La Flessibilità - Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche
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La Flessibilità - Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche
La Flessibilità Secondo la letteratura internazionale è possibile individuare almeno cinque tipologie di flessibilità: - La flessibilità numerica esterna, definita come la possibilità per l’utilizzatore della forza lavoro di adattare il numero di impiegati alle necessità produttive del momento (lavoro a tempo determinato). - La flessibilità numerica interna, definita come la possibilità per l’impresa di variare il numero e la distribuzione delle ore di lavoro senza modificare la quantità di forza lavoro impiegata (lavoro straordinario,lavoro stagionale, lavoro nel fine settimana.) - La flessibilità funzionale, definita come la possibilità per l’impresa di spostare la forza lavoro e il suo impiego da una mansione o unità produttiva all’interno dell’impresa ad un’altra sempre nella medesima impresa, o di modificare il contenuto delle mansioni svolte (mobilità interna all’impresa della forza lavoro c.d. rotazione interna) - La flessibilità salariale, definita come la possibilità per l’impresa di adattare “i salari ai cambiamenti nel mercato del lavoro o alle condizioni di concorrenza. Solitamente, le imprese cercano di utilizzare tale possibilità con retribuzioni addizionali o sostitutive degli accordi collettivi indipendenti dal rendimento individuale”. - La flessibilità dell’esternalizzazione, intesa come la possibilità per l’impresa di subcontrattare alcune attività produttive a lavoratori esterni o imprese senza contratti di lavoro ma esclusivamente con contratti commerciali (outsourcing di alcune mansioni). Tipologia flessibilità Tipi di flessibilità che possiamo identificare: 1. del rapporto di lavoro 2. salariale 3. Organizzativa Fattori della flessibilità da esaminare: a. Instabilità (adeguamento della forza-lavoro ai picchi della produzione) b. tempo di lavoro: determinato o ridotto c. assenza di una o più misure di tutela sociale d. vincolo della subordinazione Studiosi italiani -1 Secondo Gallino (2000) • quantitativa vs qualitativa • numerica vs funzionale • esterna vs interna Secondo Pugliese (1993; 2010) il “lavoro standard” storicamente ha rappresentato il raggiungimento di tutele sociali (prima fra tutte la stabilità occupazionale) e benessere materiale prima sconosciuti al lavoro dipendente; il lavoro flessibile connotandosi proprio per una perdita di tali elementi sembrerebbe rappresentare un evidente peggioramento delle condizioni occupazionali ed economico sociali (Pugliese 1993; Mingione Pugliese 2010). Studiosi italiani -2 Berton F., Richiardi M., Sacchi S. (2009) Flex-insecurity: perché in Italia la flessibilità diventa precarietà definiscono il lavoro atipico facendo riferimento a contratti e rapporti di lavoro parasubordinato e a contratti di lavoro subordinato che si differenziano da quelli tipici per non essere a tempo pieno. Includono quindi: lavoro a tempo parziale lavoro a tempo determinato lavoro in somministrazione contratti di inserimento e di formazione e lavoro apprendistato Lavoratori eterorganizzati ovvero dipendenti da qualcun altro nell'organizzazione del lavoro Lavoratori economicamente dipendenti ovvero né dipendenti né autonomi, come ad esempio: lavoratori con collaborazione coordinata e continuativa collaboratori a progetto e lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata dell'Inps (possono essere distinti in mono-committenti o pluri-committenti). Studiosi italiani - 3 Berton F., Richiardi M., Sacchi S. (2009) Flex-insecurity: perché in Italia la flessibilità diventa precarietà hanno scelto di NON usare il termine di lavori flessibili perché ci sono alcune dimensioni della flessibilità del lavoro, come quella salariale, che denotano anche altre forme contrattuali da loro non considerate ancora meno utilizzabile in termini analitici è il concetto di lavori precari, dal momento che la precarietà dipende dal funzionamento non solo del mercato del lavoro ma anche dal sistema di protezione sociale scartano anche lavoro non standard o anche nuove forme di lavoro perché alcune esistono già da diversi anni preferiscono il termine lavori atipici, intendendo non i lavori che non sono stati codificati, dal momento che con la legge 276 del 2003 tali forme contrattuali sono state codificate dal diritto del lavoro italiano. Cosa è tipico e cosa è atipico tempo di lavoro pieno (40 ore settimanali) vs part-time (orizzontale e verticale) subordinazione (nel lavoro dipendente) vs libertà nella gestione di modalità tempi e luogo del lavoro contributi Inps vs gestione separata Inps tutele sociali (ferie retribuite, congedi parentali retribuiti, assenza per malattia retribuita, indennità di disoccupazione, mensilità aggiuntive come la cosiddetta tredicesima) vs assenza di