Lo Champagne si fa nel Regno Unito,“Archeo Food”,Non buttare

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Lo Champagne si fa nel Regno Unito,“Archeo Food”,Non buttare
440 anni di festa della
polenta dolce o della Miseria
Vernio guarda verso Prato dalla parte più settentrionale della
provincia. Situato sullo spartiacque dell’ Appennino ToscoEmiliano, Vernio è un comune sparso che affonda le sue radici
nell’accampamento romano che qui era sorto, il castra
hiberna, da cui deriva il nome.
Un paese di montagna che da ben 440 anni ripropone una festa
dedicata alla polenta dolce in ricordo di un evento storico.
Un paese dove la cultura non è mai venuta meno e non a caso
quest’anno ricorrono i 100 anni della Biblioteca Petrarca a
cui faranno seguito una serie di eventi.
Come tutti i paesi di montagna Vernio nei secoli ha visto la
castagna come fonte primaria di sostentamento. Un evento
celebrato ogni anno ricorda proprio come in un greve periodo
di carestia il signore del luogo, il Conte Bardi, fece
distribuire al popolo polenta dolce, arighe e baccalà.
Domenica 14 febbraio 2016 Vernio festeggerà per la 440ma volta
il ricordo di quel giorno con la festa della Polendina o della
Miseria organizzata dall’antica Società della Miseria di San
Quirico.
La storia racconta che Prato il 29 agosto del 1512 fu
saccheggiata dalle truppe spagnole, mandate da papa Giulio II
in aiuto ai Medici che dopo la pausa Repubblicana erano in
attesa di rientrare a Firenze. Dopo questo evento la carestia
imperversò in tutta la zona. Così i conti Bardi, signori di
Vernio, distribuirono generosamente alla popolazione, polenta
dolce, insieme ad aringhe e baccalà.
Vernio ricorda l’evento con la distribuzione al popolo di
polenta dolce preparati in grandi pentoloni sulla piazza di
San Quirico di Vernio di fronte al Casone, oggi sede del
Palazzo Comunale. Una
festa che vede al lavoro più di
duecento volontari per la preparazione
e che ogni anno
utilizza tra i 5 e i 6 quintali di farina di castagne tutta di
produzione locale dei comuni della Val di Bisenzio.
Tradizionale la sfilata storica con centinaia di figuranti
organizzata della Società della Miseria, dal gonfalone del
Gruppo storico Conti Bardi e dalle bandiere con gli stemmi
delle nove terre di Vernio (secondo un documento del XVIII
secolo conservato nel Castello Guicciardini di Poppiano) a cui
si associa la cerimonia di lettura della
rigorosamente in rima, per ricordare il momento
Pergamena ,
cui i Conti
Bardi offrirono aiuto alle popolazioni .
Bancarelle di prodotti tipici e mercatini aumentano l’allegria
della festa.
Roberta Capanni
Lusso e “sharing gastronomy”
Si chiama How To Spend It, ed è il mensile di Luxury e di
Lifestyle del Sole 24 Ore. In uscita venerdì 5 febbraio 2016,
nel numero di febbraio si parlerà del lusso e delle nuove
tendenze ma in chiave “superiore”. Diretto da Nicoletta Polla
Mattiot
la rivista questo mese tratterà della
“sharing
gastronomy” con la storia di copertina dedicata
all’impresa dello chef alchimista Ferran Adrià.Un percorso che
dalla sharing economy porta alla “sharing gastronomy”.Adrià,
cuoco sperimentale, ha creato
migliaia di piatti, inventato
tecniche, smaterializzato i
cibi. Oggi, con la sua nuova
iniziativa la Fondazione El
Bulli, ha creato un laboratorio
concentrato sull’analisi della
creatività i cui risultati
saranno poi messi
online a
disposizione dei cuochi di tutto il mondo
Un percorso che vende uniti nello studio e nella
sperimentazione cuochi, filosofi, storici, architetti e
designer. E questo con l’aiuto del Mit, di Harvard e del guru
Richard Geoffroy, chef de cave di Dom Pérignon, colui che
unico al mondo dopo ogni vendemmia decide se l’annata sia
degna o meno per produrre il Dom.
