Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 23407/16 depositata

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Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 23407/16 depositata
Civile Sent. Sez. 2 Num. 23407 Anno 2016
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FALABELLA MASSIMO
SENTENZA
sul ricorso 9177-2012 proposto da:
PATUR IMMOBILIARE DI TURINO LUCIANO E C SAS
01349031219, IN PERSONA DELL'AMM.RE UNICO E LEGALE
RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata ROMA, VIA DI
PORTA PINCIANA 6, presso lo studio dell'avvocato GUIDO
PARLATO, che la rappresenta e difende;
- ricorrente contro
SALVATORE FRANCO C.F.SLVFNC43B01E335V, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 11, presso lo
studio dell'avvocato ALDO PINTO, rappresentato e
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Data pubblicazione: 17/11/2016
difeso dall'avvocato MARIO SALTALAMACCHIA;
- controricorrente -
Nonché da:
BANCO DI NAPOLI SPA 04485191219, IN PERSONA DEL SUO
PROCURATORE SPECIALE, elettivamente domiciliato in
dell'avvocato DARIO MARTELLA, che lo rappresenta e
difende;
- conttroricorrente e ricorrente incidentale contro
PATUR IMMOBILIARE DI TURINO LUCIANO E C SAS
01349031219, IN PERSONA DELL'AMM.RE UNICO E LEGALE
RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DI PORTA PINCIANA 6, presso lo studio dell'avvocato
GUIDO PARLATO, che la rappresenta e difende;
- controricorrente al ricorso incidentale
-
avverso la sentenza n. 231/2012 della CORTE D'APPELLO
di NAPOLI, depositata il 28/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/06/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO
FALABELLA;
udito l'Avvocato Luciana Parlato con delega depositata
in udienza dell'Avv. Parlato Guido difensore della
ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
principale e il rigetto del ricorso incidentale;
udito l'Avv. Martella Dario difensore del Banco Di
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ROMA, L.G0 DI TORRE ARGENTINA 11, presso lo studio
Napoli spa che ha chiesto raccoglimento del ricorso
incidentale e il rigetto del ricorso principale;
udito l'Avv. Luca Salvalamacchia con delega depositata
in udienza dell'Avv. Mario Salvalamacchia difensore di
Salvatore Franco che ha chiesto l'accoglimento delle
difese in atti;
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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, e per l'accoglimento
del ricorso incidentale.
,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Patur Immobiliare s.a.s. di Turino Luciano e C. si
rendeva aggiudicataria in data 8 ottobre 1985 di alcuni
à
in
proprietà di S.A.E.S. s.p.a.: lotti che erano stati
oggetto di una procedura esecutiva immobiliare in danno
di quest'ultima società. Con atto di citazione dell'8
maggio 1990 la stessa Patur conveniva in giudizio
avanti al Tribunale di Napoli l'Istituto Bancario San
Paolo, creditore procedente della suddetta esecuzione
forzata, lamentando l'evizione di un lotto di circa
5880 mq. riportato in catasto alla particella 3928,
foglio 6, particella 81: ciò in quanto il lotto in
questione era stato in precedenza oggetto di
espropriazione per pubblico interesse da parte del
Sindaco del Comune di Frattamaggiore con decreto del 22
ottobre 1979. Chiedeva pertanto la restituzione del
prezzo pagato, la rifusione delle spese affrontate e il
risarcimento del danno sofferto.
nella cui posizione
La banca convenuta
successivamente subentrata Banco di Napoli s.p.a.
resisteva alla domanda chiedendo di chiamare in causa
l'ing. Lucio Labriola, quale esperto nominato dal
giudice dell'esecuzione a norma dell'art. 568 c.p.c..
Stante il decesso del suddetto perito, ne venivano
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lotti di terreno siti in Frattamaggiore,
citati in giudizio gli eredi,
collettivamente e
impersonalmente.
Il Tribunale,
in accoglimento della domanda
solido tra loro, alla restituzione della somma di C
58.408,36, quale prezzo pagato per l'acquisto del
cespite, al rimborso della somma di C 5.841,61, a
titolo di spese sostenute da Patur nel corso della
procedura esecutiva e al risarcimento dei danni
quantificati in C 320.825,77, oltre interessi e
rivalutazione monetaria.
