04 - Emma Bonino

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04 - Emma Bonino
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SEMINARIO AFRO -ARABO DI ESPERTI SULLE N ORME LEGISLATIVE
PREVENZIONE DELLE MUTILAZIONI DEI GENITALI FEMMINILI
PER LA
1. Interventi istituzionali
MOUSHIRA KHATTAB
Ambasciatrice, Segretaria Generale del Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la
Maternità (NCCM), Egitto
È
per me un vero privilegio darvi il benvenuto a questa conferenza e, soprattutto,
presentare la nostra First Lady nonché Presidente del Comitato Tecnico Consultivo
del Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la Maternità.
Ricordo quando la Signora Mubarak indicò l’eliminazione delle mutilazioni dei genitali
femminili come uno degli obiettivi prioritari da inserire nel piano quinquennale dell’NCCM.
Come molti altri egiziani, anch’io all’epoca non avevo capito che si trattava di un problema.
Ma per tanti altri che da anni erano alle prese con una questione così delicata, la notizia fu
elettrizzante. Infatti, la decisione dell’NCCM di considerare l’eliminazione delle MGF uno dei
diritti delle bambine suscitò il plauso nazionale e internazionale. Cadde finalmente il muro di
silenzio su un tabù sopravvissuto di generazione in generazione. Parlo a nome di tante
persone in tutto l’Egitto, delle regioni arabe e africane e dell’intera comunità internazionale
nell’esprimere il più vivo apprezzamento alla Signora Mubarak per il coraggio e l’incessante
attività di cui ha dato prova allo scopo di promuovere i diritti dell’infanzia e in particolare
delle fanciulle.
La visione che ha guidato le nostre iniziative, la fede e l’impegno che la Signora Mubarak
ha trasmesso al movimento nazionale anti-MGF sin dal lancio del programma nazionale
parlano da sole. Oggi, il dibattito nazionale sulle MGF è aperto a chiunque voglia discutere e
cercare la verità su questa tradizione obsoleta. Per la prima volta in Egitto le ONG che avevano
lavorato in silenzio possono condividere le loro esperienze con tutto il popolo egiziano e
mobilitare contro le MGF persone in passato riluttanti a farlo. Oggi ospitiamo questa riunione
di esperti afro-arabi con l’auspicio di condividere la nostra visione comune e le diverse
opinioni ed esperienze attraverso un dibattito scientifico e obiettivo su MGF e strumenti
legali. È l’inizio di un dialogo regionale ai massimi livelli politici, e sono certo che da questo
momento la nostra battaglia renderà più rapida l’eliminazione delle MGF nei nostri paesi.
È un grande onore che la Signora Mubarak abbia accettato di presiedere e porre sotto il
proprio patrocinio la nostra riunione di esperti. Il meeting affronta oggi uno dei problemi, la
violenza contro le ragazze, di cui il Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la Maternità ha
ripetutamente denunciato la gravità e chiesto l’eliminazione. Questa violenza perpetrata nei
confronti delle ragazze non ha alcun fondamento religioso o scientifico.
Oggi, questo consesso è chiamato ad analizzare e confrontare leggi e politiche di tutto il
mondo volte a eliminare le MGF. Questo evento ha luogo in stretta partnership con i paesi
africani e arabi, nonché con prestigiose personalità internazionali e organizzazioni non
governative operanti a favore dell’infanzia e della maternità e per il benessere delle comunità
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PER LA P REVENZIONE DELLE
e dell’umanità in generale.
L’attenzione costante della Signora Mubarak ai problemi dell’infanzia e della maternità e
le sue incessanti iniziative volte a trasmettere messaggi di pace e comprensione meritano il
più sincero apprezzamento.
L’iniziativa Girls’ Education (Educazione delle ragazze), l’annuncio che il 2003 sarà l’anno
della fanciulla egiziana e il progetto nazionale Reading for All (Lettura per tutti), fanno parte
di un unico grande disegno, di una stessa finalità. La nostra riunione odierna rientra in questa
categoria. Un tocco ulteriore di pennello a completamento del quadro radioso di ciò che tutti
noi aspiriamo a realizzare per le nostre ragazze: l’immagine di ragazze sane nel corpo e
nell’anima, ricche di conoscenze e principi etici, lo sguardo rivolto al futuro, mai più
tormentate dalle catene dell’ignoranza.
Signore e Signori,
Sono onorata di presentare S. E. la Signora Suzanne Mubarak per il suo atteso intervento.
SUZANNE MUBARAK
First Lady dell’Egitto
S
ono lieta di darvi il benvenuto al Cairo, una città che ha tra le sue caratteristiche una
varietà di culture derivanti dai nostri legami africani e arabi, una città che accoglie i
principi fondamentali di sacre religioni, una città la cui storia si mescola in molti
modi con tutti gli aspetti della vita moderna.
Questa conferenza riveste un significato speciale, in quanto metteremo in comune le
nostre esperienze per affrontare la pratica delle mutilazioni dei genitali femminili in una fase
in cui i governi e le organizzazioni internazionali danno massima priorità ai diritti dei minori.
Questo sta a significare che è ora che i genitori facciano le scelte giuste fondate su conoscenze
adeguate, valori morali, o tradizioni e principi religiosi a sostegno dei diritti di bambini e
bambine. Questa non è soltanto un’assemblea che riunisce esperti e politici, è un segnale che
dice che tradizioni superate e coloro che continuano a portarle avanti non hanno più ragione
d’essere. Per questo, vorrei condividere con voi l’entusiasmo e lo slancio che siamo riusciti a
suscitare e col quale stiamo bussando ai cuori e alle menti di genitori, famiglie, intellettuali e
politici per mettere la parola fine alle MGF.
Discutendo degli strumenti legali e della loro attinenza con questa tradizione africana,
dovremmo ricordare che il potere della legge è raramente in grado di tener testa al potere di
un rapporto che lega fra loro genitori e bambine. Dovremmo altresì ricordare che i genitori
che scelgono di circoncidere la figlia lo fanno per amore e per la necessità di proteggerla in
base a errate concezioni radicate da generazioni nelle nostre società. Abbiamo oggi
l’opportunità di cambiare il destino di una generazione e di interrompere la trasmissione di
miti e false giustificazioni di una simile violazione dei diritti umani alle nuove generazioni.
Non sarà affatto un compito facile, ma è una responsabilità che abbiamo inserito tra le nostre
priorità nel Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la Maternità, un’enorme responsabilità
collegata a un processo di sfide e tappe finora premianti. L’impatto suscitato dalla nostra
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PER LA
iniziale campagna mediatica, lanciata lo scorso anno, è stato notevole e superiore alle
aspettative. Agli occhi del pubblico, un lungo muro di silenzio costruito negli anni è stato
infranto, aprendo un dibattito col quale abbiamo dichiarato la nostra posizione in maniera
netta e coerente, una posizione che dice pubblicamente “No alle MGF”.
