una
benedizione».
13
Ma sua madre gli disse: «Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va’ a prendermi i capretti». 14 Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre,
così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre.
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Rebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore, Esaù,
che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio
minore, Giacobbe; 16 con le pelli dei capretti rivestì le sue
braccia e la parte liscia del collo. 17 Poi mise in mano a suo
figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato.
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Così egli venne dal padre e disse: «Padre mio».
Rispose: «Eccomi; chi sei tu, figlio mio?». 19 Giacobbe rispose
al padre: «Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come
tu mi hai ordinato. Àlzati, dunque, siediti e mangia la mia
selvaggina, perché tu mi benedica». 20 Isacco disse al figlio:
«Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!».
Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti».
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Ma Isacco gli disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi, figlio
mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no».
22
Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre, il quale lo toccò
e disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono
le braccia di Esaù». 23 Così non lo riconobbe, perché le sue
braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e lo
benedisse.
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Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?».
Rispose: «Lo sono». 25 Allora disse: «Servimi, perché possa mangiare della selvaggina di mio figlio, e ti benedica».
Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve.
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Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami, figlio
mio!». 27 Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’odore degli
abiti di lui e lo benedisse:
«Ecco, l’odore del mio figlio
come l’odore di un campo
che il Signore ha benedetto.
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Dio ti conceda rugiada dal cielo,
terre grasse, frumento
e mosto in abbondanza.
29
Popoli ti servano
e genti si prostrino davanti a te.
Sii il signore dei tuoi fratelli
e si prostrino davanti a te i figli di tua madre.
80 - LA BIBBIA
conferimento della benedizione
aveva un carattere sacrale.
Rebecca escogita un piano per
permettere a Giacobbe di ricevere
la benedizione destinata al fratello
giungendo fino ad attirare su di sé
qualunque maledizione che potrebbe essere indirizzata contro Giacobbe. Nella scena centrale del capitolo,
la tensione è accresciuta da ogni
dichiarazione di Isacco: «Chi sei tu,
figlio mio?»; «Come hai fatto a...?»;
«Avvicinati e lascia che ti palpi»;
«Tu sei proprio il mio figlio Esaù?».
Solo quando Isacco, alla fine, aspira
l’odore di suo figlio, si convince e
pronuncia la benedizione.
La scoperta dell’inganno di Giacobbe colpisce fortemente sia Isacco
che Esaù che reagiscono con sgomento e con afflizione. Nel mondo
antico si riteneva che una benedizione o una maledizione, una volta
pronunciata, acquistasse una vita
autonoma, sicché non poteva essere
revocata. La benedizione data a Giacobbe è irrevocabile; non c’è nulla
che Isacco possa fare per revocarla.
Esaù riconosce l’esattezza del nome
di Giacobbe, in quanto questi lo ha
“soppiantato” (un altro gioco di parole sul nome Giacobbe) due volte:
la prima, barattando la primogenitura e, ora, ottenendo la benedizione. Esaù implora qualunque tipo
di benedizione e, sebbene Isacco
tenti di assecondarlo, le sue parole
suonano più come una maledizione.
Comprensibilmente, Esaù serba un
rancore omicida verso Giacobbe, e
ciò obbliga Rebecca ad allontanare
Giacobbe, perché trovi scampo.
ECCO L’ODORE DI MIO FIGLIO
Tutta la realtà umana di Giacobbe
(vv 27 s.) è benedetta da Dio mediante Isacco. I campi e i loro frutti,
la rugiada che scende dal cielo, le
famiglie e i popoli saranno benedetti. Colui che Dio ha scelto avrà
ricchezza ed onore.
La storia della salvezza va avanti
anche con un inganno olfattivo.
Chi ti maledice sia maledetto
e chi ti benedice sia benedetto!».
Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isacco, quando tornò dalla
caccia Esaù, suo fratello. 31 Anch’egli preparò un piatto, lo
portò al padre e gli disse: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio, per potermi benedire». 32 Gli disse suo
padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio
primogenito, Esaù». 33 Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la
selvaggina e me l’ha portata? Io ho mangiato tutto prima
che tu giungessi, poi l’ho benedetto e benedetto resterà».
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Quando Esaù sentì le parole di suo padre, scoppiò in alte,
amarissime grida. Disse a suo padre: «Benedici anche me,
padre mio!». 35 Rispose: «È venuto tuo fratello con inganno
e ha carpito la benedizione che spettava a te». 36 Riprese:
«Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già due
volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha
carpito la mia benedizione!». E soggiunse: «Non hai forse in
serbo qualche benedizione per me?». 37 Isacco rispose e disse
a Esaù: «Ecco, io l’ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l’ho provveduto di frumento e
di mosto; ora, per te, che cosa mai potrei fare, figlio mio?».
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Esaù disse al padre: «Hai una sola benedizione, padre mio?
Benedici anche me, padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse.
39
Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse:
«Ecco, la tua abitazione
sarà lontano dalle terre grasse,
lontano dalla rugiada del cielo dall’alto.