Il lusso come privilegio del silenzio e quindi il nuovo
business dell’ospitalità deluxe. L’arte del silenzio vede
quindi nascere la nuova figura dell’Acoustic Consultant è un
esperto che quantifica il rumore e lavora a fianco del
progettista, in particolare per l’isolamento di porte e
finestre, lo spessore dei vetri, il materiale fonoassorbente
tra i muri, le tv a schermo piatto che evitino vibrazioni e i
sistemi di aria condizionata silenziosi.
Queste sono solo alcune delle scelte sulle novità del lusso
del mensile del Sole 24 ore che delineano le nuove tendenze e
fanno anche riflettere sulle contraddizioni del mondo in cui
stiamo vivendo e che forse ribadiscono che, come faceva dire
Dostoevskij al principe Mynski ne i Fratelli Karamazov “ la
bellezza salverà il mondo”. Ma va guardata e trovata oltre
l’apparenza
Roberta Capanni
Marcato,
Durello
sfida
all’ultimo
Se un produttore di spumante di una piccola denominazione
italiana come “Lessini Durello” si inventa una sfida
all’ultimo bicchiere, con due delle denominazioni più
significative per lo spumante metodo classico: Franciacorta e
Champagne, qualcosa di significativo da raccontare lo deve
avere senz’altro.
È proprio così che Gianni Tessari, alla guida della Società
Agricola Marcato dal 2013, ha voluto mettere alla prova i
gioielli della sua produzione, in collaborazione con il
Consorzio Tutela: Lessini Durello 60 mesi Marcato e il Lessini
Durello AR Marcato” (10 anni sui lieviti, premiato dalla guida
Vinetia di Ais Veneto come miglior Metodo Classico della
regione).
Uno scontro che, se sulla carta si temeva fosse impari, al
gusto ha rivelato invece un sorprendente Durello, dove il
carattere del vitigno autoctono Durella si esprime con
equilibrio, severo e a tratti nervoso, in grado di esprimersi
soprattutto nella verticalità, sempre accompagnato dalla
spiccata mineralità conferita dal suolo vulcanico.
“Dalla degustazione – spiega Tessari – è emersa chiaramente
l’impronta territoriale e varietale del Durello. Non era
nostra intenzione fare una classifica tra i vini, quanto
piuttosto sottolineare le differenze di stile e di territorio”
Un’azienda, Marcato, fondata nel 1904 a Roncà (Verona) e da
sempre impegnata nella produzione di Soave e nella
valorizzazione in chiave spumantistica del vitigno autoctono
della Lessinia la Durella; le cui colline, tra le provincie di
Verona e Vicenza, hanno suoli di origine basaltica legati alla
presenza del vulcano spento Calvarina: terreni tufacei, ricchi
di ferro, magnesio e moltissimi altri micro-elementi che
dall’uva si trasferiscono al vino conferendo la caratteristica
sapidità minerale. E l’approccio rigoroso, impresso oggi da
Gianni Tessari alla Marcato vuole esaltare queste
caratteristiche, riducendo per questo al minimo i dosaggi e
utilizzando per le basi spumanti il 100% di uva Durella.
“La vera sfida – rcconta Tessari – per un vino ancora poco
noto come il Durello è quella di portare il consumatore ad
assaggiarlo per la prima volta. Siamo sicuri che poi
continuerà a chiederlo, spesso sostituendo altre bollicine più
blasonate”.
http://www.marcatovini.it/
I grandi chef non solo in tv
Gli chef stellati non si propongono solo sui canali del
digitale terrestre, vengono ingaggiati anche per le ricette
nelle brossure pubblicitarie delle catene delle grandi
distribuzioni alimentari.
