Lo Champagne si fa nel Regno Unito,“Archeo Food”,Non buttare
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Lo Champagne si fa nel Regno Unito,“Archeo Food”,Non buttare
440 anni di festa della polenta dolce o della Miseria Vernio guarda verso Prato dalla parte più settentrionale della provincia. Situato sullo spartiacque dell’ Appennino ToscoEmiliano, Vernio è un comune sparso che affonda le sue radici nell’accampamento romano che qui era sorto, il castra hiberna, da cui deriva il nome. Un paese di montagna che da ben 440 anni ripropone una festa dedicata alla polenta dolce in ricordo di un evento storico. Un paese dove la cultura non è mai venuta meno e non a caso quest’anno ricorrono i 100 anni della Biblioteca Petrarca a cui faranno seguito una serie di eventi. Come tutti i paesi di montagna Vernio nei secoli ha visto la castagna come fonte primaria di sostentamento. Un evento celebrato ogni anno ricorda proprio come in un greve periodo di carestia il signore del luogo, il Conte Bardi, fece distribuire al popolo polenta dolce, arighe e baccalà. Domenica 14 febbraio 2016 Vernio festeggerà per la 440ma volta il ricordo di quel giorno con la festa della Polendina o della Miseria organizzata dall’antica Società della Miseria di San Quirico. La storia racconta che Prato il 29 agosto del 1512 fu saccheggiata dalle truppe spagnole, mandate da papa Giulio II in aiuto ai Medici che dopo la pausa Repubblicana erano in attesa di rientrare a Firenze. Dopo questo evento la carestia imperversò in tutta la zona. Così i conti Bardi, signori di Vernio, distribuirono generosamente alla popolazione, polenta dolce, insieme ad aringhe e baccalà. Vernio ricorda l’evento con la distribuzione al popolo di polenta dolce preparati in grandi pentoloni sulla piazza di San Quirico di Vernio di fronte al Casone, oggi sede del Palazzo Comunale. Una festa che vede al lavoro più di duecento volontari per la preparazione e che ogni anno utilizza tra i 5 e i 6 quintali di farina di castagne tutta di produzione locale dei comuni della Val di Bisenzio. Tradizionale la sfilata storica con centinaia di figuranti organizzata della Società della Miseria, dal gonfalone del Gruppo storico Conti Bardi e dalle bandiere con gli stemmi delle nove terre di Vernio (secondo un documento del XVIII secolo conservato nel Castello Guicciardini di Poppiano) a cui si associa la cerimonia di lettura della rigorosamente in rima, per ricordare il momento Pergamena , cui i Conti Bardi offrirono aiuto alle popolazioni . Bancarelle di prodotti tipici e mercatini aumentano l’allegria della festa. Roberta Capanni Lusso e “sharing gastronomy” Si chiama How To Spend It, ed è il mensile di Luxury e di Lifestyle del Sole 24 Ore. In uscita venerdì 5 febbraio 2016, nel numero di febbraio si parlerà del lusso e delle nuove tendenze ma in chiave “superiore”. Diretto da Nicoletta Polla Mattiot la rivista questo mese tratterà della “sharing gastronomy” con la storia di copertina dedicata all’impresa dello chef alchimista Ferran Adrià.Un percorso che dalla sharing economy porta alla “sharing gastronomy”.Adrià, cuoco sperimentale, ha creato migliaia di piatti, inventato tecniche, smaterializzato i cibi. Oggi, con la sua nuova iniziativa la Fondazione El Bulli, ha creato un laboratorio concentrato sull’analisi della creatività i cui risultati saranno poi messi online a disposizione dei cuochi di tutto il mondo Un percorso che vende uniti nello studio e nella sperimentazione cuochi, filosofi, storici, architetti e designer. E questo con l’aiuto del Mit, di Harvard e del guru Richard Geoffroy, chef de cave di Dom Pérignon, colui che unico al mondo dopo ogni vendemmia decide se l’annata sia degna o meno per produrre il Dom. Il lusso come privilegio del silenzio e quindi il nuovo business dell’ospitalità deluxe. L’arte del silenzio vede quindi nascere la nuova figura dell’Acoustic Consultant è un esperto che quantifica il rumore e lavora a fianco del progettista, in particolare per l’isolamento di porte e finestre, lo spessore dei vetri, il materiale fonoassorbente tra i muri, le tv a schermo piatto che evitino vibrazioni e i sistemi di aria condizionata silenziosi. Queste sono solo