Giacobbe: l`eredità al figlio minore
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Giacobbe: l`eredità al figlio minore
16 Giacobbe: l’eredità al figlio minore La vita di Giacobbe è segnata da quattro momenti importanti: la separazione dalla famiglia, le nozze in un paese straniero, il ritorno nella terra promessa e l’incontro in Egitto col figlio prediletto. E presenta un denominatore comune: l’astuzia. G iacobbe è un ragazzo sveglio e ingegnoso che utilizza tutti i mezzi possibili, compresa la menzogna, per raggiungere i suoi scopi. Un giorno asseconda i piani di sua madre e inganna suo padre per ottenere la benedizione riservata a Esaù, il suo fratello maggiore, che è il primogenito. La Bibbia non condanna un simile comportamento perché questi racconti non intendono dare lezioni di morale cristiana. Il loro scopo è quello di presentare Giacobbe come un uomo di grande astuzia, cosa apprezzata fra i nomadi e i beduini di quel tempo. Scelto da Dio Narrando la storia di Giacobbe, la Bibbia si propone inoltre un obiettivo molto più importante: presentare l’uomo scelto da Dio come erede delle promesse. Giacobbe è colui che viene scelto, nonostante i suoi limiti e i suoi peccati. Dio non sceglie Esaù, il primogenito che sembra avere tutti i diritti. Questo ci insegna che nel rapporto con Dio non contano i «diritti acquisiti», ma soltanto il suo amore gratuito per noi. E ci insegna che Dio sceglie Giacobbe così com’è, sperando che arrivi ad essere come egli vuole che sia. Dio lascia a Giacobbe il tempo di arrivare fino a lui. Incontro e conversione E Giacobbe incontra Dio. Lo incontra due volte. Quando è costretto a rifugiarsi nella terra dei suoi antenati per sfuggire all’ira di Esaù, Dio rafforza la sua fede con un sogno misterioso. Il secondo incontro avviene quando Giacobbe, ormai ricco, sposato e con figli, decide di tornare nella terra promessa. Tuttavia ha paura di suo fratello. La lotta fra il timore e l’amore è terribile. E lo porterà alla «conversione» simboleggiata dal cambiamento del nome. Da quel momento in poi, Giacobbe si chiamerà Israele, che significa «Dio lotta». Dio gli concede di portare questo nome dopo che egli ha lottato per un’intera notte per ottenere onestamente la benedizione che aveva strappato con l’astuzia. Con il suo atteggiamento generoso, umile e prudente ora Giacobbe si apre la strada verso quella piccola «terra promessa» che è il cuore di suo fratello. Una storia piena di sorprese Benedizione e morte Giacobbe si stabilisce nella terra di Canaan con le sue mogli, i suoi figli e tutto il suo bestiame. Ma la pace e la gioia non durano a lungo. Rachele, la moglie più amata, muore nel dare alla luce Beniamino. I suoi figli compiono azioni sanguinose e ingiustificabili contro i popoli vicini, rendendo la convivenza molto difficile. L’invidia divide i dodici fratelli. Giuseppe, il prediletto di Giacobbe, finisce con l’esserne vittima. Credendolo perduto per sempre, Giacobbe lo piangerà rifiutando qualsiasi consolazione: «Voglio scendere in lutto dal figlio mio nella tomba». Negli ultimi racconti che la Bibbia tramanda a proposito di Giacobbe, troviamo il patriarca in Egitto. È l’ultima sua pena: morire lontano dalla terra promessa. Ma lì, Giacobbe riceve anche la più grande consolazione, quella di ritrovare il suo figlio prediletto». In punto di morte, Giacobbe benedirà tutti i suoi figli. Nelle sue benedizioni si riflette la sorte che nel corso della storia sarà riservata alle dodici tribù di cui egli è il capostipite. Un particolare rilievo viene dato alla benedizione di Giuda cui viene rivolto un annuncio di grandezza e di prosperità materiale. Da lui verrà il Salvatore. LA BIBBIA - 77 Dal libro della Genesi Capitolo 25, 19-34 Esaù e Giacobbe: una vita di contrasti fin dagli inizi Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. 20 Isacco aveva quarant’anni quando si prese in moglie Rebecca, figlia di Betuèl l’Arameo, da Paddan-Aram, e sorella di Làbano, l’Arameo. 21 Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché ella era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. 