Agli occhi di molti genitori, la controversia nata intorno a una pratica sbagliata è
finalmente sedata via via che noi continuiamo, attraverso una varietà di approcci, a
confermare l’assenza delle motivazioni religiose, mediche e sociali che la possono giustificare.
Agli occhi delle ragazze, un’ombra di minaccia, paura e insicurezza sta gradualmente
svanendo, diventando meno visibile man mano che la nostra campagna raggiunge i
governatorati e i villaggi dove la pratica tuttora prevale.
Non avremmo potuto andare così avanti nella nostra battaglia contro questa pratica senza
gli sforzi specifici compiuti nell’ultimo decennio in Egitto da molte associazioni, individui di
buona volontà e ONG. Forti di questa e di altre esperienze nella nostra regione africana, ci
guida un formidabile senso di fede e impegno verso l’eliminazione di questa pratica dannosa.
Siamo convinti che l’integrazione degli strumenti legislativi possa costituire uno degli
strumenti per porre fine a questa pratica. Crediamo inoltre nella forza dei canali di
comunicazione per agevolare la portata e la diffusione del nostro messaggio. Nel progettare il
nostro programma nazionale, che ha l’appoggio della comunità internazionale, abbiamo
valutato molte esperienze, sia quelle positive che, cosa ancor più importante, quelle non
andate a buon fine. La nostra conclusione è che la responsabilità ultima di porre fine alla
pratica ricade sui genitori, gli unici responsabili delle decisioni riguardanti i loro figli. Detto
questo, abbiamo un ruolo cruciale da giocare per sostenere le responsabilità e le decisioni dei
genitori in quanto membri della nostra società. Gli strumenti legislativi rappresentano un
modo per acquisire questo ruolo. Un altro punto di partenza efficace è l’influenza che
possiamo creare sull’ambiente socioculturale che sottende la pratica delle MGF. Molte
esperienze incentrate sui fondamenti religiosi e medici delle MGF hanno riscosso un
successo limitato e rapidamente esaurite. Al contrario, esperienze basate su un approccio
socioculturale nuovo sono riuscite a bloccare il sostegno delle comunità alla pratica delle
MGF e a raggiungere ottimi risultati, come si è visto in molti villaggi egiziani.
Per la nostra campagna nazionale, la strategia può essere sintetizzata nelle seguenti linee
di azione: 1) creare un forum dedicato ai genitori per confutare le basi stesse della pratica
delle MGF; 2) dare ai genitori l’opportunità di porre quesiti e di avere risposte obiettive e
chiare a tali quesiti. La nostra strategia poggia inoltre su reti di sostegno che saranno create a
livello locale e di villaggio. Infine, siamo riusciti a mobilitare i canali di comunicazione
nazionali e locali per sostenere la campagna e razionalizzarla nei suoi vari aspetti.
Abbiamo di fronte chi per anni ha tratto vantaggio dalla pratica e violato non solo le leggi a
tutela dei minori, ma anche il codice penale che proibisce un atto così lesivo del corpo
umano. Crediamo che l’unico sistema sia l’impiego di un pacchetto integrato di interventi
politici, di comunicazione e rivolti alle comunità.
Fatto ancor più importante, abbiamo inserito la priorità della lotta alle MGF nel contesto
più ampio dei diritti della fanciulla. Si tratta di un insieme di interventi che stiamo
promuovendo durante l’Anno della Fanciulla, che ho annunciato lo scorso gennaio e che
proseguirà negli anni a venire, e che comprendono, come priorità, l’iniziativa Girls Education
e una serie di altri programmi riguardanti i matrimoni precoci, le violenze di genere e
l’alfabetizzazione.
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PER LA P REVENZIONE DELLE
Illustri Ospiti,
A questo punto, vorrei porre l’accento sul valore che l’educazione può aggiungere ai nostri
sforzi contro le MGF e ad altri elementi dell’agenda per i diritti delle fanciulle. L’educazione
non va vista solo nella prospettiva di fornire un servizio. Affinché possano assumere il
controllo della propria esistenza e delle proprie famiglie, le ragazze necessitano di programmi
educativi che riuniscano principi di qualità, creatività e autostima. Per molti anni, in molti
paesi i sistemi scolastici tradizionali non hanno saputo mantenere un adeguato livello di
istruzione per le ragazze. Le cause del fallimento possono anche essere state di natura
economica, ma non solo. Le nostre ricerche hanno dimostrato che le ragazze che
abbandonano la scuola lo fanno per scarso interesse per le materie scolastiche tradizionali e i
sistemi di insegnamento antiquati. Nella progettazione dell’iniziativa nazionale Girls
Education, abbiamo tenuto conto di questi aspetti.
L’iniziativa è stata lanciata lo scorso gennaio dal Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la
Maternità dopo due anni di intensi preparativi e consultazioni che hanno coinvolto ragazze,
genitori, task force locali, ministri ed esperti delle Nazioni Unite. I progressi finora compiuti
nell’attuazione dell’iniziativa sono incoraggianti e promettenti. Dall’inizio di quest’anno, ho
incontrato per due volte i rappresentanti delle ragazze di vari governatorati di tutto il paese.
L’interazione ha fatto emergere molte storie di ragazze le cui vite sono state completamente
trasformate grazie all’istruzione. Storie di ragazze che per la prima volta parlavano del trauma
causato dalla circoncisione e di ragazze che hanno sfidato i genitori riuscendo a scampare alla
pratica.
Sono solo alcuni esempi. La mia ambizione, e quella dei team che partecipano
attivamente all’attuazione di questi programmi è che ogni ragazza egiziana possa esercitare i
propri diritti e influire sulla qualità della vita per se stessa, la propria famiglia e la propria
comunità. Questo è l’unico modo per il mio paese di realizzare i propri obiettivi di sviluppo, il
modo che abbiamo scelto per destinare le nostre risorse a tali obiettivi.
Signore e Signori,
In molte occasioni, ho discusso con first ladies e amici africani le visioni e speranze che
abbiamo per i nostri figli. Credo che, condividendo le esperienze e aumentando la
cooperazione regionale, potremo vincere molte delle sfide che ostacolano il raggiungimento
dei nostri obiettivi di sviluppo sociale. Dovremo essere in grado – attraverso la forza della
conoscenza, della comunicazione e della tecnologia dell’informazione – di facilitare e
sviluppare le reti di collegamento, in particolare su problemi, come la pratica delle
mutilazioni dei genitali femminili, che hanno un’origine comune e per i quali abbiamo un
obiettivo comune.
Concludendo, desidero esprimere apprezzamento per le esperienze individuali e collettive
dei delegati qui presenti ed elogiare gli organizzatori di questo evento per il tempo e gli sforzi
compiuti per rendere possibile questa conferenza in un momento così importante nella storia
dei diritti delle ragazze in Egitto, in Africa e nel resto del mondo.
Grazie per la vostra attenzione.