40
Vivrai della tua spada
e servirai tuo fratello;
ma verrà il giorno che ti riscuoterai,
spezzerai il suo giogo dal tuo collo».
30
Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del
lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe».
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Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio
maggiore, ed ella mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù, tuo fratello, vuole vendicarsi di te
e ucciderti. 43 Ebbene, figlio mio, dammi retta: su, fuggi a
Carran da mio fratello Làbano. 44 Rimarrai con lui qualche
tempo, finché l’ira di tuo fratello si sarà placata. 45 Quando
la collera di tuo fratello contro di te si sarà placata e si sarà
dimenticato di quello che gli hai fatto, allora io manderò a
prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un
solo giorno?».
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BENEDIZIONE E MALEDIZIONE
La benedizione data a Giacobbe
garantisce a costui la futura fertilità
della terra e la signoria sui suoi fratelli. La “benedizione” di Esaù rappresenta l’esatto opposto, ma la sua
sottomissione al fratello deve essere
solo temporanea. Entrambi questi
oracoli si riflettono sui fratelli, quali
rappresentanti delle loro rispettive
nazioni, Israele ed Edom. Quest’ultima divenne nazione prima di Israele,
ma fu conquistata in seguito da Davide e diventò vassallo di Israele. Gli
edomiti si ribellarono spesso contro
Israele e infine riconquistarono la
loro indipendenza.
E interessante notare come il
narratore si astenga da un esplicito giudizio morale sull’inganno
compiuto da Rebecca e Giacobbe.
Il narratore non può condannare
Giacobbe perché sa che lui è l’erede
della promessa. L’oracolo è stato
pronunciato: il maggiore servirà il
più piccolo (25,23). Rebecca dev’essere biasimata per avere cooperato
all’adempimento della parola divina? Ma perché, visto che Isacco stava
forse andando contro la parola di
Dio nel voler assicurare la benedizione al figlio maggiore...
Il narratore si limita a raccontare
ma, nella sua esposizione, orienta la
nostra solidarietà verso Esaù, come
vittima innocente e offesa.
Certamente, egli ci dà un cenno
di disapprovazione, nel momento in
cui descrive gli effetti devastanti di
questo inganno. La famiglia è divisa
da ciò. Ci vorranno vent’anni prima
che Giacobbe torni a casa.
Egli non solo ha afferrato il calcagno di suo fratello, ma lo ha rimpiazzato, ad un costo elevatissimo
per sé e per la sua famiglia.
LA BIBBIA - 81
Spigolature
ESPERIENZA PROBLEMATICA DELLA FRATELLANZA
Già nei capitoli precedenti del libro della Genesi - quelli di Caino e Abele, di Isacco e Ismaele, di Esaù e Giacobbe -, la Bibbia
non esita a mostrare che la fratellanza è un’esperienza assai
problematica. E ciò troveremo ancora nella storia di Giuseppe e
dei suoi fratelli!
Ma mentre i vari personaggi attraversano i momenti di crisi,
Dio si colloca accanto a ciascuno di loro in maniera discreta
smontando le trappole della menzogna e della violenza e aiutandoli a inventare vie di riconciliazione capaci di trasformare
l’energia della violenza e della cattiveria in dinamismo di vita e
di pace.
LENTICCHIE
Le lenticchie piu’ conosciute sono quelle relative alla narrazione
che ha come protagonisti Giacobbe ed Esaù: «In cambio delle
lenticchie mi cedi la tua primogenitura».
La primogenitura non è da intendersi soltanto nel suo valore
familiare, ma rappresentava soprattutto la discendenza spirituale diretta da Abramo. Rifiutare quell’investitura voleva dire
rinunciare ai doni ultraterreni ed ai privilegi terreni ad essa
collegati: era rinnegare la discendenza dal patriarca!
Dall’episodio deriva anche il modo di dire «Per un piatto di
lenticchie», che è diventato esempio di un compenso assolutamente inadeguato se paragonato al valore di ciò che si da in
cambio, specie quando lo svantaggioso baratto consiste nella
privazione di un bene tangibile per ottenere una fuggevole
soddisfazione materiale.
In passato, le lenticchie erano l’alimento tipico degli ebrei in
periodo di lutto, in ricordo - così dicevano - di Esaù che aveva
perduto ciò che aveva di più prezioso.
Quella relazione con la morte si ispirava anche al fatto che in
tutta l’area mediterranea le lenticchie, come le fave, erano simbolicamente legate al ciclo vita-morte-vita della natura.
Molti secoli dopo, nella Toscana rinascimentale, «cogliere lenticchie» era metafora di morte e sepoltura, come si può verificare in un canto popolare che ricorda la sconfitta del condottiero fiorentino Piero Strozzi e la morte di molti suoi soldati a
Scannogallo, nel 1555: «O Piero Strozzi, ‘ndu sono i tuoi soldati?/ Al poggio delle Donne, in que’ fossati./ O Piero Strozzi, ‘ndu
sono le tue genti?/ Al poggio delle Donne, a cor le lenti».
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