alcune delle scelte sulle novità del lusso del mensile del Sole 24 ore che delineano le nuove tendenze e fanno anche riflettere sulle contraddizioni del mondo in cui stiamo vivendo e che forse ribadiscono che, come faceva dire Dostoevskij al principe Mynski ne i Fratelli Karamazov “ la bellezza salverà il mondo”. Ma va guardata e trovata oltre l’apparenza Roberta Capanni Marcato, Durello sfida all’ultimo Se un produttore di spumante di una piccola denominazione italiana come “Lessini Durello” si inventa una sfida all’ultimo bicchiere, con due delle denominazioni più significative per lo spumante metodo classico: Franciacorta e Champagne, qualcosa di significativo da raccontare lo deve avere senz’altro. È proprio così che Gianni Tessari, alla guida della Società Agricola Marcato dal 2013, ha voluto mettere alla prova i gioielli della sua produzione, in collaborazione con il Consorzio Tutela: Lessini Durello 60 mesi Marcato e il Lessini Durello AR Marcato” (10 anni sui lieviti, premiato dalla guida Vinetia di Ais Veneto come miglior Metodo Classico della regione). Uno scontro che, se sulla carta si temeva fosse impari, al gusto ha rivelato invece un sorprendente Durello, dove il carattere del vitigno autoctono Durella si esprime con equilibrio, severo e a tratti nervoso, in grado di esprimersi soprattutto nella verticalità, sempre accompagnato dalla spiccata mineralità conferita dal suolo vulcanico. “Dalla degustazione – spiega Tessari – è emersa chiaramente l’impronta territoriale e varietale del Durello. Non era nostra intenzione fare una classifica tra i vini, quanto piuttosto sottolineare le differenze di stile e di territorio” Un’azienda, Marcato, fondata nel 1904 a Roncà (Verona) e da sempre impegnata nella produzione di Soave e nella valorizzazione in chiave spumantistica del vitigno autoctono della Lessinia la Durella; le cui colline, tra le provincie di Verona e Vicenza, hanno suoli di origine basaltica legati alla presenza del vulcano spento Calvarina: terreni tufacei, ricchi di ferro, magnesio e moltissimi altri micro-elementi che dall’uva si trasferiscono al vino conferendo la caratteristica sapidità minerale. E l’approccio rigoroso, impresso oggi da Gianni Tessari alla Marcato vuole esaltare queste caratteristiche, riducendo per questo al minimo i dosaggi e utilizzando per le basi spumanti il 100% di uva Durella. “La vera sfida – rcconta Tessari – per un vino ancora poco noto come il Durello è quella di portare il consumatore ad assaggiarlo per la prima volta. Siamo sicuri che poi continuerà a chiederlo, spesso sostituendo altre bollicine più blasonate”. http://www.marcatovini.it/ I grandi chef non solo in tv Gli chef stellati non si propongono solo sui canali del digitale terrestre, vengono ingaggiati anche per le ricette nelle brossure pubblicitarie delle catene delle grandi distribuzioni alimentari. Tocca a Gennaro Esposito, chef due stelle Michelin del ristorante Torre del Saracino di Vico Equense, Napoli, proporre le sue speciali ricette gastronomiche sui volantini destinati ai clienti degli oltre 725 punti vendita MD e LD di tutta Italia. Da febbraio 2016 e per tutto l’anno, Esposito ha accettato di collaborare al gruppo di distribuzione controllato dall’imprenditore bolzanino Patrizio Podini, con vari punti vendita sparsi in Italia. Le sue ricette, in tutto 25, due al mese, stimoleranno i consumatori non solo a riempire il carrello della spesa con i prodotti per realizzare le pietanze proposte da uno chef stellato, ma bensì a sperimentare ricette firmate da un noto chef partenopeo. A tale proposito, il cav. Podini ha commentato “Con Gennaro Esposito celebriamo anche il nostro legame con il territorio campano da cui 22 anni fa sono partito con la fondazione di MD che oggi è arrivato a conquistare una diffusione nazionale di cui siamo molto orgogliosi”. Ad essere sinceri, anche altre catene di grande distribuzione utilizzano il nome di chef stellati nelle pagine delle loro pubblicazioni promozionali periodiche a beneficio dei consumatori tesserati, i quali hanno in tal modo l’occasione di sperimentarsi nelle ricette della tradizione locale, regionale o di ‘altrove’, nazionale o estera, a seconda