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PER LA
MARIAM LAMIZANA
Ministro per le politiche sociali e per la solidarietà nazionale, Burkina Faso
V
oglio, anzitutto, esprimere le mie più sincere congratulazioni, oltre che la mia
riconoscenza, ad AIDOS, l’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, a Non C’è
Pace Senza Giustizia e all’ESPHP, per questa fortunata iniziativa, a cui mi onoro di
essere stata invitata.
Allo stesso modo, non posso dare inizio al mio intervento, senza aver prima espresso la
mia sincera gratitudine alle autorità egiziane, che hanno voluto ospitare questo incontro,
destinato a fare storia, per aver riservato a tutti, in questa nostra terra d’Africa, un’accoglienza
calorosa.
Sua Eccellenza Signora Suzanne Mubarak, first lady d’Egitto, illustri invitati, signore e
signori. Ci sono momenti, come quello che stiamo vivendo, che sono portatori di speranza e
che rappresentano una svolta decisiva, per un problema che è d’interesse internazionale,
regionale e nazionale o, molto più semplicemente, comune. La presente Consulta di Esperti,
riunitasi per dibattere su “Norme Legislative per la Prevenzione delle Mutilazioni dei genitali
femminili”, rappresenta uno di quei momenti, per le ragioni che andrò ora a esporre.
Le donne, malgrado il loro numero e il loro costante contributo allo sviluppo economico
dei nostri stati, sono le più esposte all’analfabetismo e alla povertà, tutti elementi che
contribuiscono a relegarle in un perenne stato di dipendenza. Una tale dipendenza rende
precaria la loro esistenza e quella dei loro figli. A ciò si aggiunga il continuo stato
d’insicurezza in cui vivono, che non solo aggrava il flagello dell’AIDS, dal quale sono
duramente colpite, ma che le sottopone al persistere di pratiche tradizionali dannose per la
salute, che rappresentano vere e proprie violenze perpetrate nei loro confronti. Di fatto,
rappresentano un atto d’indifferenza nei confronti dei loro diritti e della loro dignità. Tra
queste pratiche, le mutilazioni dei genitali femminili sono le più diffuse in Africa, dove sono
assai radicate nella mentalità e nelle tradizioni locali.
Date le loro conseguenze nefaste, spesso di natura irreversibile, sulla salute delle vittime,
si sono svolti numerosi incontri internazionali, che hanno condotto all’adozione di strumenti
giuridici miranti alla loro eliminazione. A partire da ciò, si sono sviluppate, nei paesi
interessati, mobilitazioni sociali che attraverso diverse azioni hanno come obiettivo quello di
eliminare completamente tale pratica.
Sostenute nel loro sforzo da un sempre crescente movimento d’opinione internazionale,
guidato da organizzazioni come il CI-AF, AIDOS, No Peace Without Justice, RAINBO, Public
Welfare Foundation, le agenzie specializzate delle Nazioni Unite, le strutture di cooperazione
bilaterale e multilaterale, alcune realtà locali e nazionali, si è potuti arrivare all’adozione di
misure legislative che vietano le MGF.
Questo è il caso, ad esempio, del Burkina Faso, del Togo, della Guinea Bissau, della Nigeria,
del Senegal, del Ghana e della Costa d’Avorio.
Purtroppo non si può non costatare come queste leggi siano, spesso, poco e mal applicate,
sia perché il più delle volte poco conosciute dagli esperti di diritto, sia perché subiscono la
sorte di rimanere dimenticate nei cassetti per paura della crisi sociale che potrebbe scaturire
dalla loro applicazione. Nei casi, invece, in cui si può contare sull’applicazione della legge,
sorgono problemi di natura differente: da una parte la pratica tende a divenire clandestina,
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dall’altra, specie nelle zone di confine, si assiste a momentanei fenomeni migratori finalizzati
all’escissione.
L’idea stessa di una legge finalizzata a contrastare il fenomeno delle MGF si scontra,
spesso, con la pressione di gruppi sociali, il più delle volte legati a leader religiosi, le cui
ragioni sfuggono alla stessa etica religiosa, che non potrebbe in alcun modo tollerare una
pratica dannosa alla salute delle donne e dei bambini come l’escissione.
Malgrado la ratifica da parte dei nostri Stati di vari strumenti giuridici finalizzati a
promuovere il rispetto dei diritti delle donne e dei bambini, si assiste a un evidente blocco
della loro applicazione effettiva. Nel caso particolare delle MGF, se è necessaria la volontà
politica per mettere al centro dell’agenda nazionale il problema, è altrettanto vero che è
compito delle organizzazioni della società civile proporre alternative valide a sostegno della
lotta contro le MGF.
Il presente incontro si pone questo obiettivo poiché invita a:
— riflettere sulle norme legislative come mezzo di prevenzione delle MGF;
— procedere all’analisi critica di politiche e strategie, al fine di proporre le misure
necessarie al rafforzamento della legislazione. Tale elaborazione diverrà oggetto di un
documento di strategia comune sulla legislazione in materia di MGF.
L’importanza e l’opportunità rappresentate da questa Consulta, non mi possono lasciare
indifferente, essenzialmente per due ragioni.
La prima è che nel Burkina Faso la storia delle lotte contro le MGF, in particolare contro
l’escissione, che è la pratica più diffusa nel nostro paese, non si sarebbe potuta raccontare
senza le pioniere di questo movimento, di cui io fui la presidente. Convinte che il problema
delle MGF poteva e doveva essere preso in considerazione, decidemmo di perorare con forza
la causa presso alcuni parlamentari, perché si schierassero a favore di una rilettura del codice
penale, finalizzata all’introduzione di alcuni articoli che vietassero e reprimessero, in maniera
specifica, la pratica dell’escissione. Senza entrare nei dettagli di quella battaglia, nel dicembre
1996, la legge sulle MGF venne promulgata ed entrò immediatamente in vigore. Oggi,
nonostante alcune resistenze di carattere socio-culturale, nel Burkina Faso l’applicazione
della legge sulle MGF è una realtà.
La seconda è da ricondursi alla volontà, più volte espressa dal Governo del mio paese, di
estirpare, in maniera definitiva, le MGF. Pertanto, in qualità di Ministro incaricato della
questione delle MGF, mi è stata assegnata, tra le priorità che mi riguardano, quella di lavorare
all’accelerazione del processo di cancellazione della pratica dell’escissione, tuttora presente
nel nostro paese.
Per confermare la legittimità di questa lotta e per rinforzare la nostra azione, il Governo
non solo ha istituito una giornata nazionale di lotta contro la pratica dell’escissione, che viene
celebrata il 18 maggio di ogni anno, ma ha anche autorizzato l’impiego degli ufficiali di polizia
giudiziaria. Questi saranno attivi sia nelle campagne di divulgazione e illustrazione della
legge, sia nell’esecuzione di attività dissuasive, sempre pensate nell’ambito di applicazione
della legge stessa.
Questo dovrebbe farvi intendere quanto ci attendiamo da una Consulta come questa.