Tocca a Gennaro Esposito, chef due stelle Michelin del
ristorante Torre del Saracino di Vico Equense, Napoli,
proporre le sue speciali ricette gastronomiche sui volantini
destinati ai clienti degli oltre 725 punti vendita MD e LD di
tutta Italia.
Da febbraio 2016 e per tutto l’anno, Esposito ha accettato di
collaborare al gruppo di distribuzione controllato
dall’imprenditore bolzanino Patrizio Podini, con vari punti
vendita sparsi in Italia. Le sue ricette, in tutto 25, due al
mese, stimoleranno i consumatori non solo a riempire il
carrello della spesa con i prodotti per realizzare le pietanze
proposte da uno chef stellato, ma bensì a sperimentare ricette
firmate da un noto chef partenopeo.
A tale proposito, il cav. Podini ha commentato “Con Gennaro
Esposito celebriamo anche il nostro legame con il territorio
campano da cui 22 anni fa sono partito con la fondazione di MD
che oggi è arrivato a conquistare una diffusione nazionale di
cui siamo molto orgogliosi”.
Ad essere sinceri, anche altre catene di grande distribuzione
utilizzano il nome di chef stellati nelle pagine delle loro
pubblicazioni promozionali periodiche a beneficio dei
consumatori tesserati, i quali hanno in tal modo l’occasione
di sperimentarsi nelle ricette della tradizione locale,
regionale o di ‘altrove’, nazionale o estera, a seconda
dell’estro dello chef ingaggiato.
È un’occasione per le massaie per non fissarsi a fare la spesa
in un solo negozio o supermercato, ma a visitarne diversi, a
vantaggio non tanto del portafoglio per cogliere le varie
offerte, bensì soprattutto per proporre sulla loro tavola
nuove pietanze, tanto più se firmate da chef stellati.
Maura Sacher
Falso
Champagne
non
falso
Prosecco
La Guardia di Finanza di Padova ha sequestrato 9.200 bottiglie
di vino, 40.000 etichette e 4.200 scatole, che riportavano il
marchio e la banda rossa del “Moet & Chandon” e invece erano
piene di bollicine “di altra marca”.
Quale “altra marca”? I quotidiani veneti si sono lanciati nel
riportare le prime veline diffuse dagli organi di polizia,
qualificando l’imbottigliato. E si è innestato un “caso”, che
il Consorzio di tutela del Prosecco di
Valdobbiadene ha colto al volo, minacciando
querele a chi associasse alcun altro vino a
quello protetto, anche se prodotto entro i
confini della zona tutelata dal marchio.
Da un lato c’è il fatto di cronaca che vede protagonista un
imprenditore residente a Funer di Valdobbiadene, con
precedenti per truffa, dedicatosi solo di recente al settore
vinario, dopo fallimentose esperienze in altri campi. Pare che
la nuova attività enoica del personaggio fosse già
“attenzionata”, tanto che l’altro giorno la Guardia di Finanza
di Padova ha fatto irruzione nel capannone in aperta campagna,
ai confini del Comune di Abano Terme, trovando anche decine di
migliaia di etichette con il nome del noto Champagne, pronte
all’uso.
Dall’altro lato, si deve riconoscere che non tutte le
bollicine ricavate dalle uve delle colline fra Conegliano,
Asolo e Valdobbiadene hanno diritto di chiamarsi “Prosecco di
Valdobbiadene” se non rientrano nei disciplinari di produzione
e se la cantina non aderisca al Consorzio di tutela. Il
Presidente del Consorzio, Stefano
Zanette, in un tempestivo comunicato
ribadisce «Sia chiaro una volta
per
tutte che il Prosecco per definizione è
solo quello certificato ovvero che ha
richiesto e ottenuto il contrassegno di
Stato emesso dalla Zecca. Quindi il vino
sequestrato non può in alcun modo essere
identificato con il Prosecco che è una
denominazione e non una varietà».