dell’estro dello chef ingaggiato. È un’occasione per le massaie per non fissarsi a fare la spesa in un solo negozio o supermercato, ma a visitarne diversi, a vantaggio non tanto del portafoglio per cogliere le varie offerte, bensì soprattutto per proporre sulla loro tavola nuove pietanze, tanto più se firmate da chef stellati. Maura Sacher Falso Champagne non falso Prosecco La Guardia di Finanza di Padova ha sequestrato 9.200 bottiglie di vino, 40.000 etichette e 4.200 scatole, che riportavano il marchio e la banda rossa del “Moet & Chandon” e invece erano piene di bollicine “di altra marca”. Quale “altra marca”? I quotidiani veneti si sono lanciati nel riportare le prime veline diffuse dagli organi di polizia, qualificando l’imbottigliato. E si è innestato un “caso”, che il Consorzio di tutela del Prosecco di Valdobbiadene ha colto al volo, minacciando querele a chi associasse alcun altro vino a quello protetto, anche se prodotto entro i confini della zona tutelata dal marchio. Da un lato c’è il fatto di cronaca che vede protagonista un imprenditore residente a Funer di Valdobbiadene, con precedenti per truffa, dedicatosi solo di recente al settore vinario, dopo fallimentose esperienze in altri campi. Pare che la nuova attività enoica del personaggio fosse già “attenzionata”, tanto che l’altro giorno la Guardia di Finanza di Padova ha fatto irruzione nel capannone in aperta campagna, ai confini del Comune di Abano Terme, trovando anche decine di migliaia di etichette con il nome del noto Champagne, pronte all’uso. Dall’altro lato, si deve riconoscere che non tutte le bollicine ricavate dalle uve delle colline fra Conegliano, Asolo e Valdobbiadene hanno diritto di chiamarsi “Prosecco di Valdobbiadene” se non rientrano nei disciplinari di produzione e se la cantina non aderisca al Consorzio di tutela. Il Presidente del Consorzio, Stefano Zanette, in un tempestivo comunicato ribadisce «Sia chiaro una volta per tutte che il Prosecco per definizione è solo quello certificato ovvero che ha richiesto e ottenuto il contrassegno di Stato emesso dalla Zecca. Quindi il vino sequestrato non può in alcun modo essere identificato con il Prosecco che è una denominazione e non una varietà». Svariate volte il Consorzio, dalla nascita della denominazione Prosecco nel 2009, si è trovato ad affrontare tentativi di truffe e contraffazioni, e altre insidie alla denominazione, per tutelare il prodotto e proteggerne l’immagine, dopo aver vinta la battaglia sul nome, la qualificazione, la designazione, il riconoscimento esclusivo avverso altre rivendicazioni, quali quella dell’antichissimo ‘Prosecco’ del Carso triestino, attestato dal paese omonimo, retrocesso a “Glera”, semplice vitigno base. Nel contempo, più di qualcuno si meraviglia da tempo come i 16.500 ettari di vigneti veneti possano spumantizzare in Prosecco dai 57 milioni di bottiglie all’anno dichiarati nel Rapporto del Consorzio datato dicembre 2009 ai 200 milioni del 2012, agli oltre 500 milioni nel 2015, e soprattutto che se ne preveda di soddisfare la richiesta fino a un miliardo di bottiglie entro il 2030, stanti il blocco dei nuovi impianti fino al 2017, a fronte delle critiche non solo degli ambientalisti sui disboscamenti delle pendici collinari venete per impiantare filari di Prosecco e le calamità idrogeologiche attribuite come conseguenza. Eppure sinceramente devo ammettere che, quando negli esercizi pubblici del Veneto e nel Triestino viene proposto come aperitivo al bar e in ristorante un Prosecco, ma anche un affettuoso “Prosecchino” , sulla sua etichettatura doc o docg nessuno osa chiedere dettagli, ci si delizia comunque con le frizzanti bollicine! Maura Sacher Da Conegliano a Vallombrosa passando per il Soave. L’abbazia vallombrosana di Moscheta, fondata da San Giovanni Gualberto nel 1034, situata nel comune di Firenzuola, è entrata a far parte del Registro Nazionale dei paesaggi rurali storici. Il decreto è stato firmato dal Ministro delle Politiche agricole e la candidatura era stata promossa dall’Unione Montana dei Comuni del Mugello. L’abbazia è fra i primi tre siti in Italia ad ottenere il riconoscimento. Gli altri due siti iscritti nei giorni scorsi si