22 Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: «Se è così, che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. 23 Il Signore le rispose: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo». 24 Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco, due gemelli erano nel suo grembo. 25 Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. 26 Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando essi nacquero. 27 I fanciulli crebbero ed Esaù divenne abile nella caccia, un uomo della steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che dimorava sotto le tende. 19 Due nomi due popoli Con una serie di giochi di parole, il narratore ricorda le etimologie popolari dei nomi di Giacobbe e di Esaù che determineranno una parte del futuro comportamento e del rapporto tra questi due fratelli. Esaù è “rossiccio” (‘admoni) e “peloso” (se’ar); egli diviene in seguito il padre degli edomiti, che abitano nella regione di Seir. Giacobbe, “ja’aqob” è chiamato così perché afferra il “calcagno” (=aqeb) di Esaù ed è un segno che indica la 78 - LA BIBBIA sua natura avida e il fatto che prenderà il posto di suo fratello (“aqab”). Il nome di Giacobbe è, in realtà, una forma abbreviata di un nome simile a “ja’aqob-el”, che significa “Dio protegga”. CICLO DI GIACOBBE Solo il tema della promessa tiene unito il ciclo di Abramo; ciascun segmento è rimasto un’unità distinta. Nel ciclo di Giacobbe, oltre al tema della promessa che continua a dipanarsi attraverso questi racconti, troviamo quello della lite tra fratelli che dà unità di fondo a questi racconti. STERILITÀ DI REBECCA Ciò che ha inizio come una genealogia di Isacco è interrotto da un racconto sulla nascita di Giacobbe e di Esaù solitamente attribuito allo Jahwista (w. 21-26a). La sterilità di Rebecca riecheggia quella di Sara. Come Isacco è stato il frutto della fede più che delle risorse umane, così anche i suoi figli saranno dono di Dio. In tal modo la sterilità, considerata come un castigo di Dio, diventa un’occasione in cui Dio manifesta la sua potenza creatrice. Questo fatto si ripeterà più volte nella storia biblica. La gioia di Rebecca per la sua gravidanza si converte subito in disperazione per la lotta che sta avvenendo nel suo grembo. L’oracolo (v. 23), che è certamente il fulcro dell’intero passo rappresenta, ad un tempo, una rassicurazione e un motivo di preoccupazione. Che Rebecca debba essere la madre di due nazioni è veramente una benedizione; che l’una soverchi l’altra non è insoIito. Ciò che causa trepidazione è il fatto che essi saranno divisi e che, del tutto fuori dal normale corso degli eventi, il più vecchio servirà il più giovane, a significare un doloroso dissidio tra i due. Questo oracolo diventa lo specchio della vita contrastata di Giacobbe ed Esaù. Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe. 29 Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò dalla campagna ed era sfinito. 30 Disse a Giacobbe: «Lasciami mangiare un po’ di questa minestra rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. 31 Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura». 32 Rispose Esaù: «Ecco, sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?». 33 Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. 34 Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura. 28 LA “MINESTRA ROSSA” Si dice, al verso 30 «per questo fu chiamato Edom», per avere mangiato un piatto di colore rosso “adom”; altro gioco di parole. Per una semplice pentola di “minestra rossa” Esaù vende la sua primogenitura, che rappresentava l’eredità familiare. Il narratore commenta in conclusione che «A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura» (v. 34), la qual cosa è senza dubbio rivelata dalle sue azioni. Anche se manca una critica esplicita, è chiaro che Giacobbe approfitta del fratello, spin- gendolo non solo a vendere la sua primogenitura per una scodella di lenticchie, ma a siglare un accordo segreto irrevocabile, costringendolo a giurare per questo. La personalità di Giacobbe è accuratamente sviluppate dalle narrazioni patriarcali. Mentre il narratore si astiene dall’esprimere giudizi morali espliciti, rivela che le azioni di Giacobbe lo condurranno lontano da casa, privo di mezzi e in balìa di Labano. La scelta divina di Giacobbe rimane un mistero ma, quando Dio gli apparirà (28,10 ss.) il suo carattere e la sua vita cominceranno ad essere trasformati. Capitolo 27,1-45 La benedizione, frutto dell’inganno Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi». 