La sentenza era impugnata dall'istituto di credito
e nella fase di gravame si costituivano la società
vittoriosa in primo grado e Lucia Salvatore, nella
qualità di unico erede di Labriola, la quale proponeva
appello incidentale; deceduta pure quest'ultima, il
processo era interrotto e poi riassunto, proseguendo
nei confronti di Franco Salvatore, successore
mortis
causa della suddetta Lucia.
Con sentenza depositata il 28 gennaio 2012, la
Corte di appello di Napoli, in riforma dell'impugnata
pronuncia, riconosceva non dovuta la somma di C
385.075,74, come comprensiva di interessi compensativi
liquidati al 5%, maggiorata della rivalutazione
monetaria
e
condannava
Patur
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alla
conseguente
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attrice, condannava la banca e gli eredi Labriola, in
restituzione di quanto ad essa corrisposto;
in
accoglimento dell'appello incidentale, rigettava, poi,
la domanda spiegata dal Banco di Napoli e da Patur nei
La sentenza è stata impugnata per cassazione da
Patur con ricorso articolato in due motivi; resistono
con controricorso il Banco di Napoli, che ha svolto un
ricorso incidentale basato su di un unico motivo, e
Franco Salvatore. Sono state depositate le memorie ex
art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente si duole della
violazione degli artt. 2921, 1223 e 2043 c.c., nonché
dell'omessa e insufficiente motivazione su di un punto
essenziale della controversia. Rileva che il danno di
cui era stato richiesto il risarcimento, costituito
dalla perdita del bene acquistato, integrava un danno
emergente, consistente del pregiudizio subito da essa
istante per effetto della sottrazione dell'area di cui
si era resa aggiudicataria; rileva in proposito che il
danno riconosciutole in prime cure sulla scorta della
valutazione peritale corrispondeva al valore intrinseco
della porzione immobiliare rapportato all'epoca
dell'aggiudicazione,
onde
il
risarcimento
andava
determinato attribuendole l'equivalente monetario del
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confronti del terzo chiamato.
bene perduto. La Corte distrettuale,
secondo la
ricorrente, aveva mancato di considerare che il
pregiudizio rapportato al valore intrinseco dell'area
edificatoria del lotto, unitamente alle risultanze
peritali, fornivano elementi di valutazione atti a
configurare la ragionevole certezza di un danno
rappresentato quantomeno dalla perdita di
chance
chance:
costituita dalla possibilità di sfruttare la
natura edificatoria dell'area oppure, in caso di
esproprio, di conseguire la relativa indennità,
commisurata a quanto liquidato dal giudice di prime
cure.
Il motivo non ha fondamento.
Mette conto qui di rilevare che la Corte di merito
ha osservato che il primo giudice non aveva in alcun
modo motivato le ragioni per le quali a Patur spettasse
il ristoro di un lucro cessante; il giudice
dell'impugnazione ha precisato che la restituzione
della somma pagata per l'aggiudicazione del bene,
maggiorata delle spese affrontate, degli interessi
compensativi e della rivalutazione monetaria copriva
l'intera area del danno, inteso come interesse
negativo, che l'appellata aveva subito a seguito
dell'evizione. Lo stesso giudice dell'impugnazione ha
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evitta costituiva un danno emergente e che la natura
poi rilevato che la prova del lucro cessante non era
stata fornita e che il danno non poteva considerarsi
conseguenza immediata e diretta dell'evizione, giacché
perdita del diritto di edificazione, posto che questa
facoltà era subordinata alla concessione dell'autorità
amministrativa e l'odierna ricorrente non aveva
dimostrato di esserne divenuta titolare: ha osservato,
anzi, che la porzione immobiliare in questione era
stata espropriata, essendo ricompresa nel piano di zona
per l'edilizia residenziale pubblica ai sensi della 1.
n. 167/1962, sicché Patur non avrebbe potuto
legittimamente ottenere alcun titolo concessorio stante
il vincolo di ordine generale che gravava sul lotto.