trovano in Veneto :sono il paesaggio del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene ed il paesaggio delle colline vitate del Soave. San Giovanni Gualberto era figlio di una ricca famiglia di feudatari del Chianti, la leggenda narra che la conversione avvenne il venerdì santo del 1028 mentre si trovava nella Chiesa di San Miniato a Firenze di fronte all’assassino del fratello. Nel momento in cui stava per ucciderlo un bagliore lo accecò e abbracciò il nemico, in cui vide il Crocifisso nel momento della Passione. Un riconoscimento importante basato sulla rilevanza del patrimonio storico degli insediamenti, l’elevato valore dei paesaggi rurali di Moscheta, storicamente consolidati per l’uso del suolo dalle forme colturali tradizionali all’importante attività di gestione forestale operata negli anni. La conservazione di formazioni di rilevanza storica quali i castagneti da frutto monumentali, le faggete, i boschi di cerro pascolati sono un paesaggio da tutelare. “Rispetto ad altri strumenti di tutela – ha spiegato l’assessore all’ambiente della Regione Toscana Marco Remaschi – il Registro Nazionale è infatti orientato alla valorizzazione degli aspetti agro-silvo-pastorali dei paesaggi rurali italiani, con una particolare attenzione alla coniugazione tra la sostenibilità delle attività agricole e la loro vitalità economica.” La procedura per il riconoscimento dei paesaggi rurali storici è basata sulla proposta di riconoscimento da parte di Comitati organizzatori a livello locale (imprese agricole singole od associate, associazioni locali, Istituzioni ecc) da indirizzare al Ministero delle Politiche agricole od alla Regione competente per territorio che la inoltrano all’Osservatorio Nazionale, composto da esperti in materia di agricoltura, paesaggio, tecnici del Ministero e delle Regioni. Roberta Capanni Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017 A sorpresa Pistoia è stata eletta Capitale italiana della Cultura per il 2017. Il progetto di valorizzazione del patrimonio culturale presentato ha convinto e sbaragliato le altre concorrenti come Aquileia, Como, Ercolano, Parma, Pisa, Spoleto, Taranto e Terni. Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, saluta con queste parole l’annuncio della nomina. “Credo che alla base della vittoria di Pistoia –ha dichiarato – ci siano progetti come quello del recupero e della valorizzazione anche a scopi culturali dell’antico complesso dell’ex ospedale del Ceppo, un disegno che vede la Regione come partner. Ne escono confermate anche la vocazione di Pistoia come città dai molti musei, dalle importanti biblioteche e dai numerosi appuntamenti culturali, in grado di spaziare dal Blues, all’antropologia, alle trasformazioni urbane, all’arte contemporanea. La scelta convincente e vincente ritengo sia stata quella di proporre un percorso capace di rendere duraturi e fruibili i servizi sui quali si interviene, nel segno di una cultura diffusa e a tutto tondo”. Pistoia, che oggi è parte integrante dell’area metropolitana di Firenze-Prato–Pistoia, ha tanta storia alle spalle. Sorta ad opera dei Romani probabilmente su insediamento etrusco, è situata nella piana che unisce le tre città toscane. La sua posizione geografica al crocevia di vie commerciali, fin dall’antichità fu centro mercantile molto attivo. Tanti i mercati e banchieri di Pistoia che commerciavano con tutto il mondo allora conosciuto. Le porte di Pistoia si aprirono, Firenze e Lucca avevano vinto una battaglia partita molti anni prima e nata, probabilmente, dalla lite interna della famiglia Cancellieri a Pistoia e le lotte tra i Cerchi e i Donati a Firenze, la scissione tra dei Guelfi fiorentini. E il torto politico di Pistoia fu quello di ergersi a baluardo dei Bianchi. La sua storia poi segue quella della Toscana, con le riforme dei Lorena, l’annessione al Regno d’Italia. La Seconda Guerra Mondiale la vide protagonista con tutta la sua popolazione in atti che l’anno portata ad essere una delle città italiane decorate al valor militare. Una città tranquilla e vivibile con il suo bel centro storico e le sue iniziative culturali. I pistoiesi, rimasti piacevolmente sorpresi, forse non si aspettavano