una o più tutele. I lavoratori para-subordinati Lavoratori iscritti alla Gestione separata dell'INPS : •Collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.), •collaborazione a progetto (co.co.pro.), •prestazioni d’opera occasionale, •associazioni in partecipazione •partite iva e false partite iva L’Inps definisce atipici i “laureati in formazione” come ad esempio i medici specializzandi e dottorandi di ricerca così come i “volontari del servizio nazionale” Le Riforme Misure che riducono i livelli di protezione (Employment Protection Legislation) e l'eccessiva rigidità del mercato del lavoro, considerata causa di alta disoccupazione •- Introduzione di maggiore flessibilità in entrata (Pacchetto Treu 1997; Legge Biagi 2003) •Introduzione di maggiore flessibilità in uscita (Jobs Act Governo Renzi 2014 ed eliminazione dell’art. 18 statuto dei lavoratori per i nuovi contratti a tutele crescenti). In Italia si sono succedute diverse riforme mercato del lavoro: •Governo Prodi: > Pacchetto Treu (Legge 196/1997): intraprese il cammino della flessibilità in entrata, ovvero la flessibilità del rapporto giuridico di lavoro e delle agenzie di lavoro interinale . •Governo Berlusconi > 2003 Riforma Biagi (D.Lgs. 276/2003): introdusse ben 46 configurazioni contrattuali di lavoro; •Governo Monti > Riforma Fornero (legge 92 del 28 giugno 2012). Introduce disposizioni generali su tipologie contrattuali, disciplina in tema di flessibilità in uscita, tutele del lavoratore (Aspi; Mini-aspi- per chi ha versato almeno 13 settimane di contributi all’Inps- e Indennità sperimentale nel triennio 2013/2015 ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali. •Governo Renzi > Decreto Poletti (decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, poi convertito in legge 16 maggio 2014, n. 78) su lavoro a termine e apprendistato. Le conseguenze della flessibilità sui singoli • sulla vita • sui diritti • sulle tutele sociali • sulla pensione Richard Sennet, (2001), L’uomo flessibile, Milano, Feltrinelli. . L’edizione originale del sociologo statunitense si intitolava “The Corrosion of Character”, titolo che richiama evidentemente sentimenti come insicurezza, frustrazione ed in generale difficoltà esistenziali di massima importanza. la traduzione “L’Uomo flessibile” indica invece qualcosa di “neutro e un po’ accattivante” Le conseguenze sociali della flessibilità a livello sociale (e demografico) • sui rischi sociali • sulla creazione di nuove famiglie • sulla fertilità • su invecchiamento popolazione • su diseguaglianze sociali Banche dati Italiane ed Europee •Istat: Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (dal 2004) http://dati.istat.it/ •Eurostat: The EU-LFS database, Labour Force Survery, Istat: •classe di età (15-24); (25-34); (35-44); (45-54); (55-64) •titolo di studio (nessun titolo o elementare; media; diploma; laurea e post laurea) •cittadinanza (italiana; straniera) •settore economico (Ateco 2002 oppure Ateco 2007) •posizione professionale (dipendente vs indipendente) •profilo professionale (dirigente,operaio ecc...) •classificazione professioni 2001 oppure classificazione professioni 2011 (qualificate e tecniche, non qualificate, ecc…) •regime orario (pieno o parziale) •carattere occupazione (tempo determinato o indeterminato) Dati & Numeri Occupati in Italia. Anno 2015 (dati in migliaia) Totale 22.465 di cui Dipendenti 16.988 e indipendenti 5.477 Dipendenti a tempo indeterminato 14.605 (tempo pieno: 11.973 ; tempo parziale: 2.632); Dipendenti a tempo determinato 2.383 (tempo pieno: 1.669 ; tempo parziale: 714) Indipendenti a tempo pieno: 4.657 Indipendenti a tempo parziale: 820 (NB: Se si analizza in base al profilo professionale al 2015 risultano 140 mila apprendisti e 349 mila collaboratori) Occupazione nelle imprese -Ultimo anno disponibile Anno 2011 (dati in valore assoluto) Totale 16.969.252 Dipendenti: 11.304.118 Indipendenti 5.119.968 Esterni 421.929 Temporanei 123.237 Bibliografia Altrieri G., Carrieri M., (2000), Il popolo del 10%. Il boom del lavoro atipico, Donzelli Editore, Roma. Gallino L., (2001), Il costo umano della flessibilità, EditoriLaterza, Roma- Bari. Accornero A., (2006), San Precario lavora per noi : gli impieghi temporanei in Italia, Rizzoli, Milano. Berton F., Richiardi M., Sacchi S. (2009), Flex-insecurity: perché in Italia la flessibilità diventa precarietà, Il Mulino, Bologna. Berton F., Richiardi M., Sacchi S., (2013), Nonstandard work, lowpaid work and employment dynamics: evidence from an occupational perspective. Murgia A., Poggio B., (2013), Quando studiare non basta. Racconti di giovani highly skilled nel mercato del lavoro flessibile, in Sociologia del lavoro, n. 131, pp. 59-73, Franco Angeli, Milano della Ratta-Rinaldi F., Di Nicola P. , Ioppolo L., Rosati S., (2014), Che cosa significa essere precario? Parole, vissuti e diritti negati della generazione senza.