Oltre gli interventi sulle politiche e sulle strategie, le decisioni comuni che scaturiranno in
materia di norme legislative sulla prevenzione delle MGF, sono anche il risultato del
rafforzamento della solidarietà internazionale manifestatasi sul tema dell’eliminazione delle
MGF.
La vittoria sulle MGF sarà un concetto vano, finché queste pratiche beneficeranno della
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PER LA
tolleranza, del silenzio complice o anche di argomentazioni contrarie al buon senso,
sviluppate e sostenute da leader in cerca di notorietà.
Sono assolutamente convinta che grazie alla qualità degli esperti qui riuniti, sarà possibile
giungere a conclusioni che permetteranno ai vari responsabili di approntare misure
congiunte, finalizzate alla prevenzione delle MGF e, all’occorrenza, di adottare e far applicare
leggi che ne impediscano la pratica.
Estirpare le MGF è una scommessa che non potrà più ammettere esitazioni o
giustificazioni di sorta. Mi appello, pertanto, alla coscienza di ognuno, per ribadire che le
mutilazioni dei genitali femminili non sono altro che un atto crudele, una barbarie indegna
della nostra epoca. Dobbiamo avere il coraggio di dire la verità sui pericoli che queste
pratiche rappresentano per la salute, per la vita stessa delle vittime. Non è più ammissibile
continuare a tollerare, in nome di tradizioni che solo l’ignoranza e, ancor più, l’egoismo
possono giustificare.
Sono numerose le ragazze e le bambine che hanno perduto la vita, morte dissanguate a
causa di un’escissione; le donne ripudiate, escluse o relegate in casa perché vittime di
sindromi depressive o perché soggette a fistole ostetriche, diventate sterili o semplicemente
umiliate perché costrette a nascondere tra le loro gambe le cicatrici di cui porteranno,
impressa sul loro corpo, la vergogna per il resto della vita. Questi sono alcuni dei casi
incontrati nel corso delle nostre lunghe campagne di sensibilizzazione, che non hanno fatto
altro che accrescere la determinazione a incrementare i nostri sforzi affinché, ovunque queste
pratiche ancora perdurino, siano messe al bando.
È per questa ragione che mi permetto di sfruttare l’opportunità offertami da questa
conferenza per esprimere la riconoscenza mia personale e del mio Governo, non solo nei
confronti degli sforzi profusi dal CI-AF, dall’On. Emma Bonino, dalle promotrici e dai
promotori dell’appello internazionale contro le MGF, ma anche nei confronti di tutti coloro
che operano quotidianamente per rinforzare la mobilitazione mondiale contro le MGF.
Mi permetto, quindi, di auspicare che tutti i firmatari della campagna “Stop FGM”,
partecipino attivamente alla definizione delle misure che dovranno permettere di utilizzare,
nei confronti delle MGF, una linea dura, affinché entro breve tempo, queste pratiche inumane
non siano niente altro che un cattivo ricordo nella memoria dei nostri bambini.
Sua Eccellenza Signora Suzanne Mubarak, first lady d’Egitto, illustri invitati, signore e
signori, per concludere vorrei citare i versi di un cantante franco-camerunense:
“Niente è più bello di un bambino che spera e noi dobbiamo fare il possibile per rendere
felici tutti i bambini del mondo, perché un bambino che piange, è l’avvenire che sfuma”.
JAAP DOEK
Presidente del Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti dell’Infanzia
È
un piacere e un onore essere qui. Il Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti
dell’Infanzia è perfettamente a conoscenza delle sue numerose attività per la
promozione dei diritti dell’infanzia, non solo in quest’area ma anche al di fuori del
tema specifico delle MGF. Apprezziamo vivamente i suoi sforzi. È questa una gradita
opportunità per salutare l’iniziativa del Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la Maternità, e le
altre organizzazioni che hanno promosso l'incontro di così tanti rappresentanti provenienti
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PER LA P REVENZIONE DELLE
da tanti paesi.
Signore e signori, l’articolo 24, paragrafo 3, della Convenzione per i Diritti dell’Infanzia
prevede che tutti gli stati aderenti adottino “tutte le misure efficaci e idonee volte ad abolire
pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dell’infanzia”. Per la prima volta,
un’importante Convenzione sui diritti umani ha affrontato esplicitamente il problema delle
pratiche tradizionali dannose per la salute. Sin dalla fase di elaborazione della Convenzione
sui Diritti dell’Infanzia è emerso con chiarezza che le MGF sono una di quelle pratiche
tradizionali che gli Stati aderenti devono abolire. Sebbene il gruppo di lavoro delle Nazioni
Unite sulle pratiche tradizionali nocive per la salute delle donne e dei bambini fosse già
operativo nel 1985 e 1986 con tre sessioni a Ginevra, è stato a partire dagli anni ’90 che un
numero crescente di documenti internazionali sui diritti umani ha affrontato esplicitamente
le MGF come grave violazione dei diritti umani. L’articolo 21 della Carta africana sui diritti e il
benessere dell’infanzia contiene delle disposizioni sostanzialmente simili a quelle
contemplate nell’Articolo 24, paragrafo 3, della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia che
chiedono l’eliminazione delle pratiche dannose, in particolare quelle pregiudizievoli per una
sana esistenza dei bambini.
Nel 1993 l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato una Dichiarazione sull’eliminazione
delle violenze contro le donne, nella quale si affermava esplicitamente che le violenze contro
le donne comprendono anche le MGF. Nel 1994, la Sottocommissione per la Prevenzione delle
discriminazioni e la protezione delle minoranze ha adottato un piano d’azione per
l’eliminazione di pratiche tradizionali dannose per la salute delle donne e dei bambini. Questi
e altri documenti sottolineano chiaramente il fatto che le MGF non solo sono nocive per la
salute di donne e bambine e quindi rappresentano una violazione del diritto alla salute, ma
costituiscono anche una violazione del diritto all’integrità fisica e del diritto a essere protette
da trattamenti crudeli, inumani e degradanti: diritti presenti in tutte le principali convenzioni
sui diritti umani. In breve, le MGF sono inaccettabili dal punto di vista legale in quanto
costituiscono una violazione della maggior parte dei diritti umani fondamentali
universalmente riconosciuti. Non vi sono più scuse per tollerare il perpetuarsi di questa
consuetudine, né a livello di governo né a livello professionale.
Ratificando la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, 192 stati di tutto il mondo si sono
impegnati a prendere tutte le misure effettive e idonee per abolire le MGF. Consentitemi
alcune osservazioni su cosa significhi “misure effettive e idonee”. La proibizione per legge è
un elemento cruciale della lotta contro la pratica delle MGF. Ciò è in linea non solo con gli
standard internazionali al riguardo, ma costituisce anche una base legale per le necessarie
misure in termini di maggiore consapevolezza, educazione e prevenzione.
