bozza tesi ripristinata

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bozza tesi ripristinata
Alma Mater Studiorum
Università di Bologna
FACOLTA’ di ECONOMIA – Sede di Forlì
Corso di Laurea Magistrale in Economia e Gestione Aziendale
(Classe LM-77 – Scienze Economico-Aziendali per le Magistrali)
Management e Marketing
TESI DI LAUREA
in Management e Marketing Internazionale
Enterprise 2.0: i nuovi mezzi del passaparola
CANDIDATO:
RELATORE:
Giulia Medri
Fabio Guido Ulderico Ancarani
Anno Accademico 2009/2010
Sessione II
1
INDICE
Introduzione
4
1. Un nuovo consumatore – un nuovo marketing
1.1
6
La teoria del consumo reincantato apre le porte al
consumatore postmoderno
6
1.2
La crisi del marketing tradizionale
10
1.3
L'approccio dell'ascolto e l'importanza del passaparola
14
1.4
Il marketing del passaparola: il word of mouth marketing
21
2. Il social web: la piattaforma conversazionale
2.1
Internet come risorsa di marketing:
cambia i connotati, ne cresce l'utilizzo
2.2
26
Social media e community:
le conversazioni si spostano on-line
2.3
26
33
Uno sguardo alla realtà: statistiche, ragioni di fruizione
e tipologie di utilizzatori dei social media
41
2.4
Il 2.0 approda in azienda
49
2.5
Monitorare le conversazioni sui social media
e misurare i loro ritorni: il social media monitoring
3. Dove e come essere presenti nei social media
57
60
3.1
Gestire le conversazioni con il corporate blog
60
3.2
Scatenare il passaparola con i social network
66
3.2.1
69
Attirare fan su Facebook
3.2.2 Essere tempestivi con Twitter
74
3.2.3 Rivolgersi ai professional con Linkedin
75
2
4. Case History
4.1
78
Un corporate blog a supporto della community:
il caso Ducati Desmoblog
4.2
78
Una comunità di esperti a supporto dei processi di innovazione:
il crowdsourcing di Innocentive
4.3
82
Marketing su Facebook per una piccola attività locale off-line:
corsi di pilates Body & Mind
84
Conclusione
90
Bibliografia-Sitografia
94
3
ELENCO DELLE FIGURE
1.1
Vecchia e nuova scuola di marketing a confronto
12
1.2
Grado di fiducia nelle forme pubblicitarie
17
1.3
Indice comparato dell'influenza del passaparola
tra i primi acquisti e gli acquisti più recenti
18
1.4
Attività svolte prima dell'acquisto
19
1.5
Influenza del passaparola derivante dalle persone non
conosciute professionali (Pros.) vs. individuali (Joes)
19
2.1
Dati Audiweb settembre 2010
26
2.2
La long tail dei media
36
2.3
Il prisma della conversazione
40
2.4
Tempo trascorso sul social web, marzo 2010
42
2.5
Il comportamento degli utenti europei sul social web
44
2.6
La piramide della participation inequality
45
2.7
Dove i consumatori reperiscono informazioni
46
2.8
Dove le persone condividono l'influence on-line
48
2.9
Perché le aziende utilizzano i social media
51
2.10
Perché i progetti di social media falliscono
52
2.11
Obiettivi primari perseguiti in una campagna di social media
53
2.12
Percentuali di utilizzo del blog aziendale
54
2.13
Metriche quantitative e qualitative di misurazione
58
3.1
Blog “Quelli che Bravo”
64
3.2
La piramide dei bisogni di Maslow
67
3.3
Logo di Facebook
69
3.4
Fan page di Technogym
71
3.5
Lo stato dei brand su Facebook
73
3.6
Logo di Twitter
74
3.7
Pagina di Twitter di La Stampa
75
3.8
Logo di Linkedin
75
3.9
Pagina Linkedin di HP
76
4.1
Logo di Ducati
78
4.2
Risultati di Google per “pilates”
85
4.3
Strategia di utilizzo dei social media
86
4.4
Alcuni interventi realizzati
87
4
INTRODUZIONE
La comunicazione, da sempre anima del commercio, è profondamente mutata;
il grande sviluppo tecnologico-informatico ha fornito alle persone nuovi
strumenti per mettersi in contatto e attraverso cui scambiarsi informazioni e
creare contenuti, permettendo loro di diventare per la prima volta soggetti attivi
del mercato.
Il termine che sta ad indicare l'atto con cui i consumatori ricevono informazioni
da altri consumatori è word of mouth o passaparola; tale fenomeno esiste da
sempre, i prodotti vengono infatti da sempre discussi, giudicati, consigliati da
persone, consumatori e utenti, influenzando le predisposizioni all'acquisto di
altri potenziali consumatori, ma solo oggi, di fronte ad utenti che vivono il
consumo come esperienza fonte di piacere, che condividono e partecipano, il
passaparola è divenuto considerevolmente più influente sul processo di scelta di
consumo.
Per comprendere la portata di tale fenomeno occorre poi considerare il valore
aggiunto fornito da Internet, che ha permesso di abbattere i confini imposti
dalle distanze spaziali e dai canali di comunicazione, offrendo strumenti che
danno all'utente la possibilità di far sentire la propria voce e di imporsi nel
processo di consumo nella veste di co-produttore, insieme all'azienda, di
prodotti e contenuti.
L'azienda non è più la protagonista incontrastata della sua comunicazione; le
conversazioni personali sono entrate nella conversazione illimitata e globale che
chiunque può trovare in Rete, su qualsiasi argomento. In questa era di
“rinascita della conversazione”, gli utenti sono innanzitutto persone che
condividono gli uni con gli altri esperienze e conoscenza.
Di fronte a tale prospettiva è allora opportuno chiedersi qual'è il futuro della
comunicazione aziendale, quali strumenti preferiranno usare i clienti per
comunicare, e se le imprese sono pronte ad affrontare la rivoluzione in atto e a
modificare i tradizionali sistemi finora utilizzati per comunicare con il cliente.
Sono queste le tematiche principali che l'elaborato si propone di affrontare
analizzando, nel primo capitolo, il nuovo consumatore, definito postmoderno, e
i tratti della conseguente crisi del marketing tradizionale di cui egli non
riconosce più la validità; il capitolo prosegue presentando nuovi approcci di
marketing fondati sull'ascolto come risposta a consumatori che basano sempre
5
più le proprie scelte di acquisto sulle conversazioni intessute con i loro pari,
facendo passaparola. Del fenomeno word of mouth vengono fornite statistiche a
livello mondiale e nazionale per definirne la portata, e viene definita la branchia
del marketing ad esso propriamente dedicata, il word of mouth marketing, che
si serve della viralità (marketing virale) e del brusio attorno ai prodotti (buzz
marketing) per accrescere la propensione delle persone a scatenare il
passaparola.
Il secondo capitolo si propone di contestualizzare gli elementi presentati nel
capitolo precedente, fornendo una dimensione al nuovo consumatore e al suo
passaparola: Internet, e in particolare il Web 2.0. E' qui che i tratti della
postmodernità trovano il loro habitat naturale e conoscono la loro massima
espressione. Della piazza virtuale vengono innanzitutto fornite le statistiche di
utilizzo, in questo caso quelle italiane, per comprenderne la diffusione e ne
vengono indicati i tratti partecipativi e interattivi di nuova generazione (2.0),
che permettono alle persone di trasferire qui la gran parte delle conversazioni
che intrattengono. Il secondo paragrafo in particolare si sofferma sui luoghi del
Web dedicati allo scambio e alla partecipazione degli utenti, i social media,
considerandoli dal punto di vista del marketing, di cui il paragrafo successivo ne
specifica le statistiche di utilizzo, le ragioni di fruizione e le tipologie di
utilizzatori. Il fulcro del capitolo è costituito dal quarto paragrafo, dove si
analizza l'utilizzo delle piattaforme sociali da parte dell'universo aziendale come
mezzo per prendere parte e intervenire alle conversazioni on-line sulle proprie
marche, indicandone le opportunità connesse e i relativi limiti, tra i quali, il
principale è quello di una mancata formalizzazione di monitoraggio con
conseguente difficoltà di misurarne i ritorni in termini economici.
Il terzo capitolo lo definirei di teoria applicata, e presenta i principali e più
popolari spazi a disposizione delle aziende sul social web per costruire una
conversazione diretta con gli utenti; questi sono il corporate blog e i social
network. Dopo una breve presentazione di entrambi gli strumenti, della seconda
categoria vengono considerate e analizzate le tre piattaforme più utilizzate al
momento a scopo aziendale: Facebook, Twitter e Linkedin.
La trattazione termina con il riferimento a tre casi aziendali, testimonianza di
strategie di marketing dell'ascolto e del passaparola efficaci, utili per
comprendere al meglio l'opportunità che il nuovo scenario del social web
rappresenta per la comunicazione aziendale.
6
CAPITOLO 1. UN NUOVO CONSUMATORE – UN NUOVO
MARKETING
1.1
La
Teoria
del
consumo
reincantato
e
il
consumatore
postmoderno
Quando si parla di consumatore postmoderno ci si riferisce ad un soggetto
nuovo, dinamico, attivo, coinvolto nelle scelte di consumo, con niente a che
spartire
con il
suo
predecessore
che
dell'atto
consumistico
coglieva
esclusivamente la dimensione funzionale1.
A parere di Bernard Cova, autore della teoria del consumo reincantato, il
consumatore
postmoderno
si
distaccherebbe
dalla
logica
prettamente
funzionale per intraprenderne una decisamente più esperienziale, per cui
l'acquirente si sforzerebbe più di rivendicare una gratificazione edonista in un
contesto sociale, che di ottimizzare un profitto.2 Considerare il consumo come
esperienza3 significa fare riferimento ai diversi processi (assegnazione di senso,
valutazione e apprezzamento) coinvolti nella dimensione edonica ed estetica del
consumo di un prodotto o servizio. Si tratta di risposte cognitive ed emozionali
necessarie per potersi godere pienamente la relazione con un prodotto o
servizio. In particolare con l'assegnazione di senso si cerca di dare un primo
significato ad oggetti ed eventi, con la pratica di valutazione i soggetti giudicano
l'oggetto o evento attraverso la comparazione con specifiche norme, esperienze
precedenti o altre convinzioni. Infine la pratica dell'apprezzamento si
caratterizza per la risposta emotiva dei soggetti nei confronti dell'oggetto o
evento.
Cova si riferisce alla dimensione esperienziale del consumo con il termine
“reincanto”, utilizzato dai sociologi in opposizione al moderno “disincanto”, che
ha indotto a misurare ogni cosa secondo il principio dell'utilitarismo; il termine
viene utilizzato oggi in ambito di marketing con la formula “reincanto del
consumo” per indicare l'allontanamento dalla dimensione razionale e per
1 La visione funzionale, che appartiene alla tradizione microeconomica e psicologica (sia behaviorista
che cognitivista), pone l'accento sulla ricerca di informazione e sul processo d'influenza della scelta
del consumatore al fine di ottimizzare le transazioni di individui considerati isolatamente. Cova,
Giordano, Pallera, Marketing non-convenzionale,Il Sole 24 Ore, Milano.
2 In tal modo il mercato depura, mediante un'offerta che si definisce “reincantata”, emozioni che
vengono da proiezioni immaginarie e olistiche, che non rispondono soltanto a dei bisogni, ma
attengono alla ricerca identitaria del consumatore. Cova, Giordano, Pallera, Marketing nonconvenzionale,Il Sole 24 Ore, Milano.
3 Holt 1995 studio riportato da Dalli, Romani, Il comportamento del consumatore. Acquisti e consumi
in una prospettiva di marketing, Franco Angeli, Milano.
7
affermare una rivendicazione sensistica.
In contesto commerciale la dimensione del reincanto è riscontrabile in tutte
quelle nuove forme di consumo, che prendono il nome di fun shopping,
retailtainment o shoptainment, per cui la frequentazione dei punti vendita non
sarebbe più un momento di cui minimizzare l'inutilità, ma piuttosto una fonte di
piacere.
É allora intuibile come già in parte si spieghino alcuni tratti del consumatore
postmoderno, quali un più spiccato interesse e un maggiore coinvolgimento; ma
è solo andando più a fondo nella disamina di Cova che si individuano le radici
più profonde del mutamento del consumatore.
Egli propone quattro chiavi di lettura che delineano la struttura del consumo
reincantato:
diffidenza
istituzionale
e
powershift,
ridimensionamento
microsociale e imprenditorialità tribale, rivincita del sacro e parte del diavolo,
interpassività e potere infinito. Ai fini della mia trattazione reputo meritevoli di
attenzione le prime due poiché spiegano e introducono la metamorfosi del
consumatore a cui questo capitolo è dedicato.
Esaminando la prima interpretazione, secondo alcuni osservatori (Badot, Cova,
Kozinets) sarebbe da segnalare una sorta di manifestazione di diffidenza
istituzionale, per cui si rilevano spesso situazioni di consumatori che si
mostrano soddisfatti ma che in realtà nascondono frustrazioni rispetto alle
aziende. Ciò andrebbe a denunciare un'inattesa disgiunzione tra l'offerta e il
consumo. A questo si aggiungerebbe una certa forma di powershift, ovvero
un'inversione dei rapporti di forza tra aziende e consumatori, per cui il
consumatore non è più considerato, come lo era nell'ottica dominante del
marketing, alla stregua di un ingenuo, bensì come colui che possiede insieme
all'azienda l'expertise; infatti alle competenze acquisite tramite esperienze
quotidiane si aggiunge una serie di conoscenze pseudoteoriche ottenibili grazie
alle tecnologie informatiche, Internet in primis.
A fianco del potere dell'offerta, fino ad ora incontrastato, va quindi a
posizionarsi quello dei consumatori, a rappresentazione di un vero e proprio
contropotere. Nel caso poi di associazioni di consumatori appassionati di un
prodotto, le competenze messe in condivisione, si arricchiscono e aumentano
ancora di più; le imprese dovrebbero allora riconoscere l'expertise di questi
gruppi e trarne beneficio. La presenza di associazioni di appassionati e di
esperti può così far passare il potere dalle mani delle aziende a quella dei
8
consumatori uniti non per interesse ma per passione.
La seconda teoria si basa sul modello delle scale di osservazione dei consumi di
Dominique Desjeux, a tre livelli: macrosociale, in cui l'aggregazione tra gli attori
di mercato avviene in maniera strutturale (per nazione, classi sociali,
generazioni, culture ecc.); microsociale con attori concreti e impegnati in azioni
collettive; individuale dove l'attore è considerato a livello cognitivo ed emotivo.
Utilizzando come strumento di analisi della società questo modello, in quella
attuale sembrerebbe prepotentemente riaffermarsi il livello microsociale,
riferito a tutto ciò che riguarda esperienze ed emozioni quotidiane; da tale punto
di vista il sociale appare allora più come una dimensione in cui gli individui
stringono al loro interno dei forti legami emotivi, condividono esperienze simili,
costruiscono una sottocultura comune e un'identica visione del mondo, che
come un insieme di gruppi sociali stabilizzati e strutturati. Ogni individuo può
far parte di più microgruppi e l'appartenenza a queste “tribù” sembra essere
diventata, per il singolo, più importante dell'appartenenza alle aggregazioni
macrosociali.
Le tesi della teoria del consumo reincantato pongono le premesse e gettano le
basi per l'analisi della nuova realtà di consumo e del suo protagonista: il
consumatore postmoderno, un soggetto più scaltro, esigente e selettivo,
competente, proattivo e tendenzialmente infedele alla marca4; marca che da
parte sua non è più sufficiente a garantire la qualità del prodotto, il consumatore
infatti ora sceglie i prodotti in base al modo di agire delle imprese, egli diventa
critico e il suo consumo responsabile.
Il suo nuovo ruolo è generato da un mix di insofferenza alla comunicazione
tradizionale, di maggior consapevolezza del consumo, di completo controllo
informativo e di capacità e volontà di condivisione. Non a caso c'è chi parla delle
4 “C”5 del nuovo consumatore: conoscenza, controllo, creazione e condivisione.
Per quanto riguarda la conoscenza, essa risulta accresciuta dalla mole di fonti di
informazione in continua espansione attualmente disponibili, che permettono al
consumatore da una parte di arricchire il suo range di offerta e dall'altra di
affinare la propria facoltà di selezione. Egli è nella condizione di potersi
facilmente informare su prodotti, persone, aziende e organizzazioni prima di
consumare i prodotti, e ciò ha accresciuto la difficoltà delle aziende nel
4 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2209), Buzz marketing nei social media. Come
scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano.
5 Arnesano G. (2007), Viral marketing e altre strategie di comunicazione innovativa, Franco Angeli,
Milano.
9
raggiungere il proprio target. La consapevolezza di una maggiore conoscenza
necessita conseguentemente di un maggior controllo su di essa, non tanto in
termini di controllo del bombardamento pubblicitario a cui l'utenteconsumatore è oramai abituato ed è in grado di filtrare, ma piuttosto controllo
inteso come trovare ciò che si vuole utilizzando al massimo le tecnologie a
disposizione, esprimere le proprie preferenze e conservare le notizie con
possibilità di approfondirle interpretandole a proprio modo. A questo punto il
consumatore è pronto per un'eventuale creazione, che è la fase in cui gli utenti
interpretano la comunicazione aziendale e la trasformano in maniera genuina
arricchendola di contenuti e di messaggi, parlandone liberamente, recensendo
prodotti e esprimendo opinioni. Le informazioni apprese, controllate e create
vengono poi condivise; il momento della condivisione, ovvero dello scambio
gratuito e della relazione, è il momento in cui la volontà e l'operato degli utenti
supplisce in efficienza e in efficacia alla comunicazione aziendale.
In conclusione, volendo elencarne i tratti principali, il consumatore odierno
appare6:
•
Autonomo, non più subordinato alla marca. Nel mercato moderno non
sono più i prodotti a competere ma i messaggi.
•
Competente, in particolare Internet ha dato un potere enorme al
consumatore che ora ha conoscenze sui prodotti ed è in grado di
scegliere.
•
Esigente, pretende sempre più qualità e servizio.
•
Selettivo, il consumatore è molto più attento a ciò che acquista anche
grazie alla fonte di informazioni inesauribile che è Internet.
•
Orientato in senso olistico, nella scelta sono coinvolte tutte le dimensioni
tangibili e intangibili.
6 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2209), Buzz marketing nei social media. Come
scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano.
10
1.2. La crisi del marketing tradizionale
In uno scenario caratterizzato dalla presenza di una clientela sempre più
esigente e meno "passiva" nel comportamento di acquisto, la rielaborazione
delle strategie aziendali ha innescato una serie di ripensamenti e revisioni delle
strategie di marketing tradizionali.
I nuovi paradigmi di gestione strategica dei mercati e del cliente hanno causato
l'introduzione di moderne filosofie di gestione della relazione come la customer
relationship management, e di sistemi di rilevazione dei gusti e di
coinvolgimento dei clienti nel processo di ideazione e creazione dell'offerta
finale.
Prima di giungere all'accettazione di questa scomoda realtà dei fatti e
comprendere di conseguenza la necessità di dover ammettere i consumatori a
far parte della propria strategia aziendale, gli “addetti ai lavori” hanno dato vita
alle più disparate nuove definizioni di marketing, più propriamente definite
panacee, per mezzo delle quali chiunque, approfittando della momentanea
perdita d'identità del marketing, si è sentito in diritto di darne la propria
definizione
aspirando
a
diventare
il
“nuovo
Kotler”.
“In vent'anni il marketing, dovendo fronteggiare i cambiamenti indotti dalla
postmodernità, ha tentato di rivedere le strategie tradizionali alla luce
dell'evidente importanza dei legami, delle comunità e delle relazioni che si
instaurano tra gli individui nel processo di consumo. Da qui nascono il
marketing relazionale, il marketing esperienziale, il marketing tribale,...una
serie di strategie che tentano di considerare (in maniera talvolta sin troppo
estrema) questa dimensione di socialità e di comunità dei consumatori, ma in
cui i ruoli tra azienda e consumatore sono ancora rigidamente separati”.7 Così
Bernard Cova, professore di marketing che si occupa delle evoluzioni del
marketing in chiave postmoderna, commenta lo scenario e afferma la necessità
di virare verso forme non-convenzionali di marketing.
Questa parentesi di ricerca identitaria del marketing ha avuto inoltre l'effetto di
spingere il consumatore ad un'insofferenza nei confronti del marketing stesso,
tanto da definire il periodo che va dal 1985 ai giorni nostri come la “mid-life
crisis of marketing” .
Fino a quel momento l'approccio di marketing tradizionale, fondato sulla ricerca
accurata e approfondita volta a comprendere i bisogni del consumatore e
7 http://www.gfk.com/gfk-eurisko/materiali/social_trends/index.it.html
11
offrirgli i prodotti che più desiderava, era stato vincente; ma questo perfetto
meccanismo ha smesso di funzionare dal momento in cui i ruoli chiave,
produttore da una parte e consumatore dall'altra, hanno iniziato a non essere
più così riconoscibili; lo stesso Cova ribadisce il concetto in un'intervista
riportata dal notiziario Social Trends: “oggi questa distinzione vacilla sempre
di più, i consumatori infatti non sono più solo consumatori ma in un certo
senso essi diventano anche produttori perché inventano il modo di usare certi
prodotti o servizi”.
Così il proliferare delle panacee di marketing, una vasta letteratura volta a
fornire ai manager delle soluzioni alla crisi del marketing, non ha fatto altro che
condurre il consumatore ad una saturazione ancora più accentuata poiché gli
sforzi dei marketer venivano da lui percepiti esclusivamente come tentativi di
invasione dei propri spazi. Quello che il consumatore chiedeva era, al contrario,
un marketing più rispettoso del suo tempo, che non lo considerasse più un
semplice ricettore e che non tentasse di imporre il proprio messaggio senza
ascoltare la sua opinione. Ciò a dimostrazione della mancata accettazione e del
conseguente fallimento di tutte le neo correnti di marketing che non avessero
come punto di partenza il consumatore. La sfida era quella di abbandonare la
logica push finora adottata ma non più gradita ad un pubblico sempre più
attento alla propria privacy ed alla razionalizzazione del proprio processo
decisionale, per abbracciarne una di tipo pull, in cui è l'utente a decidere di
fruire l'informazione se e solo ne ha l'esigenza e la volontà.
