Sono le storie a spingermi a fare cinema. Poterle raccontare con
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Sono le storie a spingermi a fare cinema. Poterle raccontare con
TITOLO ORIGINALE: Les innocentes NAZIONE: Francia, Polonia DURATA: 115’ REGIA: Anne Fontaine CAST: Lou de Laâge, Agata Buzek, Agata Kulesza, Vincent Macaigne, Joanna Kulig, Eliza Rycembel, Katarzyna Dabrowska, Anna Próchniak, Helena Sujecka, Mira Maluszinska Sono le storie a spingermi a fare cinema. Poterle raccontare con il cinema. Le storie mi investono, mi riempiono, mi danno urgenza Anne Fontaine – regista http://www.saledellacomunita.it/interviste-anne-fontaine-agnus-dei/ INTERVISTE: Anne Fontaine sul valore di AGNUS DEI 1) La storia vera di Madeleine Pauliac Agnus Dei si basa su una storia vera. Medico ventisettenne di Parigi, Madeleine Pauliac nel 1945 operava presso l'Ospedale francese di Varsavia ridotto in rovine, a capo delle attività di rimpatrio all'interno della Croce Rossa Francese. Attorno a lei una Polonia "liberata" dai tedeschi, provvisoriamente controllata dall'Armata Rossa. In queste circostanze Madeleine scoprì l'orrore nei reparti di maternità, dove i russi avevano violentato le donne che avevano appena partorito e quelle che erano in travaglio; gli stupri erano all'ordine del giorno e ci furono addirittura stupri collettivi nei conventi. Madeleine si occupò di fornire aiuto medico a queste donne, aiutandole anche a guarire le loro coscienze. Morì accidentalmente nel febbraio del 1946 mentre era in missione vicino a Varsavia. 2) Il "noviziato" di Anne Fontaine Questa storia è arrivata ad Anne Fontaine tramite i suoi produttori, i fratelli Altmayer, che avevano conosciuto le vicende di Madeleine Pauliac grazie al nipote Philippe Maynial. In Agnus Dei (titolo originale Les Innocentes) cambiano alcuni dettagli e Madeleine Pauliac diventa Mathilde. Interpretata da Lou de Laâge, Mathilde risponde alla richiesta di aiuto di una suora e, recandosi al convento, si rende conto che non una religiosa ma quasi tutte sono state vittime della barbarie dei soldati sovietici e molte sono rimaste incinte. Anche se non sarebbe di sua competenza, decide di prestare il suo soccorso medico, di nascosto, proteggendo la riservatezza delle sorelle violate. "Mi sono avvicinata alla storia tramite i diari della dottoressa Pauliac per parlare di questa disobbedienza positiva, di questo giovane medico che attraversa i boschi innevati senza che i suoi superiori lo sappiano", ha spiegato Fontaine alla stampa milanese. La regista si è recata in Polonia per ricerche storiche sulla vicenda, che si sono rilevate complicate. Poche persone erano al corrente dei fatti. Poi, pian piano, è riuscita ad arrivare a tante verità. Per riportare con fedeltà l'ambiente monacale, ha vissuto due ritiri in conventi benedettini come novizia: "Credo di esser riuscita a interiorizzare la vita di queste suore senza rischiare di essere caricaturale". Una curiosità: la scena finale coi bambini che scorrazzano tra le suore è storia vera, ma estrapolata dalla vita di un altro convento. 3) La fragilità della fede Dio vuole questo? È la domanda che ricorre, strisciante, frequente, dolorosa, nel convento polacco sfregiato dagli uomini della guerra. "La fede sono 24 ore di dubbio e un minuto di speranza", dice suor Maria, interpretata da Agata Buzek, attrice polacca che dà intensità asciutta al suo personaggio. In Agnus Dei scorrono dialoghi sulla fede e sulla sua precarietà, privi di retorica. "Ho indagato la fragilità della fede", dice Fontaine che, pur avendo avuto un'educazione cattolica, è non credente. "Nello sposare la vita religiosa, la rinuncia più grande per una suora non è al sesso ma alla maternità. E questo è estremamente toccante". Agnus Dei è stato proiettato in Vaticano, dove è stato definito "un film teraupetico per la Chiesa". 4) Il vero amore affidato a una presenza laica Nel convento turbato dall'orrore, tra pancioni in abito monacale che stanno sempre lì a ricordare, in modo stridente, la castità deturpata, a portare vero amore e luce è una figura laica e molto moderna. È il sorriso soffuso di Mathilde a generare speranza. La sua professionalità generosa, la solidarietà sussurrata, senza giudizi. La madre badessa (Agata Kulesza, già vista nel film polacco premio Oscar Ida) è invece un personaggio torbido e oscuro, da tragedia greca, è sovrastata da una cultura bigotta che preferisce ammantare la vergogna (come se la vergogna non fosse da ascrivere esclusivamente agli stupratori ma anche alle vittime). "Ho dannato me stessa per salvarvi", la sua frase ambigua rivolta alle consorelle. 