La proibizione per legge basterà da sola a eliminare una consuetudine spesso
profondamente radicata? Non credo. Sono stato giudice di un tribunale minorile per molti
anni e sono tuttora giudice di Corte d’Appello nel mio paese, dunque so che la legge di per sé
non cambia la realtà. Sono anche consapevole del fatto che una clausola di proibizione nella
legge può causare attività illegali o occulte che rischiano di aumentare i problemi igienicosanitari. Questi e altri argomenti similari possono essere addotti, e in effetti lo sono stati, per
quanto riguarda lo spaccio di stupefacenti, l'abuso di droghe, di alcol o di altre sostanze.
Questi argomenti non hanno impedito a molte nazioni di introdurre nella legislazione severe
clausole proibizioniste associate a severe sanzioni. So che quasi tutti i confronti “zoppicano”,
come diciamo nel mio paese, ma il punto comune è che se una pratica, per quanto spiegabile
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da un punto di vista storico o tradizionale, rappresenta una grave violazione dei diritti umani
fondamentali, allora una chiara proibizione per legge che rifletta la gravità della violazione è
assolutamente necessaria come punto di partenza per ulteriori misure. In breve, la
proibizione per legge è la prima misura appropriata nel quadro dei nostri sforzi per eliminare
le MGF. Allo scopo di dare efficacia a questa proibizione servono chiare norme applicative
nonché giudici e funzionari adeguatamente preparati.
Ma non commettiamo l’errore di pensare che una politica di soppressione basata sulla
proibizione a norma di codice penale sia sufficiente. Per una politica mirante a una risposta
efficace e adeguata alle MGF, il diritto penale è, nonostante la sua necessità come strumento
per fissare alcuni punti fermi, l’ultima risorsa. Se discutiamo degli strumenti legali per la
prevenzione delle MGF, ci rendiamo conto che occorre molto più della proibizione mediante
un articolo del codice penale. Abbiamo le prove del persistere delle MGF in paesi che si sono
dotati da anni di una legislazione repressiva. In altre parole, l’eliminazione delle MGF non
può avvenire come fatto isolato nel quadro di una politica globale mirante al miglioramento
complessivo della condizione delle donne e delle ragazze nella società.
Questo implica, tra l’altro, l’adozione di misure legislative, e di altro tipo, per migliorare la
condizione giuridica di donne e ragazze, compresa la parità di trattamento per uomini e
donne, e la creazione, se necessario attraverso la “discriminazione positiva”, di opportunità
educative accessibili alle donne e alle ragazze. Queste misure legislative e di altro tipo
potrebbero inoltre fornire a chiunque abbia interesse al perpetuarsi delle MGF (le levatrici in
particolare, ma non solo) alternative tali da compensare eventuali perdite economiche e di
status derivanti dall’eliminazione delle MGF. Misure di questo tipo vanno però sostenute da
campagne educative continue e ben mirate, rivolte cioè a genitori e figli, a leader religiosi e
comunitari, ad associazioni femminili, al personale sanitario, al personale insegnante, ai
politici, ai mass media e al pubblico in generale.
Quello che ho detto finora non intende insinuare che si è fatto poco: al contrario, molto è
stato fatto negli ultimi due decenni sia a livello nazionale che internazionale. Ciò è vero per
agenzie delle Nazioni Unite - come l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che nel 1976 si è
pronunciata contro ogni tipo di circoncisione femminile invitando i governi a garantire la
completa eliminazione di questa usanza, ma anche per l’ UNICEF, la Commissione sui Diritti
Umani, e per le ONG regionali, nazionali e internazionali come Save the Children, AntiSlavery International, Minority Rights Group International, il gruppo di lavoro per le pratiche
tradizionali, e, per questa regione in particolare, il Comitato inter-africano per le pratiche
tradizionali che influiscono sulla salute di donne e ragazze, che dispone di comitati nazionali
in oltre 25 paesi. Mi manca il tempo per riassumere tutte queste attività.
Purtroppo, e nonostante un incremento delle attività negli anni ’90, va detto che le MGF
sono tuttora largamente praticate in molti paesi africani. Esse permangono in paesi della
penisola arabica e in altre regioni del mondo, mentre vari paesi europei devono oggi
confrontarsi con la pratica delle MGF. I progressi alquanto limitati finora compiuti possono
avere molte spiegazioni, ma indicano anche, come ebbe a dire molti anni fa la Presidente del
Comitato inter-africano, che la sfida è formidabile e richiede grande coraggio e
determinazione poiché siamo in presenza di uno status quo che perdura da tempo
immemorabile. Gli sforzi per l’eliminazione delle MGF richiedono inoltre un’azione
internazionale ben organizzata, paragonabile, ad esempio, all’azione internazionale per
combattere e sradicare lo sfruttamento commerciale del sesso.
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Tale sforzo, iniziato con una conferenza internazionale a Stoccolma seguita cinque anni
più tardi da un'altra conferenza svoltasi a Yokohama in Giappone, dimostra che un’azione
collettiva internazionale può funzionare e produrre notevoli cambiamenti. Questa riunione di
esperti del Cairo potrebbe preparare il terreno per un’azione internazionale similare basata su
un piano d’azione globale, adottato e sostenuto non solo dai governi degli stati in cui vengono
tuttora praticate le MGF, ma anche da molti altri governi come espressione di solidarietà
internazionale. Una sfida formidabile esige un’azione formidabile da parte di tutti.
HALIMA WARZAZI
Relatrice speciale delle Nazioni Unite della Sotto Commissione sulle pratiche
tradizionali che colpiscono la salute delle donne e delle bambine
LE PRATICHE TRADIZIONALI COLPISCONO LA SALUTE DELLE DONNE
E DELLE BAMBINE
Nella mia veste di Relatrice Speciale della Sotto Commissione sulle pratiche tradizionali
che colpiscono la salute delle donne e delle bambine, sono particolarmente lieta di trovarmi
tra di voi, in occasione dei lavori della Consulta Afro-Araba, organizzata dall’AIDOS, da Non
C’è Pace Senza Giustizia e dalla Società egiziana per la prevenzione delle pratiche tradizionali,
sotto la presidenza di S.E. la Signora Mubarak e con il patrocinio del Consiglio nazionale per
la maternità e l’infanzia.
Mi voglio congratulare per questa importante iniziativa e per l’appoggio incondizionato
ricevuto, voglio anche salutare la Commissione Europea per il suo impegno nella campagna
“Stop FGM”.
Visto il tema di questa Consulta, ritengo necessario fare un passo indietro, a quando, per
la prima volta, un Organismo specializzato nello studio dei casi di violazione dei diritti umani
presso le Nazioni Unite decise, nel settembre del 1982, di trattare un tema sino ad allora tabù
e per questo chiamato all’epoca semplicemente circoncisione o escissione femminile.
La Sotto Commissione di lotta contro le discriminazioni e per la protezione dei minori
aveva preso atto di questo grave problema, grazie all’intervento della rappresentante
dell’ONG Anti-slavery, all’epoca la Signora Ras-Work, che aveva esposto in maniera chiara le
nefandezze proprie di tali pratiche del resto, già denunciate con forza nel 1975 dal Segretario
Generale di Terres des Hommes.