tutta l’attenzione che, da oggi, il mondo riverserà alla loro città. Roberta Capanni IGP nuova: i cantucci L’ Unione Europea ha detto sì ai cantuccini . È la 29esima registrazione come Indicazione Geografica Protetta.Il riconoscimento dell’IGP (indicazione di origine protetta) per i “Cantuccini Toscani” o “Cantucci Toscani era atteso da tempo. La richiesta di IGP era stata avanzata nel 2011 da Assocantuccini, l’associazione presieduta da Ubaldo Corsini, costituita tra imprese ed associazioni di categoria. I cantucci sono il terzo biscotto più conosciuto al mondo, con un fatturato complessivo stimato in 35 milioni di euro ed un export del 37%. Ora, grazie al marchio IGP ai Cantucci Toscani è riconosciuta la tipicità nella ricetta che vede come ingrediente caratterizzante le mandorle dolci intere in misura non inferiore al 20% insieme a burro, uova, farina. Una ricetta apparentemente semplice che piace al mondo. Contento l’assessore all’agricoltura Marco Remaschi che ha dichiarato che “La concessione dell’IGP è il giusto riconoscimento per la qualità e tipicità toscana di un prodotto da forno che viene proposto come fine pasto in tutta la Toscana nel classico abbinamento con vin santo, un prodotto che appartiene indiscutibilmente alla tradizione regionale tanto da aver consolidato la doppia dizione Cantuccini Toscani e Cantucci Toscani, nomi che vengono entrambi protetti. Il riconoscimento dell’IGP – aggiunge l’assessore – andrà a vantaggio della qualità del prodotto toscano e delle aziende che lo producono, che vanno dalle piccole imprese, come i forni di quartiere, alle medie e grandi imprese dolciarie, a cui spetta il merito di aver portato i cantuccini sui mercati europei ed extra europei riscuotendo un meritato successo.” Chissà se i produttori dei Biscotti di Prato ne saranno felici. La vecchia “diatriba” tra Prato e Siena tra Biscotti di Prato e Cantucci di Siena ha creato sempre un po’ di confusione nel consumatore finale. Due prodotti simili ma diversi: i Biscotti di Prato sono appunto biscotti, cioè rimessi in forno a “biscottare”, almeno in origine, perché dovevano durare più a lungo. La storia parte da lontano e ci son fior di libri che attraverso la lettura di documenti originali ne seguono il percorso. Di diverso c’è l’olio al posto del burro ma come è noto ai toscani “i senesi lasciano l’olio toscano per il burro!” Roberta Capanni 110 anni di Amarene Fabbri e un matrimonio Al Sigep di Rimini, XXXVII Salone internazionale della gelateria e pasticceria artigianale, che vede partecipare i migliori maestri ed allievi da ogni parte del globo, per dimostrare la loro competenza, si festeggia alla grande con Fabbri. In primo luogo ricorre il decimo anno del Concorso con gelati e torte per eleggere il gusto di “Gelato 100 e lode”, indetto da Fabbri nel 2015, una delle aziende storiche del settore nata nel 1905 per celebrare il Centenario delle sue Amarene. È stato eletto il miglior gelato del contest a cui hanno partecipato tra aprile e settembre 2015 centinaia di gelatieri di tutta Italia: si chiama “Amarandola” e l’ha creato un gelatiere di Santa Maria delle Mole, Marino (Roma), Francesco Ozzimo, della gelateria “Il gelato di Oz”. Per lui, oltre al titolo consegnato da Nicola Fabbri, quarta generazione della famiglia alla guida dell’azienda, in premio un vero carretto gelato, ispirato agli storici carretti d’antan, dotato anche di bicicletta-traino. Il secondo evento da segnalare giacché alquanto curioso, è un matrimonio, o meglio una proposta di matrimonio in diretta durante la premiazione di un Concorso Fabbri. A diventare protagonista di questa inedita situazione Daniele Foltran, un gelatiere di Chirignago in provincia di Venezia, uno dei sei finalisti del concorso. Daniele, che gestisce la sua gelateria Icebear con la compagna Fabienne ha colto l’occasione della ribalta per chiederle ufficialmente la mano improvvisando un anello con un tovagliolino di carta. Nella foto Daniele Foltran con la fidanzata Fabienne e Nicola Fabbri, rimasto l’insolita situazione. sorpreso e commosso per Al #Sigep2016, tantissime le novità in esposizione: Biscotti alla vaniglia con carbone attivo per favorire la digestione, proposte