La tematica del risarcimento del danno trova
ingresso, nella fattispecie portata all'esame di questa
Corte, in quanto la sentenza impugnata ha
specificamente riconosciuto la colpa del creditore
procedente (cfr. pag. 7 del provvedimento) e tale
accertamento non è stato impugnato. Va osservato, in
proposito, che l'art. 2921 c.c., nel prevedere che
l'acquirente della cosa espropriata, ove ne subisca
l'evizione, possa ripetere il prezzo non ancora
distribuito o quello oggetto di distribuzione (nel caso
in cui questa sia intervenuta), fa salva la
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il mancato acquisto del terreno non comportava la
responsabilità del creditore procedente per i danni. In
tema di evizione del bene oggetto di vendita forzata,
dunque, trova fondamento applicativo il criterio che è
riguardo alla previsione di cui all'art. 1483 c.c.: in
base ad esso, la garanzia per evizione ha la funzione
di eliminare lo squilibrio delle prestazioni
determinato dall'inadempimento del venditore; la
garanzia opera, dunque, nei limiti del ripristino della
situazione anteriore alla conclusione del contratto
anche in mancanza di colpa del venditore; la colpa è
invece necessaria allorché il compratore chieda il
risarcimento integrale dei danni, comprensivo anche
dell'interesse positivo (Cass. 22 giugno 2006, n.
14431; Cass. 27 gennaio 1998, n. 792; Cass. 6 novembre
1986, n. 6491; per l'applicazione del principio
all'evizione di cui all'art. 2921 c.c., cfr. Cass. 12
febbraio 2015, n. 2750, in motivazione). In altri
termini, nell'ipotesi di evizione totale, il venditore
deve normalmente risarcire al compratore il danno, nei
limiti del cd. interesse negativo, costituito dalla
restituzione del prezzo, dal rimborso delle spese della
vendita e dai frutti, che l'acquirente abbia dovuto
corrispondere a colui dal quale sia stato evitto, oltre
gli accessori e le spese giudiziali; tuttavia, qualora
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stato affermato dalla giurisprudenza con particolare
si accerti che abbia agito con dolo c con colpa, in
riferimento alla particolare causa che ha determinato
l'evizione, il venditore è obbligato al risarcimento
cessante, ponendosi la causa di evizione sullo stesso
piano giuridico dell'inadempimento (Cass. 17 settembre
2015, n. 18259; Cass. 14 aprile 1994, n. 3470).
Ciò posto, la Corte di merito ha correttamente
preso in esame la questione circa "l'accrescimento di
valore che il lotto non avrebbe ricevuto per effetto
della sua edificazione" in quanto l'accertamento
peritale richiamato dall'odierno ricorrente - e fatto
proprio dal giudice di prime cure - si basa, con tutta
evidenza, proprio su di una stima del bene che tiene
conto dell'apprezzamento che ad esso sarebbe derivato
dall'attività costruttiva. Per rendersene conto è
sufficiente osservare che, nel computo di detto valore
il C.T.U. ebbe a prendere in considerazione i costi di
costruzione (cfr. gli stralci dell'elaborato tecnico
riprodotti a pagg. 12 ss. del ricorso).
incontroverso
Ora,
dell'aggiudicazione
ricorrente
più
non
il
che
momento
al
fondo
acquistato
appartenesse
alla
dalla
debitrice
esecutata, per essere lo stesso stato oggetto di
espropriazione per pubblico interesse alcuni anni
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integrale del danno, comprensivo anche del lucro
prima: la stessa ricorrente riferisce, infatti, che
l'espropriazione risaliva al 1979 (laddove
l'aggiudicazione ebbe luogo nel 1985). Come si è
l'espropriazione si attuò in seguito all'inclusione
dell'area nel piano di zona previsto dalla l. n.
167/1962. Viene quindi in questione il procedimento
ablatorio, previsto dall'art. 9, ult. co . della detta
legge, cui erano soggette le aree incluse nel piano:
aree asservite alla speciale programmazione urbanistica
delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a
carattere economico o popolare, nonché opere e servizi
complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a
verde pubblico (art. l della legge).