Ad onor del vero, già nel 1952 la Commissione sulla Condizione Femminile si era
soffermata su questo problema, nell’ambito di uno studio sulla condizione della donna nei
territori non autonomi, non pervenendo però ad alcun risultato. Ogni tipo di intervento,
infatti, vista la storia della presenza straniera nel continente, venne respinto e considerato
un'aggressione deliberata contro la cultura e i valori tradizionali africani.
All’inizio della loro indipendenza, alcune donne africane tentarono di mettere in luce i
pericoli legati alla pratica della circoncisione femminile, ma il momento non era dei più
appropriati per sollevare un problema tanto controverso che portava spesso l’opinione
pubblica a reagire in maniera violenta.
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PREVENZIONE DELLE MUTILAZIONI DEI GENITALI FEMMINILI
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Questo vuol dire che la Sotto Commissione nel decidere, come d’abitudine, di assumersi le
proprie responsabilità in quanto latrice di una denuncia di violazione dei Diritti umani, che
aveva spesso goduto di un silenzio che, almeno in alcuni casi, ne favoriva il carattere tabù,
giocò un ruolo fondamentale nel risveglio delle coscienze e nella sensibilizzazione della
comunità internazionale sui danni provocati da questa pratica. La Sotto Commissione poté
poi contare, nel corso dei suoi lavori, su una cooperazione continua della Presidente di quello
che diventerà in seguito il Comitato Inter-Africano.
Se mi sento obbligata a sottolineare il ruolo della Sotto Commissione nella lotta contro
questa pratica dannosa per la salute delle donne e dei bambini, è perché, da un lato i suoi
lavori sono passati quasi inosservati, anche da parte di un certo numero di persone da
sempre interessate a questo problema, e dall’altro, perché il metodo utilizzato dalla Sotto
Commissione ha dato eccellenti risultati, tenendo presente il fatto che, considerando
l’estrema delicatezza del soggetto trattato, si basa su un’azione progressiva e prudente, che
rispetta le popolazioni interessate, nonché la loro cultura, nella convinzione che non si debba
in alcun modo giudicare e condannare, quanto piuttosto, dimostrare in maniera chiara e
comprensibile i danni di questa pratica sulla salute fisica e psichica di donne e bambine.
A questo riguardo è utile rilevare che, nonostante un problema di tale importanza abbia
avuto bisogno di molto tempo prima di venire recepito come tale a livello internazionale, le
femministe europee, nella loro buona fede, non avevano considerato che, tra i tanti problemi
indotti da questa pratica, c’era anche quello della negazione del piacere sessuale.
Questa posizione legata, con ogni probabilità, al tono inquisitorio e di rimprovero
utilizzato rispetto al problema, aveva provocato tra le donne africane una vera e propria
levata di scudi. Esse avrebbero più che altro apprezzato una solidarietà attiva nei loro
confronti, che fosse in grado di consentirgli di affrontare il problema in maniera più concreta
ed efficace. La conseguenza fu che i risultati delle campagne condotte contro la circoncisione
femminile portarono le delegate africane, durante i lavori della Conferenza di Copenaghen, a
opporsi ai tentativi mirati a includere la pratica dell’escissione nei documenti della
Conferenza stessa.
È per questa ragione che la Sotto Commissione ha deciso di prendere tutte le precauzioni
del caso prima di addentrarsi in un tale campo minato. Durante tutto il processo di raccolta
delle informazioni e di raccomandazioni indirizzate alla Commissione dei Diritti umani, la
prudenza fu di rigore.
La prima iniziativa della Sotto Commissione fu l’adozione di una risoluzione, che avrebbe
dovuto adottare anche la Commissione dei Diritti Umani, che dava l’incarico a due dei suoi
esperti di effettuare uno studio su tutti gli aspetti della circoncisione femminile.
Tale iniziativa, però, s’imbatté nell’opposizione dei membri africani della Commissione,
che vi colsero un tentativo di relegarli sul banco degli imputati. A ogni modo, tale risoluzione
non andò perduta, perché il delegato del Senegal intervenne, per fortuna, per emendarla in
modo tale che si arrivò a costituire un gruppo di lavoro incaricato di lavorare su tutte le
pratiche tradizionali dannose alla salute delle donne e dei bambini, includendo così la
circoncisione femminile, senza nemmeno nominarla.
Dalla risoluzione adottata dalla Commissione per i Diritti Umani, nel 1985, fu creato un
gruppo di lavoro, costituito da due esperti della Sotto Commissione a cui si affiancarono i
rappresentanti dell’OMS, dell’UNESCO e dell’UNICEF. Il gruppo si mise immediatamente al
lavoro e, rispettando i criteri di lavoro che si era dato, poté dedicare tutto il tempo che ritenne
necessario al problema dell’escissione. Nel corso dei lavori i membri del gruppo condivisero
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le opinioni espresse dalle ONG, concordando con la posizione secondo la quale questa
pratica rappresentava una seria violazione dei Diritti umani, ma si guardarono bene dal
commettere l’errore di inserire esplicitamente queste convinzioni nel rapporto finale, in
modo che potesse essere accettato senza riserve dalla Commissione per i Diritti Umani.
Ad ogni modo, conscia dello choc che certe posizioni avrebbero provocato all’interno
della Commissione, in veste di Presidente-Relatrice del Gruppo di lavoro, contattai numerose
delegazioni, invitandole a evitare accenti e toni che potessero mettere i delegati africani in
difficoltà, anche perché la problematica era ormai entrata a pieno titolo nelle questioni
inerenti i Diritti umani e questa, per la storia delle Nazioni Unite, era una novità assoluta.
Un approccio di tale prudenza diede i suoi frutti, anche perché ci permise di aprire un
dialogo tra la Sotto Commissioni e quegli Stati interessati al fenomeno dell’escissione. Inoltre,
nel rapporto proposto e adottato dalla Commissione per i Diritti Umani, alcuni passaggi che
io stessa avevo redatto, dicevano che: “Certe pratiche tradizionali erano destinate, nelle stesse
società tradizionali, a inserire al meglio un individuo nel suo ambiente di appartenenza, al
fine di poter beneficiare di tutti i diritti che queste società riconoscono all’individuo stesso. Al
giorno d’oggi, però, si trovano a essere in contraddizione con le norme definite da diversi
istituti internazionali relativamente ai Diritti umani. Alla luce di questi principi, tutti i paesi
che hanno ratificato questi istituti internazionali, devono prendere atto di un’incompatibilità
assai evidente, tra gli obblighi e le responsabilità che questi si assumono in quanto Stati
Membri e la conservazione di certe pratiche, che si sono dimostrate dannose per la salute
fisica e mentale di donne e di bambine.”