La comunicazione di massa unidirezionale, in cui l'impresa “parlava”
indistintamente al suo pubblico e il consumatore “ascoltava”, era oramai
superata.
Si è passati dall'epoca della transazione, in cui il consumatore era oggetto di
analisi volte alla determinazione del prodotto o servizio ideale, a quella della
relazione in cui il cliente è un “partner” con cui interagire per ottenerne la
soddisfazione e la fedeltà.
Il termine coniato per definire il nuovo approccio di marketing è Customer
made, letteralmente “fatto dal consumatore”, con l'intenzione di voler
sottolineare l'apporto che quest'ultimo fornisce al processo di ideazione e
creazione di beni, servizi e esperienze;
nel rispetto del nuovo approccio
l'azienda opera in stretta cooperazione con consumatori esperti e creativi, dei
quali sfrutta il sempre più ricco capitale intellettuale, dando loro in cambio la
12
possibilità di prendere parola su ciò che viene effettivamente ideato, progettato,
sviluppato, fabbricato, servito e trasformato.
Se solo ora si assiste al boom del fenomeno co-creativo non significa che in
precedenza i consumatori non covassero il desiderio di comunicare
direttamente con i produttori, semplicemente prima non esistevano i mezzi che
oggi permettono e facilitano l'interazione con le realtà aziendali e con altri
consumatori.
Chi ora è chiamato ad ascoltare è paradossalmente l'azienda che si trova a fare i
conti con un certo brusio di fondo; sono le conversazioni che i consumatori
stanno creando attorno alle marche e ai prodotti.
VECCHIA E NUOVA SCUOLA DI MARKETING A CONFONTO
OLD SCHOOL
MARKETING
NEO MARKETING
lo fanno gli uomini di
marketing e i pubblicitari
lo fanno tutti
gli uomini di marketing
hanno il potere
gli utenti hanno il potere
pubblicizzare
evangelizzare
marca controllata
dall'azienda
marca interpretata dai
clienti
messaggio univoco
conversazione biunivoca
contenuto creato
dall'azienda
contenuto creato
dall'utente
focus group
feedback degli utenti
focus sul branding
focus sugli utenti
appassionati
Figura 1.1 Fonte http://www.slideshare.net/tommaso/il-marketing-capovolto-bernard-cova
13
Five Key Takeaways8:
• Yesterday – Brands were teachers: Brands had a one directional lesson
to teach consumers.
Today – Brands are students: We need to sit back listen and learn; ask
consumers to help create the stories.
• Yesterday – Take it or leave it: A mentality of brand superiority ruled
Today – Shared values matter more than selling proposition: Successful
campaigns speak directly to consumer’s sentiment.
• Yesterday – Brands were either functional or emotional. Brands were
either one or the other – not both.
Today – Brands are functional, emotional + cultural: We no longer
need to choose. Digital means you connect all three levels.
• Yesterday – It’s all about me: Brands were marketed toward
individuality.
Today – It’s all about us: It isn’t about “I”; it’s about “we.” Successful
brand’s help build relationships with friends and families.
• Yesterday – They need us: Brands told consumers why they needed the
brand.
Today – We need them: Brands need consumers more than consumers
need brands.
8 Considerazioni di Irene Rosenfeld, CEO di Kraft Foods durante il Nielsen's Consumer 360 2010.
http://blog.nielsen.com/nielsenwire/consumer/kraft-ceo-that-was-then-this-is-now/
14
1.3. L'approccio dell'ascolto e l'importanza del passaparola
Per l'azienda ascoltare significa comprendere innanzitutto che c'è “qualcuno”
oltre a lei che sta parlando, e in secondo luogo che molto probabilmente quello
che questo qualcuno sta dicendo è degno di essere ascoltato e considerato.
A questo proposito è emblematica la definizione di marca fornita da Andrea
Semprini9: “Una marca è costituita dall'insieme dei discorsi tenuti su di essa
dalla totalità dei soggetti (individuali e collettivi) coinvolti nella sua
generazione.” Questa prospettiva mette in chiara luce la necessità di riconoscere
il ruolo delle persone e del loro passaparola nella generazione della marca
poiché sono queste a determinarne la reputazione; e la reputazione non può
essere condizionata o manipolata facilmente, soprattutto nell'era attuale in cui
la trasparenza informativa è altamente garantita.
In questo scenario le scelte che un'azienda può fare sono, da una parte, quella di
prendere atto delle conversazioni e considerare la possibilità di entrare a farne
parte, oppure ignorarle lasciandole proseguire senza la sua presenza per timore
che l'ammettere i consumatori a far parte della propria strategia aziendale possa
comportare una perdita di controllo troppo grande.
Secondo i tanti seguaci del marketing dell'ascolto il vantaggio derivante da
questa relativa perdita di controllo sarebbe ampiamente ripagante, poiché se
impostato correttamente il marketing dell'ascolto può generare utilità concreta
in termini di contatti, diffusione virale, trasparenza, pubbliche relazioni,
reputazione e vendite.
Tra chi lo profetizza c'è Massimo Carraro che sull'esempio del Cluetrain
Manifesto10 ha realizzato un proprio manifesto del marketing dell'ascolto, un
codice comportamentale rivolto alle aziende che vogliano “imparare ad
ascoltare” .
Il Manifesto dell'ascolto si articola in sette punti:
1. La nostra azienda è cosciente che i mercati sono conversazioni, e che un
buon marketing non può prescindere dal loro ascolto.
2. Pratichiamo
l’ascolto
per
mezzo
di
strumenti
trasparenti
e
9 Andrea Semprini , sociologo e semiologo, insegna all'università di Lille e allo IULM di Milano. Ha
pubblicato sugli stessi argomenti Marche e mondi possibili (1993); Analizzare la comunicazione
(1997); Il senso delle cose (2000) e La società di flusso (2003). Le sue ricerche attuali riguardano il
rapporto tra marche, mondializzazione e comunicazione.
10 Il Cluetrain Manifesto è un insieme di 95 tesi, organizzato e presentato come un manifesto, scritto nel
1999 da Rick Levine, Cristopher Locke, Doc Searls e David Weinberger. Affermando per la prima
volta che i mercati sono conversazioni, il Manifesto rappresenta una vera "riforma" del linguaggio con
cui le aziende comunicano nell'era di Internet.
15
partecipativi, quali ad esempio i blog.
3. L’ascolto, per la nostra azienda, va oltre la semplice trovata di
marketing. E’ insito al nostro modo di gestire l’attività aziendale.
4. Ci piace utilizzare il linguaggio dei nostri interlocutori, lasciando da
parte ogni autoreferenzialità. Crediamo che uno stile di comunicazione
diretto faciliti la circolazione delle buone idee, e anche dei buoni
prodotti.
5. Sappiamo che in ogni vera conversazione c’è il rischio di venir criticati.
Nel caso, ci impegniamo a rispondere con argomentazioni corrette e
veritiere.
6. Le nostre campagne pubblicitarie sono un momento di scambio con i
consumatori. Per questo mirano a creare complicità e coinvolgimento,
evitando approcci imperativi.
7. Rispettiamo la privacy di chiunque entri in contatto con la nostra
azienda, trattando i dati sensibili secondo le leggi vigenti.
Parallelamente al manifesto dell'ascolto Andy Sernovitz ha dato vita al
manifesto del word of mouth11 con il proposito di descrivere in dodici punti il
nuovo sistema di comunicazione:
1. I consumatori felici sono la tua migliore pubblicità. Rendili felici.
2. Ottieni il rispetto dei consumatori e fai sì che consiglino i tuoi prodotti;
faranno marketing per te. Gratis.
3. Etica e professionalità vengono prima di tutto il resto.
4. UR the UE: you are the user experience (non quello che dice la tua
pubblicità).
5. Il passaparola negativo è un'opportunità. Prestagli attenzione e
impara.
6. I consumatori stanno già parlando. La tua unica possibilità è entrare
nella conversazione.
7. A te la scelta: essere interessante o essere invisibile.
8. Se non vale la pena di parlarne, non vale la pena di acquistarlo.
9. Rendi quella della tua azienda una storia che valga la pena raccontare.
10. Tutti preferiscono lavorare in un'azienda di cui la gente parla.
11. Sfrutta il potere del passaparola per mettere il consumatore al centro
del business.
12. Il marketing basato sull'onestà ti farà guadagnare di più.
11 Sernovitz A.,Word of mouth marketing: how smart companies get people talking
16
Le considerazioni teoriche in merito alle potenzialità del passaparola fin qui
riportate sono avvalorate da dati di mercato e statistiche che si propongono di
classificare e quantificare, per quanto possibile, questo fenomeno.
Gli studi effettuati nel 2005 nel mercato nordamericano da Yankelovich12
dimostravano che il 76% delle persone non crede più agli annunci pubblicitari e
lo stesso dichiarava Millward Brown13 rilevando che l'impatto provocato da
informazioni scambiate tra persone è il doppio rispetto a quello provocato dalle
informazioni rilasciate dalle aziende.
E' stato inoltre riportato che il 76% delle conversazioni americane toccano
almeno una volta argomenti riguardanti un brand, con una media di 56
conversazioni settimanali per persona. Il 46% delle conversazioni si svolgerebbe
in famiglia, la parte restante si suddividerebbe tra amici (26%), colleghi (13%)
ed altre conversazioni generiche (con estranei, esperti e conoscenti).
All'interno del target giovanile uno studio Starcom-Cnet14 identifica una
particolare categoria, quella dei brand sirens, che si distingue per la maggiore
propensione a parlare di prodotti ed aziende più spesso dei loro pari (82%
rispetto a 55%). La statistica riporta inoltre che il 90% di essi non riacquista un
prodotto che non ha mantenuto le promesse fatte e attraverso il passaparola
negativo dissuade gli altri dall'acquistarlo.
Statistiche più recenti confermerebbero l'importanza del passaparola il quale
inciderebbe fino al 50% sulle decisioni d'acquisto. Il fenomeno ha
effettivamente acquistato nel tempo sempre più rilevanza grazie ad Internet che
con i mezzi che ha messo a disposizione negli ultimi anni ha permesso di
accelerare la viralità della comunicazione. Lo dimostra un sondaggio effettuato
da Nielsen poco più di un anno fa, che ha testato su un campione allargato, oltre
25 mila utenti di 50 paesi, il grado di fiducia dei consumatori nei confronti delle
varie forme pubblicitarie. Dal grafico, riportato a pagina seguente, si può
evincere come a fare la differenza siano i consigli e le opinioni di persone
conosciute seguiti da quelli provenienti da sconosciuti ma che probabilmente
riescono a trasmettere un alto grado di fiducia in base a ciò che scrivono on-line;
quest'ultima percentuale cresce se confinata ai soli utenti italiani, l'80% di essi
infatti farebbe affidamento su questa forma di passaparola, preceduti dai
vietnamiti (81%), e seguiti dai cinesi e dai francesi (77%). Finlandesi e argentini
12 Yankelovich è una società di consulenza specializzata in soluzioni per il miglioramento dei piani di
marketing aziendali.
13 Millward Brown è una società specializzata in ricerche di mercato.
14 Starcom-Cnet (2006), Tapping in to the Superinfluences.
17
ci credono invece ben poco, con percentuali di fiducia che non superano il 50%.
GRADO DI FIDUCIA NELLE FORME PUBBLICITARIE
Figura 1.2 Fonte Nielsen Global Online Consumer Survey April 2009
Uno studio risalente ad un paio di anni fa di novaQuant15, effettuato su un
campione di 600 ragazzi e ragazze, ha tentato di quantificare quali categorie e
quali segmenti di popolazione beneficiano maggiormente delle azioni di
marketing che si sviluppano attraverso il passaparola.
I risultati delle indagini mostrano che le decisioni di acquisto di prodotti e
servizi che risultano maggiormente influenzate dal passaparola riguardano i
settori di alta tecnologia e/o prodotti a costi elevati (digital camera, cellulari,
auto, computer, ecc), servizi locali
che coinvolgono relazioni personali
(dentista, agenti immobiliari, ecc.), e decisioni ad alto costo di trasferimento o
collegate a nuove esperienze (cambiare gestore telefonico, scegliere un
ristorante, vedere un film al cinema ecc.).
I prodotti e i servizi su cui il passaparola ha un impatto minore sono invece le
marche che sono già state acquistate in precedenza, mentre l'impatto è
particolarmente significativo quando si acquista un brand per la prima volta.
Ciò significa che il primo acquisto gioca un ruolo decisivo per gli acquisti futuri,
il che investe il passaparola di un'ancora più grande responsabilità.
15 novaQuant è una società di ricerche di marketing www.novaquant.com
18
INDICE COMPARATO DELL’INFLUENZA DEL PASSAPAROLA TRA I PRIMI ACQUISTI E GLI
ACQUISTI PIÙ RECENTI
Figura 1.3. Fonte NovaQuant
Parallelamente, in Italia, Doxa16 e Human Highway17 hanno effettuato ricerche
al fine di indagare il grado d'influenza del passaparola on-line sulle giovani
generazioni nella scelta delle marche. Lo studio è stato condotto sul Panel Op
Line (circa 12.000 individui) che ha coinvolto un universo di utenti giovani, di
età compresa tra gli 11 e i 19 anni, che si connettono alla Rete almeno una volta a
settimana.
Al campione è stata sottoposta la domanda: “Quali delle seguenti attività svolgi
prima dell'acquisto?”, la cui risposta, riportata a figura 1.4, ha sottolineato il
ruolo rilevante che sta acquisendo il word of mouth web a scapito di quello
finora rivestito dalle altre attività.
16 Doxa opera nel settore delle ricerche di mercato sia in termini di dimensioni che di qualità e
affidabilità. www.doxa.it
17 Human Highway conduce indagini di mercato utilizzando Internet come strumento di ricerca.
www.humanhighway.it
19
ATTIVITA' SVOLTE PRIMA DELL'ACQUISTO
Figura 1.4 Fonte Doxa e Human Highway
Nell'off-line sono per lo più le persone della cerchia amicale e familiare a essere
maggiormente influenti in termini di passaparola, mentre nell'on-line, grazie
alle nuove possibilità di condivisione e partecipazione, sono diventati
fondamentali i giudizi e i commenti telematici di persone sconosciute (78%), tra
cui si distinguono quelli di esperti e professionisti, definiti Pros, il cui giudizio
riveste maggiore influenza rispetto a quello di persone comuni (i Joes), in
particolare per gli acquisti più costosi e che riguardano la salute. Come mostra il
grafico seguente il parere dei Joes, semplici consumatori che commentano ed
esprimono opinioni sui propri acquisti, è influente invece per quanto riguarda la
scelta di hotel e negozi di abbigliamento.
INFLUENZA DEL PASSAPAROLA DERIVANTE DALLE PERSONE NON CONOSCIUTE:
PROFESSIONALI (PROS) vs INDIVIDUALI (JOES)
Figura 1.5 Fonte NovaQuant
20
In conclusione le ricerche dimostrano che le persone sono più propense a fidarsi
di una comunicazione che avviene attraverso il passaparola rispetto a forme di
persuasione più tradizionali perché esiste una forte credibilità derivata dall'alto
valore percepito dalla fonte, che non avendo un interesse diretto alla vendita è
ritenuta attendibile.
Dimostrano, inoltre, che i consumatori più giovani (età 18-34) ne sono
maggiormente influenzati rispetto a quelli più adulti (età 35-64) e ancora più
predisposti a ricevere queste informazioni on-line; di conseguenza il grande
interesse per il passaparola tra i consumatori giovani potrebbe in parte derivare
dalla possibilità di accedere ad un sempre più elevato numero di informazioni e
dall'avere maggiori spazi di conversazione. Secondo alcuni studi recenti, infatti,
un network on-line di 100 persone genera un potenziale di circa 4950
connessioni e un network di 1000 persone può attivarne fino a 500000.
Esulando dalle statistiche per età, settore o mezzo di comunicazione, è
dimostrato che la conversazione è efficace perché costruisce valore dallo
scambio, e si basa per questo sulla soddisfazione di chi vi partecipa.
21
1.4 Il marketing del passaparola: il word of mouth marketing
Il word of mouth marketing nasce alcuni anni fa negli Stati Uniti e nasce offline, dando vita al passaparola attraverso dei buzz agent, persone a cui veniva
inviato un prodotto e che, dopo averlo provato, lo consigliavano ai propri
amici/conoscenti.
Per quanto vantaggioso, non è semplice costruire il marketing sulle
conversazioni poiché del fenomeno “passaparola” non se ne comprendono
appieno le dinamiche che lo governano e gli strumenti che possono consentire
di manovrarlo e misurarlo. Essendo generato spontaneamente dagli utenti a
volte supera ogni aspettativa, altre degenera, creando effetti collaterali
imbarazzanti.
Un tentativo di misurazione è stato fornito dal Net Promoter Score (NPS),
introdotto da Fred Reichheld della Bain & Company e da Satmetrix Systems. Si
tratta di uno strumento di gestione che valuta il livello di fidelizzazione dei
consumatori di un'azienda, utilizzando la percentuale dei clienti che
raccomandano il prodotto e quella di chi, al contrario, lo sconsiglia. L'NPS è
attualmente uno degli indici più popolari per la misurazione dell'effetto che il
passaparola potrebbe avere sui consumatori. Esso non è altro che una metrica di
misurazione della loyalty, basata sulla risposta ad una semplice domanda:
“quanto, in una scala da 0 a 10 raccomanderesti X prodotto/X azienda a un
amico o a un collega?”. Le risposte a questa domanda dividono i clienti in tre
categorie: i detrattori, sono i clienti insoddisfatti (hanno espresso un punteggio
da 0 a 6), i passivi, sono clienti con i quali non è stato possibile stabilire una
relazione coinvolgente e che possono quindi cedere alla concorrenza ( punteggio
da 7 a 8), i promotori, sono i clienti fidelizzati e che fanno passaparola positivo
(punteggio da 9 a 10). Il Net Promoter Score si ottiene sottraendo la percentuale
dei detrattori da quella dei promotori.
I fautori dell'approccio sostengono che il punteggio possa contribuire a motivare
l'azienda ad essere maggiormente focalizzata nel miglioramento della propria
offerta. Un importante contributo del modello di analisi NPS è, inoltre, quello di
fornire una corrispondenza tra percentuale del proprio Net Promoter Score e
crescita dei ricavi. In un'analisi statunitense, pubblicata un paio di anni fa dalla
Harvar Business Review, Reichheld notava come il net promoter score si
correlasse positivamente all'aumento delle vendite per una dozzina di prodotti e
22
servizi negli USA.
Per quanto riguarda la difficoltà di manovrarlo e governarlo, se da una parte
non si può esattamente prevedere e riprodurre, dall'altra si può cercare di
incentivarne la creazione, favorendo i presupposti e realizzando un ambiente
adatto in cui il passaparola possa venire a manifestarsi.
Per far si che un prodotto si diffonda in maniera epidermica occorre progettarne
la natura virale, intervenendo sulle caratteristiche “genetiche” che lo rendono
attuale e rilevante per il sistema culturale in cui è inserito, in modo tale da
generare un buzz (ronzio) attorno ad esso.
Per questo motivo il marketing che si propone di operare su queste dimensioni
della marca è definito marketing virale, di cui una definizione esauriente è
fornita dal testo di Cova: “Il marketing virale è finalizzato alla realizzazione di
prodotti, servizi o comunicazioni commerciali che abbiano in sé la propensione
a diffondersi spontaneamente fra le persone come virus”18.
Una volta creata la natura virale di un prodotto/servizio, è compito del buzz
marketing alimentare le conversazioni delle persone attorno ad esso. Secondo il
WOMMA19, il buzz marketing “consiste nell'utilizzo di intrattenimento o notizie
di alto profilo per far parlare le persone della marca”.
Esso, a differenza del passaparola, non si attiva spontaneamente, ma è
innescato da attività di marketing sia on-line che non, volte ad aumentare il
numero e il volume delle conversazioni riguardanti un prodotto o un servizio e,
di conseguenza, ad accrescere la notorietà e la reputazione di una marca.
Uno dei più illustri guru del marketing americano, Seth Godin, si è pronunciato
con interesse sul tema affermando: “Conversations among the members of
your marketplace happen whether you like it or not. Good marketing
encourages the right sort of conversations” che tradotto significa che le
conversazioni tra i membri del mercato hanno luogo che questo piaccia o meno
e un buon marketing le incoraggia.
Per
essere
oggetto
di
attenzione
tanto
da
far
parlare
di
sé,
un
prodotto/marca/servizio deve possedere alcuni requisti e i contenuti delle
comunicazioni che lo riguardano devono trattare certi aspetti.
Per quel che riguarda le caratteristiche richieste dal prodotto, secondo
l'evidenza empirica esso dovrebbe essere invasivo ma invitato, individuale per
18 Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale Viral, Guerrilla, Tribal e i 10
principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano.
19 Word of Mouth Marketing Association, organo di autoregolamentazione formato da agenzie e clienti
per un uso corretto del Wom marketing.
23
ogni consumatore, creare un'esperienza, essere provocatorio, facilitare la
connessione ed essere creativo.
Riguardo invece agli aspetti che dovrebbero trattare le comunicazioni che lo
riguardano, le teorie più accreditate ne indicano sei: taboo, inusualità,
oltraggiosità, ilarità, straordinarietà, segretezza.
L'agenzia Go Viral20, una delle maggiori viral marketing agency del mondo, ha
elaborato un “viral score” per valutare la qualità del contenuto virale,
assegnando un punteggio da 1 a 5 a sette criteri di valutazione del contenuto così
identificati21:
•
outstanding story: per catturare l'attenzione, la storia, deve essere
divertente, provocatoria, irriverente e sovversiva;
•
stickiness: il contenuto deve essere qualcosa che l'utente non ha mai visto
prima o comunque migliore di quello che ha già visto;
•
relevance:
deve
intrattenere
con
leggerezza,
senza
riferimenti
eccessivamente diretti alla marca;
•
portability: l'esecuzione necessita di un format che si possa condividere
on-line con la propria rete sociale;
•
shareability: gli esseri umani hanno una tendenza innata a raccontare
storie, e quindi condivideranno e creeranno conversazione quando il
materiale offra i giusti spunti;
•
timing/actuality: i riferimenti devono essere ad eventi attuali: dal
momento che la vita di una notizia è breve, questi devono essere utilizzati
con la massima tempestività per evitare di essere respinti;
•
seeding hook: il pay-off deve avvenire rapidamente.