Discende da ciò che al momento dell'aggiudicazione
il bene, in quanto espropriato e assoggettato alla
nominata finalità pubblicistica, era privo di un valore
intrinseco correlato alla sua attitudine edificatoria,
non potendo essere destinato dai privati a quei fini
speculativi che incidono significativamente sulla
quotazione dell'area nel mercato immobiliare.
La Corte distrettuale ha quindi correttamente
escluso di poter prendere in considerazione il
pregiudizio patrimoniale commisurato all'accrescimento
di valore che il lotto avrebbe conseguito per effetto
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accennato, la Corte di appello ha evidenziato che
di una potenziale attività costruttiva.
Il vero è che nel prospettare il frustrato impiego
del fondo ai fini edilizi la ricorrente finisce per
espropriazione per pubblico interesse, quasi ad
ipotizzare che il pregiudizio non si sarebbe prodotto
se il bene non fosse stato espropriato: trascurando con
ciò di considerare che, sul piano giuridico, il danno
ingiusto non dipende da detta evenienza, quanto,
piuttosto, dall'incauta condotta del creditore
procedente. Infatti il fondamento della obbligazione
risarcitoria sancita dall'art. 2921 c.c. risiede nel
potere di scelta che l'ordinamento conferisce al
creditore procedente di individuare beni da
sottoporre ad esecuzione forzata e nella responsabilità
che egli assume assoggettando al procedimento
espropriativo beni che non appartengono al debitore
(Cass. 21 luglio 1969, n. 2724). Non è allora possibile
lamentare il mancato conseguimento del profitto (dato
dalla inesistente natura edificatoria del lotto) che si
origina dalla precorsa espropriazione del bene,
originariamente appartenente al debitore esecutato, in
quanto il danno, a norma dell'art. 1223 c.c., deve
essere conseguenza immediata e diretta dell'illecito:
non della situazione, estranea alla condotta contra jus
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riconnettere il danno al dato della pregressa
del danneggiante, che ne costituisca il presupposto.
Con il secondo motivo è lamentata violazione delle
norme di cui agli artt. 568 e 64 c.p.c. e 2043 c.c.,
punto decisivo. Ad essere censurata è l'affermazione
del giudice del gravame secondo cui Lucio Labriola non
era stato incaricato di procedere al controllo della
titolarità dei beni in capo al debitore esecutato e
quindi di aggiornare, al momento della vendita, la
certificazione ipocatastale: affermazione, questa,
sostenuta dal rilievo secondo cui a norma degli artt.
568 e 569 c.p.c. all'esperto nominato dal giudice è
normalmente demandata la sola stima dei beni staggiti,
presupponendosi già accertata la titolarità di essi in
capo al creditore procedente. Sostiene la ricorrente
che al professionista era stato conferito un ulteriore
mandato di procedere alla formazione di tre lotti
proprio in quanto si era rilevato che parte dell'area
era stata occupata dal Comune. In esecuzione di tale
incarico il perito aveva attestato, nella propria
relazione, che l'area di 5.880 mq., che qui interessa,
era libera, laddove, invece, il lotto in questione era
stato espropriato dal Comune fin dal 1979, come del
resto era stato accertato dal C.T.U. nominato nel corso
del presente giudizio. L'art. 64 c.p.c. prevedeva del
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oltre che omessa e contraddittoria motivazione su di un
resto la responsabilità civile del consulente d'ufficio
anche per i casi di colpa lieve e la responsabilità
dello stesso aveva natura aquiliana, per cui sussisteva
Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di
ragioni.
Anzitutto esso è carente di autosufficienza, in
quanto si fonda sul richiamo di un documento (la
relazione di stima redatta dall'ing. Labriola nel
corso del procedimento esecutivo) rispetto al quale non
risulta assolto l'onere, prescritto dall'art. 366, l °
co., n. 6, c.p.c., di indicare esattamente nel ricorso
in quale fase processuale sia stato acquisito il
documento in questione ed in quale fascicolo di parte
esso si trovi, e ciò al fine di consentire al giudice
di legittimità di valutare la fondatezza del motivo,
senza dover procedere all'esame dei fascicoli,
d'ufficio o di parte (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26174;
Cass. 7 febbraio 2011, n. 2966; Cass. 3 luglio 2009, n.