2 Riprese: «Vedi, io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. 3 Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. 4 Poi preparami un piatto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire». 5 Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a casa. 6 Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco, ho sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù: 7 ”Portami della 1 IL PIATTO DI LENTICCHIE Il racconto di 25, 29-34 narra come Esaù cede il diritto di primogenitura. La tensione tra i due fratelli è esemplificata nelle loro diverse vocazioni. Esaù è un cacciatore, un uomo di campagna e, implicitamente, selvaggio e rozzo. Giacobbe, invece, è un pastore, uno che dimorava sotto le tende e, perciò, più civilizzato. La differenza tra i due fratelli, inoltre, è accentuata dalla predilezione di Isacco per Esaù e di Rebecca per Giacobbe. Lo svolgimento del racconto mostra Esaù così preoccupato della gratificazione immediata da perdere totalmente il senso della proporzione. La benedizione (27,1-45) Il racconto dell’inganno di Giacobbe, per mezzo del quale egli riceve la benedizione destinata ad Esaù, è una magistrale combinazione delle fonti jahwista ed elohista, ma è impossibile separare queste in un racconto così accuratamente strutturato e drammatico. La scena si apre con Isacco che risulta essere il figlio prediletto di Rebecca mentre Esaù lo è di Isacco. Al centro c’è la benedizione che il vecchio patriarca vuole dare ad Esaù prima di morire. Nel mondo antico, le benedizioni impartite dal letto di morte erano ritenute particolarmente efficaci, e il cibo che veniva preparato e consumato prima del LA BIBBIA - 79 selvaggina e preparami un piatto, lo mangerò e poi ti benedirò alla presenza del Signore prima di morire”. 8 Ora, figlio mio, da’ retta a quel che ti ordino. 9 Va’ subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per tuo padre, secondo il suo gusto. 10 Così tu lo porterai a tuo padre, che ne mangerà, perché ti benedica prima di morire». 11 Rispose Giacobbe a Rebecca, sua madre: «Sai bene che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia. 12 Forse mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione». 13 Ma sua madre gli disse: «Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va’ a prendermi i capretti». 14 Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre. 15 Rebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; 16 con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. 17 Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato. 18 Così egli venne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu, figlio mio?». 19 Giacobbe rispose al padre: «Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Àlzati, dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». 20 Isacco disse al figlio: «Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!». Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti». 21 Ma Isacco gli disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no». 22 Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre, il quale lo toccò e disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù». 23 Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e lo benedisse. 24 Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». 25 Allora disse: «Servimi, perché possa mangiare della selvaggina di mio figlio, e ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve. 26 Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami, figlio mio!». 27 Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’odore degli abiti di lui e lo benedisse: «Ecco, l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto. 28 Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse, frumento e mosto in abbondanza. 