5) Lou de Laâge, grazia e luce In Italia abbiamo già visto la protagonista Lou de Laâge nell'opera prima di Piero Messina L'attesa, accanto a Juliette Binoche. Ora è alla sua prima volta in un ruolo da giovane adulta. "È di poca esperienza in verità, ha sempre fatto ruoli da ragazzina", racconta Fontaine. "Ha fatto prove non eccelse ma nonostante ciò trovo che abbia grazia, carisma, luce e determinazione, tutti elementi necessari per questo film". La luce pacata e pura che irradia l'attrice ventiseienne è vincente, anche quando si sofferma un po' troppo in silenzi che vogliono parlare o quando le labbra carnose indugiano tra sorriso e cruccio. Di giocondesca espressività. Simona Santoni - http://www.panorama.it/ «Agnus Dei»: dall’orrore della guerra a un barlume di bene tra le mura del monastero di clausura «Dio non si mette da parte», soprattutto quando la nostra coscienza è chiamata in causa, sia per dovere professionale sia per credo o, addirittura, per scelta religiosa. Una vera provocazione messa al centro nel racconto di Anne Fontaine nel film «Agnus Dei», ispirandosi agli scritti di Madeleine Pauliac, medico della Croce Rossa francese, che nel 1945 in Polonia soccorse in segreto alcune monache violentate dai soldati dell’Armata sovietica e rimaste incinte. Un dramma tenuto nascosto, forse per molto tempo, che getta luce, purtroppo, sulle guerre di oggi dove ancora si perpetuano simili atrocità nei confronti delle donne. […] Un orrore indicibile che, grazie alla regia della Fontaine, prende sempre più forma sullo schermo, mantenendo un certo rigore e rispetto. «Agnus Dei» scava così non solo nella storia, ma anche nell’anima delle protagoniste: anima «stuprata», pur essendo stata donata a Dio, tradita dalla violenza dell’uomo, nonché dal male che è riuscito a penetrare le mura della clausura. Tante le domande messe sul piatto: non solo quelle che raggiungono le nostre orecchie, perché esplicite nel racconto, ma anche quelle che arrivano a toccare il nostro cuore da una visione che scava dentro. Vere e proprie provocazioni che mandano in crisi le nostre convinzioni (martirio o orgoglio?), la coscienza (cosa era più giusto fare?), nonché la nostra stessa fede («la fede: sono ventiquattro ore di dubbio e un minuto di speranza»). Un film di una bellezza disarmante (nel vero senso del termine). Perché anche dentro l’orrore esiste sempre un barlume di bene, come del resto ci ricorda suor Maria: «Dietro ogni gioia c’è una croce». Gianluca Bernardini - http://www.sdcmilano.it/ «Agnus Dei», storia di violenza e speranza in un monastero polacco I bambini nascono, alla fine. E con loro nasce una comunità. Anche in Agnus Dei di Anne Fontaine accade quello che accadeva negli ormai numerosi racconti cinematografici di ambientazione monastica, conventuale o comunque religiosa susseguitisi negli ultimi anni. Il grande silenzio di Philip Gröning (2005), per esempio, o Uomini di Dio di Xavier Beauvois (2010), nel quale si ricostruiva il martirio dei trappisti di Tibhirine, in Algeria. Perfino nelle pellicole più controverse, come Magdalene di Peter Mullan (2002) o Il caso Spotlight di Tom McCarthy (2015), a prevalere non era la vicenda del singolo personaggio, ma una dimensione di coralità che si traduceva nella ricerca di una ricomposizione. Al punto che, per paradosso, il film che più di ogni altro ricorda Agnus Dei per atmosfera e intensità, e cioè Ida di Pawel Pawlikowski (2013), è quello che più se ne distacca. A dispetto dell’identità quasi perfetta di ambientazione, oltretutto: la Polonia dell’immediato dopoguerra, un convento femminile insidiato dall’avanzata del comunismo. Ma se la novizia Ida se ne partiva, tutta sola, alla ricerca della propria identità, in Agnus Dei nessuna delle benedettine pensa di allontanarsi dal monastero in cui si è consumato un dramma pressoché inimmaginabile. […] I fatti storici ai quali Agnus Dei si ispira sono ancora più crudi della trama del film. Provengono dalle memorie del giovane primario dell’Ospedale francese di Varsavia durante la guerra, Madeleine Pauliac, morta in un incidente nel 1946. Gli stupri seriali delle truppe sovietiche ci sono noti attraverso la sua testimonianza. «Ma oggi la situazione non è cambiata – ha sottolineato ieri a Roma Anne Fontaine –. La violenza sulle donne è un’arma di guerra tanto diffusa quanto inaccettabile, una barbarie che ancora non si riesce a estirpare». Alessandro Zaccuri - https://www.avvenire.it