Nel marzo del 1988, la Commissione per i Diritti umani, incarica la Sotto Commissione di
studiare le misure che dovranno essere prese tanto a livello nazionale, quanto internazionale,
al fine di eliminare le pratiche tradizionali dannose per la salute di donne e bambini e di
redigere un rapporto. È così che la Sotto Commissione mi nomina Relatrice Speciale e decide
di tenere due seminari, di cui uno in Africa nel 1991 e l’altro in Asia nel 1994.
Alla conclusione di questi due seminari e alla luce di quanto da loro emerse, venne
elaborato un Programma d’Azione, che la Sotto Commissione fece proprio nell’agosto del
1994. A partire da questa data, ogni anno, la Relatrice presenta un rapporto sulle politiche e le
azioni concrete adottate dai vari governi, al fine di valutare l’applicazione del Programma
d’Azione.
Si può pertanto affermare che, a partire dal 1982, sotto l’autorevole guida della Sotto
Commissione, è stato possibile ottenere notevoli progressi nella lotta contro la pratica
dell’escissione. Il tabù che circondava questo tipo d’intervento, si è ormai pressoché dissolto,
consentendo di definire tali pratiche semplicemente con il nome di “mutilazioni dei genitali
femminili”. A livello nazionale, numerosi governi africani si sono mostrati sensibili ai danni
provocati dalle pratiche in questione e si sono seriamente impegnati nella lotta contro le
MGF, potendo anche usufruire dell’aiuto delle ONG nazionali, nonché di numerose realtà
locali, non da ultimo il Comitato Inter-Africano, che non ha risparmiato nessuno sforzo per
sensibilizzare e motivare tutti i soggetti interessati. A livello internazionale, gli interventi non
fanno che moltiplicarsi, interessando spesso le Agenzie specializzate delle Nazioni Unite che
dedicano una parte del loro lavoro alla lotta contro le MGF.
Tutti i meccanismi tradizionali delle Nazioni Unite hanno incluso il problema, rendendolo
oggetto di studio nei rapporti che gli Stati Membri sono tenuti a produrre periodicamente. Per
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quanto riguarda l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, questa si è fatta carico della
questione, così come definito dalle Conferenze di Vienna, del Cairo e di Pechino, nel 1994 e
nel 1995.
Se le MGF fanno oggi parte delle preoccupazioni della comunità internazionale, della
maggior parte dei paesi africani e di quelli che ospitano comunità dedite a queste pratiche,
vorrei, tuttavia, comunicarvi la preoccupazione che in me suscita lo sfruttamento, da parte
dei media, di certi paesi ospitanti, del tema legato a queste pratiche, tema che viene spesso
trattato con un taglio sensazionalista, arrivando al punto di pubblicare le foto di donne
circoncise, al punto di costituire una violenza aggiuntiva a quella di cui già sono state vittime.
D’altra parte, il trattamento di stampo razzista di cui i soggetti implicati in casi di
escissione, sono fatti oggetto, spesso da parte degli avvocati e degli stessi giudici dei tribunali
davanti ai quali sono chiamati in giudizio, ci ha spinto a pubblicare già da qualche anno, una
dichiarazione che, condannando fermamente tutte quelle pratiche che attentano all’integrità
fisica delle persone, così si esprime: “La punizione e la condanna che si fondano sul giudizio
di valore, possono rivelarsi controproducenti, al punto d’incoraggiare alcune popolazioni a
rinchiudersi in sé stesse, aggrappandosi a pratiche certamente dannose e, il più delle volte,
condotte in clandestinità, ma che rimangono, non di meno, l’unica espressione della loro
identità culturale. La condanna giudiziaria di tali pratiche non deve essere che l’ultima risorsa
a disposizione, quando già l’educazione e l’informazione non hanno raggiunto i risultati
sperati”.
Vorrei concludere concentrandomi sul tema specifico di questo incontro. In veste di
Relatrice Speciale ho da sempre privilegiato la sensibilizzazione, la persuasione, l’educazione,
l’informazione e, non da ultimi, dei riti alternativi simbolici, che possano rispondere alla
necessità di un attaccamento culturale delle popolazioni alle loro tradizioni, senza
dimenticare che rimane di primaria importanza garantire alle donne, che da sempre
praticano l’escissione, un’alternativa valida per sopravvivere.
Il ricorso a pratiche coercitive e a misure repressive non può essere adottato che dopo aver
condotto una politica mirata a cambiare, in modo pacifico, le mentalità delle popolazioni
coinvolte. A tale riguardo voglio citare un esempio. La Svezia e la Nuova Zelanda considerano
che le MGF rappresentino, a tutti gli effetti, dei reati penali. Ciò non di meno, in entrambi i
casi, si è stabilito che le misure penali non possono essere efficaci al 100% e per questo hanno
approntato delle misure persuasive, mirate a modificare le mentalità degli interessati.
La lotta contro le MGF richiede, ovviamente, l’impegno dei Governi e una volontà politica,
su cui non si insiste mai abbastanza. Ma oltre ai Governi, esistono soggetti che giocano un
ruolo più importante nella vita sociale di certi paesi e questi soggetti sono chiamati a
impegnarsi. Penso, in modo particolare, ai politici, ai parlamentari, agli educatori, ai
responsabili dei mass media, ai capi religiosi, alle persone dotate di un’autorità morale o
intellettuale, alle madri e ai padri delle vittime potenziali e, ovviamente, alle ONG e alle
organizzazioni femminili.
Tutti gli sforzi di un paese interessato dal fenomeno, dovrebbero tendere, prima di tutto, a
rendere consapevoli le donne, a favorire in tutti i modi il loro accesso all’educazione,
all’informazione, alla conoscenza e all’affermazione dei loro diritti. L’arma più efficace contro
ogni tipo di pratica che colpisce donne e bambine, è quella che le strappa dall’ignoranza,
dall’oscurantismo, dal fatalismo e dalla sottomissione in cui sono state e sono ancora oggi
mantenute, spesso al prezzo di sofferenze insostenibili.
Questi sforzi avranno sempre bisogno di mezzi materiali e finanziari.
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Oggi come oggi, in veste di Relatrice speciale della Sotto Commissione, conto molto sui
risultati e sulle conclusioni cui perverrà questa Consulta. Il vostro impegno e il vostro
contributo sono encomiabili e sarà mio compito informarne la Sotto Commissione. Non
posso non concludere, esprimendo tutta la mia riconoscenza a coloro i quali hanno
organizzato questo incontro per la loro straordinaria accoglienza e per l’opportunità offertaci
di poter scambiare le nostre esperienze e i nostri punti di vista su un tema tanto doloroso
come quello delle MGF.
EMMA BONINO
Deputata europea, Italia
È
per me una grande emozione trovarmi qui e sono sicura di non essere la sola a
provare una simile emozione. So che molti di voi vengono da molto lontano e che
voi tutti nutrite grandi aspettative da questa conferenza. So che AIDOS e Non C'è
Pace Senza Giustizia hanno lavorato molto, insieme a Moushira e al suo staff, perché tutti noi
abbiamo a cuore il successo di questa conferenza.