Se il risultato finale, ottenuto dalla somma dei singoli punteggi attribuiti ai sette
criteri, è inferiore a 15, significa che il contenuto non ha DNA virale e dovrebbe
essere scartato. Un risultato tra 15 e 25 indica che il materiale ha delle
potenzialità, ma ha bisogno di essere ulteriormente visionato poiché non è
viralmente forte. Un risultato superiore a 25 segnala un contenuto che ha
l'opportunità di essere davvero virale.
Un altro elemento fondamentale per alimentare il buzz è il settore
d'appartenenza dell'oggetto della comunicazione; le campagne di buzz
sembrerebbero perfette per tutti i prodotti a elevato grado di complessità per i
20 www.goviral.com
21 Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale. Viral, Guerrilla, Tribal e i 10
principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano.
24
quali la decisione se acquistare o meno è basata su fattori razionali, mentre
prodotti a bassa “buzzabilità” sembrano quelli soggetti ad acquisti d'impulso per
i quali è difficile immaginare che un ipotetico acquirente cerchi opinioni o
conversazioni in merito prima di procedere all'acquisto.
Una campagna di buzz marketing deve inoltre avere ben chiaro il suo target di
riferimento; come precedentemente accennato il veicolo principale del buzz è la
Rete e essendo i giovani i maggiori utilizzatori del Web, è a questa categoria che
la campagna dovrà innanzitutto indirizzarsi, senza però trascurare quella
porzione di internauti di età più avanzata.
All'interno di queste due categorie di riferimento è possibile identificare le
tipologie di soggetti che sono più attivi in termini di propagazione del buzz
all'interno delle comunità di consumatori. Ron McDaniel individua tre tipi di
soggetti che possono innescare un buzz22:
•
gli influential: non parlano spesso del brand, ma quando lo fanno
esercitano una forte influenza
•
gli advocate: sono clienti e amici che amano l'azienda e ciò che
rappresenta
•
gli employee: impiegati che non pensano di creare buzz ma che, se
credono nell'azienda, riescono a farlo meglio di chiunque altro poiché
sono insider e perciò più credibili.
Ognuna di queste categorie richiede uno specifico approccio strategico; nel caso
degli influential, essi devono venire attratti al fine di creare buzz intorno ad un
brand, a differenza degli advocate che vanno motivati ed incoraggiati per far si
che intraprendano una conversazione, mentre gli employee vanno educati circa
l'importanza di creare buzz e su come farlo in modo corretto.
In generale tra tutte le figure individuate dalla letteratura di riferimento
implicate nel word of mouth, due in particolare sono quelle che rivestono un
ruolo primario nella propagazione virale di un messaggio commerciale: coloro
che fungono da “evangelisti” e che danno origine al buzz, e coloro che si
impiegano nell'inoltrare il messaggio nel proprio network di conoscenze.
Con queste premesse una strategia di comunicazione corretta deve considerare
un consumatore con potere e necessità di sapere sempre più accresciuti, un
marketing che deve spostare il baricentro della comunicazione dalla costruzione
22 http://blog.Buzzoodle.com/index.php/2006/11/07/three-kinds-of-people-create-Buzz/.
25
e l'affrancamento del brand alla costruzione di una relazione forte e duratura, e
una comunicazione non più orientata sul canale ma costruita sul consumatore.
26
CAPITOLO 2. IL SOCIAL WEB: LA PIATTAFORMA
CONVERSAZIONALE
1.1 Internet come risorsa di marketing: cambia i connotati, ne
cresce l'utilizzo
Il mondo è in Rete; secondo i più recenti dati Audiweb23 di audience on-line
riferiti al mese di settembre 2010, 24,042 milioni sono i navigatori italiani, con
un incremento del 11,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Gli
utenti attivi nel giorno medio sono 11,986 milioni con una crescita del 13,4% su
base annua, e navigano in media 1 ora e 26 minuti consultando 166 pagine per
persona.
DATI AUDIWEB SETTEMBRE 2010
Figura 2.1 Fonte http://www.audiweb.it/cms/attach/aw_cs_3novembre2010.pdf
Gli italiani on-line sono principalmente i giovani tra gli 11 e i 17 anni (85,3%
degli individui in questa fascia d'età), gli adulti tra i 18 e i 34 anni (83,4%), e
quelli della fascia più matura tra i 35 e i 54 anni (76,1%), con una piccola
differenza numerica tra uomini e donne (il 70,5% di uomini contro il 66,7% di
donne). Sono 32,9 milioni gli italiani che dichiarano di avere un accesso ad
Internet da qualsiasi luogo (casa, ufficio, luogo di studio, ecc.), ovvero il 68,6%
della popolazione tra gli 11 e i 74 anni. La maggior parte degli accessi a Internet
avviene da casa tramite computer, ma cresce notevolmente il numero delle
persone che navigano attraverso i notebook dotati di chiavetta-modem e per
23 Audiweb è il soggetto realizzatore e distributore dei dati sulla audience on-line il cui obiettivo
primario è fornire informazioni oggettive e imparziali al mercato, di carattere quantitativo e
qualitativo, sulla fruizione del mezzo Internet e sui sistemi on-line utilizzando opportuni sistemi di
rilevazione. http://www.audiweb.it/cms/view.php?id=4&cms_pk=189
27
mezzo dei dispositivi mobili, primi tra tutti gli smartphone di ultima
generazione. L'accesso in mobilità tramite cellulare, disponibile per 5,3 milioni
di italiani, ha registrato infatti un aumento del 26,1% rispetto all'anno
precedente. I dati evidenziano che la maggior parte delle persone che accede ad
Internet ha un livello di istruzione medio-alto (il 94,9% dei laureati e l'84,8%
dei diplomati) e una posizione lavorativa qualificata, anche se rispetto al 2008 è
aumentato l'accesso on-line da parte dei lavoratori meno qualificati (57,3% nel
2009 rispetto al 46,9% nel 2008).
Di conseguenza oggi il passaparola, tipicamente considerato una forma di
comunicazione verbale, si sposta in Rete e diventa digitale, divenendo sempre
più word-of-mouse24. Questo fa si che le conversazioni si moltiplichino e
diventino globali grazie al potenziale comunicativo di Internet che è tale da
abbattere le barriere geografiche dei mercati.
Le tecniche di marketing che si servono del passaparola presentano una serie di
vantaggi in termini di risparmio economico, in quanto, in proporzione ai budget
disponibili, la comunicazione che avviene in Rete è accessibile ad ogni azienda e
la Rete presenta un livello inferiore di dispersione, alti tassi di conversione e
recupero degli investimenti relativamente migliori di altri canali; in termini di
velocità di espansione, poiché l'utilizzo della Rete, che fornisce strumenti che
riducono il gap temporale fra i soggetti, permette una comunicazione istantanea
e la possibilità di raggiungere picchi di crescita enormi in un lasso di tempo
minimo; e vantaggi in termini di relazione, la comunicazione è diretta e gli
individui trovano soddisfatto il loro bisogno di ricevere notizie sui brand e sui
loro benefici grazie alle opinioni di soggetti che hanno già provato il prodotto in
questione.
Il principale contributo fornito da Internet alle imprese, rispetto ai media
tradizionali, risiede nella sua capacità relazionale, in grado di mettere in atto in
modo integrato comunicazioni di massa e comunicazioni interpersonali e
rispondere quindi alle esigenze del consumo postmoderno. Il valore della
comunicazione di marketing ne risulta quindi aumentato; esso è dato da un
insieme di caratteristiche sinergiche quali: l'interattività, la velocità di risposta,
la capacità di interazione personale, la personalizzazione della comunicazione,
la capacità di raccolta dati a basso costo, l'inversione della logica comunicativa e
la copertura mondiale.
24 Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale. Viral, Guerrilla, Tribal e i 10
principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano.
28
Il carattere dell'interattività si riferisce al passaggio dal concetto di
comunicazione one-to-many, in cui l'impresa trasmette lo stesso messaggio
attraverso un mezzo ad un gruppo di potenziali consumatori, al nuovo
paradigma
di
emittenti/destinatari
comunicazione
utilizzano
un
many-to-many,
media
per
dove
raggiungere
molteplici
altrettanti
emittenti/destinatari. La velocità di risposta va intesa come abilità di
rispondere agilmente alle richieste dei clienti e alle azioni dei concorrenti,
mentre la capacità di interazione personale si riferisce alla possibilità di inviare
comunicazioni ad uno specifico individuo privatamente e preferibilmente
mentre questi si trova in una situazione di intimità e relax, in quello definito da
Krugman “stato di coinvolgimento minimale”25, che investe il messaggio di una
maggiore forza persuasiva. La personalizzazione della comunicazione attiene
alla possibilità per l'utente di interagire con il mezzo in maniera attiva
attraverso l'interfaccia digitale e creare percorsi di consumo personalizzati in
base alle proprie preferenze. L'inversione della logica comunicativa significa
che l'utente non è più fruitore passivo del messaggio ma piuttosto è colui che
ricerca il contatto e ricopre un ruolo attivo nella scelta dei contenuti che intende
visualizzare sul proprio monitor. La copertura globale, infine, è una
caratteristica non ottenibile a basso costo con nessun altro media se non con
Internet.
Nella prima era del World Wide Web, poiché non c'era possibilità di interazione,
l'utente limitava le sue azioni alla mera fruizione di contenuti. Il Web 1.0, una
serie interconnessa di pagine web statiche, era concepito esclusivamente come
un modo per visualizzare documenti ipertestuali in formato HTML; l'utente
poteva solo navigare tra i vari siti senza interagire con essi e la creazione di un
sito era riservata solo ad utenti esperti di linguaggi informatici. In questo
contesto le uniche unità di misura del valore on-line erano le page views o page
impressions26 e i click through27.
Lo sviluppo del Web ha col tempo segnato il passaggio dall'era 1.0 a quella 2.0.
25 La teoria del coinvolgimento minimale di Krugman esposta in “The impact of television advertising:
learning without involvment” del 1965, evidenziava per la prima volta come la televisione fosse
efficace proprio perché considerata uno strumento di comunicazione a debole definizione che
stabilisce una situazione di relax e di ridotto coinvolgimento per lo spettatore nei confronti della
pubblicità. Secondo l'autore il riconoscimento razionale è indipendente dal ricordo effettivo. La
pubblicità e cioè potente quando è in una situazione di coinvolgimento minimale e viene pertanto
registrata negli strati profondi della memoria.
26 La page view o page impression è la richiesta di caricare una pagina web da parte dell'utente che
esprime anche il numero di volte che è stato potenzialmente visto l'annuncio in essa contenuto.
27 Il click through è la richiesta di collegamento al sito dell'azienda inserzionista che avviene quando
l'utente clicca sul banner o sul bottone sponsor.
29
Il Web 2.0 è l'insieme di tutte quelle applicazioni on-line che permettono uno
spiccato livello di interazione sito-utente; il termine è utilizzato per indicare
genericamente lo stato di evoluzione attuale di Internet rispetto alla condizione
precedente, coniato da Tim O'Reilly alla prima conferenza sul Web 2.028. Da un
punto di vista strettamente tecnologico, il Web 2.0 è del tutto equivalente al
Web 1.0; la differenza sostanziale risiede nell'approccio con il quale gli utenti si
rivolgono al Web, che passa dalla semplice consultazione alla possibilità di
fruire e creare/modificare i contenuti multimediali.
Come afferma Tim O'Reilly “il 2.0 non rappresenta qualcosa di nuovo ma
piuttosto la più completa realizzazione del vero potenziale della piattaforma
Web”. La Rete infatti è la stessa del passato e ciò che viene comunemente
definito Web 2.0 non è altro che un nuovo modo di concepire Internet e i suoi
strumenti come una piattaforma che rende possibile l'instaurarsi di interazioni
oltre che tra utente e mezzo, tra i vari utenti che si aggregano in comunità
virtuali.
Esso presenta sei caratteristiche di base29:
•
Reciprocità: è uno strumento dove è possibile sviluppare una
comunicazione tra pari, dove chi costruisce un contenuto è sullo stesso
livello di chi può fruirne.
•
Significatività: dispone di strumenti, come i motori di ricerca, che
consentono di ricercare e selezionare in maniera precisa le informazioni
in qualsiasi momento se ne necessiti.
•
Istantaneità:
la
comunicazione
può
realizzarsi
con
l'utilizzo
contemporaneo di testi, immagini, video.
•
Multidevice: i contenuti presenti on-line possono essere fruiti attraverso
molteplici strumenti, dal PC classifico fino allo smartphone, anche in
mobilità.
•
Partecipazione: i contenuti della comunicazione possono essere fruiti,
condivisi e anche votati da più utenti contemporaneamente, ciascuno dei
quali può contribuire ad arricchire il significato simbolico o testuale di
ciascun contenuto.
28 Il termine Web 2.0 è nato ufficialmente durante una riunione di brainstorming tra 0'Reilly Media e
MediaLive International con lo scopo di definire il nome di una conferenza sul nuovo modo di
intendere ed utilizzare la Rete. Alla fine della riunione il titolo deciso per la conferenza fu: Web 2.0
Conference, e si tenne nell'ottobre 2004 a San Francisco.
29 Prunesti A. (2009), Social media e comunicazione di marketing. Pianificare e gestire le attività di
marketing e comunicazione nell'era del web 2.0, Franco Angeli, Milano.
30
Il Web 2.0 costituisce un nuovo approccio alla Rete caratterizzato dalla
dimensione sociale della condivisione; in tale contesto è la socialità il nuovo
valore aggiunto da misurare.
Questo fa si che il grado di complessità del sistema ne risulti aumentato e che il
presidio dei nuovi media da parte delle aziende non sia cosa facile da
implementare, ma se stabilito ciò che può apportare in termini di efficacia
sembrerebbe bilanciare ampiamente gli sforzi richiesti. I nuovi strumenti forniti
infatti danno la possibilità di comunicare una maggiore quantità di
informazioni, di scambiare una maggiore quantità di dati fra azienda e cliente,
di instaurare relazioni one-to-one a costi molto più contenuti, di personalizzare i
messaggi e creare gruppi target omogenei e di disporre di strumenti più
misurabili.
Internet, ormai consolidato canale commerciale, si avvia così a divenire uno
strumento pubblicitario alla stregua dei media tradizionali rispetto ai quali offre
due vantaggi in particolare: l'economicità delle iniziative web rispetto a quelle
tradizionali off-line e l'influenza positiva sulla percezione del marchio con
conseguente incremento delle vendite off-line.
Tali obiettivi sono raggiungibili grazie ai mezzi di comunicazione che Internet
mette a disposizione dell'impresa, da cui derivano gli strumenti dell'Internet
marketing. I più popolari sono30:
•
Banner: striscione digitale contenente immagini che l'inserzionista
acquista e pubblica su determinati siti ad alto traffico e contenuto
generico o a traffico mirato, contenenti un link alla propria pagina web,
che viene mostrato quando la pagina che lo contiene viene aperta dal
browser dell'utente. Questa circostanza è detta impression ed il click
dell'utente sul banner viene chiamato click through. La funzione dei
banner è quella tipica della pubblicità, e cioè di informare gli utenti della
presenza di un prodotto o di un servizio sul mercato e convincerlo ad
acquistarlo.
•
E-mail marketing: una tipologia di marketing diretto che usa la posta
elettronica per comunicare con il target. E' importante un uso prudente
di tale strumento per via della sua natura invasiva che potrebbe farlo
considerare spam31. Per essere efficace dovrebbe quindi basarsi sulle
30 Dominici G. (2009), E-marketing. Analisi dei cambiamenti dai modelli di business al mix operativo,
Franco Angeli, Milano.
31 Per spam si intende la diffusione di un messaggio via internet nei blog, nei forum di discussione o
nelle caselle di posta elettronica. Si tratta di pubblicità indesiderata frutto di azioni di web marketing.
31
“quattro P”: permission, intesa in termini di autorizzazione dell'utente
alla ricezione delle e-mail; privacy, che deve essere rispettata nel
trattamento dei dati personali; profilazione, attraverso la raccolta dati
tramite cui poter eventualmente modificare il profilo utente; e
personalizzazione, in termini di possibilità che offre l'e-mail marketing di
poter attuare strategie di marketing one-to-one.
•
Keyword targeting: è una tipologia pubblicitaria digitale basata
sull'utilizzo di parole chiave (keyword) nei motori di ricerca da cui
dipende la visualizzazione di un determinato messaggio pubblicitario. Le
keyword sono utilizzate dagli utenti per fare le ricerche e acquistate dagli
inserzionisti per comparire tra i risultati visualizzati dal motore ad un
prezzo che varia in base ai rendimenti potenzialmente generabili
mediante quella parola chiave.
•
Really Simple Sindication (RSS): è lo standard più diffuso per
l'esportazione di contenuti web in quanto consente agli interessati di
essere aggiornati in tempo
reale mediante un software detto
“aggregatore” ed un portale con la funzione di visualizzatore di titoli e di
link diretti a notizie pubblicati su altri siti.
•
Podcasting: consiste nella registrazione digitale di una trasmissione
radiofonica o simile resa disponibile su Internet con lo scopo di
permettere il download su riproduttori audio personali. I podcast
risultano un ottimo canale di comunicazione tra impresa e pubblico di
riferimento in quanto la pubblicazione di podcast sul proprio sito web
può rappresentare uno strumento efficace in fase di lancio di un nuovo
prodotto o come supporto informativo per i clienti in ottica relazionale.
Ciascuno di questi strumenti si basa sulla logica del permission marketing
secondo cui la relazione tra impresa e cliente va sviluppata per gradi che
implicano livelli crescenti di esplicita manifestazione di consenso da parte
dell'utente.
Il permission marketing è definito dal suo ideatore, Seth Godin, come una
strategia di marketing il cui obiettivo è ottenere dal consumatore il permesso di
comunicare con lui per far si che questi presti maggiore attenzione al messaggio.
Il principio guida del permission marketing è la risorsa scarsa per eccellenza,
ossia il tempo. In una società sempre più frenetica, dove si è continuamente
sottoposti a stimoli e bombardamenti di informazioni, la gestione del tempo
32
assume una valenza sempre più strategica. Le iniziative pubblicitarie, così come
le promozioni e gli sconti tentano di attirare l'attenzione dei potenziali
consumatori, tuttavia la frequenza dei messaggi è tale che per autodifesa molti
consumatori rimangono indifferenti a queste iniziative.
Secondo Godin "il permesso del consumatore va ottenuto in modo graduale e
nella maniera meno intrusiva possibile". E questo è il punto di forza di
Internet, che consentendo elevati livelli di personalizzazione delle richieste di
informazioni, a differenza di tutti gli altri media, possiede la capacità di attirare
l'utente in un'ottica pull, facendo in modo che si generi in lui la necessità di
mantenere i rapporti con l'azienda, senza che questi siano forzati e malgraditi
come accade invece con i mezzi di comunicazione tradizionale.
33
2.2 Social media e community: le conversazioni si spostano on-line
“Ora la Rete consente al mercato di tornare a conversare, così le persone si
raccontano la verità sui prodotti e sulle aziende e su ciò che desiderano
veramente.” The Cluetrain Manifesto
Sin dagli albori di Internet, la Rete è servita a connettere persone in comunità, e
oggi, per mezzo delle applicazioni 2.0, l'interazione, la condivisione e la
partecipazione la fanno da padrone, risultando i pilastri fondanti del Web.
L'interazione offre a ciascun individuo la possibilità di usufruire, in tempo reale
e senza alcun vincolo, dei contenuti che più lo interessano. I contenuti scelti in
base ai suoi bisogni e alle sue esigenze, possono essere condivisi con gli altri
utenti della Rete, in questo modo la comunicazione diviene partecipativa in
quanto ognuno può dare il suo contributo nella diffusione dei contenuti presenti
sul Web che diventano così accessibili a chiunque.
Le tecnologie della condivisione on-line prendono il nome di social media,
categoria che comprende tutti gli strumenti digitali utili alla creazione e alla
diffusione dei flussi di comunicazione partecipativa tra le persone attraverso la
condivisione di contenuti testuali, immagini, video e audio.
La proprietà che permette ai nuovi mezzi digitali di assumere connotazioni
partecipative e conversazionali è la crossmedialità, che fa sì che un singolo
contenuto possa essere veicolato attraverso molteplici canali di comunicazione e
possa assumere differenti forme in base alla tecnologia di trasmissione utilizzata
e alle esigenze di chi fruisce del contenuto. Per cui oggi un videoclip musicale
può essere trasmesso in televisione, così come può essere visto su YouTube, o su
una console di gioco e lo stesso videoclip può essere memorizzato in formato
Mp4 per essere visto su un iPod, oppure in formato DIVX, maggiormente adatto
alla fruizione su PC.
Le principali forme applicative dei social media sono32:
•
Giant: i tre siti simbolo del Web 2.0, Wikipedia, My Space e YouTube.
Ecco alcuni numeri che ne chiariscono la diffusione in Italia. Al 19
novembre 2010 l'edizione di Wikipedia in italiano conta 747.331 voci, con
una crescita mensile di circa 12.000 voci, e 571.842 utenti registrati33. Per
quel che concerne MySpace, il tasso di crescita in Italia è di 4500 nuovi
32 Nielsen/NetRatings
33 Http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia_in_italiano
34
profili al giorno, uno ogni 5 secondi, con un tempo medio giornaliero per
utente trascorso sulla piattaforma di 64 minuti, a fronte dei 39 minuti
degli utenti USA34. In merito alla terza piattaforma, stando alle
dichiarazioni di YouTube Italia, ogni minuto vengono caricate quasi 24
ore di video, il che equivale, considerando una media di quattro minuti a
video, a circa 500.000 video al giorno35.
•
Community: insieme di utenti che hanno i medesimi interessi e che si
riuniscono virtualmente e non con una assidua frequenza intorno ad un
sito. E' la categoria più visitata in Italia. Include le comunità virtuali di
incontro e socializzazione, i così detti social network che, per la forte
connotazione partecipativa che la contraddistingue, rappresentano una
delle categorie più conosciute ed utilizzate di social media, tanto da
essere divenuti negli ultimi anni un vero e proprio fenomeno di massa. I
più popolari in Italia sono Facebook, Twitter e MySpace (fonte
Addthis)36.