biologiche e vegan con basi 100% vegetali, prodotti contro lo spreco alimentare come il gelato di pane con verdure, gusti al miele di coriandolo, pappa reale e polline per una bontà tutta naturale, e persino carretti tradizionali rivisitati in chiave moderna per portare il gelato a feste e inaugurazioni. Maura Sacher Lo Champagne si fa nel Regno Unito La Maison Taittinger, una delle più grandi case produttrici di champagne del mondo con sede a Reims, nella regione della Champagne – Ardenne, ha spostato la sua produzione di preziose bollicine un po’ più a Nord. Ha guadagnato terreno Oltremanica, e ‘guadagnato’ si fa per dire giacché ha sborsato oltre 7 milioni di euro per insediarsi in 69 ettari nel Kent, nei pressi di Canterbury, nel sud-est della Gran Bretagna, con la scusa dello spostamento delle fasce climatiche, a causa del diagnosticato riscaldamento globale del pianeta, che consente temperature miti anche in regioni più settentrionali. In Francia il clima continentale piuttosto freddo della zona dello Champagne rappresentava il limite massimo per la coltivazione della vite. Ora il sud dell’Inghilterra sembra contare le temperature che erano (sotto l’aspetto viticolo) ad esclusivo appannaggio della Champagne. Ma c’entra anche il terreno, molto simile al suolo francese della regione Champagne. E forse c’entra anche altro. È noto che le guerre hanno prevalentemente origini economiche e che tra Francia e Regno Unito non è mai corso buon sangue, per secoli, ma di fronte al business reciprocamente vantaggioso si può passare sopra a princìpi e valori, tappandosi il naso. D’altronde gli inglesi bevono più champagne di ogni altra nazione, seguiti dalla Germania e Stati Uniti, e ciò fin dai tempi in cui le bollicine francesi entrarono in voga tra le nobiltà europee. Così hanno fatto precedentemente altre aziende francesi di champagne fin dagli anni ’80, tanto che oggi gli spumanti rappresentano circa i due terzi dell’intera produzione vinicola britannica. E così ha fatto la Maison Taittinger, che intorno a Reims possiede più di 280 ettari di vigneti, 170 lavorati ad aratro, senza diserbanti e coltiva uve di Chardonnay, Pinot Meunier e Pinot Nero. Le stesse impiantate nel Regno Unito, su terreni siti ad un’altitudine massima di 80 metri, orientate verso sud. L’aspettativa è di creare uno champagne, che – secondo Pierre Emmanuel Taittinger – sarà qualcosa di innovativo, “uno spumante che non sia paragonabile né con lo Champagne né con qualsiasi altra bollicina del mondo”. L’Inghilterra non è la prima scelta dei produttori di Champagne Taittinger di esportare i propri vitigni, infatti dal 1988 produce spumanti in California. Il progetto britannico di Taittinger è di piazzarsi sul mercato nel giro di 8 anni, con la prima vendemmia nel 2020, e di arrivare ad una produzione annua di 300.000 bottiglie. I Taittinger nascono come mercanti di vino, trasferitisi nella Champagne dalla Lorena nel 1870. Il marchio fu creato nel 1932 in seguito all’acquisizione da parte di Pierre Taittinger di quella che è la attuale residenza della Maison, Château de la Marquetterie, rilevata dalla preesistente compagnia Forest-Fourneaux, fondata nel 1734, in collaborazione con i monaci benedettini all’epoca proprietari di gran parte delle vigne circostanti. La crescita dell’azienda Taittinger è stata continua e l’impulso maggiore si deve a Claude Taittinger che l’ha diretta dal 1960 al 2005, portando il marchio ai vertici mondiali. Il nuovo champagne franco-britannico si chiamerà “Domaine Evremond”, dalla città nei pressi di Canterbury che ha preso il nome dal poeta francese Charles de Saint-Evremond (1614-1703), il primo vero ambasciatore per lo Champagne, popolare in Inghilterra alla fine del Seicento nella corte di Carlo II. È da sottolineare che questa cittadina è gemellata con Reims, proprio attraverso Jean Taittinger, quando ne era sindaco (1959-1977). Maura Sacher NdR: l’immagine di testa mostra il suggello ufficiale della partnership tra Francia e Inghilterra: da sinistra, PierreEmmanuel Taittinger con la bandiera britannica e Patrick McGrath, amministratore della società di distribuzione Hatch Mansfield, con il tricolore francese.