Il privilegio dell`agricoltore e la possibilità di allocazione sul mercato
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Il privilegio dell`agricoltore e la possibilità di allocazione sul mercato
Il privilegio dell’agricoltore e la possibilità di allocazione sul mercato di alimenti geneticamente modificati prodotti nell’esercizio di tale privilegio Priscilla Altili 1.- Il privilegio dell’agricoltore e dell’allevatore. La normativa sulle invenzioni biotecnologiche 1 ha una importanza rilevante per l’agricoltore, poiché egli è fatto destinatario di una ampia agevolazione rispetto agli altri operatori del mercato, attraverso il cosiddetto privilegio dell’agricoltore in relazione a colture transgeniche protette da brevetto. In tal modo si mira a proteggere il tradizionale riutilizzo di semi di seconda generazione conservati dall’agricoltore dal raccolto precedente, per la moltiplicazione e riproduzione in proprio e nella propria azienda, al fine di evitare una marcata dipendenza degli agricoltori (europei) dalla grande industria biotecnologica sementiera. Il privilegio dell’agricoltore nasce in ambito internazionale nel campo delle varietà vegetali con la Convenzione sulla Union pour la protection des obtentions végétales (UPOV), adottata a Parigi il 2 dicembre 1961 e riveduta a Ginevra il 10 novembre 1972, il 23 ottobre 1978 e, infine, il 19 marzo 1991; ebbene, l’articolo 15 comma 2 della Convenzione UPOV disciplina l’eccezione facoltativa al diritto del costitutore, in base alla quale ogni Parte contraente può restringere, entro limiti ragionevoli e con riserva della tutela dei diritti legittimi del costitutore, il diritto di costui nei riguardi di qualsiasi varietà al fine di permettere agli agricoltori di utilizzare sui loro terreni, per motivi di riproduzione o moltiplicazione, il prodotto della raccolta che hanno ottenuto coltivando la varietà. Tale previsione è stata accolta a livello comunitario nel regolamento 2100/1994/CE, che attribuisce la privativa comunitaria al costitutore di nuovi ritrovati vegetali, il cui articolo 14 prevede la deroga obbligatoria alla privativa, consentendo agli agricoltori di utilizzare a fini di moltiplicazione, nelle rispettive aziende, il prodotto del raccolto che hanno ottenuto coltivando materiale di moltiplicazione di una varietà che beneficia della privativa comunitaria per ritrovati vegetali. Quanto alle invenzioni biotecnologiche, il privilegio dell’agricoltore è disciplinato dall’art 11 comma 1 della direttiva 98/44/CE, in base al quale, in deroga agli articoli 8 e 9, la (1) Per approfondimenti si rimanda a: F. ALBISINNI, Protezione brevettuale delle invenzioni biotecnologiche e potere di mercato, in Dir.giur.agr.alim.amb., 2006, VII-VIII, 428; A. GERMANÒ (a cura di), La disciplina giuridica dell’agricoltura biotecnologica. Scritti di diritto italiano e straniero, Milano, 2002; M. VALLETTA, La disciplina delle biotecnologie agroalimentari, Milano, 2005. 1 cessione di materiale di riproduzione di origine vegetale, da parte del titolare del brevetto, ad un agricoltore ai fini del suo sfruttamento agricolo, implica l'autorizzazione per costui ad utilizzare il prodotto del raccolto per una successiva riproduzione o moltiplicazione nella propria azienda; l'ambito e le modalità di questa deroga corrispondono a quelli previsti dall'articolo 14 del regolamento 2100/94/CE sulle privative vegetali. Da parte sua, l’Italia, con l’articolo 5 comma 5 del d.l.3/2006, dispone che l'utilizzazione da parte dell'agricoltore, per la riproduzione o la moltiplicazione in proprio nella sua azienda, di materiale brevettato di origine vegetale avviene nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 14 del regolamento 2100/94/CE. Pertanto, come nella direttiva 98/44/CE, anche il decreto legge richiama il regolamento sulla privativa comunitaria per varietà vegetali e in particolare il già citato articolo 14 sul farmer’s privilege. Tuttavia, è necessario precisare che il privilegio prevede limitazioni, contenute nell’articolo 7 del regolamento 1768/95/CE del 24 luglio 1995, come modificato dal regolamento 2605/98/CE, che definisce le norme di attuazione della suddetta esenzione agricola. La superficie sulla quale vengono coltivati i vegetali protetti da brevetto deve essere una superficie piantata ai fini di una coltura e di un raccolto regolari; gli agricoltori che beneficiano del “privilegio” sono “piccoli agricoltori” che, nel caso di piante foraggere, le coltivino per una durata inferiore a cinque anni e su una superficie meno estesa di quella che sarebbe necessaria per produrre 92 tonnellate di cereali per raccolto, mentre, nel caso di patate, le coltivino su una superficie meno ampia di quella che sarebbe necessaria per produrre 185 tonnellate di patate per raccolto 2 . A differenza dell’oggetto della privativa delle nuove varietà vegetali, le invenzioni biotecnologiche tutelate dal brevetto ricomprendono, oltre ai vegetali, anche gli animali: sicché la direttiva 98/44/CE, oltre al privilegio dell’agricoltore, prevede anche quello dell’allevatore, che si sostanzia nell’autorizzare costui ad utilizzare, per uso agricolo, il bestiame protetto, incluso il materiale di riproduzione, per la prosecuzione della propria attività agricola. Invece e ovviamente ne è vietata la vendita nell’ambito o ai fini di un’attività di riproduzione commerciale, ai sensi del comma 2 dell’articolo 11 della direttiva 98/44/CE 3 . (2) L’articolo 5 comma 5 del d.l.3/2006 per quanto riguarda le modalità di esercizio della deroga rimanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro delle attività produttive. 