Svariate volte il Consorzio, dalla nascita della denominazione
Prosecco nel 2009, si è trovato ad affrontare tentativi di
truffe e contraffazioni, e altre insidie alla denominazione,
per tutelare il prodotto e proteggerne l’immagine, dopo aver
vinta la battaglia sul nome, la qualificazione, la
designazione, il riconoscimento esclusivo avverso altre
rivendicazioni, quali quella dell’antichissimo ‘Prosecco’ del
Carso triestino, attestato dal paese omonimo, retrocesso a
“Glera”, semplice vitigno base.
Nel contempo, più di qualcuno si meraviglia da tempo come i
16.500 ettari di vigneti veneti possano spumantizzare in
Prosecco dai 57 milioni di bottiglie
all’anno dichiarati nel Rapporto del
Consorzio datato dicembre 2009 ai 200
milioni del 2012, agli oltre 500
milioni nel 2015, e soprattutto che se
ne preveda di soddisfare la richiesta
fino a un miliardo di bottiglie entro
il 2030, stanti il blocco dei nuovi impianti fino al 2017, a
fronte delle critiche non solo degli ambientalisti sui
disboscamenti delle pendici collinari venete per impiantare
filari di Prosecco e le calamità idrogeologiche attribuite
come conseguenza.
Eppure sinceramente devo ammettere che, quando negli esercizi
pubblici del Veneto e nel Triestino viene proposto come
aperitivo al bar e in ristorante un Prosecco, ma anche un
affettuoso “Prosecchino” , sulla sua etichettatura doc o docg
nessuno osa chiedere dettagli, ci si delizia comunque con le
frizzanti bollicine!
Maura Sacher
Da Conegliano a Vallombrosa
passando per il Soave.
L’abbazia vallombrosana di Moscheta, fondata da San Giovanni
Gualberto nel 1034, situata nel comune di Firenzuola, è
entrata
a far parte del Registro Nazionale dei paesaggi
rurali storici. Il decreto è stato firmato dal Ministro delle
Politiche agricole e la candidatura era stata promossa
dall’Unione Montana dei Comuni del Mugello.
L’abbazia è fra i primi tre siti
in Italia ad ottenere il
riconoscimento. Gli altri due
siti iscritti nei giorni scorsi
si trovano in Veneto :sono il
paesaggio del Prosecco Superiore
di Conegliano Valdobbiadene ed
il paesaggio delle colline
vitate del Soave.
San Giovanni Gualberto era
figlio di una ricca famiglia di
feudatari del Chianti, la
leggenda
narra
che
la
conversione avvenne il venerdì
santo del 1028 mentre si trovava
nella Chiesa di San Miniato a
Firenze di fronte all’assassino del fratello. Nel momento in
cui stava per ucciderlo un bagliore lo accecò e abbracciò il
nemico, in cui vide il Crocifisso nel momento della Passione.
Un riconoscimento importante basato sulla rilevanza del
patrimonio storico degli insediamenti, l’elevato valore dei
paesaggi rurali di Moscheta, storicamente consolidati per
l’uso del suolo dalle forme colturali tradizionali
all’importante attività di gestione forestale operata negli
anni.
La conservazione di formazioni di rilevanza storica quali i
castagneti da frutto monumentali, le faggete, i boschi di
cerro pascolati sono un paesaggio da tutelare.
“Rispetto ad altri strumenti di tutela – ha spiegato
l’assessore all’ambiente della Regione Toscana Marco Remaschi
– il Registro Nazionale è infatti orientato alla
valorizzazione degli aspetti agro-silvo-pastorali dei paesaggi
rurali italiani, con una particolare attenzione alla
coniugazione tra la sostenibilità delle attività agricole e la
loro vitalità economica.”
La procedura per il riconoscimento dei paesaggi rurali storici
è basata sulla proposta di riconoscimento da parte di Comitati
organizzatori a livello locale (imprese agricole singole od
associate, associazioni locali, Istituzioni ecc) da
indirizzare al Ministero delle Politiche agricole od alla
Regione competente per territorio che la inoltrano
all’Osservatorio Nazionale, composto da esperti in materia di
agricoltura, paesaggio, tecnici del Ministero e delle Regioni.