•
Blog: sito in cui pubblicare storie, informazioni e opinioni in completa
autonomia. Ogni articolo è generalmente legato ad un thread, in cui i
lettori possono scrivere i loro commenti e lasciare messaggi all'autore. Il
blog è un luogo dove, in genere, si può esprimere liberamente la propria
opinione. In Italia i lettori assidui di blog nel 2010 sono aumentati a 5,6
milioni, rispetto ai 5 milioni dell'anno precedente(fonte Humah Highway
e Liquida); le piattaforme per la creazioni di blog più popolari in Italia
sono Blogger, BlogAttivo, Bloog, Splinder e Wordpress37.
•
Niche: siti dedicati a particolari tematiche in cui gli utenti possono
proporre notizie e collegamenti che vengono poi promossi in prima
pagina in base ad un sistema di elencazione non gerarchico e stabilito in
base alla valutazione degli altri utenti; un esempio sono Digg e Flisxter.
•
Photosite: siti dove si possono caricare e condividere le proprie foto con
altri utenti come Flickr.
•
Portal: siti in cui i gruppi di persone creano mailing list tramite cui
scambiare messaggi su specifici argomenti, come Google Groups e Yahoo
Groups.
•
34
35
36
37
Video: siti per la condivisione e lo scambio di filmati come Google video,
http://blog.digichat.it/40-social-network-famosi-mondo.html
http://www.ciaoblog.net/youtube-ecco-quanto-e-amato-dagli-italiani/
http://digg.com/news/world_news/Classifica_aggiornata_dei_social_network_più_usati_in_Italia
http://provatoo.net/le-10-migliori-piattaforme-gratuite-per-blog/
35
Metacafe, Libero video.
•
Knowledge: pagine web dove è possibile trovare informazioni e risposte
su diversi argomenti, vere e proprie enciclopedie e dizionari on-line ad
accesso libero e costruite grazie ai contenuti creati dagli utenti (UGC),
come Wictionary, Yahoo Answers, Answers.com.
•
Virtual Life: siti in cui è possibile creare vite parallele virtuali.
Nonostante non raggiungano numeri molto elevati di utenti, sono quelli
in cui si passano più ore e che generano più fidelizzazione; i più
conosciuti sono Second Life e Habbo.
Questi siti si basano sulla filosofia User-Generated Content (UGC),
letteralmente “contenuto generato dagli utenti”, in cui risiede l'aspetto più
rivoluzionario delle applicazioni 2.0; infatti, grazie alla diffusione di soluzioni
hardware e software semplici e a basso costo, le applicazioni hanno permesso
agli utenti di passare da semplici fruitori a veri e propri editori dei contenuti
multimediali. Il termine nasce nel 2005 nonostante i primi contenuti realizzati
da persone comuni fossero già in Rete sin dalla nascita del Web; il fenomeno ha
poi acquisito dimensioni rilevanti fino a diventare “di massa” grazie alla
diffusione di servizi web che abilitano chiunque a produrre e caricare in Rete i
propri contributi, che per essere considerati User-Generated Content devono
implicare una certa quantità di sforzo creativo. Lo sono fotografie e video
digitali, blog, podcast e wiki38. YouTube è l'esempio più eclatante in quanto la
più grande vetrina al mondo di user-generated content aventi con oggetto
filmati video. Ai content provider tradizionali si affiancano così tutti gli utenti
che, creando e condividendo tra loro i contenuti sulla Rete, hanno assunto il
ruolo di prosumer, ossia di produttori e allo stesso tempo consumatori di un
flusso comunicativo che li vede protagonisti dei contenuti che essi stessi
generano sulla Rete.
Ciò favorisce il fenomeno della coda lunga39 della comunicazione digitale che
dimostra che, se nel sistema tradizionale dei media, è presente un numero
ristretto di emittenti (media mainstrem) che generano ciascuno un elevato
38 Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornato dai
suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno
accesso. La modifica dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli
utenti (a volte soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte come
accade solitamente nei forum, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori
precedenti.
39 La teoria della “long tail” elaborata da Chris Anderson nel 2006 sostiene che se il canale di
distribuzione è sufficientemente evoluto, anche prodotti di nicchia possono raggiungere quote
significative di mercato ed il loro fatturato totale può superare quello dei pochi prodotti più venduti.
36
numero di spettatori, nel mondo digitale miriadi di utenti producono contenuti
rivolti agli individui che fanno parte del loro network personale che
relazionandosi tra loro creano una “coda lunga” di tante piccole audience, le
quali sommate possono superare il numero di spettatori legati ai media classici.
LA LONG TAIL DEI MEDIA
Figura 2.2. Fonte http://geofflivingston.com/2010/07/08/the-long-tail-of-media-grows/
Nell'ottica delle applicazioni 2.0 si modifica il target del marketing, che non è
più il singolo ma piuttosto la comunità, considerata come unica entità e non
come somma di individui, in cui l'elemento predominante è l'interazione tra i
suoi componenti.
D'altronde uno dei bisogni fondamentali dell'uomo è da sempre quello di
condividere esperienze e sentirsi parte di un gruppo ed è questo che rende
possibile l'implicazione degli utenti nella Rete.
Le comunità che si generano on-line prendono il nome di comunità virtuali e si
differenziano da quelle off-line per le modalità di sviluppo di forme di
conoscenza condivisa; infatti mentre le comunità fisiche tendono alla protezione
della conoscenza creata all'interno, le comunità virtuali sono aperte a nuovi
affiliati e si basano sulla generazione continua di conoscenza apportata proprio
dai nuovi membri40.
L'appartenenza ad una comunità virtuale da la possibilità di trattare argomenti
interessanti, poiché permette la condivisione di informazioni con altri individui
40 Prandelli e Verona 2006
37
che hanno gli stessi interessi; consente di stabilire relazioni di amicizia,
sentimentali e contatti con utenti che hanno vissuto esperienze simili; quando
basata sulla costruzione di mondi virtuali, la comunità da la possibilità di vivere
le proprie fantasie; e in ottica di business permette di portare a termine
transazioni commerciali.
Queste sono le ragioni principali che spingono gli utenti a prendere parte ad una
comunità virtuale e che gli esperti di marketing devono considerare nel
momento in cui vogliono prendere parte alle conversazioni che si svolgono al
loro interno.
La comunità virtuale potrebbe essere definita come un insieme di utenti della
Rete con un interesse specifico, che si basa su un network dinamico e
strutturato41 ed è concepita secondo due modalità: comunità intesa come
“gruppo tribale” e le comunità dei social network. Le prime sono formate da
individui legati da relazioni forti e durevoli derivanti da una passione condivisa.
In questo caso i contatti avvengono anche nel mondo fisico e la Rete è utilizzata
per facilitarli, quindi le politiche di marketing non devono trascurarne la
dimensione off-line. Un esempio di questa fattispecie sono i gruppi di
motociclisti legati ad una determinata marca come l'Harley Davidson o la
Ducati, che organizzano raduni off-line tenendo in contatto gli appassionati e la
casa madre on-line.
Il modello di comunità basata sul social network è invece di tipo utilitaristicopratico e mira allo scambio di conoscenze tra persone interessate ad uno
specifico tema.
Le comunità sono classificate poi secondo gli obiettivi che perseguono, e quella
che riveste il maggiore potenziale per le azioni di marketing è la brand/product
community, comunità cioè composta da utenti-consumatori appassionati di un
determinato brand o prodotto che considerano parte del loro stile di vita.
In ogni caso, a prescindere dall'obiettivo di riferimento, le comunità offrono
grandi opportunità in ottica di marketing poiché sono innanzitutto fonte di
informazioni sui desideri degli utenti e sul loro grado di apprezzamento dei
prodotti, e forniscono dati preziosi per lo studio del comportamento dei
consumatori. Costituiscono inoltre un sostegno alle politiche di marketing virale
dal momento che i messaggi trasmessi dall'impresa alla comunità possono
raggiungere in breve tempo tutti i membri del gruppo con un efficacia maggiore
e costi di investimento minori
rispetto ai media tradizionali, dai quali si
41 Bagozzi et al., 2004
38
differenziano soprattutto per l'accettazione del messaggio da parte del target che
nelle comunità risulta accresciuta per via della fiducia che viene ad instaurarsi
all'interno.
Alla luce di questi vantaggi l'impresa può scegliere se limitarsi a fornire
supporto alla community o se diventarne membro agendo dall'interno.
Sviluppando contenuti attrattivi che generino partecipazione e interazione,
quindi fedeltà e fiducia il suo scopo sarà quello di attivare iniziative
pubblicitarie. Questo passo si concretizza in un primo momento con
l'affiliazione ed il banner. Nell'affiliazione il sito incanala il traffico verso un sito
affiliato ed in cambio riceve una provvigione o una percentuale delle vendite; il
banner invece consiste nella cessione di uno spazio all'interno del sito con
l'obiettivo di generare page impressions e di stimolare i click through. In un
secondo momento attraverso sponsorizzazioni, offerte e special events che
possano attivare interesse, disponibilità all'acquisto e generare traffico sul punto
di vendita fisico, è possibile richiedere una reazione al potenziale cliente.
Secondo Anthony Bradley, vice presidente Gartner, le comunità virtuali sono la
conseguenza di vincoli precisi che consentono a tutti i partecipanti di
contribuire attivamente ed essere produttivi. Per questo è necessario seguire
specifiche linee di gestione e agire per conseguire i seguenti obiettivi42:
•
Magnetismo: i temi devono attrarre utenti che possano sentirsi "chiamati
in causa".
•
Allineamento: gli argomenti devono chiaramente essere in stretta
relazione con il business.
•
Basso rischio: non si può pretendere di richiamare subito blogger già
molto noti sul proprio social network. La comunità nasce e si arricchisce
nel tempo ampliandosi.
•
Obiettivi: tematiche e focus devono essere ben delineati, così che
l'espansione della community possa essere un processo naturale prodotto
dagli utenti stessi secondo i loro interessi.
•
Scalabilità: argomenti e strumenti a disposizione della comunità devono
facilitare l'eventuale ampliamento.
•
Misurabilità: gli accessi devono essere misurabili per monitorarne i
trend e per profilare gli utenti.
•
Autonomia: il valore di una comunità sta nel dare agli utenti la possibilità
42 http://www.pmi.it/marketing/articoli/4014/p2/pmi-blog-e-community-virtuali-valore-e-profitto.html
39
di proporre argomenti di discussione e intervenire in modo libero con
contributi spontanei.
Una community si distingue da un forum di discussione per avere come valenza
principale la condivisione. Peculiarità del forum è, invece, il confronto di
opinioni, che fa si che tale strumento conferisca un valore maggiore di
trasparenza e onestà al marchio rispetto alla community.
Nel nostro paese sono soprattutto i social network digitali ad essere in forte
espansione superando la quota di utenti delle comunità tribali e diventando
ogni giorno di più una cassa di risonanza delle attività di word of mouth, buzz e
viral marketing intraprese dai brand.
Essere presenti in questi spazi significa per l'impresa poter ascoltare i bisogni e
le opinioni dei consumatori e, sebbene i social media non siano nati come
strumento di marketing, il loro punto di forza sta proprio nell'interagire con gli
utenti in modo trasparente utilizzando i loro stessi codici comunicativi. Questo è
ciò di cui si occupa il Social Media Marketing, un nuovo approccio gestionale di
business per le aziende, che permette di ottimizzare l'offerta di prodotti e servizi
nel lungo periodo puntando sul dialogo e sulla conversazione bidirezionale tra
azienda e consumatore all'interno del social web.
40
IL PRISMA DELLA CONVERSAZIONE
Figura 2.3 Fonte http://www.theconversationprism.com/
41
2.3 Uno sguardo alla realtà: statistiche, ragioni di fruizione e
tipologie di utilizzatori dei social media
La percentuale di utilizzatori delle applicazioni web è destinata ad aumentare
grazie a tre fenomeni quali, la moltiplicazione dei device che consentono la
connessione ad Internet, il calo dei prezzi di questi strumenti, e lo sviluppo delle
applicazioni 2.0 che rendono più facile e intuitivo l'uso di Internet, favorendo la
socializzazione nei confronti di questo mezzo di comunicazione. In particolare,
un contributo notevole all'aumento della percentuale di fruizione è stato fornito
dalla nuova generazione, definita negli Stati Uniti generazione Y, sulla quale il
Web gioca un ruolo determinante. Essa è composta dai cittadini nati dopo il
1980 cresciuti in piena espansione della comunicazione digitale, e per questo
considerati dei digital native, che vivono costantemente connessi on-line.
Assidui frequentatori delle più famose community on-line come Facebook e
YouTube, nei confronti dei brand rappresentano un gruppo con un
considerevole potere d'acquisto, una profonda conoscenza dei prodotti e una
fedeltà di marca minore rispetto alla media.
A livello mondiale i social media, con più di 500 milioni di utenti su Facebook
che creano in media 90 contenuti al mese ciascuno, circa 24 ore di video caricati
ogni minuto su YouTube, oltre 90 milioni di “tweets” pubblicati ogni giorno su
Twitter e 5 miliardi di foto postate su Flickr, sono un fenomeno che ha raggiunto
dimensioni globali registrando numeri importanti anche nel nostro Paese; gli
utenti internet italiani sono tra i più assidui frequentatori di social network al
mondo. Secondo uno studio presentato nel primo semestre del 2010 da Nielsen,
osservatorio internazionale tra i più noti per l'analisi del Web, l'Italia sarebbe il
quarto paese al mondo nell'uso dei social network, preceduta solo da Australia,
Stati Uniti e Regno Unito, ma al primo posto per tempo medio mensile trascorso
su queste piattaforme. Su circa 24 milioni di italiani attivi sul Web, ben 16
milioni utilizzano Facebook, il social network più diffuso al mondo, seguito da
altre piattaforme in costante ascesa tra cui Twitter, Linkedin e Flickr, tutte
accomunate da nuove dinamiche comunicative basate sull'interazione e sulla
costruzione di un rapporto diretto con e tra gli utenti. A confermare che nel
nostro paese il fenomeno social media sembrerebbe essere molto più di una
tendenza del momento, è il recentissimo studio realizzato esclusivamente in
Italia da Mediacom per conto dell'azienda di eMail marketing eCircle.
42
L'indagine dimostra che gli utenti dei social media in Italia sono interessati ad
interagire con i brand: il 50% degli intervistati è interessato alle informazioni
sui prodotti e sulle aziende, il 29% si dichiara follower43 di un'azienda o di una
marca. L'interesse è di tipo “conversazionale” e commerciale. Il 41% dei fanfollower dichiara di essere interessato a sconti e offerte speciali, il 22% segue
una marca perché ne trova divertente il contenuto , il 20% per dimostrare il
proprio interesse, mentre il 13% segue un brand per dimostrare la propria
fedeltà.
A livello globale, da un'indagine eseguita da Nielsen, emerge come tre persone
su quattro che utilizzano Internet trascorrano abitualmente almeno 6 ore al
mese visitando social network o blog. E' il segno che gli utenti si stanno
abituando a un Web più partecipativo e ad un flusso di comunicazione
orizzontale che tende a privilegiare le fonti di informazione generate dagli stessi
utenti della Rete.
TEMPO TRASCORSO SUL SOCIAL WEB, MARZO 2010
Figura 2.4 Fonte Nielsen
La minoranza che preferisce non prendere parte alle reti sociali presenta
motivazioni che si rifanno o ad una condizione di disagio, nel caso in cui la
persona non abbia ancora sviluppato la capacità pratica di utilizzare
proficuamente gli strumenti della condivisione, o ad un rifiuto, tipico di chi ha
già avuto un'esperienza con i social media che lo ha convinto ad allontanarsene
dall'utilizzo, o ad insicurezza legata ai problemi di privacy sottesi all'utilizzo e
alla condivisione delle informazioni personali sui social media.
43 Neologismo coniato da Twitter per indicare che un utente segue un altro utente, ovvero ha accesso ai
suoi aggiornamenti.
43
Per la maggioranza delle persone che al contrario vi partecipa, molteplici sono le
motivazioni che le spingono ad essere presenti in questi canali; Ayelet Noff di
Blonde 2.0, compagnia di consulenza di Social Media Marketing, le riassume nei
seguenti aspetti44:
•
Reciprocità anticipata: un utente è motivato a fornire il suo contributo
nell'aspettativa di ricevere in cambio un aiuto o informazioni utili,
qualora ne avesse bisogno a sua volta.
•
Incremento di riconoscimento sociale: in questo caso il fattore alla base è
il desiderio di prestigio.
•
Senso di efficacia: gli utenti avvertono di avere qualche effetto all'interno
di una rete sociale.
•
Connessione: più un utente è legato ad altre persone in un network, più è
spinto a partecipare attivamente al fine di mantenere le relazioni.
•
Emotional safety: il senso di appartenenza e identificazione con un
gruppo accresce la sensazione di sicurezza.
Nonostante sembrerebbe che l'intero Web si stia dedicando alla creazione di
contenuti, uno studio realizzato da Forrester45 su 275mila consumatori di Asia,
Europa e America del Nord ha accertato che solo una bassa percentuale degli
utenti contribuiscono con i loro contenuti ai social network; infatti se gli
internauti che si riuniscono nei social network sono sempre più numerosi, il
numero di coloro che contribuiscono attivamente a questi siti ristagna.
Il numero degli internauti che ha aderito ad un social network è cresciuto
dell'11% in Europa, dietro la Cina (18%) e davanti all'America del Nord (8%). In
totale, il 41% degli europei è membro di una community. Ma, come si evince dal
grafico riportato alla pagina seguente, la parte degli internauti che ha creato
contenuti su questi siti è rimasta invariata attorno al 15%, e il 54% è solo
“spettatore”. La restante parte si diletta a conversare (31%) e partecipare a social
network (41%), commentare (21%) o semplicemente raccogliere (10%) contenuti
social. Sono comunque gli utenti italiani che contribuiscono maggiormente al
Web 2.0 con il 24% di “creatori”.
44 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2009), Buzz marketing nei social media come
scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano
45 Forrester Research è una società di ricerche tecnologiche e di mercato
http://www.forrester.com/rb/research
44
IL COMPORTAMENTO DEGLI UTENTI EUROPEI SUL SOCIAL WEB
Figura 2.5 Fonte http://wearesocial.it/blog/2010/10/social-media-ecco-cambia-il-nostro-comportamento/
Dall'utilizzo che gli utenti fanno delle social technologies dipende l'esistenza di
differenti profili di utilizzatori:46
•
Creatori: coloro che almeno una volta al mese pubblicano un blog o un
articolo on-line, aggiornano una pagina web, o caricano dei contenuti
video e audio su siti come YouTube.
•
Critici: coloro che reagiscono ai contenuti pubblicati da altre persone,
postando commenti su blog, forum e community e votando e/o
modificando i wiki. I critici sono più numerosi dei creatori in quanto
reagire è più semplice che creare.
•
Collezionisti: coloro che memorizzano Url47 e tag48 grazie al servizio di
social bookmarking49, votano per i loro siti preferiti o ricorrono agli RSS
feed. In questo modo essi svolgono attività di raccolta e aggregazione
delle informazioni, fondamentale in vista dell'organizzazione dei
contenuti prodotti dai Creatori. Per ora i Collezionisti rappresentano un
46 LI C., Bernoff J. (2008), Groundswell: winning in a world transformed by social technologies,
Harvard Business Press.
47 L'Url (Uniform/universal resource locator) è la stringa di un indirizzo Web.
48 Il termine tag può riferirsi sia a un elemento del codice HTML, usato per ordinarlo in modo
gerarchico, sia a una parola chiave associata a un qualche tipo d'informazione, intesa come
un'immagine, una mappa geografica, un video clip o un post preso nella sua totalità. La suddetta
parola chiave ha lo scopo di descrivere, quindi, l'oggetto rendendo possibile la classificazione e la
ricerca di informazioni basata su parole chiave, per esempio sui motori di ricerca. Fonte
www.glossarioweb.it
49 Il social bookmarking è un servizio basato sul web, dove vengono resi disponibili elenchi di segnalibri
(bookmark) creati dagli utenti. Questi elenchi sono liberamente consultabili e condivisibili con gli altri
utenti appartenenti alla stessa comunità virtuale. I siti di social bookmarking organizzano il loro
contenuto tramite l'uso di tag (etichette, categorie). La popolarità di questi siti è in costante crescita, in
quanto sono uno strumento facile e intuitivo per individuare, classificare, ordinare e condividere le
risorse internet attraverso la pratica dell'etichettatura e categorizzazione (tagging). Fonte
www.wikipedia.it
45
gruppo d'élite ma si prevede che aumentino con la comparsa di siti che
proporranno attività mirate a questo tipo di partecipazione.
•
Socievoli: coloro che partecipano o mantengono un profilo nei social
network, la loro importanza risiede nel fatto che incrementano la
popolazione che utilizza questo tipo di tecnologie.
•
Spettatori: coloro che fruiscono di tutto ciò che viene prodotto da altri.
Questo è il gruppo più vasto poiché è quello che richiede lo sforzo
minore.
•
Inattivi: coloro che ancora non partecipano alle conversazioni on-line.
Risulta che il 90% degli utenti legge ma non partecipa attivamente alle
discussioni da cui vengono però influenzati. Il 9% partecipa saltuariamente
avendo altre priorità, fanno parte di questa categoria i Critici e i Collezionisti.
Solo l'1% degli utenti partecipa attivamente e, nonostante sia bassa, tale
percentuale è sufficiente ad alimentare e stimolare la conversazione e
l'interazione.
Questi tre gradi percentuali di partecipazione definiscono la teoria del 1-9-90
che regola tutti i social network. Il fenomeno è stato studiato da Jacob Nielsen,
massimo esponente della web usability, e prende il nome di participation
inequality (disuguaglianza partecipativa).
LA PIRAMIDE DELLA PARTICIPATION INEQUALITY
Figura 2.6 Fonte http://www.useit.com/alertbox/participation_inequality.html
Le ricerche hanno evidenziato come il sistema non possa essere rappresentativo
della media degli utenti del Web, in quanto i contributi ai siti a partecipazione
sociale provengono sempre dallo stesso 1% di utilizzatori, che di certo non può
essere portavoce del 90% che non si esprime. Ciò contribuisce a comprendere
l'esistenza di distorsioni in termini di feedback da parte dei consumatori, che le
aziende dovranno considerare nel momento in cui monitorano le conversazioni
46
on-line che le riguardano; tali conversazioni dovranno essere utilizzate come un
campione, non per forza rappresentativo, del totale degli utenti.