Voglio dire innanzitutto che in questo nostro seminario parleremo di diritti umani, di
diritti delle donne, che sono poi diritti umani. Siamo tutti esseri umani. Certo, siamo
differenti. Ed è un bene. Ma questo non significa che le donne abbiano meno diritti degli
uomini.
In secondo luogo, occorre dire, come abbiamo sentito questa mattina, che la religione, sia
che si tratti di quella mussulmana o di quella cristiana, non ha nulla a che vedere con la
pratica delle Mutilazioni dei Genitali Femminili. Per favore, ripetiamolo più e più volte.
Diciamolo tutte le volte che possiamo. Diciamolo per rispetto della religione e dei credenti.
Diciamolo ancora! Ogni volta che possiamo!
Nella nostra battaglia per i diritti delle donne, oggi come in passato, nel mio paese, qui,
ovunque, abbiamo sicuramente combattuto contro un acerrimo nemico: la tradizione.
Quando affrontiamo una sfida e ci chiediamo “perché no?”, la risposta molto spesso è "a
causa della tradizione", senza altre spiegazioni, e a volte anche a causa di un’errata
interpretazione della religione. E poiché siete voi che temete per la corretta interpretazione
della vostra religione, credo che voi siate i soli a doverlo ripetere ancora e ancora. Le MGF non
hanno niente a che vedere con la religione!
Vi potrà capitare di sentirvi dire che le MGF non sono nocive per la salute. È esattamente il
contrario. I medici e gli esperti qui presenti spiegheranno e ripeteranno che questa pratica è
nociva per la salute, e che è molto nociva. Dunque, è crudele e inutile. Se mettete insieme
crudeltà e inutilità, allora è il momento di dire, come dite qui in Egitto, Khalas… Khalas!
Potete dirlo qui perché, grazie all’impegno di "militanti" di vecchia data, degli ultimi
vent’anni, e dei nuovi attivisti, e grazie anche alla partecipazione di varie personalità, il
silenzio finalmente è stato rotto. Tuttavia, come vi diranno i rappresentanti di molte
delegazioni nel corso della Conferenza, non è così in ogni paese. In molti paesi che ho avuto
modo di conoscere è tuttora difficile parlare in pubblico di Mutilazione dei Genitali
Femminili. Alcuni vengono perseguitati e minacciati di morte. Pertanto, questa conferenza, il
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lavoro svolto da tutti voi, sono di totale sostegno e incoraggiamento ad altri militanti in tante
parti del mondo che ancora non possono beneficiare del vostro impegno, delle vostre parole,
della vostra determinazione.
Infine, credo che in tutto il mondo, dall’Africa sub-sahariana alla penisola arabica, da
certe regioni dell’Estremo Oriente alle comunità di immigrati in Europa, Stati Uniti, Canada,
Australia, le donne stiano reagendo contro le mutilazioni, non solo genitali, ma anche sociali,
civili e politiche. Quando dite che non basta affrontare le mutilazioni dei genitali femminili,
avete ragione. Si tratta, generalmente parlando, di ciò che definiamo "potere alle donne", o
diritti umani delle donne. A questo riguardo, penso che diritti umani e diritti umani delle
donne non abbiano confini. Questa è principalmente la vostra lotta, ma credo sia importante
che le donne di tutto il mondo e di differenti istituzioni sostengano la vostra lotta. Voi siete in
prima linea. Non possiamo sostituirci a voi: non vogliamo e non possiamo.
Quello che le donne di ogni parte del mondo possono dare è la solidarietà, un sostegno
concreto e un modo di procedere. Possono dare il sostegno di uno sforzo più completo, volto
al rafforzamento dei diritti civili alle donne che rappresentano, va detto, il 50%, se non di più,
della popolazione mondiale. Ciò che realmente vogliamo è la responsabilità di costruire il
nostro futuro basato sulla parità di posizioni e livelli, con lo stesso livello di responsabilità
nonché di libertà. La libertà è affascinante, ma comporta anche un notevole fardello perché
occorre scegliere.
In questi ultimi anni ho avuto la possibilità di incontrare centinaia di persone, di tanti
gruppi etnici diversi, e sono stata in luoghi dove questa pratica persiste. Molte delle persone
hanno fatto della lotta contro le mutilazioni dei genitali femminili una priorità della loro
esistenza. Diverse di loro sono qui e il loro coraggio, la loro esperienza, dedizione e
risolutezza sono incoraggianti per tutti noi. Ma non dobbiamo lasciarle sole a combattere la
loro battaglia. Dobbiamo semplicemente affermare che, poiché si tratta di un crimine
universale, di una violazione dei diritti universali, delle persone umane, tutti noi abbiamo una
responsabilità.
In questa conferenza dobbiamo fare il punto e analizzare dov’è che le leggi sono applicate
ed efficaci, dove no e per quali ragioni, anche grazie e all’aiuto del Comitato Inter-Africano e
altre organizzazioni come RAINBO, e in particolare del Center for Reproductive Rights. Credo
che sia stato distribuito il documento di base, che contiene un’analisi delle leggi vigenti nei 28
paesi. Credo che sia importante affermare che effettivamente le leggi sono necessarie.
Quando mi dicono, o ci dicono: “Sì, però per prima cosa si dovrebbero risolvere il problema
dell’istruzione, della povertà, eccetera”, queste parole mi suonano un po’ come un alibi.
Vanno troppo oltre. Cominciamo pure con obiettivi ragionevoli, ma cominciamo.
Concordiamo sul perché è importante che ci siano leggi.
È importante perché in ogni società, ogni cittadino deve sapere cosa è lecito e che cosa
non lo è. È importante per i rapporti fra istituzioni e popolazione, fra uomini e donne, fra
cittadini e istituzioni. Così, grazie ai preparativi e ai lavori della conferenza, trascorreremo
queste tre giornate discutendo questi temi. Voi avete rotto il silenzio: altri saranno
incoraggiati a fare altrettanto.
Come avete detto è un tema delicato, ma so che il coraggio e la determinazione delle
persone qui presenti, ci aiuteranno ad andare avanti. Ciò di cui abbiamo bisogno sono parole
chiare, un messaggio chiaro. Già tante associazioni e singoli individui portano avanti il loro
lavoro sul campo da anni, ma da voi ci aspettiamo un chiaro messaggio per tutti. Vorrei
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quindi ringraziare gli organizzatori e tutti i presenti. Non voglio dire che si tratti di un inizio,
dopo più di vent’anni di attività di molte delle persone che vedo qui, ma quello che speriamo
è che possa trattarsi di un nuovo inizio a partire dal quale saremo tutti realmente determinati.
Ognuno ha la sua responsabilità perché penso che i nostri figli e le nostre figlie meritino
questo tipo di attenzione e di impegno. Grazie per aver scelto di partecipare. Grazie a tutti.
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