Roberta Capanni
Pistoia Capitale Italiana
della Cultura 2017
A sorpresa Pistoia
è stata
eletta Capitale italiana della
Cultura per il 2017. Il progetto
di valorizzazione del patrimonio
culturale presentato ha convinto
e
sbaragliato
le
altre
concorrenti
come Aquileia,
Como, Ercolano, Parma, Pisa,
Spoleto, Taranto e Terni.
Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, saluta con
queste parole l’annuncio della nomina. “Credo che alla base
della vittoria di Pistoia –ha dichiarato – ci siano progetti
come quello del recupero e della valorizzazione anche a scopi
culturali dell’antico complesso dell’ex ospedale del Ceppo, un
disegno che vede la Regione come partner. Ne escono confermate
anche la vocazione di Pistoia come città dai molti musei,
dalle importanti biblioteche e dai numerosi appuntamenti
culturali, in grado di spaziare dal Blues, all’antropologia,
alle trasformazioni urbane, all’arte contemporanea. La scelta
convincente e vincente ritengo sia stata quella di proporre un
percorso capace di rendere duraturi e fruibili i servizi sui
quali si interviene, nel segno di una cultura diffusa e a
tutto tondo”.
Pistoia, che oggi è parte integrante dell’area metropolitana
di Firenze-Prato–Pistoia, ha tanta storia alle spalle. Sorta
ad opera dei Romani probabilmente su insediamento etrusco, è
situata nella piana che unisce le tre città toscane. La sua
posizione geografica al crocevia di vie commerciali, fin
dall’antichità fu centro mercantile molto attivo. Tanti i
mercati e banchieri di Pistoia che commerciavano con tutto il
mondo allora conosciuto. Le porte di Pistoia si aprirono,
Firenze e Lucca avevano vinto una battaglia partita molti anni
prima e nata, probabilmente, dalla lite interna della famiglia
Cancellieri a Pistoia e le lotte tra i Cerchi e i Donati a
Firenze, la scissione tra dei Guelfi fiorentini. E il torto
politico di Pistoia fu quello di ergersi a baluardo dei
Bianchi.
La sua storia poi segue quella della Toscana, con le riforme
dei Lorena, l’annessione al Regno d’Italia. La Seconda Guerra
Mondiale la vide protagonista con tutta la sua popolazione in
atti che l’anno portata ad essere una delle città italiane
decorate al valor militare.
Una città tranquilla e vivibile con il suo bel centro storico
e le sue iniziative culturali. I pistoiesi, rimasti
piacevolmente sorpresi, forse non si aspettavano tutta
l’attenzione che, da oggi, il mondo riverserà alla loro città.
Roberta Capanni
IGP nuova: i cantucci
L’ Unione Europea ha detto sì ai cantuccini . È la 29esima
registrazione come Indicazione Geografica Protetta.Il
riconoscimento dell’IGP (indicazione di origine protetta) per
i “Cantuccini Toscani” o “Cantucci Toscani era atteso da
tempo. La richiesta di IGP era stata avanzata nel 2011 da
Assocantuccini, l’associazione presieduta da Ubaldo Corsini,
costituita tra imprese ed associazioni di categoria.
I cantucci sono il terzo biscotto più conosciuto al mondo, con
un fatturato complessivo stimato in 35 milioni di euro ed un
export del 37%. Ora, grazie al marchio IGP ai Cantucci Toscani
è riconosciuta la tipicità nella ricetta che vede come
ingrediente caratterizzante le mandorle dolci intere in misura
non inferiore al 20% insieme a burro, uova, farina.
Una ricetta apparentemente semplice che piace al mondo.