Il divario tra produttori attivi di contenuti e spettatori non può essere colmato,
ed esso tenderà a farsi sempre più evidente all'aumentare della longevità del
sito, in quanto ad una crescita prevista lineare degli utenti attivi ne
corrisponderà una esponenziale degli spettatori. Diviene quindi sempre più
rilevante per le aziende nel definire strategie di coinvolgimento che creino
valore per le marche e per i consumatori, analizzare le persone a livello
sociografico per conoscerne il profilo.
A prescindere dal grado di partecipazione ai social media, in ottica di business
una delle attività che gli utenti compiono maggiormente all'interno di questi
canali, siano essi Creatori o Spettatori, è quella della ricerca di informazioni in
merito a prodotti e servizi.
Secondo un articolo riportato da Penn Olson, tech-business blog asiatico, a
livello globale il 70% delle persone ricerca informazioni sui brand attraverso i
social media. I corporate web site pur essendo di grande utilità rivestono un
ruolo oramai secondario, limitandosi a fornire il catalogo virtuale dei prodotti e
a consentire l'acquisto direttamente on-line, senza però apportare quel valore
aggiunto ricercato dal consumatore odierno nell'interazione e nel dialogo.
DOVE I CONSUMATORI REPERISCONO INFORMAZIONI
di influencer. Egli ne individua tre:
•
Social broadcaster: sono quelli che godono di un maggior raggio
d'azione, solitamente sono i blog letti da un grande numero di persone e
seguiti con una certa regolarità. Dal punto di vista numerico sono la
minoranza degli influencer, ma costituiscono una preziosissima fonte per
l'aggiornamento di novità e consigli. Generalmente godono di minor
fiducia rispetto alle altre categorie, un lettore infatti che viene a
conoscenza di una novità tramite un Social broadcaster si riserva
successivamente di verificarne l'attendibilità da altre fonti. Per questo
motivo sono più consigliati nelle campagne finalizzate all'awareness
piuttosto che in quelle mirate al condizionamento delle preferenze.
•
Mass influencer: costituiscono il 16% del totale ma influiscono per l'80%
sulle scelte generate dal word of mouth on-line. Per questo motivo è una
minoranza che non può essere ignorata.
•
Potential influencer: sono coloro che godono della massima fiducia.
Costituiscono l'84% della popolazione degli influencer e il loro ruolo è
quello di manifestare on-line le preferenze e le segnalazioni che
raccolgono dalla rete sociale di appartenenza off-line.
Ciascun gruppo è raggiungibile attraverso strategie differenti. I Social
broadcaster, essendo ostili all'advertising tradizionale, ricercano un rapporto
con la marca, da cui richiedono rispetto e considerazione, rifiutando di essere
contattati esclusivamente quando il brand deve essere pubblicizzato. In questo
caso una soluzione potrebbe essere l'istituzione di promozioni e/o premi che
trasmettano un senso di relazione esclusiva e privilegiata. Nel caso dei Mass
influencer, assetati di contenuti esclusivi, il segreto è offrire un argomento di cui
parlare e che non si possa fare a meno di condividere. Per coinvolgere infine i
Potential influencer occorre mettere in atto un'iniziativa che cerchi il
coinvolgimento tramite un gioco o un concorso, in questo caso il fattore
discriminante sarà creare iniziative coinvolgenti e inedite.
Gli “interventi” generati dagli influencer sono distinti in due categorie: le
Influence impression, che sono le preferenze espresse sui social network, e gli
Influence post, ovvero i dati a vita più lunga e meno specifici quali post,
commenti, recensioni e forum on-line. Nella prima categoria, la ricerca svolta
dai ricercatori Josh Bernoff e Augie Ray, ha calcolato 256 milioni di Influence
impression totalizzate in un solo anno; gli Influence post invece sono stati 1,64
48
miliardi in un anno i quali a loro volta hanno generato 250 miliardi di
impression.
Il grafico seguente mostra dove hanno luogo le influenze.
DOVE LE PERSONE CONDIVIDONO L'INFLUENCE ON-LINE
Figura 2.8 Fontehttp://www.wommi.it/2010/05/indagine-forrester-sul-word-of-mouth-marketing/
49
2.4 Il 2.0 approda in azienda
In questo scenario le reazioni di chi si occupa di prodotti, marchi e aziende
tendono a essere diametralmente opposte; da una parte il contesto può apparire
talmente denso di opportunità da indurre alcuni a intraprendere scelte
avventate, dall'altra la ricchezza che offre può farlo apparire così confuso e
rischioso da indurre altri ad adottare un atteggiamento più prudente e passivo. I
più recenti studi dimostrano come attualmente la maggioranza delle aziende
italiane abbia ancora un approccio tradizionale all'uso di Internet; le esigenze
del mercato tuttavia sono cambiate, per questo motivo le aziende che
utilizzeranno un approccio di marketing e comunicazione innovativo, che
prevede l'utilizzo dei social media e degli strumenti del Web 2.0, avranno la
possibilità di acquisire quello che Porter chiama vantaggio competitivo e quindi
avere maggiori possibilità di successo sul mercato.
Finora le aziende italiane si sono concentrate sulla pianificazione di strategie di
comunicazione pubblicitaria classica come il display advertising e la
sponsorizzazione, senza sfruttare pienamente i flussi di comunicazione
partecipativa tipici dei social media; a dimostrarlo è il fatto che la categoria dei
banner è ancora la forma più utilizzata per fare promozione on-line. Ma la
scarsa efficacia degli strumenti tradizionali, dal click through fino alla
newsletter, dimostra come Internet sia uno strumento di comunicazione dove la
pubblicità concepita secondo le forme tradizionali stenta ad essere efficace
perché trascura la predisposizione del consumatore ad essere curioso, a
selezionare solo gli argomenti che gli interessano e a crearne di nuovi sulla base
dei suoi precisi interessi. Questo spiega l'irritazione generale degli utenti nei
confronti della pubblicità tradizionale on-line, che ha una percezione di
intrusività più alta rispetto a quella dei media classici.
La chiave di volta per le aziende è comprendere che i siti web non vanno
considerati solo dal punto di vista estetico, ma piuttosto dal punto di vista
funzionale e di servizio. In questo senso “farsi trovare” quando l'utente ne ha
bisogno dovrebbe essere l'obiettivo principale di ogni progetto on-line. La
diffusione e l'importanza dei motori di ricerca dovrebbe motivare le aziende a
investire nel miglioramento del proprio posizionamento all'interno di questi siti
e ottenere in questo modo una migliore visibilità dei contenuti attraverso
operazioni di SEM (Search engine marketing) e SEO (Search engine
50
optimization). La prima delle due tecniche si riferisce alle azioni di web
marketing atte a rendere il sito il più “user friendly” possibile, mentre la seconda
riguarda l'ottimizzazione del suo posizionamento all'interno dei motori di
ricerca attraverso le parole chiave. L'attività di SEO è fondamentale nel
moderno web marketing per riuscire a lanciare con successo un sito. Basti
considerare che un qualsiasi sito web riceve solitamente dal 60 all'80% del suo
traffico dai motori di ricerca.
Oggi queste attività devono essere pianificate in modo da integrare le attività di
comunicazione svolte sui social media; un fattore chiave in questo caso è la link
popularity, uno dei parametri che caratterizza la visibilità on-line, che indica la
popolarità che un sito web acquisisce grazie ad altri siti che lo consigliano. Oggi
questo è uno dei criteri più importanti per stabilire l'importanza e
l'autorevolezza di un corporate blog o dei contenuti condivisi attraverso un
social network. Naturalmente il fatto che una pagina web contenga un link a un
sito esterno genera potenzialmente visite aggiuntive per il sito segnalato. Inoltre
la link popularity è fondamentale in quanto i motori di ricerca tendono a
privilegiare nei risultati proprio quei siti considerati popolari in termini di
numero di link che ricevono da altre pagine web. Google, il motore di ricerca che
più degli altri favorisce questo criterio, utilizza un parametro chiamato
PageRank che assegna un livello di popularity da 1 a 10 ai siti presenti nel suo
catalogo. La condivisione dei contenuti tipica delle attività partecipative svolte
sul Web 2.0 può favorire la popolarità del proprio blog o sito web misurata da
questo strumento.
Analizzando il posizionamento delle principali aziende italiane raggruppate per
settore di attività in base ai due diversi fattori, livello di ottimizzazione del sito
web e grado di popolarità, i risultati evidenziano che le aziende operanti nel
settore dei servizi, dell'informatica e dei media sono quelle posizionate in
maniera ottimale, mentre le società operanti nei settori dell'abbigliamento, delle
bevande e degli alimentari hanno ancora ampi margini di miglioramento.
Le aziende che intraprendono attività di social media marketing possono
contare su due principali punti di forza. Il primo risiede nella possibilità di poter
sfruttare le relazioni partecipative tra gli individui che condividono i flussi di
comunicazione attraverso siti come YouTube o Facebook, facendo in modo di
renderli disponibili anche alle iniziative promosse da altri membri del social
network, in questo caso le aziende. Questo fa si che esse possano contare su un
51
secondo punto di forza che consiste nella possibilità di individuare gruppi
specifici di utenti accomunati da identità e esperienze comuni. Ai fini di
marketing si possono utilizzare i desideri e le esigenze comunicati da queste
tribù di individui come leve per promuovere forme di collaborazione con i
consumatori finalizzate a migliorare le caratteristiche del prodotto o del servizio
offerto. Insieme ai punti di forza, le aziende devono considerare anche alcuni
punti di debolezza tipici dei social media. Il primo si riferisce alla difficoltà di
individuare un preciso target di mercato, derivante dal fatto che il contesto
attuale è diventato altamente personalizzato tale da rendere le tradizionali
tecniche di segmentazione e posizionamento inefficaci; oggi sono le
conversazioni e lo scambio di contenuti a comportare una naturale
segmentazione dei possibili mercati di riferimento per l'azienda. Un secondo
ostacolo è il problema del digital divide che impedisce ancora oggi ad una parte
della popolazione di accedere a Internet in banda larga, a cui si somma la
diffidenza ancora elevata da parte degli italiani verso la tecnologia e in questo
caso i social media. Ciò rende impossibile l'utilizzo di tali strumenti per
veicolare una strategia di marketing su un prodotto di massa, il che obbliga a
fare ancora ricorso ai media tradizionali.
Uno studio condotto dall'Extra Mile Audience Research per l'associazione di
marketing americana Pivotcon su un campione di 137 marketers, ha dimostrato
che il 63% dei partecipanti al sondaggio usa i social media per attività di
marketing motivando così questa scelta (valori in %):
PERCHE' LE AZIENDE UTILIZZANO I SOCIAL MEDIA
Figura 2.9 Fonte http://lissimattia.com/2010/08/30/sm/dati-social-media-marketing-perche-usare-i-social-media/
52
Il 30% degli intervistati ha dichiarato di essere molto soddisfatto delle attività di
social media marketing intraprese, mentre il 59% le ha considerate abbastanza
soddisfacenti. Il mancato raggiungimento della massima soddisfazione è
principalmente dovuto alla difficoltà di costruire un piano strategico adeguato
per i social media, questo perché i social network nel loro insieme sono un'entità
complessa e in continua evoluzione e fare social media marketing non significa
semplicemente essere iscritti a questi siti e pubblicarvi occasionalmente notizie
e commenti. L'assenza di una strategia di approccio ai social media differenziata
per ognuno dei canali disponibili e il loro utilizzo disorganizzato e occasionale
conduce al fallimento, quello che succede nella maggior parte dei casi. Infatti
uno studio condotto dal Brand Science Institute su 563 marketer di 52 brand di
12 paesi europei sui progetti di corporate social media intrapresi per un periodo
di 7 mesi, ha evidenziato che i progetti falliscono principalmente per la
mancanza di una chiara strategia di gestione, per la pretesa di ricevere riscontri
finanziari da queste attività entro 12 mesi e di poter confrontare le prestazioni
con quelle dei media tradizionali. Inoltre perché chi intraprende queste attività
ignora la teoria 1-9-90, secondo cui il 90% degli utenti on-line sono spettatori, il
9% modifica i contenuti e soltanto l'1% li crea. Altre ragioni risiedono
nell'incapacità di saper gestire possibili reazioni negative degli utenti e nel non
intervenire nelle discussioni on-line che lo riguardano. Un grosso limite è
inoltre rappresentato dalla mancata condivisione dei social media con tutti i
membri interni dell'impresa.
PERCHE' I PROGETTI DI SOCIAL MEDIA FALLISCONO
53
Le aziende, avvezze a definire obiettivi mirati e strategie dettagliate per ogni
aspetto dei propri investimenti promozionali, dovrebbero comprendere che lo
stesso è da fare per le campagne sui social media.
Molteplici sono gli obiettivi che chi svolge attività di social media marketing può
prefissarsi:
•
Educare e informare la clientela
•
Migliorare il servizio al consumatore
•
Monitorare la reputazione del brand
•
Aumentare la brand awareness
•
Acquisire maggiori informazioni sul proprio target
•
Ottenere link verso il proprio sito
Tra questi quello maggiormente perseguito e raggiunto è l'aumento della brand
awareness e della customer loyalty, a dimostrazione che i social media sono più
congeniali in ottica di fidelizzazione piuttosto che di acquisizione della clientela.
OBIETTIVI PRIMARI PERSEGUITI IN UNA CAMPAGNA DI SOCIAL MEDIA
Figura 2.11 Fonte http://www.emarketer.com/Article.aspx?R=1007934
Per poter raggiungere i risultati sperati è essenziale investire tempo e risorse in
attività di ricerca dettagliate che includano necessariamente i seguenti passaggi:
•
Determinare se il proprio target audience è on-line
•
Scoprire in quali contesti si trova e agisce
•
Esaminare successi e fallimenti di altre campagne sui medesimi social
media
•
Delineare scadenze temporali ragionevoli
•
Stabilire un metodo per misurare i risultati
54
L'implementazione
della
strategia
che
ne
scaturisce
deve
tenere
in
considerazione un aspetto fondamentale, vale a dire che i social network sono
luoghi di incontro complessi molto simili a quelli che si frequentano
abitualmente off-line e il trascurarlo è nel 90% dei casi il male che affligge le
campagne di promozione on-line.
Per quel che riguarda il trend di utilizzo dei social media da parte del mondo del
business, il mercato statunitense presenta dati piuttosto rassicuranti e
incoraggianti. Una ricerca curata da Nora Ganim Barnes ed Eric Mattson ha
utilizzato le aziende della Fortune 50050 presenti nell'anno 2009 come terreno
per condurre esperimenti ed analizzare l'uso dei blog e di Twitter nel mondo
aziendale. Dagli studi è emerso che l'utilizzo dei blog aziendali sta aumentando,
specialmente tra le aziende che occupano le posizioni più basse della classifica.
Nel 2009 c'è stato un aumento del 6% dei blog rispetto all'anno precedente e tre
delle aziende della top five, Wall Mart, Chevron e General Electric, hanno avuto
un blog in entrambi gli anni.
PERCENTUALI DI UTILIZZO DEL BLOG AZIENDALE
Figura 2.12 Fonte http://www.masternewmedia.org/it/2010/05/14/ricerche_sui_social_media_trend_di_utilizzo.htm
Le 108 aziende della classifica con un blog provengono dai settori più diversi,
quelle con il maggior numero di blog sono le aziende del settore computersoftware, periferiche e apparecchiature per ufficio, tra le quali compaiono
Hewlett-Packard, Dell, Microsoft, Apple, Oracle e Xerox. Le prime 100 aziende
dell'elenco rappresentano il 39% dei 108 blog della F500 del 2009 e, nonostante
l'utilizzo del blog sia basso tra le ultime 200 aziende, è interessante notare che
gli ultimi dati mostrano un aumento significativo nell'utilizzo dei blog da parte
delle aziende nelle ultime posizioni. Tutti i 108 blog sono stati esaminati per
determinare il livello di interattività che consente un blog ed è stato rilevato che
50 Fortune 500 è una lista annuale compilata e pubblicata dalla rivista Fortune che classifica le 500
maggiori imprese societarie statunitensi misurate sulla base del loro fatturato. Fonte www.wikipedia.it
55
il 90% di quelli presenti in classifica accettano commenti, danno la possibilità di
iscriversi ai feed RSS o alle newsletter e vengono aggiornati regolarmente.
Sembra quindi che le aziende che hanno scelto di dotarsi di un blog abbiano
utilizzato correttamente lo strumento. Le aziende presenti nella Fortune 500
però utilizzano meno il blogging rispetto a quelle presenti nella Inc. 50051,
questo a dimostrazione che le aziende più propense ad adottare strumenti social
sono quelle più piccole e con rapido tasso di crescita. L'86% dei blog individuati
sono direttamente collegati ad un account Twitter aziendale, più del triplo di
quelli che risultavano nella classifica del 2008. Molte più aziende hanno un
account Twitter ma non hanno creato alcun collegamento con il loro blog.
Sono 173 (35%) le aziende inserite nella Fortune 500 del 2009 in possesso di un
account Twitter aggiornato, attivi con retweet e repliche negli ultimi 30 giorni e
che mostrano quindi un'interazione persistente con gli utenti. Dei 173 profili
della classifica, il 47% appartiene ad aziende presenti nelle prime 200 posizioni.
Per quanto riguarda l'utilizzo di altri tipi di social media volti al potenziamento
dei blog, i ricercatori si sono concentrati sull'uso del podcasting, sfruttato dal
19% delle aziende della Fortune 500, e dei video, utilizzati sui blog dal 31% delle
aziende.
L'ampio utilizzo dei blog e la crescita esplosiva di Twitter tra le aziende della
Fortune 500 emersi da questa ricerca, sottolineano la crescente importanza dei
social media nel mondo del business.
La situazione è ben diversa in Italia dove, l'assenza di un approccio culturale
all'uso di questi canali, concepiti prevalentemente come canali lontani da quelli
tradizionali di comunicazione più consolidati o, come una semplice ed effimera
moda, fa si che il Web 2.0 e i suoi strumenti siano approcciati solo dalla
minoranza delle aziende. Lo dimostra un sondaggio realizzato nel periodo
marzo – aprile 2010 dall'area Executive Education della Fondazione Cuoa su un
campione di 215 manager con funzioni diverse e con ruoli di responsabilità.
L'indagine ha testato che, se il Web 1.0 è ormai uno strumento assodato
nell'attività quotidiana, più della metà delle aziende (56%) non è ancora
presente sui social media. In questo caso lo studio si sofferma sull'utilizzo dei
social network, tralasciando quello dei blog. Emerge che il social network più
conosciuto e utilizzato dalle aziende intervistate è Facebook, seguito da
Linkedin, YouTube e Twitter. Il limite all'utilizzo di quest'ultimo, molto efficace
51 Inc. 500 è una classifica che comprende le aziende private americane con il tasso di crescita più
rapido.
56
per attività di conversazione diretta, customer service e rewarding nei confronti
della propria clientela, sta nel fatto che in Italia, a differenza degli stai Uniti,
stenti a decollare e rappresenti ancora un canale di nicchia per gli amanti dei
social media e per i tecno-appassionati per condividere contenuti e temi
professionali settoriali. Altri servizi di pubblicazione come ad esempio Slide
Share, Flickr o Scribd sembrano essere ancora poco conosciuti o comunque
poco usati. Tra i motivi che vengono indicati come ragioni che hanno portato le
aziende italiane a decidere di utilizzare i social network, compare per primo la
ricerca di potenziali clienti/utenti, seguito dalle attività di promozione di
prodotti e servizi. Sulla decisione di entrare nei social network rileva anche il
costo basso di tale azione. Tra chi, di questo campione, ha provato ad utilizzare i
social network ha in larghissima parte un'opinione positiva dell'esperienza tanto
che solo per un 2% risulta essere un'esperienza da abbandonare.
L'indagine ha concluso che, nonostante social network e Web 2.0 siano
conosciuti, mancano ancora conoscenze approfondite, competenze aziendali e
personale dedicato. In generale si può notare una certa diffidenza nei confronti
dei social network e del Web 2.0 e, di conseguenza, la resistenza ad entrarvi
come azienda e a permetterne l'accesso ai dipendenti.
57
2.5 Monitorare le conversazioni sui social media e misurare i loro
ritorni: il social media monitoring
Monitorare e misurare sembrano essere i due imperativi per aziende e
marketers, che hanno sempre più esigenza di sapere dove e in che modo si parla
del loro brand sui media sociali. E' un obiettivo non facile da raggiungere per le
organizzazioni ma assolutamente indispensabile per instaurare un dialogo con
gli utenti, al cui raggiungimento è preposto il Social Media Mononitoring, un
processo di monitoraggio delle conversazioni on-line che riguardano una
persona, un prodotto, un servizio o un brand. L'attività di monitoraggio si
estende a tutti gli strumenti e i canali di comunicazione comprendendo siti,
blog, social network, wiki, podcast, forum, video, microblog.
La possibilità di individuare, decifrare, catalogare ma soprattutto misurare
queste informazioni rappresenta un'importante asset competitivo per qualsiasi
organizzazione.
Monitorare le conversazioni significa pianificare un duplice livello di ascolto52:
•
Monitoraggio di primo livello: fase in cui è possibile avere un quadro
della situazione immediatamente successiva al lancio di una campagna.
Gli strumenti che permettono tale monitoraggio sono i cosidetti “meme
website”, aggregatori degli ultimi trend nella Rete che permettono
un'ampia visione dell'impatto delle conversazioni scaturite nei blog. I più
utilizzati sono Google Blog Search, Wikio e Technorati.
•
Monitoraggio di secondo livello: fase che prevede la selezione dei social
media a cui applicare la valutazione quali-quantitativa.
Al momento non esistono metriche universali applicabili univocamente ad ogni
business, target ed obiettivo e la relativa formalizzazione sarà di conseguenza
volubile, dinamica e per certi versi soggettiva, almeno fino a quando non si
riuscirà a collegare risultati tangibili di successo in termini di profitto, riduzione
dei costi, incremento dei riacquisti, dilatazione del customer lifetime, con le
suddette metriche.
Il Web a tale proposito pullula di contributi provenienti da esperti del settore
che offrono la propria teorizzazione al riguardo. Tra i tanti quello più completo
mi è sembrato quello di Mike Brown che, sul Social Media Today, ha fornito una
propria interpretazione sintetizzando in uno schema tre macro-metriche sociali,
52 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A.; Lisiero U. (2209), Buzz marketing nei social media. Come
scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano.
58
ognuna delle quali valutate secondo aspetti sia quantitativi che qualitativi:
•
Attività: l'insieme delle azioni effettuabili sui social media tra cui
bloggare, twettare, postare53 e in generale promuoversi.