3 ( ) In linea con la direttiva, l’articolo 5 comma 7 del d.l.3/2006 stabilisce che l'ambito e le modalità per l'esercizio della deroga sono disciplinati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, che si sarebbe dovuto adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l.3/2006. Il decreto dovrebbe prevedere il divieto della ulteriore vendita del bestiame in funzione di un'attività di produzione commerciale, a meno che gli animali dotati delle stesse proprietà siano stati ottenuti mediante mezzi esclusivamente biologici e ferma restando la possibilità di vendita diretta da parte dell'allevatore per animali rientranti nella normale attività agricola. L’argomento è particolarmente delicato poiché, nel caso di privilegio dell’allevatore, non esiste la possibilità di riferirsi né alla Convenzione UPOV e alla relativa legge di ratifica (legge 110/98), né al Regolamento 2100/94. Infatti, il comma 3 dell’art. 11 della direttiva 98/44/CE sancisce che l’ambito e le modalità di applicazione della deroga relativa al privilegio dell’allevatore sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle prassi nazionali. Pertanto, nella predisposizione di una completa disciplina nazionale relativa al brevetto biotecnologico, il Governo è chiamato a fornire le modalità ed i limiti in base ai quali il privilegio dell’allevatore debba esercitarsi. 2 2.- L’allocazione sul mercato di alimenti geneticamente modificate da parte dello stesso agricoltore. Come è stato evidenziato, il “piccolo agricoltore”, che ha acquistato o ricevuto materiale di riproduzione di origine vegetale brevettato, è autorizzato ad utilizzare il prodotto del raccolto per una successiva riproduzione o moltiplicazione in proprio nella propria azienda; nonché, l’agricoltore, che ha acquistato o ricevuto bestiame di allevamento brevettato è autorizzato ad utilizzare il bestiame protetto per uso agricolo, incluso il materiale di riproduzione di origine animale, per la prosecuzione della propria attività agricola. Limitandosi al settore vegetale, si rileva che l’agricoltore acquista, pagando le royalties ai titolari del brevetto, sementi geneticamente, ad esempio mais BT, patate da seme o colza GT, che semina regolarmente. In seguito, dopo il raccolto, l’agricoltore ne trattiene una parte per la nuova semina in proprio e nella propria azienda, mentre immette sul mercato il resto del raccolto, vendendolo, ad esempio, come prodotto alimentare per i popcorn o le chips o come mangime per gli animali. Egli trattiene ancora una volta parte del nuovo raccolto come seme per la successiva campagna, senza pagare nuove royalties, e così di seguito. Proprio in tale meccanismo si sostanzia il c.d. farmer’s privilege e la conseguente permanente possibilità di allocazione sul mercato di alimenti geneticamente modificati da parte dell’agricoltore stesso. Al fine di contrastare tale prerogativa, le multinazionali sementiere hanno “inventato” la tecnologia di restrizione dell’uso genetico (Genetic Use Restriction Technology; c.d. terminator technology), ovvero sementi transgeniche che sono sterili dopo la prima generazione, o un polline, elemento maschile delle piante geneticamente modificate, incapace di fecondare le piante vicine 4 . Questo perché, se una pianta non si riproduce, l'agricoltore non può conservarne i semi per piantarli alla stagione successiva, come è tradizione dei contadini di tutto mondo da millenni, ma dovrà invece ricomprarli ogni volta dalle multinazionali che li producono. A riguardo, si pensi che oltre un miliardo e 400 milioni di agricoltori al mondo dipendono dai semi conservati dal raccolto precedente 5 . L'argomento era risultato così convincente in ambito internazionale che grandi imprese (in prima linea la Monsanto) avevano preso il solenne e pubblico impegno di abbandonare la ricerca sulle sementi auto-sterili. Malgrado ciò, la ricerca è andata avanti anche se la commercializzazione dei semi terminator è stata bloccata dalla moratoria de facto delle Nazioni Unite. Infatti, nel 2000, il Convegno sulla Diversità Biologica (CDB) delle Nazioni Unite rivolse un invito ai governi a non permettere la sperimentazione e la commercializzazione di tale