15628). Oltretutto, il documento in questione
riprodotto in un brevissimo stralcio (a pag. 29 del
ricorso), laddove esso avrebbe dovuto essere trascritto
nella sua integrità in modo da consentire alla Corte
una compiuta valutazione circa la decisività dello
scritto (sul punto cfr, Cass. 28 febbraio 2006, n.
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anche nei confronti dei terzi.
4405; in senso sostanzialmente conforme, tra le tante:
Cass. 28 giugno 2006, n. 14973; Cass. 8 settembre 2006,
Cass. 20 febbraio 2007, n. 3920; Cass. 16
febbraio 2007, n.
3651; Cass. 11 giugno 2007, n.
13619; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio
2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48).
In secondo luogo, la decisione assunta dalla Corte
di appello di Napoli si incentra su di un apprezzamento
che é insindacabile in questa sede: tale apprezzamento
verte sul fatto che al professionista era stato
demandato di procedere alla sola stima dei beni
pignorati e di suddividere i terreni in lotti distinti
al fine di pervenire a una più conveniente vendita di
ciascuno di essi, mentre non vi era alcuna traccia di
un incarico avente ad oggetto il controllo della
titolarità dei beni in capo al debitore esecutato. Il
che come correttamente ritenuto dal giudice del
gravame - era pienamente coerente con la disciplina
vigente, posto che la stima degli immobili pignorati
non implicava l'accertamento del titolo di proprietà.
In proposito, va qui ricordato che, a norma dell'art.
567 c.p.c., il creditore che richiede la vendita
tenuto ad allegare l'estratto catastale e i certificati
delle iscrizioni e delle trascrizioni relative
all'immobile
pignorato
effettuate
15
nel
ventennio
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n. 19305;
anteriore, ovvero un certificato notarile attestante le
risultanze delle visure catastali e dei registri
immobiliari: è quindi ben possibile che, proprio in
l'inesistenza di iscrizioni o trascrizioni
pregiudizievoli, l'incarico conferito all'esperto non
ricomprenda le verifiche presso il conservatore dei
registri pubblici immobiliari. D'altra parte, se la
nomina dell'esperto fosse finalizzata a questo esame,
certo imprescindibile nell'economia del procedimento
esecutivo, non si comprenderebbe la ragione per la
quale l'incarico previsto dall'art. 568 c.p.c. abbia
carattere meramente facoltativo, come riconosciuto da
giurisprudenza risalente - ma mai contraddetta - di
questa Corte (cfr. Cass. 4 maggio 1963, n. 1098).
Con l'unico motivo di ricorso incidentale il Banco
di Napoli denuncia violazione degli artt. 112 c.p.c. e
dell'art. 1223 c.c., nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della controversia. L'impugnazione investe la
statuizione restitutoria contenuta nella sentenza della
Corte partenopea: si duole la ricorrente per incidente
che il giudice di appello avesse erroneamente ritenuto
che l'importo di 385.075,74, menzionata dalla
sentenza di primo grado, fosse già comprensivo degli
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
quanto è il creditore procedente a dover documentare
interessi compensativi al 5%: interessi che invece
erano stati oggetto di separata liquidazione da parte
del Tribunale.
La sentenza resa dal Tribunale conteneva una
condanna della banca che aveva ad oggetto: C 58.408,36,
a titolo di rimborso del prezzo di acquisto, ed C
5.841,61, a titolo di rimborso delle spese occorse per
l'acquisto (importi, questi, di cui qui oggi non si
controverte, dal momento che è passata in giudicato la
decisione relativa al diritto di restituzione di quanto
versato da Patur per procurarsi il lotto); C
320.825,77, importo che era stato ritenuto dovuto dal
giudice di prime cure a titolo di risarcimento del
danno; le ulteriori somme maturate per rivalutazione
monetaria e interessi compensativi (al 5% annuo) su
quest'ultimo importo.
La Corte di appello ha accolto la domanda
restitutoria dell'istituto di credito disponendo la
condanna di quest'ultimo al pagamento della somma "di
385.075,74 comprensiva di interessi compensativi
liquidati al 5% e alla rivalutazione monetaria, oltre
interessi legali dal giorno del pagamento e fino al
soddisfo".