•
Interattività: misura le relazioni che intercorrono con il pubblico
attraverso follower, commenti, link condivisioni, contenuti creati dagli
utenti.
•
Ritorni: sono legati al successo, diretto o indiretto, delle attività sui social
media. Possono essere considerati in termini di creazione di ricavi,
contenimento dei costi ecc.
METRICHE QUANTITATIVE E QUALITATIVE DI MISURAZIONE
Figura 2.13 Fonte http://blog.tagliaerbe.com/2010/07/metriche-sociali-qualitative-quantitative.html
Gli aspetti quantitativi comprendono tutto ciò che all'interno dei social media è
conteggiabile: numero e frequenza di post, numero di commenti, numero di
fan/follower, numero di views, numero di lead54/sale.
Attraverso tali metriche è possibile, per ogni tipologia di social media, misurare
l'esposizione sociale mediatica, ovvero quante persone sono state raggiunte dal
messaggio, e misurare l'impegno, ossia quante persone hanno utilizzato il
messaggio nelle loro conversazioni.
Gli aspetti qualitativi invece fanno riferimento alla misurazione dell'influenza
che si basa sulla percezione dell'azienda. Consiste perciò nel valutare la tipologia
53 Neologismi 2.0 che indicano l'azione di comunicare nei social media. Più precisamente, bloggare:
attività relativa alla gestione complessiva del blog e delle relazioni sociali legate alla sua esistenza;
twittare: il comunicare tramite Twitter; postare: l'azione relativa all'inserimento di un singolo articolo.
54 Generare un lead significa acquisire un contatto qualificato.
59
dei commenti, il buzz e il sentiment. A questo scopo sono stati realizzati
software on-line, alcuni a pagamento altri gratuiti, che permettono una
scansione dei social media effettuando una ricerca semantica per parole chiave.
Il software semantico è in grado di definire dall'analisi dei commenti degli
utenti, se la mention, ovvero il tipo di commento o il testo in cui l'utente si è
espresso in merito all'azienda e ai suoi prodotti, sia positivo o negativo, e di
calcolare il cosidetto Sentiment, l'indice per mezzo del quale viene misurato il
rapporto tra menzioni negative e menzioni positive. Ma dal momento che il
software non sempre riesce a valutare se il commento di un utente è positivo o
negativo, i sistemi automatizzati non riescono a sostituire ancora pienamente la
capacità di comprensione e di interpretazione individuale.
Il rapporto tra le metriche di misurazione dell'efficacia e i media sociali sono
quindi al momento di difficile monitoraggio. Abituati alle meccaniche
dell'Auditel per la misurazione dei contatti pubblicitari, molti inserzionisti
desidererebbero degli strumenti di analisi per poter capire se il loro
investimento sui social media produce risultati o meno, tanto da pretendere di
calcolarne il ROI. Ma essendo una business metric, tale indice, nella forma
attuale, non è adatto a cogliere le specificità dei media, la cui potenzialità risiede
nella capacità di generare e influenzare le relazioni. A questo proposito è
emblematico il contributo di Gianluca Diegoli che nel suo ebook distribuito in
Rete55 ha scritto: “Non potrete calcolare precisamente il ROI della
conversazione della vostra azienda, davvero. Pensate se vi conviene di più
esserne parte o meno, di quella conversazione.” Ciò a dimostrazione che attività
di marketing nuove richiedono metriche di misurazione nuove.
55 Diegoli G., [mini]marketing 91 discutibili tesi per un marketing diverso.
60
CAPITOLO 3: DOVE E COME ESSERE PRESENTI NEI SOCIAL
MEDIA
3.1 Gestire le conversazioni con il corporate blog
Il blog è il luogo di conversazione per eccellenza, e rappresenta una delle
componenti più potenti fino ad ora emerse nella rivoluzione della
comunicazione aziendale. Secondo Technorati e l'indagine annuale relativa al
2010 che la società svolge a proposito dello stato della blogosfera, circa la metà
di chi blogga a livello professionale blogga sui brand, un quarto dei blogger
posta mensilmente una recensione di un prodotto relativo ad un brand, un
quinto lo fa settimanalmente, inoltre il 20% dei corporate blogger parla
quotidianamente di prodotti e servizi. Tuttavia, la redazione di un blog non
esaurisce le tematiche del marketing dell'ascolto, ma contribuisce ad innescarle,
essendo di fatto una piattaforma che rende possibile il dialogo tra sconosciuti su
un piano di parità.
Il fenomeno del blogging nasce sulla scia del The Cluetrain Manifesto e sulla
forte reazione emotiva che ha scatenato la tesi che sosteneva: i mercati sono
conversazioni.
Si tratta effettivamente della prima tecnologia che consente ad una semplice
conversazione di diventare immediatamente globale e rappresenta una delle
evoluzioni della produzione di contenuti che più ha cambiato le sorti della
comunicazione on-line, convogliando in un unico strumento l'informazione,
l'autogestione di contenuti e lo scambio del sapere.
In accordo con Wikipedia un blog è un sito internet, generalmente gestito da
una persona o da un ente, in cui l'autore (blogger) pubblica più o meno
periodicamente, come in una sorta di diario on-line, i propri pensieri, opinioni,
riflessioni, considerazioni ed altro, assieme, eventualmente, ad altre tipologie di
materiale elettronico come immagini o video.
Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero "diario in rete" ed è stato
utilizzato per la prima volta nel 1997 in America; il 18 luglio 1997 è stato scelto
come data di nascita simbolica del blog, riferendosi allo sviluppo, da parte dello
statunitense Dave Winer, del software che ne permette la pubblicazione, mentre
il primo blog è stato effettivamente pubblicato il 23 dicembre dello stesso anno,
grazie a Jorn Barger, un commerciante americano appassionato di caccia, che
61
decise di aprire una propria pagina personale per condividere i risultati delle sue
ricerche sul Web riguardo al suo hobby. La popolarità dello strumento è stata
però raggiunta solo nel 1999 con Blogger, la prima piattaforma per la
realizzazione di blog da parte degli stessi utenti, creata dalla software house
Pyra Labs e acquisita successivamente (nel 2003) da Google a seguito
dell'enorme successo registrato. In Italia i blog hanno iniziato a diffondersi nel
2001 quando sono nati i primi servizi che mettevano gratuitamente a
disposizione il software per la creazione dei blog e lo spazio web per ospitarlo.
Attraverso i blog la possibilità di pubblicare documenti su Internet si è evoluta
da privilegio di pochi, università e centri di ricerca, a diritto di tutti, i blogger,
appunto.
La struttura è costituita, solitamente, da un programma di pubblicazione
guidata che consente di creare automaticamente una pagina web, anche senza
conoscere necessariamente il linguaggio HTML; questa struttura può essere
personalizzata con vesti grafiche dette template, ossia modelli che determinano
la disposizione dei contenuti all'interno del sito e il layout finale.
Il blog permette a chiunque sia in possesso di una connessione internet di creare
facilmente un sito in cui pubblicare storie, informazioni e opinioni in completa
autonomia. Ogni articolo, detto post ed esposto in ordine cronologico inverso, è
generalmente legato a un thread, in cui i lettori possono scrivere i loro
commenti e lasciare messaggi all'autore.
I blog sono collegati tra loro in modo aperto attraverso link interattivi creando
un network globale definito blogosfera che fa sì che, a prescindere dal numero
di visitatori del singolo blog, ogni post pubblicato da un blogger abbia le stesse
enormi potenzialità di circolazione e la possibilità di raggiungere un pubblico di
dimensioni mai viste prima.
Il blog si differenzia da tutti gli altri mezzi di comunicazione per essere l'unico
strumento a presentare in compresenza le seguenti caratteristiche, che vanno a
costituire i sei pilastri del blogging56:
•
pubblicabilità: chiunque può aprire e pubblicare un blog visibile a tutti
gli utenti della Rete;
•
rintracciabilità: facilità di trovare i blog per argomento, autore, membri
per mezzo dei motori di ricerca;
•
socialità:
possibilità
di
coltivare
relazioni
interpersonali,
56 Scoble R., Israel S. (2007), Business blog. Come i blog stanno cambiando il modo di comunicare
dell'azienda con il cliente, Il Sole 24 ore, Milano
62
indipendentemente dai confini geografici;
•
viralità: è la forma più veloce ed efficiente di marketing virale;
•
distribuibilità: grazie alla tecnologia RSS è possibile conoscere gli
aggiornamenti di un blog;
•
collegabilità: ogni blog è potenzialmente collegabile mediante iperlink a
migliaia di altri blog.
La maggior parte dei blogger utilizza il blog come diario personale, per far
conoscere i propri sentimenti e le proprie opinioni ai lettori che hanno a loro
volta un blog, ma anche a sconosciuti che vagano per la blogosfera passando di
link in link.
Oltre ai blog personali, che sono ancora oggi quelli più diffusi, ne esistono tante
altre tipologie raggruppabili in quattro macrocategorie: i blog politici, i blog
giornalistici, i blog tematici e i blog aziendali. Questi ultimi, in inferiorità
rispetto alle altre tipologie ma in ampia crescita, sono utilizzati dalle imprese
come canali per potenziare la comunicazione aziendale sia interna che esterna.
Per quel che riguarda la comunicazione interna, i benefici derivano dalla
possibilità di utilizzare il canale per trasmettere messaggi ed opininioni sia
orizzontalmente tra colleghi, che verticalmente, in entrambe le direzioni, topdown e bottom-up, tra i vari livelli gerarchici. Ma, essendo il primo canale
"umano e trasparente" in mano alle aziende, è nella comunicazione esterna che
risiede il più grande potenziale del corporate blog. Da questo punto di vista,
prima ancora di essere un medium promozionale, il blog rappresenta un efficace
medium di ascolto; partendo dal presupposto che i clienti "parlano" già e
comunque dei brand nei blog e negli altri spazi virtuali, l'azienda, la cui
intenzione a dialogare è sempre ben accetta dal cliente, per mezzo dei blog già
esistenti, può intervenire nella conversazione, e successivamente crearne uno
proprio dove trasferirla e gestirla. Placando gli animi dei clienti insoddisfatti e
evangelizzando quelli dei clienti appagati, il blog aziendale viene in questo modo
ad essere implementato sfruttando al meglio le sue potenzialità. Ciò significa
contribuire assiduamente alla diffusione di notizie interessanti e correlate al
marchio, creando interazione da parte degli utenti verso un ottica di
"community building".
Un business blog costruito su questi presupposti apporta due principali benefici
all'azienda; ottenendo informazioni reali sulle opinioni dei clienti, essa potrà
sviluppare ricerche di marketing più mirate e inoltre potrà godere di
63
un'aumentata affezione alla marca da parte del consumatore, appagato
dall'interesse che l'azienda dimostra ad instaurare una relazione con lui.
La blogosfera è un sistema meritocratico tale per cui, i blog che rispondono
meglio alle esigenze dei lettori e che riescono a creare interazione con gli utenti,
saranno quelli più linkati e perciò in testa alle classifiche di Technorati57 e ai
risultati nelle ricerche di Google; questo meccanismo fa sì che vengano
selezionati solo i blog aziendali migliori di ogni settore commerciale, che
diverranno così i più popolari e redditizi.
Il blog aziendale è inoltre uno strumento in grado di misurare la soddisfazione
del cliente in base ai commenti rilasciati, che costituiscono un passaparola
capace di abbattere qualsiasi pregiudizio nei confronti dell'azienda. Il cliente
soddisfatto diviene infatti per l'azienda un vero e proprio evangelista in grado di
difenderla dagli attacchi esterni sia off line ma soprattutto sul blog aziendale. E'
fondamentale quindi non utilizzare il blog esclusivamente per parlare ai lettori
ma piuttosto per parlare con loro e farli parlare. Il rischio di imbattersi in
commenti negativi, che terrorizza la gran parte delle aziende, si trasformerà in
risorsa, ma solo se esse sono state in grado di crearsi una schiera di fedeli pronti
a difenderla. Ben McConnel, che ha scritto diversi testi sul fenomeno
dell'evangelizzazione del consumatore, ha utilizzato una metafora significativa
per esaltare il concetto: "L'azienda è come una congregazione religiosa, dove la
collettività dei fedeli diventa più forte del predicatore stesso".
In accordo con Alessandro Cosimetti58, esperto di corporate blog, aprire un blog
aziendale è un modo per esternare la propria versione dei fatti e raccogliere
direttamente i commenti dei clienti in modo da gestirli in prima persona. Da
qui ne scaturisce un ulteriore vantaggio, ovvero l'indipendenza dai media
tradizionali. Essendo rapido, immediato e a basso costo, l'azienda può utilizzare
il blog
aziendale per
comunicare o replicare ad un'accusa fattagli,
contrapponendolo ai tradizionali articoli di giornale e al canale televisivo che
ritardano notevolmente il processo di comunicazione. La rapidità e
l'immediatezza dei suoi post possono evitare perciò una miriade di
problematiche e salvaguardare la reputazione dell'azienda sul mercato.
Iniziano ad essere numerosi i casi di aziende italiane con un blog, non da tutte
però utilizzato come mezzo sociale, diverse sono infatti quelle che dietro la
57 Technorati è un motore di ricerca dedicato al mondo dei blog. Dal dicembre 2005 Technorati indicizza
più di 20 milioni di blog. Technorati è stato fondato da Dave Sifry e la sede è presso San Francisco,
California, USA. Fonte Wikipedia
58 www.bloginazienda.com
64
facciata del blog nascondono un altro mero canale pubblicitario. Tra queste, chi
si è distinta per aver realizzato una delle più interessanti campagne di marketing
dell'ascolto, è Fiat, per il lancio della nuova Bravo.
BLOG "QUELLI CHE BRAVO"
Figura 3.1 Fonte http://www.quellichebravo.it/index.php?
Il blog "Quelli che Bravo" è nato nel dicembre 2006, a poche settimane dalla
presentazione ufficiale della nuova media di casa Fiat, con lo scopo di
prepararne il lancio per poi uscire di scena. Nonostante la scadenza, questo
spazio, impostato eccellentemente fin da subito, continua a produrre post per il
proprio pubblico ancora oggi, a distanza di tre anni. Sarà perchè fin da subito
non sono mancate presenze eccellenti (il primo post è stato scritto dal
responsabile brand Fiat Luca De Meo) e interventi che hanno dimostrato la
reale partecipazione dell'azienda, che dopo il primo post, il blog ha continuato a
svilupparsi con passione e autorevolezza. Ne è scaturito un dialogo di cui vale la
pena riportare alcuni momenti topici: la presentazione dello spot Meravigliosa
creatura in anteprima assoluta sul blog, la visita alla sala virtuale, la prova su
strada per i dieci blogger più veloci a commentare, il liveblog dal salone di
Ginevra nel marzo 2008, le interveste a diversi responsabili aziendali, e quella
esclusiva a Gianna Nannini. La pubblicazione dei post, a cura di un team
65
ristretto composto da product manager e consulenti esterni, avviene a cadenze
abbastanza regolari nel tempo, assicurando un buon flusso di informazioni.
Oltre ai contenuti di testo, i post sono arricchiti da filmati, creati da Fiat ma
anche da utenti, diversi podcast e fotografie e disegni pubblicati su un account
Flickr.
Per quanto il mezzo fosse anticonvenzionale per il lancio di un nuovo prodotto
sul mercato, è stata proprio la trovata inconsueta di Fiat ad assicurarle
attenzione e visibilità per l'avvio della pubblicazione dei post.
66
3.2 Scatenare il passaparola con i Social network
Le piattaforme di social networking sono l'espressione più alta e la migliore
rappresentazione dei caratteri che hanno favorito l'esplosione del Web 2.0, ossia
partecipazione, condivisione e facilità d'uso.
Il termine social network significa letteralmente rete sociale che, in accordo con
Wikipedia, rappresenta un qualsiasi gruppo di persone connesse tra loro da
diversi legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro,
ai vincoli familiari. E' chiaro perciò a cosa devono questo nome quelli che
erroneamente oggi vengono definiti social network; essi non fanno altro che
riportare on-line il meccanismo di rete sociale che, nello spazio globale del Web,
raggiunge dimensioni non replicabili nel mondo reale. Si tratta perciò di reti
virtuali di persone che si sviluppano attraverso una piattaforma di aggregazione,
che altro non è che un sito internet realizzato per far si che le persone possano
entrare in contatto, condividere contenuti, stabilire nuovi legami o riprodurre
quelli esistenti nella vita reale.
Il successo straordinario di queste piattaforme a cui si sta assistendo negli
ultimi anni è dovuto principalmente alle implicazioni relazionali e partecipative
che permettono, il concetto di "amicizia" non per niente è uno degli elementi
che ne stanno alla base, e alla possibilità di personalizzazione che ha permesso a
questi siti di distinguersi dalle chat e dagli altri luoghi di incontro virtuale di
matrice 1.0, in cui era possibile esclusivamente inserire un nickname e qualche
altro parametro. Semplicemente, il segreto di questi servizi è la conversazione e
la soddisfazione di alcuni dei fondamentali bisogni umani. Le persone amano
parlare di sé e in particolare comunicare le proprie emozioni e condividerle,
persino con perfetti sconosciuti; e i social network permettono di farlo, non
essendo altro che amplificatori di atteggiamenti naturali. Il trucco è stato capire
ciò che desiderava la gente e regalarlo a tutti. A questo punto è utile il
riferimento alla piramide di Maslow, psicologo statunitense che classificò i
bisogni umani secondo una gerarchia, poichè proprio su questi sembrano aver
fatto leva le social technologies. Maslow raggruppava i bisogni fondamentali in
cinque categorie: bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali, di stima e di
autorealizzazione. Quelli implicati con il nostro studio sono quelli di ordine
superiore, ovvero gli ultimi tre, che secondo la teoria di Maslow non si possono
soddisfare senza aver prima soddisfatto quelli primari. E' al terzo livello, quello
67
dell'appartenenza e della socializzazione, che i servizi di social networking
vengono in risposta, attraverso la possibilità che forniscono di creare network
tra utilizzatori, incentivando ed agevolando innanzitutto la ricerca di chi
conosciamo già (amicizia), e in secondo luogo incentivando l'aggregazione con
persone che in realtà non si conoscono ma con cui si possono condividere
interessi e passioni (identificazione). Il bisogno di autostima e riconoscimento,
collocato al quarto scalino della piramide, viene soddisfatto attraverso la
possibilità di condivisione estrema che queste piattaforme forniscono,
appagando quella necessità di "dare" che può incrementare l'autostima e dare
l'opportunità di sentirsi riconosciuti. Sia l'appartenenza che l'autostima
concorrono
quindi
al
raggiungimento
del
bisogno
successivo,
quello
dell'autorealizzazione.
LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW
Figura 3.2 Fonte http://lucadefelice.com/blog/?ibsa=get_content&id=98
E' difficile tracciare una linea di separazione tra quelli che sono veri e propri
social network e le altre applicazioni che permettono la condivisione di
contenuti come YouTube o Flickr facenti tutti parte della più grande famiglia dei
social media. Secondo la definizione fornita dagli studiosi Boyd-Ellison si
possono definire social network sites quei servizi web che permettono la
creazione di un profilo pubblico o semi-pubblico all'interno di un sistema
vincolato, l'articolazione di una lista di contatti e la possibilità di scorrere la lista
di amici dei propri contatti. Tutte le altre funzionalità tra cui la condivisione di
fotografie e di video e la comunicazione diretta tramite chat sono secondarie, ed
hanno l'unica funzionalità di differenziare le varie applicazioni esistenti.
68
Poca conta questa distinzione nell'ambito dell'analisi delle dinamiche regolatrici
del fenomeno social network, che a prescindere dalle tipologie e classificazioni
esistenti, può essere interpretato come il ritorno alla piazza virtuale, per
scambiare informazioni, chiaccherare, trovare conoscenti dei quali non si aveva
notizia da tempo, fornire link, dire la propria. Uno scenario intriso di
opportunità per chi si nutre di comunicazione come il marketing, che sta
facendo della promozione attraverso questi canali la sua nuova frontiera. Il
motivo è scontato: essere presenti dove gli utenti sono presenti. L'azienda che
decide di aprire la propria pagina personale sui maggiori social network ha la
possibilità, attraverso molteplici soluzioni, di far vivere all'utente un'esperienza
di marca pur senza che egli usufruisca fisicamente dei prodotti e servizi
dell'azienda stessa. Il fine di chi fa marketing attraverso i social network non è
pertanto la vendita, bensì il passaparola: dare all'utente un valore aggiunto che
permetta all'azienda di distinguersi dalla folla e di cui valga la pena parlare, e,
tenendo conto della natura di questi canali e delle ragioni del loro successo,
offrire alle persone la possibilità di sentirsi importanti e attori di un evento
piuttosto che portavoci di una causa. La chiave del succeso è perciò studiare i
comportamenti, le emozioni e le modalità di comunicazione degli utenti per
vivere le relazioni on-line con i propri clienti.
Al momento il numero dei social network è in costante crescita, il che non
permette di poter fare un elenco preciso di quelli esistenti. Una classifica stilata
ad agosto 2010 dal Wall Street Journal rivela che Facebook continua
incontrastato a dominarla con 598 milioni di utenti iscritti in tutto il mondo. Al
secondo posto si colloca Windows Live della Microsoft con 140 milioni di utenti.
Al terzo posto si trova la piattaforma del microblogging Twitter con 96 milioni
di utenti ed infine al quarto posto il social network MySpace con 95 milioni di
utenti (fonte Ansa 28 settembre 2010). Secondo questi dati Twitter, in forte
crescita negli ultimi dodici mesi, avrebbe conquistato il terzo posto a scapito di
MySpace che, stando alla stima del Wall Street Journal, avrebbe perso circa 1
utente su 5 negli ultimi 12 mesi. I dati confermano anche la continua crescita
esponenziale di Facebook, che aumenta il proprio divario di audience nei
confronti degli altri social network e community. Quest'ultimo, per il bacino di
utenza che ricopre e per gli strumenti di marketing che fornisce, sembrerebbe
attirare più degli altri l'attenzione delle società, che lo scelgono come mezzo
prediletto innanzitutto per informare i clienti circa la propria azienda. La
69
tendenza è confermata da una ricerca di Hsm, società leader nel settore
dell'executive education, effettuata su una base di 680 manager scelti tra i quasi
2000 che hanno partecipato al World Business Forum di Milano tenutosi lo
scorso fine ottobre. L'indagine, se da una parte ha confermato la vocazione delle
aziende per Facebook, dall'altra ha fatto emergere che la preferenza personale
dei manager intervistati va a Linkedin (76%), secondariamente a Facebook
(70%), quindi a Twitter (fermo al 21%).