Contento l’assessore all’agricoltura Marco Remaschi che ha
dichiarato che “La concessione dell’IGP è il giusto
riconoscimento per la qualità e tipicità toscana di un
prodotto da forno che viene proposto come fine pasto in tutta
la Toscana nel classico abbinamento con vin santo, un prodotto
che appartiene indiscutibilmente alla tradizione regionale
tanto da aver consolidato la doppia dizione Cantuccini Toscani
e Cantucci Toscani, nomi che vengono entrambi protetti. Il
riconoscimento dell’IGP – aggiunge l’assessore – andrà a
vantaggio della qualità del prodotto toscano e delle aziende
che lo producono, che vanno dalle piccole imprese, come i
forni di quartiere, alle medie e grandi imprese dolciarie, a
cui spetta il merito di aver portato i cantuccini sui mercati
europei ed extra europei riscuotendo un meritato successo.”
Chissà se i produttori dei Biscotti di Prato
ne saranno
felici. La vecchia “diatriba” tra Prato e Siena tra Biscotti
di Prato e Cantucci di Siena ha creato sempre un po’ di
confusione nel consumatore finale. Due prodotti simili ma
diversi: i Biscotti di Prato sono appunto biscotti, cioè
rimessi in forno a “biscottare”, almeno in origine, perché
dovevano durare più a lungo. La storia parte da lontano e ci
son fior di libri che attraverso la lettura di documenti
originali ne seguono il percorso. Di diverso c’è l’olio al
posto del burro ma come è noto ai toscani “i senesi lasciano
l’olio toscano per il burro!”
Roberta Capanni
110 anni di Amarene Fabbri e
un matrimonio
Al Sigep di Rimini, XXXVII Salone internazionale della
gelateria e pasticceria artigianale, che vede partecipare i
migliori maestri ed allievi da ogni parte del globo, per
dimostrare la loro competenza, si festeggia alla grande con
Fabbri.
In primo luogo ricorre il decimo anno del Concorso con gelati
e torte per eleggere il gusto di “Gelato 100 e lode”, indetto
da Fabbri nel 2015, una delle aziende storiche del settore
nata nel 1905 per celebrare il Centenario delle sue Amarene. È
stato eletto il miglior gelato del contest
a cui hanno partecipato tra aprile e
settembre 2015 centinaia di gelatieri di
tutta Italia: si chiama “Amarandola” e l’ha
creato un gelatiere di Santa Maria delle
Mole, Marino (Roma), Francesco Ozzimo,
della gelateria “Il gelato di Oz”. Per lui,
oltre al titolo consegnato da Nicola
Fabbri, quarta generazione della famiglia
alla guida dell’azienda, in premio un vero
carretto gelato, ispirato agli storici
carretti d’antan, dotato anche di bicicletta-traino.
Il secondo evento da segnalare giacché alquanto curioso, è un
matrimonio, o meglio una proposta di matrimonio in diretta
durante la premiazione di un Concorso Fabbri. A diventare
protagonista di questa inedita situazione Daniele Foltran, un
gelatiere di Chirignago in provincia di Venezia, uno dei sei
finalisti del concorso. Daniele, che
gestisce la sua gelateria Icebear con la
compagna Fabienne ha colto l’occasione
della
ribalta
per
chiederle
ufficialmente la mano improvvisando un
anello con un tovagliolino di carta.
Nella foto Daniele Foltran con la
fidanzata Fabienne e Nicola Fabbri,
rimasto
l’insolita situazione.
sorpreso
e
commosso
per
Al #Sigep2016, tantissime le novità in esposizione: Biscotti
alla vaniglia con carbone attivo per favorire la digestione,
proposte biologiche e vegan con basi 100% vegetali, prodotti
contro lo spreco alimentare come il gelato di pane con
verdure, gusti al miele di coriandolo, pappa reale e polline
per una bontà tutta naturale, e persino carretti tradizionali
rivisitati in chiave moderna per portare il gelato a feste e
inaugurazioni.
Maura Sacher
Lo Champagne si fa nel Regno
Unito
La Maison Taittinger, una delle più grandi case produttrici di
champagne del mondo con sede a Reims, nella regione della
Champagne – Ardenne, ha spostato la sua produzione di preziose
bollicine un po’ più a Nord.