29 Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre. 80 - LA BIBBIA conferimento della benedizione aveva un carattere sacrale. Rebecca escogita un piano per permettere a Giacobbe di ricevere la benedizione destinata al fratello giungendo fino ad attirare su di sé qualunque maledizione che potrebbe essere indirizzata contro Giacobbe. Nella scena centrale del capitolo, la tensione è accresciuta da ogni dichiarazione di Isacco: «Chi sei tu, figlio mio?»; «Come hai fatto a...?»; «Avvicinati e lascia che ti palpi»; «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?». Solo quando Isacco, alla fine, aspira l’odore di suo figlio, si convince e pronuncia la benedizione. La scoperta dell’inganno di Giacobbe colpisce fortemente sia Isacco che Esaù che reagiscono con sgomento e con afflizione. Nel mondo antico si riteneva che una benedizione o una maledizione, una volta pronunciata, acquistasse una vita autonoma, sicché non poteva essere revocata. La benedizione data a Giacobbe è irrevocabile; non c’è nulla che Isacco possa fare per revocarla. Esaù riconosce l’esattezza del nome di Giacobbe, in quanto questi lo ha “soppiantato” (un altro gioco di parole sul nome Giacobbe) due volte: la prima, barattando la primogenitura e, ora, ottenendo la benedizione. Esaù implora qualunque tipo di benedizione e, sebbene Isacco tenti di assecondarlo, le sue parole suonano più come una maledizione. Comprensibilmente, Esaù serba un rancore omicida verso Giacobbe, e ciò obbliga Rebecca ad allontanare Giacobbe, perché trovi scampo. ECCO L’ODORE DI MIO FIGLIO Tutta la realtà umana di Giacobbe (vv 27 s.) è benedetta da Dio mediante Isacco. I campi e i loro frutti, la rugiada che scende dal cielo, le famiglie e i popoli saranno benedetti. Colui che Dio ha scelto avrà ricchezza ed onore. La storia della salvezza va avanti anche con un inganno olfattivo. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto!». Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era allontanato dal padre Isacco, quando tornò dalla caccia Esaù, suo fratello. 31 Anch’egli preparò un piatto, lo portò al padre e gli disse: «Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio, per potermi benedire». 32 Gli disse suo padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io sono il tuo figlio primogenito, Esaù». 33 Allora Isacco fu colto da un fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina e me l’ha portata? Io ho mangiato tutto prima che tu giungessi, poi l’ho benedetto e benedetto resterà». 34 Quando Esaù sentì le parole di suo padre, scoppiò in alte, amarissime grida. Disse a suo padre: «Benedici anche me, padre mio!». 35 Rispose: «È venuto tuo fratello con inganno e ha carpito la benedizione che spettava a te». 36 Riprese: «Forse perché si chiama Giacobbe mi ha soppiantato già due volte? Già ha carpito la mia primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». E soggiunse: «Non hai forse in serbo qualche benedizione per me?». 37 Isacco rispose e disse a Esaù: «Ecco, io l’ho costituito tuo signore e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli; l’ho provveduto di frumento e di mosto; ora, per te, che cosa mai potrei fare, figlio mio?». 38 Esaù disse al padre: «Hai una sola benedizione, padre mio? Benedici anche me, padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse. 39 Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse: «Ecco, la tua abitazione sarà lontano dalle terre grasse, lontano dalla rugiada del cielo dall’alto. 40 Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma verrà il giorno che ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo». 30 Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato. Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe». 42 Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed ella mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù, tuo fratello, vuole vendicarsi di te e ucciderti. 43 Ebbene, figlio mio, dammi retta: su, fuggi a Carran da mio fratello Làbano. 44 Rimarrai con lui qualche tempo, finché l’ira di tuo fratello si sarà placata. 