Perciò, utilizzo di Facebook a parte, Twitter e Linkedin sono i due canali che al
momento, ed è importante sottolinearlo vista la dinamicità dello scenario,
stanno aggiornando la propria offerta per sfruttare al meglio le opportunità
aziendali che si presentano all'orizzonte. All'utilità di questi tre servizi a scopo di
business ho scelto di dedicare le prossime pagine.
3.2.1 Attirare fan su Facebook
Figura 3.3 Logo di Facebook
Facebook è un sito web di social network ad accesso
gratuito ed è nel 2010 il secondo sito più visitato del
mondo dopo Google. Fondato nel 2004 dall'allora
diciannovenne Mark Zuckerberg, inizialmente era
un servizio pensato per mantenere i contatti tra studenti di università e licei dal
nome Thefacebook, che in pochi anni si è trasformato in una rete sociale che
abbraccia trasversalmente tutti gli utenti di Internet.
Su Facebook gli utenti creano profili che contengono fotografie e liste di
interessi personali, scambiano messaggi privati o pubblici e fanno parte di
gruppi di amici. La visione dei dati dettagliati del profilo è ristretta ad utenti
della stessa rete o di amici accettati dall'utente stesso. Secondo TechCrunch,
blog statunitense di tecnologia e informatica, circa l'85% degli studenti dei
college ha un profilo sul sito. Di quelli che sono iscritti il 60% accede al sito
quotidianamente. Circa l'85% almeno una volta la settimana, e il 93% almeno
una volta al mese. Secondo Chris Hughes, portavoce di Facebook, le persone vi
passano collegati circa 19 minuti al giorno.
L'Italia ne ha visto il boom nell'agosto del 2008 con 1369000 nuove iscrizioni,
classificandosi nel terzo trimestre dello stesso anno il paese con il maggior
incremento per numero di utenti (+135%).
Il motivo di un così alto appeal è lo stesso per cui i social network stanno
conquistando un enorme riscontro in tutto il mondo, su cui mi sono
70
precedentemente soffermata; quello che però rimane da capire è perché questo
particolare servizio abbia riscontrato più successo degli altri. Tutti i servizi di
social networking ruotano intorno ai concetti di amicizia e relazione, ma nella
rete di Facebook tutto sembra più reale di quanto non sia nelle altre piattaforme
sociali, ed è probabilmente questo il motivo di un così alto coinvolgimento.
Dando la possibilità agli utenti di ricercare le persone che si conoscono già nella
vita di tutti i giorni, a differenza di quanto non avvenga negli altri spazi, si
influenza sostanzialmente la vita reale delle persone che sempre più anche offline si trovano a parlarne, facendolo divenire un vero e proprio fenomeno
mediatico.
Facebook si è così imposto all'attenzione di tutti, aziende comprese. A molte
iniziative spontanee generate dagli utenti aventi per oggetto i brand, sono infatti
seguiti approcci più strutturati da parte delle aziende, tanto che
lo stesso
Facebook si è mobilitato recentemente in questa direzione sviluppando concrete
possibilità di fare social branding attraverso le pagine fan (dette anche di profilo
pubblico), mentre precedentemente l'unica alternativa che offriva alle aziende
era la possibilità di inviare messaggi in blocco alla propria base di utenti, i così
detti fan.
La visibilità per le aziende è notevolmente aumentata con la ristrutturazione di
marzo 2009, quando Facebook ha dato loro la possibilità di creare una pagina
simile in tutto e per tutto ai profili degli utenti, quindi con aggiornamenti,
status, possibilità di pubblicare foto e video e i commenti di altri, trasformando
così la vecchia pagina in un profilo pubblico con le stesse caratteristiche dei
profili personali. Da quella data la pagina aziendale è comprensiva di bacheca su
cui condividere i contenuti con i fan, di una scheda “info” nella quale poter
inserire informazioni relative all'attività, e della scheda “riquadri” con la
possibilità di inserire applicazioni e contenuti personalizzabili. In questo caso ad
esempio un ristorante potrà aggiungere l'applicazione “prenotazioni” per
consentire agli utenti di prenotare un tavolo direttamente dalla pagina. Inoltre,
dal momento che Facebook è in grado di generare automaticamente notizie
riguardanti l'affiliazione di nuovi fan alla pagina, fare marketing su Facebook
consente di creare un circolo vizioso di clienti che attirano altri clienti.
In questo nuovo contesto diverse vengono ad essere le novità per le aziende e
molteplici le possibilità di marketing virale rese da esse possibili. Come prima
cosa l'interazione diventa molto più dinamica, potendo partecipare a
71
conversazioni con gli utenti, e di conseguenza più virale, dal momento che ogni
contatto dell'azienda con gli utenti genera notifiche pubbliche sulla bacheca di
ognuno. In secondo luogo, dando modo di integrare i propri contenuti con quelli
di Twitter, Linkedin e del proprio blog, il brusio generabile attorno all'azienda si
eleva prepotentemente, e sfruttando la possibilità di poter veicolare contenuti
continui al pari delle persone, l'azienda può mantenere i fan costantemente
aggiornati attraverso un flusso continuo di informazioni. Per contro,
ammettendo ogni fan alla pagina e dando a ciascuno la possibilità di pubblicare
qualcosa, l'azienda deve considerare che subisce una relativa perdita di controllo
a cui non era sottoposta precedentemente. Alle aziende all'interno di questo
contesto, in cui il traffico del profilo viene ad essere sicuramente elevato, viene
inoltre data la possibilità di utilizzare uno strumento statistico per il
monitoraggio del traffico generato e, aspetto estremamente importante, viene
dato modo di utilizzare le tecniche SEO, poiché ciascuna delle schede è ora
indicizzabile dai motori di ricerca.
Scontato aggiungere che tutte queste nuove opportunità si dimostrano tali solo
se l'azienda che decide di sfruttarle utilizza la presenza su Facebook come step
finale di un piano di web marketing accuratamente studiato.
Egregio esempio italiano di chi ha sfruttato al meglio queste novità assumendo
un perfetto stile social è Technogym.
FAN PAGE DI TECHNOGYM
Figura 3.4 Fonte http://www.facebook.com/TechnogymSpa?v=app_4949752878
72
Come mostra la “fan page” di Facebook qui riportata, l'azienda leader nella
produzione di attrezzi da palestra, non si è limitata ad utilizzare al meglio questo
singolo strumento (significativo al riguardo è lo specchietto che ha proposto in
questa pagina dove viene espressa la filosofia di partecipazione,condivisione e
interazione adottata tramite Facebook), ma lo sta utilizzando sinergicamente
insieme a tutti gli altri strumenti “sociali” del Web (nella pagina sono presenti le
icone per connettersi ai social network più diffusi Linkedin, YouTube, Twitter,
Wordpress).
Il potenziale di Facebook in ottica aziendale è stato ulteriormente incrementato
da quando il colosso, non ancora soddisfatto, ha deciso di attivare il servizio di
geolocalizzazione, emulando la piattaforma Foursquare, unicamente dedicata a
questo scopo. Finora tale servizio aveva ricevuto scarsa considerazione,
probabilmente
per
la
realtà
ancora
troppo
piccola
che
Foursquare
rappresentava; ma con i numeri di Facebook le prospettive si ribaltano
completamente facendo divenire quella delle geolocalizzazione una realtà dalle
forti potenzialità di marketing. Per capirlo basti pensare che Facebook Places,
così si chiama il servizio, è un'applicazione che consente di comunicare tramite
uno smartphone dotato di sensore Gps e connessione ad Internet a colleghi,
amici e contatti la propria posizione geografica e che questo rende possibile per
le aziende inviare annunci mirati e predisporre premi per gli utenti che
segnalano la propria presenza all'interno dei luoghi (fanno "check-in"), o
semplicemente il proprio gradimento. Se sono evidenti i vantaggi per l'utente
nell'utilizzo di queste piattaforme, ne esistono altrettanti per le aziende che in
un primo momento potrebbero non percepirsi. Sono tre i principali: un
aumento della frequentazione del locale con nuovi clienti provenienti dalla
promozione effettuata sul social network, un riconoscimento agli utenti più
fedeli con beni virtuali come sconti od omaggi da utilizzare on-line, e la
generazione di ricavi aggiuntivi, da un pubblico nuovo. Un articolo de "Il Sole 24
ore" dedicato a questa ultima frontiera "Facebookiana" ne conclude la disanima
affermando che l'economia locale può trarre linfa vitale dai servizi web di
geolocalizzazione per crescere in termini di attenzione e interesse nel pubblico
attivo della rete. Senza considerare poi che il telefono cellulare, fulcro dei
servizi geolocalizzati, è destinato a diventare la piattaforma numero uno per
la fruizione di contenuti, informazioni e per gestire le relazioni dei social
network. La tecnologia è pronta, gli utenti numerosi: alle aziende non resta
73
che compiere il primo passo.
Le migliorie e gli aggiornamenti fatti dal “gigante blu” hanno reso questo social
network un punto focale di connessione tra imprese ed utenti.
L’infographic mostra attraverso una timeline come la piattaforma di Facebook si
sia evoluta in questo senso, presentando alcuni dati interessanti (non riportati
in figura per questioni di spazio):
•
La pagina con più “fan” (like) è quella di Starbucks con 16,8 milioni
•
Ogni singolo utente segue mediamente 8,7 pagine di brand
•
L’età media degli utenti iscritti alle pagine “brandizzate” è di 31 anni
•
Il 75% dei “fan” proviene dalla pianificazione di display advertising
•
Le pagine con più di un milione di like sono 139
LO STATO DEI BRAND SU FACEBOOK
Figura 3.5 Fonte http://lissimattia.com/2010/11/18/sm/statistiche-facebook-dati-sulle-pagine-facebook-infographic
74
3.2.2 Essere tempestivi con Twitter
Figura 3.6 Logo di Twitter
Twitter è un servizio gratuito di social network e microblogging59
che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile
tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140
caratteri. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious
Corporation di San Francisco e prende il nome dal verbo inglese to tweet che
significa "cinguettare" (tweet è anche il termine tecnico degli aggiornamenti del
servizio).
Questo servizio di social network fornisce la possibilità di comunicare
minimamente ma immediatamente. Esistono diversi esempi in cui Twitter è
stato usato dagli utenti per diffondere notizie, come strumento di giornalismo
partecipativo. Ad esempio, nel caso del terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009,
gli utenti Twitter hanno segnalato la notizia prima dei media tradizionali. Ha
perciò un grande potenziale come strumento di contatto con il cliente, in cui la
velocità è fondamentale. Ma questo potenziale si può concretizzare solo se i
clienti sono su Twitter e ad oggi la sua penetrazione nel mercato non è ancora
regolare.
Il servizio è diventato estremamente popolare, anche come avversario di
Facebook, grazie alla semplicità ed immediatezza di utilizzo. Ma vanno smentite
le molteplici voci della blogosfera che dicono che Twitter sia destinato a divenire
il nuovo Facebook e che presto scoppierà come fenomeno di massa. Twitter non
potrà mai sostituire Facebook in quanto il primo, mettendo a disposizione
dell'utente esclusivamente un box da completare con 140 caratteri, verte sul
testo e sul contenuto, al contrario del secondo che è centrato sulla sfera
personale degli utenti, che hanno un profilo, condividono foto e commentano
link degli amici. Aspetto quest'ultimo che costringe Facebook a impostare leggi
sulla privacy, e l'utente a dover richiedere l'amicizia ad un altro utente anche
solo se interessato a ciò che scrive. Su Twitter al contrario, è possibile leggere e
rispondere ai tweet di chiunque semplicemente cliccando su “Follow”, che da la
possibilità di “seguire” un altro utente senza che questo debba accettarlo. Questi
due aspetti mostrano chiaramente che Twitter non sarà mai il nuovo Facebook,
piuttosto una sua positiva evoluzione.
59 Il microblogging (o micro-blogging o micro blogging) è una forma di pubblicazione costante di
piccoli contenuti in Rete, sotto forma di messaggi di testo (normalmente fino a 140 caratteri),
immagini, video, audio MP3 ma anche segnalibri, citazioni, appunti. Questi contenuti vengono
pubblicati in un servizio di Social Network, visibili a tutti o soltanto alle persone della propria
community. Fonte www.wikipedia.it
75
Le aziende stesse riconosco in questo servizo una grande utilità in termini di
rapidità di gestione delle situazioni in rapida evoluzione, quali crisi in corso ma
anche eventi particolari. Un esempio di utilizzo del servizio in questo senso è il
quotidiano La Stampa che aggiorna i propri lettori via Twitter pubblicando
"tweets" a ritmo particolamente sostenuto.
PAGINA TWITTER DI LA STAMPA
Figura 3.7 Fonte http://twitter.com/la_stampa
3.2.3 Rivolgersi ai professionals con Linkedin
Figura 3.8 Logo di Linkedin
LinkedIn è un servizio di social networking on-line
basatto
sulle
relazioni
professionali
e
sulla
reputazione e per questo molto diverso dagli altri
social network.
Lo scopo principale del sito è consentire agli utenti
registrati il mantenimento di una lista di persone conosciute e ritenute affidabili
in ambito lavorativo. Le persone nella lista sono definite "connessioni” e la rete
di contatti a disposizione dell'utente è costituita da tutte le connessioni
dell'utente, tutte le connessioni delle sue connessioni (dette connessioni di
secondo grado) e da tutte le connessioni delle connessioni di secondo grado
(connessioni di terzo grado).
Il successo della piattaforma, giunta a 80 milioni di utenti, è dovuto al
molteplice uso che se ne può fare: dal trovare offerte di lavoro e opportunità di
business con il supporto di qualcuno presente all'interno del proprio network,
76
all'ottenere, attraverso un contatto affidabile, di essere presentati a qualcuno
che si desidera conoscere.
Il tasso di penetrazione all'interno del mercato del lavoro è consolidato negli
Stati Uniti, in crescita invece in Europa e nel resto del mondo.
Minore si è rivelata finora l'utilità a scopo promozionale rispetto ai concorrenti
Facebook e Twitter, poichè il servizio offriva alle aziende limitate possibilità di
conversare e discutere dei propri brand e servizi. Con il recente lancio delle
pagine aziendali dove mostrare prodotti e raccomandazioni connesse, lo
scenario però è destinato a mutare; infatti le "company pages" consentono alle
aziende di mettersi in risalto plasmando il proprio brand attraverso
raccomandazioni di altri utenti della rete che contribuiranno a costruire
viralmente la brand reputation. Questo perchè ogni volta che un membro di
Linkedin condivide i prodotti o servizi di una certa azienda, la sua
raccomandazione diventa visibile a tutti i suoi collegamenti provocando la così
detta diffusione virale. Inoltre, quando si promuovono queste raccomandazioni,
si hanno credibili e autentiche convalide sui prodotti visibili sulla propria
scheda aziendale.
Le pagine aziendali di Linkedin, comprendono oltre 40 società a livello globale
che vanno dalle piccole imprese alle aziende della Fortune 500 come HP,
Microsoft Corporation, Samsung Electronics America, AT&T Business Solutions
e Dell.
PAGINA LINKEDIN DI HP
Figura 3.9 Fonte http://www.linkedin.com/company/hp-enterprise-services/products
77
Le prime reazioni da parte delle società che utilizzano le pagine aziendali di
Linkedin sono state estremamente positive, lo dimostra l'affermazione di
Michael Mendenhall, Chief Marketing office di HP: "LinkedIn è pioniere nel
sfruttare la potenza dei social media e i brand possono trarre notevoli
vantaggi dalla partecipazione in rete da parte dei grandi professionisti".
78
CAPITOLO 4: CASE HISTORY
4.1 Un corporate blog a supporto della community: il caso Ducati
Desmoblog
Figura 4.1 Logo di Ducati
Ciao a tutti,
spesso quando si viaggia in moto, ci si rende conto di
quanta strada si è percorso solo quando ci si ferma e ci si
guarda indietro.
Da marzo 2006, quando abbiamo aperto questo spazio, di strada insieme ne
abbiamo davvero fatta tanta. Abbiamo giocato, discusso, sperimentato. Ci
siamo messi in gioco, vi abbiamo ascoltato, e vogliamo continuare a farlo.
I tempi e gli strumenti sulla Rete però scorrono velocemente e noi cerchiamo di
essere sempre al passo. Per questo abbiamo deciso di chiudere il Desmoblog:
per concentrare tutti i nostri sforzi su altri spazi di conversazione. Come
sapete da qualche tempo abbiamo aperto la nostra pagina su Facebook; uno
spazio aperto, visibile anche a chi non è iscritto, che è stato scelto da più di
180.000 persone per rimanere in contatto con noi. Inoltre conversiamo con gli
appassionati e comunichiamo alla stampa on-line tramite Twitter, e
utilizziamo il nostro canale Youtube per mostrarvi video divertenti e
(speriamo!) interessanti.
Noi continueremo a raccontarvi il “dietro le quinte” dell’azienda, quello che
accade nel mondo Ducati attraverso gli occhi dei piloti, dei dipendenti, di
Ducati stessa.
Voi potete fare di più: potete raccontare (e raccontarci) Ducati dal vostro
punto di vista, che sappiamo essere appassionato quanto il nostro. Potete
pubblicare liberamente foto, video, link, e segnalarci le vostre opinioni.
Perciò questo non è un addio, è un arrivederci, tanto breve quanto un click.
Vi aspettiamo on-line!
Redazione Desmoblog
Il 7 luglio 2010 con questo annuncio la Ducati comunica ai propri lettori la
chiusura del blog aziendale che ha scritto una delle pagine più prestigiose del
manuale della comunicazione on-line. La sua metodologia di costruzione ha
infatti rispettato al meglio sia i principi che garantiscono un buon
funzionamento delle comunità, che quelli sottostanti il concetto di blog
aziendale stesso. Fra gli
aspetti che hanno contribuito alla buona riuscita
79
dell'operazione, tra cui una gamma rinnovata di prodotti con un'immagine
vincente, una serie di successi a livello sportivo e un controllo crescente sul
canale distributivo tradizionale, ne spicca uno che è anche alla base della
definizione del modello di business di Ducati sul canale digitale: la disponibilità
di una base clienti fedele e appassionata. Ducati è infatti un'azienda che unisce
decine di migliaia di appassionati sparsi in tutto il mondo, sino a diventare, per
chi la guida e per chi la tifa, un vero e proprio stile di vita.
Fondata nel 1926, Ducati produce motociclette sportive, caratterizzate da
potenti motori desmodromici, design innovativo e tecnologia all'avanguardia.
La gamma di moto Ducati comprende sei segmenti di mercato, che variano per
caratteristiche tecniche e di design e per tipologia di clientela: Superbike,
Monster, Multistrada, Streetfighter, Hypermotard e la nuovissima Diavel. Le
moto sono vendute in oltre 80 paesi in tutto il mondo, con una concentrazione
maggiore nei mercati europeo, giapponese e nordamericano. Ducati ha
collezionato numerosi successi anche gareggiando nel Campionato Mondiale
Superbike, aggiudicandosi più vittorie individuali di tutte le altre case
concorrenti. Inoltre, dal 2003 partecipa al Campionato Mondiale MotoGP,
ottenendo grandi risultati anche in questa competizione.
L'esperienza di Ducati su Internet ha inizio negli anni Novanta con la classica
presenza tipica di quegli anni: la statica brochure on-line con la presentazione
dell'azienda, la gamma dei prodotti e i contatti. Il nuovo millennio ha portato
però l'azienda a percepire in modo concreto le vere potenzialità di questo canale
e a rivedere la propria posizione on-line, tanto che il 1 gennaio 2000 Ducati
decide di mettere in vendita sul sito web un modello a produzione limitata e
dedicato alla celebrazione del grande campione Mike Hailwood. Il risultato fu la
vendita di 1000 moto in pochi minuti e le restanti 1000 esaurite nei pochi giorni
successivi, talmente clamoroso e inaspettato che una profonda riflessione del
management al riguardo fu inevitabile.
Da quel momento il modello di business sviluppato da Ducati.com si è orientato
in una direzione community-based, sfruttando le caratteristiche e i servizi messi
a disposizione da Internet, per promuovere, animare e potenziare la comunità
dei consumatori e degli appassionati di Ducati. In questo modo l'insieme dei
processi sviluppati all'interno della comunità on-line hanno generato valore per
la Ducati stessa, che ha rafforzato il senso di identificazione dei suoi componenti
con la marca, la fedeltà al prodotto e la disponibilità dei consumatori a essere
80
agenti attivi nella costruzione del brand.
Internet è diventato quindi per Ducati il mezzo virtuale per prolungare al
massimo l'esperienza dei propri tifosi, i “ducatisti”, che hanno a disposizione
una finestra sempre aperta sul mondo Ducati con la possibilità di approfondire,
rivivere, conoscere, giocare, informarsi e parlare all'azienda. Quattro in
particolare sono i principi guida di Ducati nella gestione e nello sviluppo del
canale virtuale che le hanno permesso di restare fedele nel tempo alla filosofia di
orientamento alla comunità:
•
informazione,
•
interazione,
•
coinvolgimento,
•
dialogo.
L'avvento del Web 2.0, consacrazione del carattere relazionale di Internet, per
Ducati non è stato altro che una naturale evoluzione del modo di sfruttare il
canale virtuale, per mezzo del quale ha potuto rispettare al meglio i proprio
principi e completare la propria proposta sfruttando le possibilità fornite dai
nuovi strumenti di partecipazione on-line. Ducati li ha utilizzati per poter
ampliare il raggio di azione del luogo virtuale d'incontro e dialogo della
community, finora confinato al sito aziendale. E l'esperienza che Ducati ha
saputo creare per mezzo del blog è l'esempio più completo e di successo di
utilizzo integrato di tutti gli strumenti del Web 2.0 a supporto della relazione tra
tifoso e azienda.