tecnologia, stabilendo una moratoria di fatto su scala globale. Alcuni paesi, tra i quali il Brasile e l'India, hanno ormai proibito (4) A. GERMANÒ, Corso di diritto agroalimentare, Torino, 2007, 98. (5) Dati ETC Group - action group on Erosion, Technology and Concentration (già conosciuta come Rafi - Rural Advancement Foundation International) una tra le più importanti organizzazioni non governative internazionali che si occupano di economia rurale e tutela della biodiversità, www.etcgroup.org. 3 l'uso di questa tecnologia nel loro territorio. Nella Conferenza sulla Convenzione delle Nazioni Unite sulla Biodiversità tenutasi a Curitiba, in Brasile nel marzo 2006, è stata riaffermata la moratoria del 2000 sulla tecnologia terminator. Inoltre, il 16 marzo 2006 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione 6 che sollecita la Commissione europea e gli Stati membri a “respingere qualsiasi proposta di indebolire la moratoria sulla sperimentazione in loco e la commercializzazione delle tecnologie cosiddette "terminator", in base alla decisone V/5 CBD, attraverso valutazioni caso per caso 7 o l'autorizzazione di tecnologie di riduzione dell'uso di risorse genetiche”. Recentemente, la Syngenta ha ottenuto il brevetto per le patate terminator ma, per la Convenzione Onu sulla diversità biologica, non le può commercializzare 8 . Per questo motivo la Pioneer statunitense ha iniziato ad introdurre nei contratti di vendita dei propri semi transgenici, una clausola con cui l’agricoltore si impegna a non conservare semente per la nuova semina. Il problema della tecnologia terminator è stato, peraltro, superato dalla creazione di semi equipaggiati, oltre che da un sistema che blocca la riproduzione, anche da un meccanismo che la ristabilisce e che si attiva quando la pianta è esposta a un particolare stimolo, per esempio un composto chimico. Tra il 2001 e il 2002 gli Stati Uniti hanno concesso due nuovi brevetti a due nuovi procedimenti biotecnologici che rendono sterili le sementi alla seconda generazione 9 . Il brevetto ottenuto dalla Syngenta l'8 maggio 2001 (Us patent 6.228.643) è stato denominato "Promoter" e descrive un elemento in grado di controllare i tratti genetici di una pianta, inclusa la fertilità, e può essere attivato o disattivato applicando un induttore chimico. L'altro brevetto, rilasciato il 2 ottobre 2001 e ottenuto da Dupont (Pioneer Hi-Bred International), è chiamato "Metodo per mediare la fertilità femminile nelle piante" (Us patent 6.297.426). Il brevetto descrive l'identificazione e l’inattivazione di un gene critico alla fertilità femminile della pianta: clonato, legato a un induttore chimico e inserito nella pianta, diventa un modo per renderla sterile o fertile a comando. Nella descrizione dei rispettivi brevetti, le due multinazionali non sottolineano che le tecnologie possono impedire agli agricoltori di conservare e coltivare i semi, bensì li propongono come un metodo per impedire il trasferimento non voluto di geni da specie geneticamente modificate, quindi come rimedio per l'inquinamento genetico 10 . I produttori, infatti, sostengono che, in tali semi modificati, il temuto problema della sterilità è risolto, dal momento che è stata resa reversibile. (6) Risoluzione del Parlamento europeo sui preparativi delle riunioni COP-MOP sulla diversità biologica e sulla biosicurezza di Curitiba, Brasile (marzo 2006) - P6_TA(2006)0098. (7) La formula "caso per caso" era stata introdotta, durante una riunione preparatoria della CDB (Granada, 27 gennaio 2006) dai governi di Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Essi avevano inserito nel testo base per la decisione finale a Curitiba la dichiarazione che le tecnologie di restrizione dell'uso genetico possono essere approvate "caso per caso". (8) Inter Press Service News Agency, Agricoltori si ri-mobilitano contro i semi "terminator, 21 ottobre 2005. (9) La Syngenta è una società con sede in Svizzera che deriva dalla fusione del settore biotech di Novartis e di AstraZeneca ed è quella che detiene il maggior numero di brevetti di tecnologie terminator (sette). 10 ( ) M. FORTI, Il Terminator e la bio-sicurezza, “Il manifesto” del 14 Febbraio 2002. 4 ABSTRACT Farmer’s privilege and sales of GMs food The significant introduction of genetic engineering technologies in agricultural sector makes necessary in-depth reflection on the problem of legal safeguards for biotechnologies inventions. The primary problem to be faced is the question of whether biotechnologies inventions can be patent, a point that addresses the dual need to grant some form of protection to innovations in the field of biotechnology, though without allowing the resulting temporary monopoly to became a disadvantage for the collectivity. With this in mind, the author focalizes the study on the farmer’s privilege and the consequent allocation of GMs food inside the market by the farmer himself. 5