Così facendo, però, la Corte di Napoli ha finito
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La censura merita accoglimento.
non solo per cumulare, nella statuizione restitutoria,
quanto costituiva oggetto del negato risarcimento del
danno
(pari a
320.825,77)
e quanto competeva
pagato per l'acquisto dell'area (la sommatoria di C
58.408,36 e di C 5.841,61, pari a C 64.249,97), ma ha
errato nel ragguagliare l'importo che doveva essere
restituito a quello che la banca avrebbe dovuto versare
in forza della sentenza di primo grado: giacché
l'odierna controricorrente era tenuta, in forza di quel
titolo, a risarcire il danno nella misura di C
320.825,77,
oltre
interessi
compensativi
e
rivalutazione monetaria (mentre doveva restare estranea
alla pronuncia restitutoria l'ulteriore somma di C
64.249,97 - che cumulata con la prima faceva ascendere
l'importo dovuto complessivo a
385.075,74 - dal
momento che l'appello aveva ad oggetto il capo di
sentenza relativo al risarcimento del danno (pari a C
320.825,77, oltre interessi e rivalutazione: pag. 11
della sentenza) e lo stesso giudice dell'impugnazione
ha inteso provvedere solo su tale aspetto della
controversia (cfr. pag. 16 della pronuncia di appello,
ove si legge che la decisione di primo grado andava
riformata nella parte in cui liquidava a Patur la somma 1 9
di E 320.925,77, oltre interessi e rivalutazione). E da
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
senz'altro a Patur a titolo di rimborso di quanto
tanto
l'errore
discende
ulteriore,
consistente
nell'affermare che l'importo di C 385.075,74 fosse
comprensivo degli interessi compensativi: laddove,
dovuto, per capitale, a titolo di rimborso e a titolo
risarcitorio: onde gli interessi compensativi andavano
calcolati sulla minor somma di C 320.925,77 (come
giustamente precisato - si ripete - a pag. 16 della
sentenza).
Sul punto la sentenza merita quindi cassazione,
non essendo decisivo che la banca abbia mancato di
riprodurre la richiesta formulata al giudice del
gravame, dal momento che, per un verso, è la stessa
pronuncia di appello a evidenziare che la domanda di
restituzione della banca (ulteriormente esplicitata in
controricorso: pag. 27) concerneva le "somme
corrisposte in esito alla sentenza di primo grado" (la
quale aveva anche ad oggetto la somma di C 320.825,77,
oltre interessi compensativi e rivalutazione monetaria:
cfr. pag. 4 della sentenza di secondo grado) e che, per
altro verso, la Corte di merito non ha dato atto di
alcun dissenso tra le parti in ordine agli importi
versati (che anzi ha evidentemente ritenuto equivalenti
a quanto disposto con la condanna di primo grado).
Spetterà
al
giudice
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di
rinvio
accertare
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invece, esso conglobava, come si è detto, quanto
l'ammontare della somma da restituire tenendo conto che
l'importo non dovuto è quello, sopra menzionato, di e
320.825,77, oltre interessi compensativi e
E' rimessa allo stesso giudice del rinvio la
statuizione circa le spese del presente giudizio di
legittimità tra Patur Immobiliare e il Banco di Napoli.
Per quanto attiene, invece, alla posizione di Franco
Salvatore, nei cui confronti il ricorso è stato
respinto, va disposta, in base al principio di
soccombenza, la condanna della società istante al
pagamento delle spese processuali sostenute dal detto
controricorrente: e ciò nella misura che è liquidata in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso principale e accoglie il
ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata con
riferimento al ricorso incidentale e rinvia ad altra
sezione della Corte di appello di Napoli anche per le
spese del presente giudizio di legittimità intercorso
tra Patur Immobiliare e Banco di Napoli; condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali in
favore di Franco Salvatore, liquidandole in e 5.200,00,
di cui e 200,00 per esborsi.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
rivalutazione monetaria.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
della 2^ Sezione Civile, in data 21 giugno 2016.