Nato da un'idea di Federico Minoli, allora amministratore delegato di Ducati, il
blog intitolato alla due ruote di Borgo Panigale battezzato Desmoblog, ha
pubblicato il suo primo post nel marzo 2006 e da quel giorno è cresciuto nel
tempo fino a diventare un vero e proprio caso di marketing tribale. Il blog ha
fatto nascere una community di 250000 persone, tutte appassionate come solo i
motociclisti sanno essere, e attivamente prodighe di consigli, interventi,
segnalazioni. Il blog, che ha continuato a vedere gli aggiornamenti
dell'amministratore delegato Del Torchio, succeduto a Minoli e da cui ha
ereditato la carica di CEO blogger, ha visto spesso gli interventi dei piloti Casey
Stoner e Nicky Hayden, nonché dei responsabili di gara che raccontavano le
vittoriose vicende del team italiano sui circuiti di tutto il mondo.
Quello che nella media è un fenomeno quantitativamente contenuto, per Ducati
è diventato un vero e proprio canale di comunicazione con migliaia di commenti
81
(una media di 5 commenti a lettore), e picchi di interazione in coincidenza di
eventi e iniziative specificatamente rivolte ai desmoblogger. Il caso che ha
scatenato più degli altri la partecipazione dei Ducatisti è stato il programma
relativo al lancio del modello Hypermotard, per il quale è stato scelto come
canale di comunicazione proprio il Desmoblog, che ha tenuto col fiato sospeso la
carica di appassionati dalle fasi di sviluppo al lancio; essi hanno potuto infatti
condividere attraverso questo canale il processo di realizzazione ed esprimere
opinioni su un prodotto che ancora non era stato realizzato che avrebbero di
certo influenzato le decisioni aziendali, come se stessero vivendo in diretta le
stesse fasi vissute internamente all'azienda. Il progetto di co-creazione è durato
quasi un anno, durante il quale l'esperienza virtuale è stata arricchita da quella
reale, invitando in azienda alcuni appassionati per assistere alla produzione
delle prime moto, il cui video è stato pubblicato nel Desmoblog, e premiando i
due desmoblogger più assidui e appassionati con la partecipazione al lancio
stampa internazionale con tanto di prova in pista delle moto. I due fortunati
sono successivamente diventati autori di post per raccontare al resto dei lettori
la propria esperienza.
Ducati, grazie al blog e alle iniziative come questa che lo stesso ha permesso di
realizzare, ha saputo creare un valore per il cliente che poche altre aziende
finora sono state in grado di replicare. La sua chiusura non ha determinato la
fine della proficua conversazione azienda-utente, che si è semplicemente
spostata su altri canali che l'azienda ritiene possano più efficacemente
contribuire alla sua ulteriore espansione.
82
4.2 Una community di esperti a supporto dei processi di
innovazione: il crowdsourcing di Innocentive
Innocentive è una comunità on-line che consente agli esperti del settore
chimico, informatico e farmaceutico di venire a conoscenza di una serie di
problemi irrisolti sul fronte della Ricerca & Sviluppo da parte di grandi aziende
che pongono su tale piattaforma quesiti di natura chimica, biologica,
matematica, statistica e ingegneristica. Le aziende possono così attingere ai
talenti di una community globale di ricercatori scientifici senza doverli
assumere tra i propri dipendenti, ma corrispondendo un premio prefissato a
coloro che hanno generato le idee ritenute vincenti.
L'operatore virtuale Innocentive è stato fondato nel 2001 nel Massachusetts da
un'idea di Eli Lilly, proprietario dell'omonima multinazionale farmaceutica,
inizialmente per mettere in relazione ricercatori con le aziende del settore
farmaceutico per poi estendersi a molti altri ambiti, annoverando fra i suoi
clienti società del calibro di Boeing, DuPont e Procter&Gamble. I membri della
community sono oltre 200 mila, tra cui molti scienziati e ricercatori scientifici.
Il suo meccanismo è semplice: le organizzazioni espongono sul sito un
particolare problema e valutano le soluzioni ricevute attribuendo premi che
vanno da un minimo di cinque mila ad un massimo di un milione di dollari in
funzione della difficoltà più o meno elevata del quesito. Il processo sottostante è
articolato in quattro fasi. Nella prima le imprese contattano la community per
proporre problemi di open innovation (OI) di cui gli scienziati fruitori della
piattaforma possono consultarne on-line i contenuti analitici, che includono la
descrizione della struttura molecolare, le specifiche tecniche, l'incentivo
economico, e la data di scadenza per la sottomissione delle relative soluzioni.
Coloro che intendono partecipare alla competizione devono, nella seconda fase,
registrarsi al sito in qualità di “problem solver”. Iscrivendosi ottengono una
stanza virtuale, la “project room”, in cui durante la terza fase possono lavorare
individualmente o come membri di un team allargato, potendo inserire
documenti, proposte e comunicare con l'impresa committente. Quest'ultima,
nella fase finale, valuta le proposte pervenute e premia quella che ritiene più
coerente con le aspettative maturate.
Innocentive può rivelarsi un operatore tanto efficace quanto efficiente per le
imprese che ricercano soluzioni di natura innovativa, in quanto da una parte
83
consente ad esse di espandere in modo flessibile le proprie competenze di R&D
e dall'altra, poiché i pagamenti dipendono dall'ottenimento della soluzione
finale, risulta un meccanismo economicamente efficiente.
Innocentive è stata la prima community on-line basata su meccanismi ad
incentivo, creata per aumentare il potenziale di innovazione delle aziende, che
nel tempo si è dimostrata una tra le più valide piattaforme di crowdsourcing. Il
termine che unisce la parola crowd, gente comune, e outsourcing, esternalizzare
una parte della propria attività, è un neologismo che definisce un modello di
business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un
progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone
non già organizzate in un team. Questo processo avviene attraverso degli
strumenti web o comunque dei portali su Internet, e le community open source,
come Innocentive, sono state le prime a trarne beneficio.
Karim Lakhani, ricercatore della Harvard Business School, ha effettuato uno
studio in cui ha esaminato 166 quesiti formulati da 26 società, scoprendo che, in
media, i quesiti delle aziende sono stati affrontati da 240 persone, e che uno su
tre è stato risolto. Nella maggior parte dei casi le soluzioni provengono da
partecipanti con un elevato grado di specializzazione in settori però
apparentemente molto diversi da quelli in cui hanno vinto la competizione.
Sulle orme del successo di Innocentive, altri hanno dato vita negli ultimi anni a
piattaforme di crowdsourcing; tra i tanti c'è General Electric, che recentemente
ha chiesto aiuto per la progettazione di una rete intelligente di gestione
dell'elettricità, 100 mila i dollari in palio e 3 mila le risposte già pervenute .
Il caso Innocentive è la dimostrazione di come, su Internet, siano le idee più
semplici ad essere vincenti.
84
4.3 Marketing su Facebook per una piccola attività locale off-line:
corsi di pilates Body & Mind
Uno dei principali ruoli di Facebook in campo pubblicitario è quello del
facilitatore di passaparola. A questo scopo ha scelto di utilizzarlo un piccolo
centro di pilates di Milano, inserendolo all'interno di una più ampia strategia, in
cui la realizzazione della pagina pubblica su Facebook è stata solo una delle
componenti del piano di web markerting progettato. Per la sua realizzazione, la
piccola attività milanese si è rivolta all'esperto di comunicazione on-line
Massimo Turco, specializzato nella progettazione e realizzazione di soluzioni
che permettono alle aziende di essere presenti sul Web nel modo giusto e senza
spreco di investimenti.
Nel caso in esame, Turco ha inizialmente definito insieme al cliente gli obiettivi
da perseguire e le difficoltà oggettive che, per la tipologia di settore e per il
genere di attività, ci si sarebbe trovati ad affrontare. Fasi, queste, essenziali per
la pianificazione di una strategia coerente ed efficace.
In particolare Body & Mind necessitava di:
•
rinnovare il sito web, creando un canale di comunicazione semplice,
accessibile e "fresco";
•
acquisire nuovi clienti utilizzando il Web;
•
posizionare il sito nei primi risultati di Google per le parole chiave
"pilates Milano" e "centro pilates";
identificando le seguenti, come proprie difficoltà oggettive:
•
concorrenza medio alta nel settore;
•
richiesta del servizio focalizzata in alcuni periodi dell'anno;
•
servizio fortemente legato alla geolocalizzazione (una precisa zona di
Milano).
Come prima mossa è stata utilizzata la ricerca di Google per verificare quello che
al momento il motore di ricerca forniva, digitando la parola "pilates". I risultati
erano:
1. la presenza di pubblicità concorrenti (tramite Google AdWords);
2. gli esercizi commerciali nei pressi della città da cui ci si connette (in
questo caso Milano);
3. presenza di risultati per immagini relative al pilates;
4. presenza di risultati video riguardanti il pilates.
85
RISULTATI DI GOOGLE PER “PILATES”
Figura 4.2 Fonte http://www.facebookstrategy.it/files/pilates-milano.pdf
Sulla base delle precedenti valutazioni è stata successivamente pianificata la
strategia da seguire:
•
intercettare le ricerche strategiche su Google;
•
essere presenti nei risultati per gli esercizi commerciali e su Google
Maps;
•
creare una community geolocalizzata interessata al servizio;
•
essere presenti nei risultati di ricerca video su Google e YouTube.
86
STRATEGIA DI UTILIZZO DEI SOCIAL MEDIA
Figura 4.3 http://www.facebookstrategy.it/files/pilates-milano.pdf
Come si può notare, la realizzazione della pagina Facebook non è presente nè tra
gli obiettivi nè tanto meno nella strategia, a dimostrazione che la creazione di
uno spazio aziendale in questo, o qualsiasi altro social network, non è da
considerarsi un fine bensì un mezzo veicolato al raggiungimento degli obiettivi
preliminariamente prefissati.
Alla formulazione della strategia sono seguiti una serie di interventi ad essa
coerenti:
•
progettazione e realizzazione di un sito facilmente aggiornabile, con
modulo di contatto e recapito telefonico presenti in tutte le pagine;
•
apertura di un account AdWords per attivare annunci pubblicitari per le
ricerche su Google;
•
realizzazione di una Landing Page specifica dedicata alla raccolta di
potenziali clienti;
•
inserimento del sito negli esercizi commerciali censiti da Google Maps;
•
realizzazione di un canale video su YouTube dove caricare video di
esercizi realizzati ad-hoc;
•
progettazione e realizzazione di un servizio di news fortemenente
tematizzato sul pilates;
•
realizzazione di una pagina pubblica su Facebook dedicata agli
appassionati di pilates residenti a Milano.
87
ALCUNI INTERVENTI REALIZZATI
Figura 4.4 Fonte http://www.facebookstrategy.it/files/pilates-milano.pdf
I risultati ottenuti da settembre 2009 ad agosto 2010, periodo in cui sono stati
realizzati gli interventi, sono stati più che soddisfacenti:
•
aumento dei visitatori del sito di oltre il 500%;
•
300 mila visualizzazioni dei due video caricati sul canale di YouTube;
•
realizzazione di una lista di oltre 400 contatti fortemente interessati al
servizio e altamente compatibili con la zona geografica;
•
rafforzamento della visibilità del marchio e dell'offerta sui motori di
ricerca;
•
oltre 250 richieste di informazioni e contatto;
•
realizzazione di una micro community di oltre 500 persone;
•
aumento del fatturato del 25% rispetto all'anno precedente.
All'ottenimento dei risultati ha largamente concorso la conversazione intrapresa
con gli appassionati di pilates nella pagina fan di Facebook, realizzata
principalmente per tenere aggiornati gli interessati sull'argomento. Per fare ciò
è stato elaborato un micro piano editoriale, identificando gli argomenti
principali che suscitassero l'interesse del pubblico attraverso strumenti come
88
Google Keyword Tool External, Google Suggest, Google Insight for Search,
unitamente ai suggerimenti proposti da YouTube tramite il box di ricerca e i
video correlati. Dall'elenco di argomenti ottenuto ne sono stati selezionati 30 e
per questi è stato realizzato un newsradar in grado di intercettare tutte le notizie
pubblicate sui vari canali di informazione (Google News, Yahoo Notizie, Twitter,
Liquida, Digg e lo stesso Facebook). L'analisi dei nuovi contenuti proposti dal
newsradar viene fatta quotidianamente e quelli più interessanti vengono
riproposti nella pagina Facebook in versione sintetica con collegamento
all'articolo originale. Questo servizio di selezionatore delle novità più
interessanti relative al pilates, che Body & Mind ha scelto di fornire attraverso la
pagina Facebook, gli permette di essere presente sugli stream dei fan e di
raggiungere, in maniera naturale, altrettante persone interessate.
Ai fini della viralità è però il nome dato alla pagina ad essere, più di tutto il
resto, strategicamente rilevante, ed in questo caso è stato scelto in modo che
tenesse in considerazione alcuni criteri di rintracciabilità, innanzitutto tramite il
motore di ricerca di Facebook, e che palesasse l'argomento principale ed il focus
della pagina, poichè particolarmente importante per gli aggiornamenti sulla
bacheca dei fan.
Il brusio naturale e gratuito generato attraverso la pagina pubblica è stato
supportato da vere e proprie inserzioni pubblicitarie realizzate su Facebook,
utilizzate per due principali scopi. Innanzitutto per creare popolazione e traffico
iniziale nella pagina, i primi fan sono stati ottenuti proprio tramite un annuncio
che promuoveva il servizio di selezione di informazioni, video e curiosità sul
pilates offerto dalla pagina. Facebook da, in questo caso, la possibilità di
targetizzare il pubblico destinatario del messaggio, e Body&Mind ha scelto come
segmento le donne che vivono nell'area milanese di un'età compresa tra i 25 e i
45 anni a cui piacciono gli argomenti "pilates" o "pilates yoga". In poco tempo e
a costi minimi è stato possibile raggiungere un numero significativo di fan che
in un paio di mesi ha contribuito ad incrementare considerevolmente il numero
di iscritti alla pagina, corrispondente al target ideale per i servizi offerti.
La secondo ragione del ricorso alle inserzioni di Facebook è stata la Lead
Generation: dal momento che il centro ha individuato periodi dell'anno in cui
l'affluenza dei clienti aumenta (inizio settembre e inizio gennaio), sono state
attivate, attraverso inserzioni mirate, campagne orientate allo stesso target ma
con un messaggio personalizzato nell'ottica del "tornare in forma". I risultati
89
anche in questo caso sono stati definiti molto buoni con incrementi degli iscritti
in quei periodi di circa il 20%.
Il centro Body & Mind nel suo piccolo ha colto l'importanza della conversazione
e del coinvolgimento, ottenendolo attraverso la trattazione di argomenti
interessanti e non strettamente legati al brand; ed è questo che serve, in canali
ad alta componente sociale come Facebook, se si desidera incrementare in modo
naturale la condivisione e l'interazione con la pagina, che diventa in questo
modo più visibile e di conseguenza più soggetta a ricevere connessioni ed
acquisire fan.
90
CONCLUSIONE
Sono consapevole che, ad un primo approccio, il panorama della nuova
comunicazione aziendale possa apparire un pò sfocato, non ci sono infatti regole
formali e teorie scientifiche che lo governano, le organizzazioni giocano in
trasferta su un terreno dai tratti sociali e comportamentali, dove di economico
c'è davvero molto poco; ma vorrei che, in conclusione, risultasse chiaro almeno
un concetto, quello fondamentale.
L'utilizzo dei social media è semplicemente un'occasione per le aziende per
interessere rapporti diretti e continuativi con gli utenti, farsi conoscere e
presentare la propria offerta. Questo fa sì, aumentare la probabilità che gli
utenti si convertano in consumatori, ma non assicura che essi producano
sistematicamente atti d'acquisto.
So bene che questo avvertimento potrebbe bastare a smorzare l'entusiasmo di
molti che avevano pensato di avere tra le mani la "ricetta della felicità", ma dirò
di più a tutti coloro che hanno creduto che, con poco sforzo e minimo
investimento, si potessero raggiungere risultati; se la democrazia e la
partecipazione fanno di questi mezzi qualcosa di unico e potente mai esistito
prima, per un'azienda non del tutto consapevole di cosa significhi destreggiarsi
tra questi nuovi strumenti del marketing, trovarsi in un terreno simile, dove
ogni utente è libero di dire la propria rispetto a prodotti, servizi, persone e
esperienze personali, potrebbe essere piuttosto traumatico, se si pensa che ci
sarà sempre la possibilità di imbattersi in chi non ha opinioni positive sui servizi
e i prodotti offerti. Certo, perchè lo scopo di ogni organizzazione è ridurre al
minimo la fetta dei consumatori insoddisfatti e circondarsi solo di clienti
entusiasti, sempre pronti a mettere una buona parola. Ma superata la
frustrazione iniziale, data dall'imbattersi in domande scomode e lamentele,
provenienti dalla minoranza scontenta a cui i nuovi media permettono di dar
voce, ci si potrebbe sorprendentemente meravigliare che quella che
apparentemente sembrava un'insidiosa minaccia si è rivelata un'insostituibile
risorsa. D'altronde quando si ha a che fare con persone del tutto soddisfatte del
proprio operato, quale stimolo si ha a migliorarsi? E' semplice psicologia
comportamentale, che applicata all'organizzazione aziendale fa dedurre che,
quando questa ha solo clienti soddisfatti, questi difficilmente la stimolano a
mantenere
il
vantaggio
conseguito
91
sulla
concorrenza.
La
crescita
è
effettivamente sempre correlata agli scontenti perciò, piuttosto che domandarsi
se la propria offerta piacerà ai propri clienti soddisfatti, alle aziende
converrebbe scofare quelli insoddisfatti, il social web è una grande risorsa in
questo senso, e chiederlo a loro.
Questo è lo scenario. Cosa farne?
Nei mesi trascorsi a sfogliare testi e a navigare on-line tra articoli di blog e siti
dedicati all'argomento, redatti da agenzie di marketing e da appassionati del
settore (non credevo ce ne fossero tanti), ho potuto rendermi conto che
suggerimenti e spunti su come implementare un'efficace gestione dei social
media a scopo di marketing, non mancano di certo. C'è da perdersi tra i post del
guru del blog in azienda, piuttosto che tra i consigli per costruire un buon
marketing dell'ascolto, o tra i suggerimenti dell'esperto di marketing su
Facebook. Sembrerebbe allora tutto molto semplice: leggere, imparare,
applicare. Ma capire quali siano le scelte gestionali migliori per la propria realtà
aziendale e come implementarle, è la parte più complicata della storia.
Non ci sono dubbi sul punto di partenza: la dimensione sociale che connota i
nuovi media. Chi intende portare la propria realtà aziendale su queste
piattaforme deve considerarla prima di tutto il resto, poichè al contrario,
ignorarla, sarebbe letale. Ma in genere una delle pecche principali delle web
agency
italiane
è
quella
di
essere
costituite
da
grafici
e
programmatori/ingenieri, non curandosi che in tutte le interazioni che
implicano il sociale e la gestione dei media, vanno inserite figure con
competenze in campo sociologico e comportamentale. Il focus si è spostato su
quello che i consumatori vogliono, il contenuto sociale, e non più quello
pubblicitario: la marca, quando arriva, arriva dopo. Chi sceglie di utilizzare i
social media deve essere consapevole di avere tra le mani uno strumento nuovo,
con cui poter e dover fare cose nuove. Questo significa, ad esempio, pensare di
colmare le lacune e di curare le insoddisfazioni lasciate dai vecchi media: quanta
gente è stufa di stare al telefono a premere dei numeri per parlare con qualcuno
di un disservizio o di aspettare risposte da improbabili mail di servizio al
consumatore? Con i social media ce li si può scordare, perchè il canale è diretto,
la linea sempre libera e la comunicazione rigorosamente spontanea. Ecco, a mio
modesto parere credo sia questo il punto da cui partire per evitare di
approcciare queste opportunità con sufficienza e distacco, che condurrebbe le
aziende a ricreare on-line quello che già fanno con i media tradizionali off-line e
92
cioè pubblicizzare, pubblicizzare e pubblicizzare. Quello che l'azienda ha la
possibilità di fare attraverso gli strumenti tecnologici di comunicazione sociale è
molto di più, essa può infatti intervenire sul processo di creazione della propria
reputazione più a fondo di quanto non possa fare con il più riuscito degli spot
pubblicitari. La reputazione è fiducia, ammirazione e stima, è in poche parole il
presupposto per divenire rilevanti agli occhi dei consumatori e per far presa sul
target con le proprie campagne pubblicitarie. E' quindi necessario integrare
questa panoramica nelle decisioni di business e prevedere attività di
salvaguardia della reputazione attraverso il blog aziendale e i social network,
che permettono di incentrare la comunicazione sui bisogni dei soggetti
interessati e non sui piani delle società.
Il fatto che i consumatori spesso non si fidino di chi ci sia dall'altra parte
significa che è necessario fare di più di quello che finora ha fatto in questo senso
la comunicazione tradizionale, e il social web è l'unico strumento in grado di
smascherare il falso e premiare l'autenticità. Qui sarà valorizzato chi
abbandonerà i soliti e vuoti slogan per vestire i panni del "problem solver",
fornendo supporto gratuito agli utenti; questo permetterà all'azienda di ottenere
prestigio e autorevolezza. Conquisterà fiducia chi eviterà di condividere ogni
pensiero pur di conquistarsi la simpatia di tutti, ma piuttosto chi preferirà dire
ciò che pensa nonostante la consapevolezza che quello che dice potrebbe non
essere unanimamente condivisibile, questo permetterà di costruirsi una propria
personalità all'interno del social web e gli utenti lo apprezzeranno.
In questo senso quello che operativamente si può fare è utilizzare i social
network per connettersi con vecchi, nuovi e potenziali clienti, condividere il
contenuto ritenuto rilevante e interessante, coinvolgere i propri fan-follower con
concorsi, notizie economiche e contenuti accattivanti e mantenerli informati e
attivi sui prossimi eventi che coinvolgeranno l'azienda. Parallelamente si potrà
utilizzare il blog aziendale per sviluppare una profondità di contenuti in grado di
contraddistinguere l'attività aziendale, avvicinare il lettore con le ultime
informazioni sul settore, e tenere viva nei motori di ricerca la presenza
dell'azienda per quel che riguarda le principali parole chiave del settore.
E' indubbio che tante siano le opportunità offerte dallo scenario, eppure sembra
essere così difficile per le aziende dedicarsi a qualcosa che non assicuri un
ritorno economico immediato. In questo caso, quello che io direi loro, dopo
essere stata catapultata in questo nuovo mondo e averlo conosciuto
93
relativamente a fondo, è: partite dalla soddisfazione e la cura del cliente che
questi nuovi strumenti consentono ampiamente di accrescere, e i ritorni
verranno, eccome se verranno.
94
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