45 Quando la collera di tuo fratello contro di te si sarà placata e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto, allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un solo giorno?». 41 BENEDIZIONE E MALEDIZIONE La benedizione data a Giacobbe garantisce a costui la futura fertilità della terra e la signoria sui suoi fratelli. La “benedizione” di Esaù rappresenta l’esatto opposto, ma la sua sottomissione al fratello deve essere solo temporanea. Entrambi questi oracoli si riflettono sui fratelli, quali rappresentanti delle loro rispettive nazioni, Israele ed Edom. Quest’ultima divenne nazione prima di Israele, ma fu conquistata in seguito da Davide e diventò vassallo di Israele. Gli edomiti si ribellarono spesso contro Israele e infine riconquistarono la loro indipendenza. E interessante notare come il narratore si astenga da un esplicito giudizio morale sull’inganno compiuto da Rebecca e Giacobbe. Il narratore non può condannare Giacobbe perché sa che lui è l’erede della promessa. L’oracolo è stato pronunciato: il maggiore servirà il più piccolo (25,23). Rebecca dev’essere biasimata per avere cooperato all’adempimento della parola divina? Ma perché, visto che Isacco stava forse andando contro la parola di Dio nel voler assicurare la benedizione al figlio maggiore... Il narratore si limita a raccontare ma, nella sua esposizione, orienta la nostra solidarietà verso Esaù, come vittima innocente e offesa. Certamente, egli ci dà un cenno di disapprovazione, nel momento in cui descrive gli effetti devastanti di questo inganno. La famiglia è divisa da ciò. Ci vorranno vent’anni prima che Giacobbe torni a casa. Egli non solo ha afferrato il calcagno di suo fratello, ma lo ha rimpiazzato, ad un costo elevatissimo per sé e per la sua famiglia. LA BIBBIA - 81 Spigolature ESPERIENZA PROBLEMATICA DELLA FRATELLANZA Già nei capitoli precedenti del libro della Genesi - quelli di Caino e Abele, di Isacco e Ismaele, di Esaù e Giacobbe -, la Bibbia non esita a mostrare che la fratellanza è un’esperienza assai problematica. E ciò troveremo ancora nella storia di Giuseppe e dei suoi fratelli! Ma mentre i vari personaggi attraversano i momenti di crisi, Dio si colloca accanto a ciascuno di loro in maniera discreta smontando le trappole della menzogna e della violenza e aiutandoli a inventare vie di riconciliazione capaci di trasformare l’energia della violenza e della cattiveria in dinamismo di vita e di pace. LENTICCHIE Le lenticchie piu’ conosciute sono quelle relative alla narrazione che ha come protagonisti Giacobbe ed Esaù: «In cambio delle lenticchie mi cedi la tua primogenitura». La primogenitura non è da intendersi soltanto nel suo valore familiare, ma rappresentava soprattutto la discendenza spirituale diretta da Abramo. Rifiutare quell’investitura voleva dire rinunciare ai doni ultraterreni ed ai privilegi terreni ad essa collegati: era rinnegare la discendenza dal patriarca! Dall’episodio deriva anche il modo di dire «Per un piatto di lenticchie», che è diventato esempio di un compenso assolutamente inadeguato se paragonato al valore di ciò che si da in cambio, specie quando lo svantaggioso baratto consiste nella privazione di un bene tangibile per ottenere una fuggevole soddisfazione materiale. In passato, le lenticchie erano l’alimento tipico degli ebrei in periodo di lutto, in ricordo - così dicevano - di Esaù che aveva perduto ciò che aveva di più prezioso. Quella relazione con la morte si ispirava anche al fatto che in tutta l’area mediterranea le lenticchie, come le fave, erano simbolicamente legate al ciclo vita-morte-vita della natura. Molti secoli dopo, nella Toscana rinascimentale, «cogliere lenticchie» era metafora di morte e sepoltura, come si può verificare in un canto popolare che ricorda la sconfitta del condottiero fiorentino Piero Strozzi e la morte di molti suoi soldati a Scannogallo, nel 1555: «O Piero Strozzi, ‘ndu sono i tuoi soldati?/ Al poggio delle Donne, in que’ fossati./ O Piero Strozzi, ‘ndu sono le tue genti?/ Al poggio delle Donne, a cor le lenti». 82 - LA BIBBIA