Ha guadagnato terreno Oltremanica, e ‘guadagnato’ si fa per
dire giacché ha sborsato oltre 7 milioni di euro per
insediarsi in 69 ettari nel Kent, nei pressi di Canterbury,
nel sud-est della Gran Bretagna, con la
scusa dello spostamento delle fasce
climatiche, a causa del diagnosticato
riscaldamento globale del pianeta, che
consente temperature miti anche in
regioni più settentrionali.
In Francia il clima continentale
piuttosto freddo della zona dello Champagne rappresentava il
limite massimo per la coltivazione della vite. Ora il sud
dell’Inghilterra sembra contare le temperature che erano
(sotto l’aspetto viticolo) ad esclusivo appannaggio della
Champagne.
Ma c’entra anche il terreno, molto simile al suolo francese
della regione Champagne.
E forse c’entra anche altro.
È noto che le guerre hanno prevalentemente origini economiche
e che tra Francia e Regno Unito non è mai corso buon sangue,
per secoli, ma di fronte al business reciprocamente
vantaggioso si può passare sopra a princìpi e valori,
tappandosi il naso. D’altronde gli inglesi bevono più
champagne di ogni altra nazione, seguiti dalla Germania e
Stati Uniti, e ciò fin dai tempi in cui le bollicine francesi
entrarono in voga tra le nobiltà europee.
Così hanno fatto precedentemente altre aziende francesi di
champagne fin dagli anni ’80, tanto che oggi gli spumanti
rappresentano circa i due terzi dell’intera produzione
vinicola britannica. E così ha fatto la Maison Taittinger, che
intorno a Reims possiede più di
280 ettari di vigneti, 170
lavorati ad aratro, senza
diserbanti e coltiva uve di
Chardonnay, Pinot Meunier e
Pinot Nero. Le stesse impiantate nel Regno Unito, su terreni
siti ad un’altitudine massima di 80 metri, orientate verso
sud. L’aspettativa è di creare uno champagne, che – secondo
Pierre Emmanuel Taittinger – sarà qualcosa di innovativo, “uno
spumante che non sia paragonabile né con lo Champagne né con
qualsiasi altra bollicina del mondo”.
L’Inghilterra non è la prima scelta dei produttori di
Champagne Taittinger di esportare i propri vitigni, infatti
dal 1988 produce spumanti in California. Il progetto
britannico di Taittinger è di piazzarsi sul mercato nel giro
di 8 anni, con la prima vendemmia nel 2020, e di arrivare ad
una produzione annua di 300.000 bottiglie.
I Taittinger nascono come mercanti di vino, trasferitisi nella
Champagne dalla Lorena nel 1870. Il marchio fu creato nel 1932
in seguito all’acquisizione da parte di Pierre Taittinger di
quella che è la attuale residenza della Maison, Château de la
Marquetterie, rilevata dalla preesistente
compagnia Forest-Fourneaux, fondata nel
1734, in collaborazione con i monaci
benedettini all’epoca proprietari di gran
parte delle vigne circostanti.
La crescita dell’azienda Taittinger è
stata continua e l’impulso maggiore si deve a Claude
Taittinger che l’ha diretta dal 1960 al 2005, portando il
marchio ai vertici mondiali.
Il nuovo champagne franco-britannico si chiamerà “Domaine
Evremond”, dalla città nei pressi di Canterbury che ha preso
il nome dal poeta francese Charles de Saint-Evremond
(1614-1703), il primo vero ambasciatore per lo Champagne,
popolare in Inghilterra alla fine del Seicento nella corte di
Carlo II. È da sottolineare che questa cittadina è gemellata
con Reims, proprio attraverso Jean Taittinger, quando ne era
sindaco (1959-1977).
Maura Sacher
NdR: l’immagine di testa mostra il suggello ufficiale della
partnership tra Francia e Inghilterra: da sinistra, PierreEmmanuel Taittinger con la bandiera britannica e Patrick
McGrath, amministratore della società di distribuzione Hatch
Mansfield, con il tricolore francese.