Relazione Pierpaolo Triani []

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Relazione Pierpaolo Triani []
Per una ‘didattica coraggiosa’
Riconoscere, scegliere, provare, riflettere nell’ordinarietà del fare scuola
relazione Pierpaolo Triani
Università Cattolica del Sacro Cuore)
Premessa
Può capitare, durante i dibattiti, di sentire qualcuno affermare, con convinzione, che ciò che
impedisce alle scuole di funzionare veramente è il continuo tentativo di riformarne delle parti e di
introdurre novità didattiche, che avrebbero come conseguenza soltanto quella di allontanare gli
insegnanti e gli alunni dai loro specifici compiti. In realtà si potrebbe facilmente ribaltare l’assunto,
mostrando, con il supporto di diversi dati ed esperienze, che le innovazioni nel campo
dell’insegnamento non ‘funzionano’ per il semplice motivo che non sempre si prova ad applicarle
seriamente e con continuità.
C’è una sorta di inerzia nei sistemi scolastici che rende complesso e difficile il processo di
implementazione di cambiamenti nell’azione didattica; a tale fenomeno concorre anche un
sentimento di paura: di sbagliare, di non farcela, di ottenere risultanti deludenti, di perdere le
certezze del proprio lavoro. Eppure l’insegnamento, in quanto azione finalizzata a sviluppare
l’apprendimento significativo negli alunni, ha intrinsecamente bisogno di innovarsi continuamente,
di lasciarsi interpellare dalla realtà, di cercare soluzioni sempre più efficaci in rapporto alle persone
e ai contesti in cui opera.
La pratica e la ricerca didattica diventano progressivamente sterili senza il coraggio di fare i conti
con la realtà, e di cercare soluzioni sempre più idonee e strade nuove.
Non si tratta però di perseguire il nuovo in quanto tale, al contrario occorre un ‘fare scuola’ che
abbia il coraggio di cambiare proprio perché ha sempre ben presente il proprio baricentro: la
promozione della formazione umana e dell’apprendimento di ciascuno bambino e ragazzo che
affidato alla sua responsabilità educativa.
1. Il coraggio di riconoscere e ‘ascoltare’
Una didattica non remissiva, che vuole cercare costantemente le strade più adatte, deve innanzitutto
guardare con coraggio all’oggi. Ciò significa riconoscere e ascoltare, ossia cercare di comprendere
in profondità, alcuni cambiamenti
Un primo cambiamento riguarda le funzioni attribuite al sistema scolastico. Tutte le differenti
analisi concordano nel riconoscere un ampliamento delle attese da parte della società nei confronti
delle scuole. Non si chiede più di istruire tutti per un breve tempo, quanto piuttosto di promuovere
in tutti le competenze fondamentali per vivere adeguatamente nella società complessa, cercando,
contemporaneamente, di tenere presenti le specificità di ciascuno. Accanto alle funzioni di
socializzare, preparare, selezionare si è aggiunta quella di promuovere il benessere e la soggettività
degli allievi. Dalla scuola per pochi si è passati alla scuola per tutti; oggi si auspica una scuola a
misura di ciascuno.
Un secondo cambiamento riguarda il policentrismo formativo: le fonti di accesso delle informazioni
e i percorsi formativi compiuti dai bambini e dai ragazzi non sono racchiudibili dentro quanto
avviene nelle aule scolastiche. In realtà è sempre stato così, ma ora questo fenomeno appare molto
più articolato.
2. Il coraggio di scegliere
L’ascolto attento della realtà porta con sé la responsabilità dello scegliere. Da tempo ci diciamo che
non è più possibile immaginare una dinamica verticistica nella quale la singola scuola esegue
quanto deciso altrove; ma accogliere questa prospettiva significa farsi permanentemente attori di un
specifico modo di fare scuola. Si tratta di scegliere una propria prospettiva in ordine al proprio
‘sguardo educativo’, al modo di intendere il contesto scolastico, il metodo didattico, la professione
docente,
Una didattica coraggiosa infatti richiede oggi di scegliere uno sguardo sui bambini e sui ragazzi che
investa sulla relazione fiduciosa, attivante e responsabilizzante. Che consideri l’alunno come
soggetto attivo, agente, pluridimensionale.
Questa scelta ne porta con sé un'altra e riguarda l’importanza di concepire la scuola come contesto
formativo nel suo insieme, nella profonda convinzione che la formazione umana ha bisogno di
ambienti umanizzanti (personalizzanti). Ciò però è possibile se si si sceglie di ampliare la propria
cultura metodologica e di riconoscere la presenza di una molteplicità dei fattori che concorrono a
costituire la trama metodologica di una scuola.
Una diversa concezione del metodo didattico porta con sé la scelta di definire con maggior forza
l’insegnamento come professione insieme culturale e relazionale. Si tratta di un punto cruciale
perché da una visione individualistica dell’insegnante sorgono specifiche scelte organizzative e
curricolari che sono molto diverse quando invece si riconosce la relazionalità come elemento
costitutivo della docenza.
3. Il coraggio di provare
Il coraggio di scegliere si lega strettamente al coraggio di provare, nella consapevolezza che ogni
tentativo di innovazione suscita interesse, ma anche forti resistenze. Una scuola che ha a cuore il
processo formativo di ogni alunno e desidera porsi come contesto ricco di umanità si trova oggi
sollecitata in diverse direzioni di lavoro. Ne richiamo solo alcune che si pongono su livelli diversi
del fare scuola.
Mi sembra che oggi sia importante cercare di essenzializzare il curricolo, ossia tornare a riflettere
su quali sono gli aspetti e contenuti formativi che una scuola ritiene indispensabili e opportuni.
Ma questo tentativo non può essere fatto fino a quando continuiamo a pensare la strutturazione
dell’attività didattica in modo estremamente analitico e frammentato e secondo una progettazione
semplicemente lineare. Credo valga la pena perseguire la strada dell’aprire le maglie della
progettazione, di renderla più flessibile e dialogica. E quest’aspetto riguarda ugualmente la
dimensione valutativa, rispetto alla quale è chiesto oggi il coraggio di provare strade che ripongano
al centro la funzione formativa della valutazione ed evitano il circolo vizioso (soprattutto delle
famiglie) della ‘dipendenza da valutazione scolastica’.
Una progettazione meno frammentata e più sistemica porta a sua volta a porre al centro non la
singola attività di insegnamento (che naturalmente mantiene tutta la sua decisività) quanto piuttosto
la cura di tutto l’ambiente di apprendimento: gli spazi dell’aula, i tempi, i materiali, i dispositivi
regolativi, i ruoli attribuiti agli alunni….
Tale cura comporta di considerare il gruppo classe non come un contenitore di singoli individui, ma
come un contesto vitale le cui risorse chiedono di essere gestite come risorse per l’apprendimento.
4. Il coraggio di riflettere
Non basta, logicamente, provare ma è altrettanto necessario tenere vivo il coraggio di riflettere su
quanto si sta facendo. A questo riguardo mi pare che vada rilanciata la prospettiva
dell’autovalutazione come processo interattivo e dialogico e la prospettiva della documentazione
come strumento importante di una scuola che ha ben chiare le sue finalità ma che nelle modalità di
azione si pensa dentro un processo continuo di ricerca.